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Dizionario dei parmigiani: Melli-Mognaschi

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MELLI ANTONIO
Poviglio 5 febbraio 1781-post 1849
Entrato nell’anno 1801 come tenente nel servizio della Cisalpina, passò nel 1802 nella gendarmeria della Repubblica italiana col grado di maresciallo d’alloggio.In seguito fece la campagna d’Italia del 1805 come sottotenente e poi come aggiunto allo stato maggiore generale del campo di riserva.nel 1809, col grado di tenente, fece quella del dipartimento del Tronto e finalmente nel 1813 quella d’Italia.Dopo la restaurazione divenne capitano dei dragoni reali del Ducato di Parma (1815) quindi comandante di tale compagnia nel 1825.Fu cancellato dai ruoi il 27 marzo 1831 per essersi compromesso nei moti rivoluzionari per l’unità d’Italia. Riammesso però dal mite governo di Maria Luigia d’Austria con lo stesso grado di capitano (11 agosto dell’anno medesimo), potè continuare la carriera, fino a essere posto in ritiro nel 1846 col grado di maggiore.Essendosi mostrato austrofilo nei moti rivoluzionari nel 1848-1849, ebbe in quest’ultimo anno il comando della piazza di Pontremoli.Finì la propria carriera col grado di tenente colonnello e comandante la piazza di Parma.
FONTI E BIBL.: E.Loevison, Gli Ufficiali Napoleonici Parmensi, Parma, Tipografia Parmense, 1930, 28-29; E.Loevison, in Dizionario risorgimento, 3, 1933, 564.

MELLI EUGENIA, vedi LORIA EUGENIA

MELLI FELICE
Parma 6 aprile 1884-Marsiglia 1948
Visse per dieci anni nell’Orfanotrofio Vittorio Emanuele IIdi Parma, che gli consentì di compiere regolari studi musicali presso il Regio Conservatorio di Parma, ove si diplomò in tromba nell’anno 1902.Esordì sul podio del Comunale di Firenze.Piacque a Toscanini che lo volle con sè quale maestro dei cori al Metropolitan di New York. Si dedicò all’istruzione dei cori e alla direzione di spettacoli lirici.Dal 1908 visse a Marsiglia, ove diresse una scuola di musica, fu direttore d’orchestra e maestro dei cori ai teatri La Plaza e Arène du Rond-Point.Musicista sensibile e di grande temperamento, durante il secondo conflitto mondiale fu internato, per motivi razziali, in un campo di concentramento.
FONTI E BIBL.: C. Alcari, Parma nella musica, 1931, 131; B.Molossi, Dizionario biografico, 1957, 99.

MELLI GAETANO
Parma 29 agosto 1817-Parma 18 maggio 1903
Giurisperito e magistrato in Parma, allo scoppio della prima guerra d’indipendenza corse ad arruolarsi nell’esercito italiano.Fece le campagne del 1848 e 1849.Conseguì il grado di colonnello, insegne cavalleresche e medaglie al valore per il coraggio mostrato sui campi di battaglia.
FONTI E BIBL.: G.Sitti, Il Risorgimento italiano, 1915, 67.

MELLI GIUSEPPE
Parma 15 ottobre 1870-
Figlio di Luigi e Quirina Annoni. Entrò alla Regia Scuola di musica di Parma nel novembre 1880 e, dopo un curriculum di studi molto variato (violino, violoncello, contrabbasso e composizione), si diplomò nel 1888 in contrabbasso. Diventò insegnante di canto alla Scuola comunale di musica di Bergamo.
FONTI E BIBL.: Dacci; G.N. Vetro, Dizionario. Addenda, 1999.

MELLI GIUSEPPE
Parma 1876-Parma 3 febbraio 1929
Laureatosi in giurisprudenza nell’Università di Parma, entrò ben presto nella vita pubblica ove si guadagnò un posto di prim’ordine.Fu eletto più volte consigliere comunale ed ebbe varie mansioni e cariche pubbliche, che disimpegnò con moderazione e probità.Uomo colto, amico delle arti, fu filantropo e mecenate, patriota fervente e oratore elegante.Per più di venti anni fu presidente della Pubblica Assistenza di Parma e per vario tempo commissario straordinario dell’Ordine degli avvocati.Nel campo giornalistico legò il suo nome alla rivista Aurea Parma, fondata da lui e da Glauco Lombardi nel 1912.Scrisse di vari argomenti (specialmente di critica teatrale) sul Giornale d’Italia, sulla Gazzetta di Parma e su altri fogli.Una sua commedia, Rinascita, cadde clamorosamente al Teatro Regio di Parma.Nel campo politico il suo nome è legato al movimento di rinnovazione liberale, che portò alla Camera Meuccio Ruini, mentre il Melli, egli pure candidato, non fu eletto.
FONTI E BIBL.: B.Molossi, Dizionario biografico, 1957, 99-100.

MELLINI DOMENICO
ante 1837-Tizzano 1904
Fu Arciprete di Tizzano per oltre quarantasei anni, dal 1857 al 1904. Il suo esempio coraggioso rifulse soprattutto durante il tempo dell’epidemia di colera del 1867 e del 1885-1886. Una lapide murata nella facciata della chiesa plebana di Tizzano lo ricorda ai posteri.
FONTI E BIBL.: F. Barili, Tizzano, 1970, 111.

MELLONI ANTONIO GIUSEPPE MARIA
Parma 21 febbraio 1769-1832/1846
Figlio di Giuseppe e Marie Isabelle Dalun.Il cognome che figura all’atto di battesimo è Millome, il che fa pensare a una successiva italianizzazione in Melloni di una famiglia di chiare origini francesi. Ricco negoziante di Parma, durante i moti del 1831 fu eletto membro  del Governo provvisorio.Una volta soffocata la rivolta, abbandonò Parma recandosi forse a Genova.Figurò nell’elenco degli inquisiti di Stato ma senza requisitoria d’arresto.Sposò verso il 1796 la francese Rosalie Jabalot.
FONTI E BIBL.: O.Masnovo, Patrioti del 1831, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1937, 182.

MELLONI ENRICO
Parma 15 febbraio 1796-1859
Figlio di Antonio e Rosalie Jabalot.Fu guardia Ducale e in seguito mercante di panni.Fu tra i protagonisti dei moti del 1831 in Parma, per cui fu inquisito e arrestato, con la seguente motivazione: Faceva parte del consesso civico.Era capo di uno dei circondari affidati alla guardia nazionale, andava sempre cinto di fascia tricolorata e gettò dal palazzo civico parecchie centinaia di coccarde.Si crede dalla di costui casa sortissero alcuni vilani armati di fucile da caccia in quella mattina appunto in cui venne pochi momenti dopo disarmata la guardia.Questi recatosi recentemente a Genova, nel suo ritorno venne arrestato a Novi e ricondotto a Genova perché trovato latore di alcune lettere molto sospette in materia politica.Venne in seguito messo in libertà per cui ritornò a Parma ove trovasi anche presentemente.Sposò nel 1821 Margherita Morardet.
FONTI E BIBL.: O.Masnovo, Patrioti del 1831, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1937, 181.

MELLONI FILIPPO
Zibello 26 gennaio 1955-Brescia 16 novembre 1978
La passione sportiva lo animò fin da bambino.Si dedicò prima al tennis, ottendendo successi in gare a livello provinciale pur senza aver mai frequentato alcuna scuola, quindi al motocross e infine al deltaplano.In quest’ultima disciplina divenne esperto in brevissimo tempo.Perse la vita in seguito a un incidente accadutogli in volo nei pressi di Brescia.
FONTI E BIBL.: Strade di Zibello, 1991, 26-27.

MELLONI MACEDONIO GIOACCHINO LEONE
Parma 11 aprile 1798-Portici 12 agosto 1854
Secondo dei quattro figli del ricco commerciante Antonio e della francese Rosalie Jabalot, il Melloni frequentò nella città natale le scuole secondarie umanistiche, seguì corsi di musica e pittura (all’Accademia di Belle Arti di Parma, dove nel giugno 1818 meritò il primo premio per il disegno di nudo) e si dedicò a studi naturalistici (sotto la guida di Antonio Lombardini), per i quali ebbe particolare inclinazione.Nel 1819, recatosi a Parigi col proposito di specializzarsi nell’arte dell’incisore (sue opere sono conservate nella Pinacoteca di Parma e nel Gabinetto di disegni e stampe di Dresda), si iscrisse invece ai corsi universitari di scienze fisiche e matematiche.Ritornò a Parma nel 1824 e nell’ottobre vi fu nominato professore sostituto alla cattedra di fisica teorico-pratica dell’Università.Nel 1827 ne divenne effettivo, per la morte del titolare Sgagnoni, e assunse la direzione del gabinetto di fisica.Il Melloni entrò in relazione con L.Nobili, fisico salito già in fama europea, che lo consigliò e lo incoraggiò.Nel 1829 gli comunicò la costruzione del proprio termomoltiplicatore, costituito da una pila termoelettrica collegata al suo galvanometro.Il Melloni ebbe allora l’idea di adattare la pila allo studio del calore raggiante e, dopo attento esame sperimantale, la trasformò nel tipo parallelepipedo con riflettore tronco-conico, divenuto ben noto per tutto il secolo XIX come pila Melloni, di eccezionale sensibilità e prontezza.Col nuovo termomoltiplicatore intraprese subito, in collaborazione con Nobili, le prime ricerche sul calore raggiante, presto interrotte per le vicende politiche  in cui entrambi gli scienziati si trovarono implicati, poi proseguite e pubblicate a Parigi nel 1831.Il 15 novembre1830, infatti, nella sua prolusione al corso di fisica nell’Università di Parma, il Melloni lodò il comportamento degli studenti parigini nei moti rivoluzionari del luglio precedente e incitò i propri allievi a imitarli.Fu portato in trionfo dai giovani ma il giorno successivo fu destituito ed esiliato.Riparò a Parigi ma il 16 febbraio del 1831 tornò a Parma, chiamato come membro del governo provvisorio, costituitosi in seguito alla sommossa popolare.Alla testa degli studenti, il 17 febbraio si recò all’Università a piantarvi la bandiera tricolore e il 18 vi tornò ad accompagnare gli studenti, provvisti di armi, ad addestrarsi nel loro maneggio. Fu tra coloro che vollero la creazione di un battaglione di bersaglieri italiani e di un reggimento d’infanteria di linea italiano, i quali si dovevano unire, sotto il comando del generale barone Carlo Zucchi, coi volontari di Modena e di Bologna. All’arrivo delle truppe austriache a Parma il 13 marzo del 1831, il Melloni riuscì a fuggire e si rifugiò nuovamente a Parigi, dove l’appoggio di J.F.Arago gli procurò la nomina di professore di fisica nel collegio di Dôle, una cittadina del Giura francese.Vi rimase alcuni mesi, poi, per l’impossibilità di condurvi ricerche, si trasferì a Ginevra, accolto nel laboratorio di A.De La Rive.Tornò nuovamente a Parigi nel 1832 e vi rimase, come studioso privato, sino al 1837.Fu il periodo più fecondo della sua carriera scientifica, durante il quale condusse fondamentali ricerche sul calore raggiante.Sull’argomento erano grandi l’oscurità e la confusione d’idee tra i fisici del tempo.Le brillanti ricerche condotte nel 1800 dall’astronomo F.W.Herschel, che anticiparono molti risultati ottenuti dal Melloni, erano state dimenticate, anche perché lo stesso Herschel ne diede due successive interpretazioni tra loro contraddittorie.La pila termoelettrica fu uno strumento rivoluzionario per la ripresa degli studi sul calore raggiante: la sua sensibilità e la sua prontezza erano enormemente superiori a quelle dei termometri a liquido usati dai predecessori e consentivano di sostituire le estese sorgenti di calore ad alta temperatura con sorgenti di piccole dimensioni a temperatura anche modesta (lampade a stoppino, fiamme d’alcool, recipienti con acqua calda, lamine di rame riscaldate). Tutte le operazioni sperimentali erano inoltre rese facili ed esatte da un dispositivo (descritto nel 1835 e detto poi banco di Melloni), costituito da una sbarra graduata sulla quale erano montati la sorgente di calore, gli schermi, le sostanze di sperimentazione e da un braccio girevole   che portava la pila.Il Melloni cominciò con un’estesa serie di esperimenti sull’assorbimento di calore da parte delle più varie sostanze, diafane, opache, colorate, tagliate in lastre di uguale spessore.Ottenne risultati inattesi: corpi opachi per la luce che risultavano trasparenti per il calore e viceversa sostanze trasparenti per la luce che erano poco permeabili al calore.Il salgemma, per esempio, opaco per la luce, era trasparente per il calore, l’allume, trasparente per la luce, era opaco per il calore.Chiamò i primi corpi diatermanie i secondi atermani, vocaboli rimasti nella scienza nonostante le critiche filologiche cui furono soggetti.Con l’uso di sorgenti di calore diverse il Melloni scoprì un nuovo fatto inatteso: le sostanze sperimentate assorbivano più o meno il calore secondo il tipo di sorgente che lo produceva.Il vetro, per esempio, assorbe il calore irradiato dall’acqua bollente ma trasmette in parte quello di una lampada a olio.I due calori, pertanto, non sono identici.IlMelloni interpretò il fenomeno con l’ipotesi che le sorgenti di calore raggiante emanino qualità diverse di radiazioni, tutte però capaci di riscaldare i corpi.A questo proposito rimase celebre la delicatissima esperienza con la quale il Melloni dimostrò nel 1845 che la luce lunare produce calore, mentre aveva già dimostrato in collaborazione con Nobili che la luce di fosforescenza produce calore.Questi fenomeni, tra molti altri, furono invocati da H.L.von Helmholtz nel 1847per giustificare la conservazione dell’energia.L’analogia con le radiazioni luminose e un  ulteriore approfondimento teorico e sperimentale del fenomeno lo condussero a ritenere che esiste uno spettro di rifrazione del calore analogo allo spettro di rifrazione della luce.Per la verifica sperimentale dell’ipotesi il Melloni si trovò in una posizione fortunatissima, avendo scoperto la diatermaneità del salgemma.Pensò perciò di produrre lo spettro della luce solare mediante un prisma di salgemma e verificò che le radiazioni infrarosse si estendevano per un’ampiezza circa doppia di quella che aveva osservato Herschel sperimentando con prismi di vetro.Coi prismi di salgemma il Melloni analizzò allora altre sorgenti di calore, confermando l’esistenza di spettri del calore irraggiato.Il sensibilissimo termomoltiplicatore e il banco gli consentirono di verificare con molta maggiore semplicità di quanto avessero fatto i predecessori, e quindi in forma più suggestiva, le leggi fondamentali del calore raggiante, analoghe a quelle dell’ottica geometrica, come la riflessione, la rifrazione e la polarizzazione.La variazione dell’intensità del calore raggiante inversamente al quadrato della distanza fu da lui verificata in modo semplice e originale, rimasto classico: rivolse l’asse del riflettore della pila termoelettrica normalmente a una parete radiante e constatò che l’intensità della corrente elettrica nel galvanometro collegato non variava con la distanza della pila dalla parete, il che bastava, per semplici considerazioni geometriche, per stabilire la validità dell’inversa dei quadrati.Meritori furono anche i suoi studi sui poteri emissivi e assorbenti dei corpi: dimostrò che tanto il potere emissivo quanto il potere assorbente variano con la natura del corpo e con la qualità della radiazione, a eccezione del nerofumo il quale assorbe tutte le radiazioni che lo investono, indipendentemente dalla loro lunghezza d’onda.Il Melloni avviò in tal modo lo studio del corpo nero, che sarà proseguito per tutto il secolo.Dimostrò ancora che l’assorbimento di calore dipende dallo spessore del corpo in esame e non è un’azione di superficie, come si era creduto.Il Melloni sottopose al giudizio dell’Académie des Sciences di Parigi le precedenti ricerche.L’Académie deputò al loro esame una commissione che si trovò subito in grave imbarazzo, sia perché non si sapeva quanto affidamento si potesse fare sul nuovo strumento adoperato dal Melloni, sia perché i risultati da lui ottenuti erano in disaccordo con le idee allora correnti, sia infine perché era usato il linguaggio della teoria ondulatoria della luce, non ancora generalmente accettata.La commissione, pertanto, andò per le lunghe, esasperando l’impazienza del Melloni, il quale decise alla fine di non curarsi più del giudizio sollecitato e di pubblicare i propri lavori.L’accoglienza ricevuta dagli scritti del Melloni fu eccezionalmente lusinghiera.M.Faraday fece oggetto di lezioni alla Royal Institution di Londra i lavori del Melloni e nel 1834 ne rifece gli esperimenti principali davanti alla Royal Society, la quale, ammirata dei risultati, conferì al Melloni la Rumford Medal.Fu un riconoscimento decisivo per la fortuna dei lavori del Melloni.Nel 1835 egli inviò all’Académie del Sciences di Parigi una nuova memoria, al cui esame fu deputata  una nuova commissione, composta da S.D.Poisson, Arago e J.B. Biot.La commissione, e in particolare il relatore Biot, prese in esame tutto il precedente lavoro del Melloni, ne discusse gli apparecchi e i procedimenti, gli chiese di ripetere in sua presenza le esperienze, gli propose nuovi problemi, che sottopose al calcolo, constatando l’accordo tra risultati sperimentali e previsioni teoriche.Dopo mesi di lavoro, presentò una lunga relazione (di 140 pagine), pubblicata nel 1839 nelle memorie dell’Académie, che mise in evidenza le novità e l’importanza delle scoperte del Melloni e diede parere favorevole alla pubblicazione della memoria da lui presentata (pubblicazione che invece non avvenne, per ragioni ignote).Con la relazione di Biot, il Melloni salì a fama internazionale, onde piovvero le nomine a membro di molte Accademie (Parigi, Berlino, Pietroburgo, Stoccolma, del Vaticano).Sebbene gli fossero state offerte sistemazioni accademiche in Francia, il Melloni desiderava rientrare in Italia.Ne ottenne il permesso nel 1837 per l’interessamento di Arago e di A.von Humboldt presso il pricipe di Metternich, che a sua volta intercedette presso la duchessa di Parma Maria Luigia d’Austria. Nel 1839, su segnalazione di Arago, fu chiamato dal re di Napoli a dirigere il Conservatorio di arti e mestieri e il gabinetto di meteorologia.Il Melloni si stabilì definitivamente a Napoli, dove nel 1843 sposò l’inglese Augusta Brugnel Philipson, dalla quale ebbe tre figlie e un figlio morto di pochi mesi. Alla quasi totalità dei fisici del tempo la natura del calore raggiante sembrò molto diversa dalla natura della luce.Anche il Melloni aderì a questa concezione dominante, perchè, per esempio, il salgemma assorbe le radiazioni luminose ma si fa attraversare dal calore raggiante.Perciò, secondo il Melloni, luce e calore sono effetti prodotti direttamente da cause differenti (in Annales de chimie et de physique VIII 1835, 421).Tuttavia, molti altri fenomeni sembravano accomunare le due cause, onde il Melloni fu indotto a ristudiare il problema aggredendolo con un’estesa sperimentazione del seguente tipo: una lastrina di allume, posta sul cammino della radiazione emessa da una lampada, assorbe tutte le radiazioni calorifiche ma il fascio luminoso che ne emerge attraversa i vetri trasparenti senza una diminuzione sensibile della sua intensità luminosa e della sua capacità calorifica. Ogni distinzione tra i due effetti della luce, illuminare e riscaldare, è scomparso. Cade, pertanto, ogni ragione contro l’identità delle cause che producono l’effetto luminoso e l’effetto calorifico. Oggetto di queste ricerche fu una fondamentale Memoria sull’uguaglianza di costituzione dei raggi di qualunque maniera, vibrati dal sole e dalle sorgenti luminose e calorifiche, pubblicata nel  1842 nei Rendiconti dell’Accademia delle Scienze di Napoli. In essa il Melloni sostiene che calore raggiante, luce e raggi chimici (cioè ultravioletti) sono radiazioni analoghe che differiscono soltanto nella lunghezza d’onda, accettando la tesi di Ampère del 1832, che egli stesso aveva combattuto. Nel 1847 fondò l’Osservatorio vesuviano, di cui assunse la direzione. Verso la fine del 1849, sospettato, per i suoi precedenti politici, di avere favorito i moti rivoluzionari del 1848, ai quali invece era rimasto estraneo, fu destituito dalle sue cariche. Si ritirò a vita privata nella sua villa della Moretta a Portici e si dedicò prevalentemente a mandare a effetto il progetto che aveva in animo da qualche anno, di rielaborare i suoi studi sparsi in un’opera organica, ormai classica: La thermochrose ou la coloration calorifique, pubblicata a Napoli nel 1850, in francese, meglio capito dell’italiano dagli scienziati del tempo. Il titolo sintetizza il concetto fondamentale ispiratore dell’opera: l’assorbimento selettivo e la varia rifrangibilità delle radiazioni caloriche consentono di parlare, in via d’immagine, di un colore del calore o termocrosi. In altri termini, le radiazioni invisibili sono esattamente della stessa natura delle radiazioni visibili e obbediscono alle stesse leggi.Proprio questo concetto fondamentale rese superfluo il neologismo usato nel titolo dell’opera, caduto pertanto presto in disuso, sebbene viva ancora in alcuni derivati (termocroico, leucocroico). A lui si debbono pure alcuni studi sull’induzione magnetica e importanti ricerche meteorologiche e geofisiche, sulla rugiada, sugli igrometri, sull’irraggiamento del suolo, sull’origine dei venti in relazione con la situazione barica e infine sulle proprietà magnetiche delle rocce. Il Melloni si spense durante l’epidemia di colera. Gli furono conferiti molti titoli di appartenenza a ordini quali la Legion d’onore francese, l’Ordine di Toscana, il Mauriziano e l’Ordine dell’Aquila nera.
FONTI E BIBL.: G.Polvani, G.Todesco, Opere di Macedonio Melloni, I, Bologna, 1954; I.Guareschi, Nuove notizie storiche sulla vita e sulle opere di Macedonio Melloni, in Memorie della Reale Accademia delle Scienze diTorino, II, 1, 1909, 59; J.Jamin, La physique depuis les recherches d’Herschel.Melloni et ses travaux sur la chaleur raynnante, in Revue des deux mondes VIII 1854, 1108; I. Cantù, Italia scientifica, 1844, 297; A.Nobile, Elogio storico di Macedonio Melloni, Napoli, Nobile, 1855; F.Napoli, Macedonio Melloni.Sua Vita e sue scoperte, in Rivista contemporanea VIII 1856, 245-270; L.Zini, Degli studi di Macedonio Melloni, prolusione letta a Parma l’11 novembre 1861, Parma, tip.Ferrari, 1861; A.Del Prato, Macedonio Melloni nei moti del 1831 in Parma, Parma, tip. riunite Donati, 1909; Aurea Parma 4 1927, 149-161; A. De la Rive, Macedonio Melloni, nella Bibliothéque Universelle, 1854; M.Lupo Gentile, Macedonio Melloni esule e patriota parmigiano, in Italia 1 1913, 4-8; Catalogo generale della Libreria Italiana dall’anno 1847 a tutto il 1899.Indice per materia, Milano, Associazione tip. libraria italiana, 1915, 392; E.Michel, in Dizionario Risorgimento, 3, 1933, 564-565; Enciclopedia italiana, XXII, 1934, 814; F. Ercole, Uomini politici, 1941, 286; A.Civarella, in Aurea Parma 3 1954, 132-139; Oettinger, Moniteur d.dates, 1867; U.Thieme-F.Becker, Künstler-Lexikon, XXIV, 1930; C. Ricci, La R.GalleriadiParma, 1896; A.M.Comanducci, Dizionario dei pittori, 1972, 1979; M.Gliozzi, in Scienziati e Tecnologi, 1976, II, 371-373; Dizionario Bompiani autori, 1987, 1465; A.V. Marchi, Figure del Ducato, 1991, 198; Grandi di Parma, 1991, 81-82.

MELLONI MARGHERITA, vedi MORARDET MARGHERITA

MELLONI VITTORIO
Parma 28 luglio 1800-
Figlio di Antonio e di Rosalie Jabalot.Durante i moti del 1831 si recò a Firenze per prevenire l’ambasciatore francese del fatto d’armi di Fiorenzuola.Una volta soffocata la rivolta, fu inquisito e per evitare l’arresto espatriò.Con Sovrano Decreto del 29 marzo 1831 gli fu proibito di rientrare in Parma senza l’assenso del Sovrano.
FONTI E BIBL.: O.Masnovo, Patrioti del 1831, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1937, 181.

MELONI GIUSEPPE
Parma 1736-post 1810
Fonditore di campane attivo nel XVIII secolo. Fornì campane per Torrechiara e per Soragna. Nel 1762 ne fece una per la chiesa di San Nicolò in Parma, che nel 1821 fu fusa per fornire ulteriore bronzo al Bajon, la campana maggiore della Cattedrale. Nel 1769 assieme a Domenico Barborini concorse alla gara per la fusione della campana maggiore di Piacenza: vinse però Felice Filiberti. Nel 1810 era ancora vivente.
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, VII, 135, e VIII, 200; G.N.Vetro, Dizionario, 1998.

MELOTTI GIAMPAOLO
1928-Parma 30 gennaio 1999
Medico chirurgo, ebbe una grande passione per l’arte e la letteratura: realizzò infatti quadri astratti e liriche romantiche.Il Melotti fu aiuto della Divisione chirurgica dell’Ospedale Maggiore di Parma.Lavorò sempre in questo reparto, se si escludono due brevi parentesi all’ospedale di Montecchio e al Pronto soccorso del Maggiore. Al Pronto soccorso affiancò Luigi Taverna e alla sua morte assunse le funzioni di primario, per un periodo comunque piuttosto breve: alla metà degli anni Settanta il Melotti ritornò in Divisione chirurgica e vi rimase fino al 1992, quando andò in pensione.Pubblicò due raccolte di poesie: Catarsi (Parma, La Nazionale, 1969) e Forse (Parma, Battei, 1975).
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 2 febbraio 1999, 11.

MELZI DARIO
Parma 9 dicembre 1833-Parma 3 ottobre 1909
Fu battezzato nell’Ospizio degli esposti.Fu  valoroso patriota.Si distinse nelle campagne militari del 1848 e 1859.
FONTI E BIBL.: G.Sitti, Il Risorgimento Italiano, 1915, 81.

MELZI D'ERIL LUIGIA
Milano 1787-Parma 23 gennaio 1842
Figlia di Luigi, conte e grande di Spagna di I ordine, barone di Catalogna e di Aragona, e di Caterina Odescalchi di Como.Risplendette per la cultura dell’animo, il senno virile, l’indole benefica.Fu molto pia e appartenne alla Compagnia del Sant’Angelo Custode di Parma.Sposò il conte Stefano Benassi, cavaliere di San Giorgio e addetto alle udienze di Carlo di Borbone.Fu sepolta nell’arco della propria famiglia.I congiunti innalzarono alcuni anni dopo alla sua memoria un monumento nella Cattedrale di Parma, a lato della loro cappella gentilizia.
FONTI E BIBL.: Elogio della contessa Luigia Benassi de’ conti Melzi d’Eril del padre D.Angelo Maria Teppa barnabita, Milano, Tipografia Boniardi-Pogliani, 1843; Negri, Compagnia Sant’Angelo Custode, 1853, 68; Epigrafi della Cattedrale, 1988, 37.

MELZI D’ERIL LUISA, vedi MELZI D’ERIL LUIGIA

MENAGLIOTTI GIULIANO
Borgo Taro-post 1685
Fu allievo di Pier Francesco Passerini e a lui dedicò il suo libro Miscellaneorum legalium stampato in Piacenza nel 1685 coi tipi Bazachi (l’opera tratta anche dello Statuto di Borgo taro e contiene la scrittura forense De parrocho cognosentem Parrocchiam.
FONTI E BIBL.: L. Mensi, Dizionario biografico dei Piacentini, 1899, 278.

MENDOGNI ANTONIO
Parma 27 aprile 1910 - Bologna 8 aprile 1997
Bibliotecario della Palatina (1926 – 1961) e Soprintendente Bibliografico per Bologna, Romagna e Marche (1961 – 1972)

Antonio+Mendogni+(a+sin.)+con+Giovanni+Masi%2c+direttore+della+Palatina%2c+per+le+vie+di+Parma+nell'immediato+dopoguerra+

Antonio Mendogni (a sin.) con Giovanni Masi, direttore della
Palatina, per le vie di Parma nell'immediato dopoguerra  


Nel 1926, a sedici anni, Antonio Mendogni iniziò il proprio lungo servizio nelle Biblioteche Nazionali entrando in Biblioteca Palatina; continuò, peraltro, a studiare da privatista ed a coltivare la propria inclinazione per la pittura, tanto da esporre varie sue opere alla Prima Mostra Artistica allestita nel ridotto del Teatro Regio dal 14 al 28 Febbraio 1932 (recensione su Corriere Emiliano del 24 febbraio).
L’attività in Palatina fu interrotta per lunghi periodi solo dal servizio militare: dapprima partì volontario per la Cirenaica, dove rimase dal gennaio 1929 al gennaio 1931; poi, con il grado di Tenente, fu richiamato per la guerra ed assegnato alla Divisione Legnano che operò dall’inizio 1941 all’8 settembre 1943 in Albania, Francia ed Italia. Promosso Capitano, l’8 settembre 1943 lo colse in Abruzzo in zona rimasta sotto controllo tedesco e, per l’inverno 1943/44, vi rimase con l’intenzione di passare il fronte per ricongiungersi all’Esercito di Liberazione. Costretto a rientrare a Parma per le precarie condizioni della madre e del fratello invalido, riprese il lavoro in Palatina.
Dell’insigne istituzione parmense Mendogni si occupò, prima della guerra, dell’economato, della segreteria, dell’amministrazione e della Sezione Musicale; successivamente, laureatosi in Materie letterarie a Milano il 23 Maggio 1941 ed avanzato in carriera, ne fu Vice Direttore e si prodigò per il rischioso recupero di volumi e di interi fondi dalle sue macerie (la biblioteca, infatti, fu bombardata nel 1944) e “da scaffali rimasti appesi a muri pericolanti”, e diresse i conseguenti lavori “di spostamento e riordino di raccolte librarie; lavori, questi, resisi frequenti ed indispensabili dopo le distruzioni belliche”, come egli stesso scrisse; attività che continuarono almeno fino al 1955. In Palatina curò, inoltre, la Mostra di codici miniati, edizioni principe, edizioni bodoniane ed incisioni del 1957 e quella bodoniana del 1958 (recensioni sulla Gazzetta di Parma del 10 luglio 1957 e del 18 novembre 1958).“Cordialissimo con gli studiosi”, come gli scrisse il maestro Remo Cattellani, cultore di vicende locali, fu amico del poeta dialettale Alfredo Zerbini, del pediatra ed erudito Giovanni Battistini, nonché legato da fraterno affetto al poeta e Procuratore della Repubblica Ernesto Dalcò, con il quale era solito frequentare lo storico, ed ormai irrimediabilmente perduto, caffè Bizzi di Piazza Garibaldi, simbolo della Parma colta e borghese dell’epoca, e celiare con il suo altrettanto “storico” cameriere Ferruccio. Il 1° ottobre 1961 Mendogni fu nominato Soprintendente Bibliografico per Bologna, la Romagna e le Marche, con sede a Bologna. Per tre anni fece il pendolare fra la città natale ed il capoluogo felsineo, dopo i quali, per i gravosi impegni dell’incarico, vi si trasferì con la famiglia.Nei primi tempi di Soprintendenza, poiché l’ufficio era carente di risorse umane e di riferimenti affidabili sul territorio, egli dovette ricorrere a personale della Palatina, principalmente al dinamico  Peppino Brignoli, ed a fornitori parmensi, quali la scomparsa legatoria Paini di via Garibaldi.    Ma, della sua decennale esperienza di Soprintendente (1961-1972) deve essere ricordato in maniera particolare l’elevato impegno profuso, con senso dell’organizzazione e concretezza tutti parmigiani, nel salvataggio e nel recupero del patrimonio librario fiorentino, in particolare della Biblioteca Nazionale Centrale, oltraggiato dalla catastrofica alluvione del 4 Novembre 1966.

Poiché la Soprintendenza bibliografica della Toscana era parimenti annichilita né, allora, esisteva Protezione civile, si trattò, da più parti, di inventare e rendere immediatamente operativa tutta la logistica dell’immane catena: dall’organizzare il trasporto dei libri impastati di fango putrido, allo studiare e sperimentare le tecniche che permettessero dapprima di bloccarne il degrado e poi di recuperarne la leggibilità. Chi ha vissuto quei momenti dal versante emiliano può percepire distintamente ancora i fari sciabolanti nella notte di camion sotto la neve sui passi dell’Appennino; il calore di fornaci romagnole e degli essiccatoi della Manifattura Tabacchi di Bologna, dove un numero impressionante di libri, liberati dal grosso della mota e con fogli di carta assorbente interposti pazientemente fra pagina e pagina, era posto ad asciugare; il sudore degli impiegati della Soprintendenza tenaci ed esausti; la trepidazione dei monaci dell’Abbazia del Monte di Cesena, curvi su pregevoli tomi sfigurati, non per miniarli, come i loro medievali confratelli, ma per farne risorgere lo splendore.
Nel primo anniversario del disastro, per il rilevante ruolo svolto nell’epica attività, ad Antonio Mendogni fu conferita dal ministro della pubblica istruzione, Luigi Gui, specifica attestazione corredata da medaglia d’argento.
(la parte in corsivo è tratta dal Dizionario bio-bibliografico dei bibliotecari del XX secolo - AIB. Pubblicazioni. DBBI20).


Nei compiti d’istituto della propria circoscrizione Mendogni si adoperò per la creazione di numerose biblioteche, per il recupero ed il miglioramento di quelle esistenti e per la conservazione di codici e volumi di grande interesse artistico e storico, direttamente o procurando agli Enti locali ed agli Istituti interessati i necessari fondi ministeriali.

Nel 1972, quando le Soprintendenze bibliografiche passarono alle dipendenze delle neo costituite Regioni, fu trasferito, preferendo rimanere nei ruoli dell’amministrazione dello Stato, a Firenze per essere nominato, il 1° novembre 1972, direttore della Biblioteca Marucelliana, funzione che mantenne fino al momento del pensionamento, il 1° febbraio 1973, con il grado di Dirigente Generale.

Prova dell’efficacia della sua opera di Soprintendente sono i vari riconoscimenti ricevuti da fondazioni culturali del territorio e le lettere (ancora in possesso della famiglia) di stima e gratitudine sincere inviategli da bibliotecari ed amministratori della Romagna e delle Marche.

Ma la testimonianza più pregnante della sua persona l’hanno fornita gli impiegati della Palatina se è vero, com’è vero, che il figlio, trascorsi oltre quarant’anni dalla sua partenza nel 1961, recatosi in Palatina certo che del genitore si fosse persa la memoria, appena presentatosi al direttore Leonardo Farinelli, si sentì immediatamente rispondere: “Io, suo padre non l’ho conosciuto, ma me ne hanno sempre parlato come di un uomo giusto”.
(voce biografica a cura di Marco Mendogni, inserita il 10/05/2011)

MENDOGNI FRANCESCO
Parma 1526-Parma 1583
Baistrocchi lo definisce aiutante di Girolamo Mazzola Bedoli quando questi dipinse nel 1556-1557 la navata maggiore della Cattedrale di Parma (il Mendogni ebbe il ruolo di preparare l’intonaco: per questo gli furono pagate 220 lire e 10 soldi imperiali; Giornali dell’opera del Duomo).
FONTI E BIBL.: U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexicon, volume XXIV, 1930, 385; Dizionario Bolaffi Pittori, VII, 1975, 350; G.Bertoluzzi, Guida di Parma, 103; R.Baistrocchi, Guida di Parma per i forestieri, 1787, ms. presso la Biblioteca della Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici di Parma, c.103; C.Malaspina, Guida di Parma, 1869, 174; E.Scarabelli Zunti, volume IV, c.199; N.Pelicelli, Guida di Parma, 1910; Archivio Storico per le Province Parmensi XLVI 1994, 345-346.


MENDOZA A., vedi TOMASINELLI ACHILLE

MENDOZA o MENDOZZI SAGRAMORO, vedi SAGRAMORI SAGRAMORO

MENGHINI ANGELA LUISA, vedi MENGHINI ANNA

MENGHINI ANNA
Parma 27 luglio 1882-Roma post 1952
Figlia di Costante e Maria Trajani. Frequentò la scuola primaria, elementare e complementare presso la scuola G.Tommasini di Parma e conseguì la licenza nel 1897.In seguito, presso l’Istituto Albertina Sanvitale di Parma, ottenne la licenza della Scuola Normale nel 1901. Sentendosi chiamata alla vita religiosa, domandò di essere accolta nella Congregazione delle Figlie della Croce (vi assunse il nome di Angela Luisa).Dopo il periodo della formazione, sostenne con esito positivo l’esame di abilitazione all’insegnamento magistrale presso l’Istituto Albertina Sanvitale nell’anno 1905.Nello stesso anno fu inviata a Chiavenna come fondatrice, insegnante e direttrice della scuola elementare presso l’Istituto Maria Immacolata, tenuto dalle Figlie della Croce.Nel 1901 fu trasferita a Traversetolo per lo stesso compito.Vi rimase ininterrottamente fino al 1935.Fondatrice della Scuola Tecnica nel 1913, con sforzi e sacrifici poté contribuire all’adeguamento della scuola stessa ai mutamenti richiesti dalle riforme scolastiche, curandone l’organizzazione e lo sviluppo secondo i criteri della Scuola Regia.Dopo l’intervallo di un biennio (1935-1938), riprendendo la scuola ebbe la soddisfazione di avviarla alla parificazione come Scuola di Avviamento professionale di tipo commerciale, in seguito ad associazione all’ENIMS Successivamente ripristinò una Scuola Tecnica commerciale biennale, come seguito al triennio, e ne ottenne la parifica nel 1946.La sua attività a Traversetolo durò fino al 1951, anno in cui fu trasferita a Sala Baganza e poi a Roma.
FONTI E BIBL.: S. Moroni, Umanità e fede, 1996, 173.

MENICHELLI UGO
Borgo Taro-Dosso Faiti 18 gennaio 1917
Sottotenente di Fanteria, fu decorato di medaglia di bronzo al valor militare, con la seguente motivazione: Durante l’intenso e violento bombardamento nemico al quale venne sottoposto il suo plotone in trincea, sprezzante del pericolo, percorreva più volte la trincea stessa dando le necessarie disposizioni per fronteggiare l’attacco che si prevedeva imminente.Colpito da una granata, vi lasciava la vita.
FONTI E BIBL.: Bollettino Ufficiale 1917, Dispensa 67a, 5062; Decorati al valore, 1964, 27.

MENNONE PELEO o PELLEJO, vedi BAJARDI GIULIO

MENONI RENZO
San Lazzaro Parmense 23 luglio 1922-Palanzano 8 marzo 1945
Fu partigiano della 143a Brigata Garibaldi (combattente sotto il nome di battaglia di Aldo).Morì in un combattimento con i tedeschi.
FONTI E BIBL.: T.Marcheselli, Strade di Parma, II, 1989, 57.

MENONI VINCENZO
Reggio Emilia 14 giugno 1921-Brignole di Rezzoaglio 6 settembre 1944
Si dedicò a diversi lavori. Chiamato alle armi in aeronautica, si fece assegnare al fronte di guerra russo.Rientrato tra gli ultimi, sfuggì ai tedeschi dall’aeroporto di Bologna e a piedi raggiunse i suoi familiari a Moletolo, da dove più tardi si allontanò per prendere contatti con i reparti partigiani della Val Ceno.Poco dopo entrò a far parte di un distaccamento cristiano della 32a Brigata Garibaldi Monte Penna, con il nome di battaglia Parma.Si distinse durante l’assalto al castello di Bardi e in un combattimento al passo del Tomarlo.Sulla via Rezzoaglio-Chiavari catturò tre militari della Monte Rosa.Mentre li conduceva al comando, venne ucciso.Venne sepolto nel cimitero di Bedonia, ma dopo il 25 aprile 1945 i suoi resti vennero trasportati nella cappella dei caduti del cimitero di Ugozzolo.
FONTI E BIBL.: T.Marcheselli, Strade di Parma, II,  1989, 58.

MENOZZI FRANCESCO
Collecchiello 1733
Il suo nome è riportato in un manoscritto vergato dal parroco di Collecchio, Marinzoni che si conserva nell’Archivio di detta parrocchia: A lì 4 marzo 1733 fu affisso alla porta dell’Oratorio di Santa Maria Maddalena in Collecchiello la cedola della vacanza del beneficio di detto Oratorio, nella quale si dice che il sig.Angiolo Petardi, come procuratore per l’Ordine Equestre Costantiniano Militare di SanGiorgio, eretto nella Chiesa della Madonna della Steccata di Parma, presenta al detto Benefizio il sig.Francesco Menozzi.
FONTI E BIBL.: U.Delsante, Dizionario Collecchiesi,  in Gazzetta di Parma 15 febbraio 1960, 3.

MENOZZI PIETRO
Parma 10 agosto 1812-Milano giugno 1878
Figlio di Luigi e Adelaide Ugozzoli. Calcografo, fu allievo del Toschi.Collaborò ai rami riproducenti gli affreschi del Correggio nella Galleria di Parma.Incise per la Galleria Pitti di Luigi Bardi (Firenze, 1842-1845) i rami Ignota, da Sustermans, e Ignota, da Aurelio Luini.Fu disegnatore e acquerellista.
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, IX (1801-1850); Le Blanc, Manuel, III, 11; Giornale del Commercio delle Arti II 1839, 118; P.Martini, L’arte dell’Incisione in Parma, 1873; U.Thieme-F.Becker, Künstler-Lexicon, XXIV, 1930; L.Servolini, Dizionario illustrato incisori italiani moderni e contemporanei, Milano, 1955; P.Martini-G.Capacchi, Incisione in Parma, 1969; A.M.Comanducci, Dizionario dei pittori, 1972, 1992.

MENOZZI VINCENZO
Parma 30 luglio1900-1969
Figlio di Luigi e Giacoma Mantovani. Diplomatosi ragioniere, fece carriera all’interno della ditta di profumi Adam sino al grado di direttore.Amante delle montagne parmigiane e ranzanese d’adozione, fu tra i fondatori dell’Associazione Volontari Italiani Sangue di Ranzano e mecenate della Comunità delle Valli dei Cavalieri.Fu insignito dell’onorificenza di Commendatore.
FONTI E BIBL.: G.Scala, in Valli Cavalieri 14 1995, 24.

MENSI GIOVANNI FRANCESCO
Parma seconda metà del XVI secolo
Boccalaro attivo nella seconda metà del XVI secolo.
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, IV, 200.

MERANO ERMANNO, vedi MARANO ERMANNO

MERCANTI ALESSANDRO
Parma XVII secolo
Pittore attivo a Parma nel XVII secolo.Un suo Autoritratto era un tempo conservato nella Galleria Ercolani di Bologna.
FONTI E BIBL.: U.Thieme-F.Becker, Künstler-Lexikon vol.XXXI, 1937; Dizionario Bolaffi pittori, X, 1975, 408.

MERCANTI CARLO ALFONSO
Parma 26 settembre 1678-Villa d’Aquino 1 dicembre 1741
Nacque da Felice e da Caterina Camia, di famiglia patrizia.Adolescente, fu inviato alla corte del re di Polonia come paggio, per cui ebbe modo di visitare molti paesi d’Europa.Partecipò vivamente alle alterne vicende politiche della nazione ospite e fu anche suonatore di violino.Toccato nel 1714 dalla grazia divina mentre un giorno si trovava in preghiera nella cappella di palazzo, lasciò la corte e vestì l’abito del Terz’Ordine di Sant’Agostino, andando a peregrinare per il mondo, visitando i maggiori santuari e soccorrendo i poveri e i derelitti, così da essere chiamato Pater pauperum.Il  suo fu inizialmente un eremitismo itinerante, che divenne stabile quando pervenne a Villa D’Aquino, dove trovò asilo presso l’eremitorio di Santa Maria delle Grazie.Il tempietto esisteva fin dal 1603 ed era stato costruito sul luogo dove pochi anni prima, nel 1595, si era rinvenuta una effigie ritenuta miracolosa della Vergine.Intorno al Mercanti, attratti dalla fama della sua santità, si raccolse ben presto una comunità di discepoli, che con gli anni crebbe a dismisura e che gli sopravvisse per circa un secolo e mezzo.Trovandosi il suo ritiro nei pressi di Montecassino, il Mercanti si recò spesso in quella basilica a pregare, trattenendosi a lungo con quei monaci in edificanti colloqui, al punto che nell’abbazia gli venne assegnata una stanza, che per diversi anni fu chiamata la stanza di fra Carlo.Amante della penitenza e della solitudine, si ritirava spesso di nottetempo nelle dirute spelonche o negli avanzi di antichi monasteri, posti in luoghi alpestri non lontani dall’archicenobio.Gli si attribuiscono opuscoli e manoscritti di carattere morale-ascetico, tra cui moltissime lettere dirette ai suoi confratelli e a persone religiose e civili del tempo.Il 21 gennaio 1766 presso la Santa Congregazione dei Riti venne introdotta la causa della sua beatificazione.La causa non ebbe seguito in quanto il Promotore della Fede rilevò che il Servo di Dio avesse detto una bugia asserendosi nobile e ricco.Nel 1811 a Villa d’Aquino, nel ritiro di Santa Maria delle Grazie, esisteva ancora una comunità religiosa di due sacerdoti e di alcuni laici.
FONTI E BIBL.: A.Pezzana, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, 1833, IV, 68-69; Archivio della Postulazione Generale Agostiniana, Exemplum sive transumptum publicum Processus informativi authoritate ordinaria fabricati in diocesi Aquinaten. in Causa Beatificationis et Canonizationis Servi Dei Fratris Caroli de Mercantis Eremitae super fama sanctitatis, vita, virtutibus et miraculis dicti Servi Dei, 3 volumi, con i numeri 36-38, in totale 1566 ff.; P.Cayro, Storia civile e religiosa della diocesi di Aquino, II, Napoli, 1911 (edizione anastatica 1981), 91-92; Abbazia di Montecassino.I regesti dell’Archivio. II (Aula II: Capsule XXVIII-XLI), a cura di T.Leccissotti, Roma, 1972, 198, n. 1271; Beaudoin, Index processuum beatificationis, 44; D.Antonelli, in Bibliotheca Sanctorum, Appendice I, 1987, 405-406.

MERCANTI ILARIO GIACINTO
Parma 13 gennaio 1657-Parma 4 agosto 1734
Nacque da Pietro, modesto pittore, e da Maria, abitanti nella vicinia di San Gervaso.Quando aveva solo venti anni il Mercanti rimase orfano di padre, dal quale probabilmente ricevette i primi insegnamenti pittorici.Per quale motivo il Mercanti mutò il cognome in Spolverini, possono farsi solo supposizioni.mercanti è un cognome che tradisce l’origine ebrea: è possibile che il Mercanti, dovendo viaggiare per varie città d’Italia, abbia preferito cambiare il suo cognome.Quanto alla scelta di Spolverini o Spolverino, come risulta da alcuni documenti, fu mutata quasi certamente dallo spolvero, che nel linguaggio pittorico designa quel cartone bucherellato su cui si spolvera la tinta prima di eseguire un affresco: avendo il Mercanti, quando era ancora garzone, aiutato ad affrescare le sei cupolette della Certosa di Parma è probabile che abbia tratto il nome appunto dallo spolvero, il cui uso in quella occasione fu forse suo compito.Fatto sta che fino al 1727 i due cognomi risultano abbinati in tutti i documenti ufficiali.Scarse sono le notizie sulla giovinezza del Mercanti.A vent’anni disegnò gli stemmi dell’Ordine Costantiniano come pagamento della funzione funebre del padre.La sua formazione avvenne alla scuola del Monti, bresciano, detto il Brescianino delle Battaglie per la fama che raggiunse nel dipingere tele rappresentanti battaglie.Il Mercanti raffinò la propria cultura artistica presso il Monti, del quale fu probabilmente il migliore seguace, per quanto anche altri discepoli del Monti raggiungessero un certo posto nella storia dell’arte, quali il Fiamminghino, che dipinse battaglie degne di nota ma morì assai giovane, il Calza che operò a Roma e il Commendich che fiorì a Milano intorno al 1700. Dal Monti, il Mercanti apprese e perfezionò il disegno e la conoscenza della prospettiva, imparò a impostare una battaglia, a dare movimento ai cavalli che si azzuffano insieme ai cavalieri in un ammasso di membra e di armi, a circoscrivere la figura dei cavalli con un segno molto preciso, a volte pungente. La tonalità del Monti è fresca e cupa, i cieli grigio piombo.Nel Mercanti il fondo è addirittura bituminoso e si distinguono soltanto, colpite dai guizzi di fuoco delle bombe, le armature dei soldati, gli elmi e le corazze, in corruschi bagliori generalmente notturni.E per far risaltare i veri interpreti della mischia, i cavalli sono bianchi, dai fianchi larghi e possenti e dalle folte criniere (solo più tardi, a contatto con la cavalleria araba, munita di cavalli piccoli e notevolmente agili, si cominciò a sentire il bisogno di utilizzare cavalcature più snelle e veloci).L’anatomia si rivela studiata a fondo e i cavalli balzano all’occhio dell’osservatore in un movimento scattante e rapido: pare che nella loro corsa escano dalle tele.L’elemento naturalistico che nel Monti aveva un certo peso, così che le sue battaglie sono un insieme di paesaggistica e di fatti d’arme, nel Mercanti scompare del tutto: resta qualche rupe scoscesa ai lati della scena, che di preferenza è limitata da forti e da castelli.In tale genere, le primissime opere del Mercanti sembrano essere le tre Battaglie della Pinacoteca Stuard di Parma, in cui ricorre il motivo del cavallo bianco con sella rossa che tenta di rialzarsi da terra.Purtroppo tali tele sono molto rovinate e sfuggono a un esame approfondito.Qui, come nei due grandi quadri raffiguranti la Battaglia di Fornovo, alla Galleria Nazionale di Parma, e in quella della Rocca di Fontanellato, salta all’occhio la perfetta proporzione nei cavalli e nei cavalieri: è quindi indubbio che il Mercanti fin dall’inizio della sua attività conobbe bene l’anatomia dell’animale. Finiti gli studi presso il Monti, il Mercanti, probabilmente su consiglio del maestro stesso, si recò a Firenze a studiare le opere di J.Courtois, detto il Borgognone. Di questo viaggio e soggiorno non esistono documenti o tracce sicure.Ne parlano però tutti i biografi, dal Nagler al De Boni, al Ticozzi, allo Scarabelli-Zunti, ma questo non basterebbe a renderlo credibile se alcune battaglie del Mercanti non presentassero toni e sfumature diverse rispetto alle precedenti.Qualche squarcio d’azzurro viene ora a rischiarare l’atmosfera densa di fumo e di fuoco, diverso è l’impasto dei colori e i cavalli cadono al suolo reclinando il capo più morbidamente.Più che l’espressione dei combattenti, che il Monti si sforzava di curare, cercò di rendere l’effetto pittoresco degli aggruppamenti e dello spazio entro cui si muovono i soldati e il suo modellato, forse in derivazione della pittura colpeggiata del Borgognone, si fa grossolano.Dopo il soggiorno fiorentino il Mercanti ritornò a Parma.La sua fama doveva essersi estesa nell’ambito del Ducato farnese, perché le nobili famiglie parmensi gli commissionarono molte tele: i soggetti sono invariabilmente le battaglie.Esistono manoscritti ove detti quadri sono inventariati, ma purtroppo sono andati perduti perché venduti in periodi di dissesti finanziari o perché distrutti durante le ultime guerre insieme ai palazzi ove si trovavano.In questi documenti manca la descrizione, per quanto il soggetto sia facilmente immaginabile, date le poche varianti offerte da questo genere di pittura. Ma il Mercanti fu un artista, seppure di non altissima levatura, indubbiamente eclettico poiché in vari periodi si dedicò anche al ritratto e al dipinto storico, nonché al soggetto sacro.Le battaglie devono datarsi entro il 1692.In quell’anno il Mercanti ricevette dal duca Ranuccio Farnese una patente di familiarità, segno indiscubitile che aveva già lavorato per il Farnese.Partì poi per Venezia, ove fu chiamato dal Doge Francesco Morosini, che desiderava vedere illustrate sulla tela le sue imprese più importanti.A Venezia nello stesso periodo si trovò anche il Monti ed è facile che i due abbiano lavorato insieme, dato che furono convocati per il medesimo motivo.Purtroppo dei quadri dipinti in tale occasione dal Mercanti non ne è rimasto alcuno, mentre al Museo Correr di Venezia si possono ammirare tele del Monti e del Simonini.Non esistono nemmeno documenti che illuminino questo periodo: ne fanno menzione i biografi precedentemente citati, ma molto vagamente.Comunque, se non restano le tele del periodo veneziano, restano però ben visibili i caratteri che dell’arte veneta il Mercanti apprese e fece suoi.Questi caratteri mostrano attraverso i quadri successivi quale buon uso il Mercanti fece degli insegnamenti là appresi e come seppe trarre tocchi di eleganza e di raffinatezza soprattutto a proposito delle figure, nel dipingere le quali non era stato fino ad allora molto abile.Tra il 1695 e il 1696 probabilmente il Mercanti ritornò a Parma, abbandonò il genere delle battaglie e si dedicò ai soggetti sacri e ai ritratti.Dal 1710 in poi lavorò esclusivamente per la Corte Farnese, dapprima come copista, poi come pittore aulico e aprì anche una scuola.Fino al 1734 continuò a rappresentare sulla tela i fasti farnesiani, le conquiste, le nozze e la vita della Corte Farnese. È documentata una collaborazione con Ferdinando Bibiena per gli appartamenti ducali e una sua opera di copista dei dipinti tolti dalle chiese per arricchire la Galleria ducale.La sua impresa più impegnativa e più importante, anche dal punto di vista documentario, fu la serie di diciannove dipinti con episodi delle cerimonie per il matrimonio di Elisabetta, ultima dei Farnese, con Filippo V di Spagna, eseguiti in due formati: più piccolo per la madre della sposa per la Reggia di Colorno e più grande per il Palazzo di Piacenza, poi divisi tra Parma, Caserta e la sede originaria. Si sa che il Mercanti vi lavorò per cinque anni (1714-1719), eseguendoli cioè a memoria, ma con puntuali riferimenti alla realtà: si servì di ritratti di personaggi di corte e se si fece persino prestare, per copiarlo, l’abito di gala del duca Francesco Farnese.Anche per la necessità di celebrare i fasti della famiglia ducale, spesso questi dipinti conservano un sapore da scenografia teatrale.Si osservi per esempio lo spazio allargato, più che nelle proporzioni reali, nel Corteo nella Strada SantaLucia verso il Duomo, con un vasto respiro spaziale che si osserva pure nel Corteo verso Borgotaro.Le figure del Mercanti vengono schizzate con rapidità e spigliatezza ma anche con esattezza descrittiva, nelle silhouettes, nei costumi e nelle fisionomie.Tutto è precisato, anche nei lontani (si veda per esempio nella Scena con il Convito l’esposizione di stoviglie a destra). Dopo il 1710 il Mercanti si stabilì a Parma, si formò una famiglia (sposò il 1° giugno 1710 Rosa Bottazzi) ed ebbe cinque figli.Aprì una scuola da cui non uscirono che personalità mediocri (Clemente Ruta, Giuseppe Peroni) o di cui si sa assai poco.Solo Francesco Simonini seguì il genere del maestro e lasciò numerose tele delle sue battaglie.Di Pietro Rocchetti e Antonio Fratacci, che pare dipingessero battaglie, non si hanno notizie sicure.Il Mercanti si dedicò anche ai ritratti, ma solo in particolari momenti della sua vita, senza fare di questo genere la sua attività precipua. Si portò a Piacenza nel 1712 con l’incarico di copiare quadri di celebri autori che i duchi di Parma intendevano collocare nelle loro raccolte.Nel 1715-1716 fu ancora a Piacenza e abitò nella parrocchia di San Fermo.Nel 1721 e nel 1724 abitò invece nella parrocchia di San Martino in foro, dove gli nacquero due figlie, morte poco dopo.Nel 1727-1728 abitò ancora in San Fermo.Stese assieme al Molinaretto l’inventario dei quadri lasciati dal canonico Silvestro Magnaschi (8 luglio 1727, rogito G.Bonelli). A Piacenza, opere del Mercanti erano nel palazzo Farnese e nelle raccolte dei Sanseverino, dei Bertamini, dei Serafini, dei Maruffi, dei Giacopazzi e dei Maculani. Nel 1720 fino alla morte, a eccezione di due ritratti degli Schizzati, il Mercanti lavorò di continuo per i Farnese, eseguendo tele celebrative di avvenimenti risalenti anche a molto tempo addietro. Si dedicò pure al Teatro.In un registro di spese della Corte Farnese di Parma intitolato Spesa pel Teatro Ducale è annotato: 16 aprile 1728: Un bisogno del Spolverini per dipingere una scena del Teatro Grande: Lapis.Piombino N.9;4maggio 1728: Un bisogno del Spolverini per il Teatro Ducale 6pignatte;14 giugno 1728: Un bisogno del Spolverini per le scene del Teatro Grande.Verde eterno oncie 3.Biacca libbre 12. Per gli apparati prospettico-scenografici, avendolo forse deluso la collaborazione con Carlo Virginio Draghi nella Naumachia (Parma, Municipio) tenuta nel giardino ducale di Parma in occasione delle nozze di Dorotea Sofia di Neoburgo con Odoardo Farnese, lavorò con l’amico Ferdinando Bibiena (padrino al battesimo del primogenito, nel 1711). Il Mercanti si mosse, anche nella veduta, con grande libertà, aggiustando i rapporti alle esigenze compositive e adottando non solo nei disegni destinati alle stampe ma anche nei dipinti delle Nozze di Elisabetta vedute a volo di uccello di cortei sviluppati bustrofedicamente senza fine.Iritratti, influenzati prima dal Sustermans e poi dal Mulinaretto (con il diffondersi del gusto venuto di Francia al tempo della guerra di successione spagnola), e i soggetti sacri (molti copiati da dipinti originali del Soiaro, dello Schedoni, del Mazzola Bedoli e del Lanfranco trasferiti dalle chiese alle collezioni ducali) rappresentano un’attività marginale che si confonde nella produzione corrente. In quattro ovali rappresentò le imprese salienti del duca Alessandro Farnese, governatore dei Paesi Bassi: la reggenza di tali terre, Alessandro a mensa durante l’assedio ad Anversa, la vittoria su Enrico di Navarra e la guerra di Castro (episodi avvenuti tra il 1550 e il 1590). Con questi quadri si chiude la produzione del Mercanti che si è conservata.Morì a 77 anni di età.Sull’avvenimento sorse l’aneddoto che il Mercanti fosse morto dopo aver visto dal vero la sua prima battaglia: la nota battaglia di San Pietro, avvenuta il 29 giugno 1734, che ebbe come testimone anche il Goldoni.Il Mercanti non morì a Piacenza, come affermano tutti i suoi biografi, a eccezione del Pelicelli, ma a Parma e fu sepolto nell’ossario della chiesa di San Giovanni Evangelista, ove esiste il documento di morte. Del Mercanti rimangono le seguenti opere: Busseto, chiesa di Sant’Ignazio: Sant’Ignazio; Busseto, Museo Villa Pallavicino: Scontro di cavalieri; Caserta, Reggia: La partenza da Parma di Elisabetta Farnese; Villa di Colorno: Sbarco di guerrieri, Battaglia, Fasti della famiglia Farnese, Le nozze di Elisabetta Farnese, Fasti farnesiani, Ricevimento di Isabella di Spagna, Battaglia, Battaglia, ovale; Colorno, chiesa di Santa Margherita: Strage degli innocenti; Cremona, Museo Civico: Cavaliere con paggio moro, Cavaliere, Gentiluomo a cavallo, Cavaliere; Fontanellato, Rocca Sanvitale: Battaglia; Parma, chiesa della Certosa: sei cupolette, affreschi; Parma, chiesa dell’Annunciata: San Pietro d’Alcantara; Parma, Pinacoteca Stuard: tre dipinti raffiguranti scene di battaglie; Parma, Galleria Nazionale; due dipinti raffiguranti la Battaglia di Fornovo, Antonio Farnese a cavallo; Parma, Municipio: Arrivo di Elisabetta a Borgotaro, Corteo nuziale di Elisabetta Farnese, Banchetto nuziale di Elisabetta Farnese, Paesaggio con cavalieri; Parma, collezioni private: Ritratto del conte Schizzati, Ritratto della contessa Schizzati; Piacenza, Museo Civico: Assalto ad una città, Campo di battaglia, Congedo di Elisabetta Farnese al Monte Cento Croci, Nascita di Alessandro Farnese, Il conte Albergotti è presentato ad Elisabetta Farnese, Francesco Farnese  incontra il cardinale Gozzadini, Francesco Farnese riceve le insegne del comando, Alessandro Farnese assiso a mensa su un ponte di barche, Sbarco di un guerriero, Il duca Pier Luigi vende quattro galere ai Fieschi, Guerra di Castro, Alessandro e Ranuccio vincono Enrico di Navarra, Papa Paolo III consegna il bastone del comando al figlio Pier Luigi, Allegoria relativa alla costruzione del castello di Piacenza, Ranuccio II riceve le chiavi dei castelli di Bardi e Compiano, Elisabetta Farnese incontra due cardinali, Principe Farnese assiste alla costruzione di un edificio, Ingresso in Parma del cardinal Gozzardini, Esercito in marcia.
FONTI E BIBL.: S. Ticozzi, Dizionario degli architetti, III, 1832, 363; G.B. Janelli, Dizionario biografico dei Parmigiani, 1877, 266; Aurea Parma 5/6 1912, 46; Alcari, Parma nella musica, 1931, 186; C.Carasi, Le pubbliche pitture di Piacenza, Piacenza, 1780; Baistrocchi, ms.nella Biblioteca Palatina di Parma, n.1106; L. Lanzi, Storia pittorica, Milano, 1831; M.Bryan, Dict. of Painters and Engr., Londra, 1849, V; A.De Rinaldis, Catalogo del Museo Nazionale di Napoli, Napoli, 1911; G.Copertini, La Pinacoteca Stuard di Parma, Parma, 1926; A.O. Quintavalle, La Regia Galleria di Parma, Roma, 1934; A.Sorrentino, La rocca di Fontanellato, in Emporium luglio 1931; A.Sorrentino, in Bollettino d’Arte 1931-1932; F.Borri, I quadri di Ilario Spolverini per le nozze di Elisabetta Farnese, in Parma 1933; M.G. Salvini, Ilario Spolverini, tesi di laurea, Bologna, 1964-1965; Dizionario Bolaffi pittori, X, 1975, 408-410; Parma realtà 1979, 11; E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, Parma, Galleria Nazionale, ms.VII (1701-1750); U.Thieme-F. Becker, XXXI, 399; A.Sorrentino, Ilario Spolverini, in Enciclopedia Italiana, Roma, 1936, volume XXXII, 407; L.Ozzola, I pittori di battaglie nel Seicento e nel Settecento, Mantova, 1951, 50-51; U.Galetti-E.Camesasca, Ilario Spolverini, in Enciclopedia della pittura italiana, Milano, 1951, volumeIII, 2343; F.Arisi, Il Museo Civico di Piacenza, Piacenza, 1960, 238-241; T.Pignatti, Il Museo Correr di Venezia.Dipinti del XVII e XVIII secolo, Venezia, 1960, 319 e seguenti; F.Arisi, Dipinti farnesiani, catalogo della Mostra, Piacenza, 1961; Bénézit, VIII, 61; C.Donzelli, G.M. Pilo, I pittori del Seicento veneto, Firenze, 1967, 378; A.Ghidiglia Quintavalle, Tesori nascosti della Galleria di Parma, Parma, 1968, 89-100; M.G.Silingardi Salvini, Ilario Spolverini, in Aurea Parma I-II 1968, 41-59; G.Fiori, Notizie biografiche di pittori piacentini dal ’500 al ’700, in Archivio Storico per le Province Parmensi XXII, 1970, 92-93; E.Riccomini, I fasti, i lumi, le grazie, pittori del Settecento parmense, Parma, 1977, 34-43; G.Godi, Calza? No, è Spolverini, in Gazzetta di Parma 20 ottobre 1978; G.Cirillo, G.Godi, Apporti al catalogo e alla storia della pittura parmense del ’700, in Parma nell’Arte 1 giugno 1979; R.Arisi, Ilario Spolverini pittore di battaglie e cerimonie, catalogo della Mostra, Piacenza, 1979; F.Arisi, in L’Arte a Parma dai Farnese ai Borbone, catalogo della Mostra, Parma, 1979, 35-40; La Battaglia nella pittura del XVII e XVIII secolo, 1986, 420-422; Dizionario pittura e pittori, III, 1992, 587-588.

MERCANTI PIER ILARIO, vedi MERCANTI ILARIO GIACINTO

MERCANTI PIETRO
1631 c.-Parma 1677
Le uniche notizie esistenti sul Mercanti si devono allo Scarabelli Zunti e risalgono all’anno 1660.In quell’anno infatti venne compilata una nota di spese a credito del Mercanti, che aveva eseguito la decorazione di due archi trionfali su commissione della Comunità degli Anziani di Parma per festeggiare l’ingresso in città della sposa del duca Ranuccio Farnese.In questa nota il Mercanti risulta essere pittore, ma pagato assai poco.
FONTI E BIBL.: M.G. Salvini, in Aurea Parma 1/2 1968, 41.

MERCANTI PIETRO MARTIRE
Parma 18 maggio 1668-Nixivan 25 febbraio 1721
Nacque da Girolamo, dottore in Medicina, e dalla gentildonna Flaminia Quinigi.Compiuto il corso delle umane lettere nell’Università di Parma, vestì a diciotto anni l’abito di SanDomenico nel Convento del Bosco in Milano.Passato a Bologna per continuare gli studi e poi a Roma, ebbe nell’Ordine Domenicano l’ufficio di Lettore.Nel 1701 si offerse per le missioni alla Congregazione di Propaganda.Approvato, partì per l’Armenia e ivi per più anni esercitò strenuamente il suo ministero, sia confermando nella fede e istruendo i cattolici, sia confutando gli scismatici.Nel 1709 il pontefice Clemente XI lo nominò Arcivescovo di Nixivan, in Persia.Il Mercanti fu preferito ad altri anche per la sua discreta conoscenza della lingua armena.Preconizzato dopo pochi giorni in pubblico Concistoro, venne poi consacrato in Persia per evitare il dispendio di farlo venire a Roma.La consacrazione gli venne conferita da un altro parmigiano, monsignor Baistrocchi, arcivescovo di Anastasiopoli.Il Mercanti fece stampare nel 1714 a Venezia il Breviario Domenicano in lingua Armena (fino a quel tempo si era fatto uso di manoscritti).Il Mercanti resse per dieci anni la Chiesa di Nixivan.Fu sepolto nella Cattedrale di Ognissanti in Nixivan.
FONTI E BIBL.: G.M. Allodi, Serie cronologica dei vescovi, I, 1856, 440, e II, 1856, 344; A. Schiavi, Diocesi di Parma, 1940, 272.

MERCATI LUIGI
Bastia di Lunigiana 1845-Parma 16 agosto 1921
Frequentò nella Diocesi di Sarzana il ginnasio e il liceo.Poi, per desiderio dello zio parroco di Pedrignano, compì il corso teologico nel Seminario di Parma.Ordinato sacerdote, fu cappellano a Tizzano.Non ancora trentenne, successe a monsignor Allodi nella cattedra di Dogmatica nel Seminario urbano, ottenendo contemporaneamente la cura della chiesa cittadina di Santa Maria Maddalena.Nel 1879 passò alla parrocchia di Fontanelle ma nel 1880, per desiderio del vescovo Villa, riprese l’insegnamento della Dogmatica e fu nominato parroco della chiesa di San Tommaso in Parma. Insegnò per quarant’anni ed ebbe tra i suoi discepoli i chierici Andrea Ferrari e Guido Maria Conforti.Cessò dall’insegnamento nel 1910 per malattia.in occasione delle sue nozze d’oro sacerdotali, tutto il clero della Diocesi prese parte ai festeggiamenti come segno di gratitudine.Laureato in Teologia, divenne Priore dell’almo Collegio Teologico di Parma.In premio dei suoi alti meriti fu nominato prima Pro Vicario Generale di monsignor Magani e poi Prelato Domestico di Sua Santità.
FONTI E BIBL.: Vita Nuova 22 agosto 1921; I. Dall’Aglio, Seminari di Parma, 1958, 167-168.

MERELLI ROSA
Campi di Albareto 1803-1875
Sposò Pietro Betta, docente di storia ecclesiastica e Sacra scrittura al Seminario di Pontremoli.Alla sua morte, le furono indirizzati distici da Giovan Battista Niccolosi e epigrafi da vari altri letterati.
FONTI E BIBL.: L.Marsilli, Rosa Betta nata Merelli: necrologio, Pontemoli, Rossetti, 1875; F.da Mareto, Bibliografia, II, 1974, 108.

MERIGHI ANTONIO
Parma 1769 c.-XIXsecolo
Probabilmente fu figlio di Pietro. Liutaio, lavorò in Parma e poi a Milano al principio dell’Ottocento.Luigi Stefano Giarda di Napoli suonò con un mandolino di questo artefice e se ne dichiarò molto soddisfatto.
FONTI E BIBL.: L. Forino, Il violoncellista, 1905, 155; C. Schmidl, Dizionario universale musicisti, 3, 1938, 529; G.Antonioni, Dizionario dei costruttori, 1996, 93.

MERIGHI PIETRO
Parma 1743 c.-post 1794
Liutaio. Lavorò a Parma e si conoscono suoi strumenti, quali violini e mandolini, costruiti nel periodo 1769-1794. Sull’etichetta stampata a piccoli caratteri è riportato: Pietro Merighi, detto de’ Leoni, Fece in Parma l’Anno 1794.
FONTI E BIBL.: G. De Piccolellis, Liutai antichi e moderni, 1885; G.Antonioni, Dizionario dei costruttori, 1996, 93.

MERIGHI VINCENZO
Parma 7 dicembre 1795-Milano 29 settembre 1849
Figlio di Antonio, fu allievo del Conservatorio di musica di Milano. Fu insegnante di violoncello al Conservatorio di Milano dal 1826 alla morte.Tra i suoi allievi ebbe A.Piatti e G.Quarenghi. Suonò per molti anni nell’Orchestra del Teatro alla Scala di Milano e godette la stima di Rossini, Bellini, Donizetti, Mercadante, Coccia, Ricci e Vaccaj.Tra i suoi alunni vi furono Alfredo Piatti, Guglielmo Quarenghi, Leonardo Moja e Alessandro Pezze. Possedette un violoncello Stradivari del 1707. Nel 1838 Paganini gli scrisse per acquistarlo, dato che il figlio Achille intendeva studiare questo strumento e gli offrì 200 luigi. Data la competenza che aveva acquisito frequentando la bottega del padre, commerciò anche in strumenti di alta liuteria. Questo si evidenzia dal carteggio che tenne con Paganini, dal quale risulta che procurò al virtuoso diversi strumenti d’autore (Stradivari, Guarnieri del Gesù, Amati, Barbò) e gli cedette nel 1839 il suo violoncello per 240 luigi d’oro. Compose capricci, sonate e divertimenti per violoncello e pianoforte e per violoncello e altri strumenti.Curò l’edizione del metodo di Duport per violoncello, pubblicata a Milano (s. a.), e di quello di Dotzauer (Milano, 1838).
FONTI E BIBL.: F. Regli, Dizionario biografico artisti,   1860, 322-323; E. Favilli, Dizionario biografico dei musicisti, 1925, 294; Dizionario musicisti, UTET, 1987, V, 50; G.N.Vetro, Dizionario, 1998.

MERLI ANTONIO
Parma-Parma 1851
Ancora giovane, fu impresario di opere liriche al Teatro di Guastalla nelle stagioni tra il 1841 e il 1843. Dopo essere stato l’esattore dell’appaltatore del Teatro Ducale di Parma nella stagione 1844-1845, tenne l’impresa di quel Teatro nelle stagioni di autunno 1846 e 1847, dopo che erano incorse delle controversie con l’impresario Claudio Musi. Nel 1850 tenne l’appalto assieme a Domenico Marchelli.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 11 gennaio 1843; Inventario; Stocchi.

MERLI CESARE
Parma seconda metà del XIX secolo
Pittore paesista, attivo nella seconda metà del XIX secolo.
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, X, 104.

MERLI GIAMBATTISTA, vedi MERLI GIOVANNI BATTISTA

MERLI GIOVANNI BATTISTA
Parma 1678/prima metà del XVIII secolo
Incisore e pittore di storia attivo in Parma nell’anno 1678 e ancora nella prima metà del XVIII secolo.
FONTI E BIBL.: P.Martini-G.Capacchi, Arte incisione a Parma, 1969.

MERLI GIROLAMO
Parma 1566
Pittore copista ignorato dallo Zani.Pungileoni pubblicò una lettera del conte Antonio Cerati, in cui il Cerati afferma di possedere alcuni dipinti del Correggio, aggiungendo che altri 6 ovati sono copie del Merli, che fu uno dei migliori copisti delle pitture che trovasi in Duomo e in SanGiovanni Evangelista dell’immortale Allegri.Dipinse nel 1566 la Beata Vergine Incoronata sul muro del palazzo dell’Uditore civile di Parma, ricevendo un pagamento di 556 lire dal Comune.L’immagine era su disegno fornito da Bernardino Gatti detto il Soiaro (il quale venne pagato 10 scudi; Archivio di Stato di Parma, Archivio Comunale, Ordinazioni Comunali).
FONTI E BIBL.: L. Pungileoni, Memorie istoriche di Antonio Allegri detto il Correggio, Parma, 1871-1872, volume II, 133, e volume III, 134; E.Scarabelli Zunti, volume IV, c.201; Archivio Storico per le Province Parmensi XLI 1994, 346.

MERLI PAOLO
Parma-Busseto post 1858
Organista della collegiata di Castell’Arquato, il 13 marzo 1856 chiese all’Anzianato del paese di essere nominato maestro della scuola di musica, senza concorso, dato il misero stipendio. Allegò una lettera di presentazione di Emanuele Muzio. Dichiarò di aver composto un inno scritto in occasione che l’Augusta Nostra Regnante recavasi a far visita al Coleggio degli Ignorantelli, il qual pezzo fu eseguito dalla Reale Banda di Parma ed un altro pezzo che servì per l’Orchestra Reale. La convenzione fu firmata il 3 ottobre 1856. Il 7 aprile 1858 presentò le dimissioni per motivi di salute e si stabilì a Busseto (Archivio di Stato di Parma, Dipartimento di Grazia, Giustizia e Buongoverno, serie XXXVI, b. 610, fasc. 5).
FONTI E BIBL.: G.N. Vetro, Dizionario, 1998.

MERLI PELLEGRINO, vedi MERULA PELLEGRINO

MERLI ROBERTO
Parma 16 marzo 1871
Combatté come volontario per l’indipendenza d’Italia e fu decorato di medaglia al valor militare.
FONTI E BIBL.: Il Presente 16 marzo 1871, n. 75; G.Sitti, Il Risorgimento italiano, 1915, 413.

MERLINO
-Alberi 16 luglio 1404
Il suo nome è ricordato dal Pezzana (Storia di Parma, II, 1842, 65-66 e 82): Un famiglio di Ottobuono Terzi, giovane di leggiadro aspetto e gentil costume, e più d’ogni altro istrutto ne’ cavallereschi diporti della danza e del suono, fu preso in questo giorno dai villani dei Rossi nelle vicinanze del castello degli Alberi.Questo amabile giovinetto fu ucciso il dì 16 da que’ barbari e mandatone il cadavere a Parma come per beffa all’afflitto padrone.La vendetta per l’uccisione del Merlino fu terribile: Ottobuono Terzi fece tagliare in pezzi 160 tra cittadini e villani della parte Rossa che erano prigioni in Parma, e così macellati mandolli sopra 14 carra a Porporano ove campeggiava il nemico.
FONTI E BIBL.: Enciclopedia di Parma, 1998, 453.

MERLINO IPPOLITO, vedi MEDINO IPPOLITO

MERLOTTI CLAUDIO
Correggio 8 aprile 1533-Parma 5 maggio 1604
Detto anche Merulo o Claudio da Correggio, il suo cognome fu propriamente Merlotti.Studiò dapprima con il musicista francese Tuttovale Menon, poi con G.Donati.Organista in Brescia (Cattedrale) nel 1556, l’anno seguente passò a Venezia, dove successe a Gerolamo Parabosco al secondo organo e poco dopo (2 luglio 1557) fu a fianco di Annibale Padovano al primo organo della cappella di San Marco.A Venezia diresse anche una casa editrice musicale dal 1566 al 1571: iniziò quest’attività in società con Fausto Betanio, bresciano, pubblicando madrigali del Textoris, del Rossetto e il Primo libro dei propri madrigali a 5 voci.Poi, scioltasi la società nello stesso anno della fondazione, continuò da solo, dando alle stampe opere di Verdelot, Conforti, Palestrina, Festa, Rore, Lasso, A.Gabrieli e di numerosi altri compositori, nonché proprie.Da papa Pio V e dalla Signoria di Venezia ebbe il privilegio di stampa della durata di quindici anni per 12 libri d’intavolatura e d’organo.Si occupò anche di arte organaria, facendo aggiungere all’organo di SanMarco, a Venezia, una fila di flauti all’8a e costruendo egli stesso un organo positivo di 4’ (conservato nel Conservatorio di Parma).Lasciata Venezia nel 1584, passò forse a Mantova e infine a Parma nel 1586, inizialmente come organista di corte del duca Ranuccio Farnese (che lo nominò cavaliere), dal 1587 con lo stesso incarico nella Cattedrale e dal 1591 come organista della chiesa ducale della Steccata.Molto attivo anche come didatta, ebbe tra gli allievi G.B. Mosto, G.Diruta, V.Bonizzi, G.Arnone, G.F.Maschera e C.Angleria. L’opera del Merlotti attende uno studio complessivo che comprenda anche la ricca produzione polifonica sacra e profana: questa non deve essere infatti sottovalutata e, da quel che se ne conosce, è tale da inserire il Merlotti nel novero dei migliori rappresentanti della scuola veneziana.Fu comunque l’attività organistica a renderlo famoso: nelle testimonianze dei contemporanei è descritto come esecutore abilissimo e soavissimo e le sue stesse opere confermano le sue straordinarie capacità esecutive e interpretative.Il maggior merito del Merlotti si situa nel campo della storia della toccata, per quanto riguarda il processo di trasformazione da genere improvvisativo-virtuosistico a forma compiuta e organica.Alcune sue toccate si attengono ancora formalmente agli elementi improvvisativi caratteristici dell’intonazione ma generalmente vi inserisce passaggi di scrittura imitativa, nel genere del ricercare.Soprattutto nel Primo Libro, la struttura più comune viene a essere quella di un brano fugato incorniciato da due parti toccatistiche.Nelle toccate del Secondo Libro, più interessanti, è sempre più accentuata la tendenza a compenetrare i due elementi, dando vita a uno stretto susseguirsi di episodi toccatistici e fugati, mantenendo spesso anche nei secondi figurazioni caratteristiche dei primi, come trilli, passaggi veloci e così via.Esempio perfetto di questa struttura è la toccata prima dell’undecimo tono detto quinto del Secondo Libro, in cui si alternano, all’interno di un’organica unità compositiva, momenti di contemplazione raccolta e snodarsi di note rapide e brillanti.Considerata non a torto espressione tipica dello stile veneziano, con tutto il suo colore e la sua magnificenza, la toccata del Merlotti è importante storicamente perché contiene l’embrione del binomio toccata e fuga.Anche altre opere concepite per l’organo presentano notevole interesse: le messe, le canzoni alla francese e i ricercari.Nelle messe il Merlotti rivela grande abilità nel trattamento del canto fermo in versetti spesso molto sviluppati, ricchi di abbellimenti e diminuzioni.Per quanto riguarda le canzoni, alcune di quelle del Primo Libro (1592) sono intavolature di canzoni scritte precedentemente dal Merlotti per gruppi strumentali: nella versione per tastiera è conservata praticamente soltanto la struttura armonica originaria, mentre il tessuto contrappuntistico è quasi irriconoscibile per la ricchezza di figurazioni (passaggi, diminuzioni), espressive del diverso mezzo strumentale.Con le canzoni strumentali il Merlotti si allinea accanto ai maggiori cultori del genere: N.Vicentino, M.A.Ingegneri, F.maschera.I ricercari, soprattutto per il gusto delle ampie proporzioni, sono riconducibili al tipo del ricercare-mottetto del Cinquecento, alla maniera di J.Buus e A.Willaert.Vi sono tuttavia presenti brevi momenti di abbellimenti e diminuzioni.Alcuni sono monotematici.Purtroppo sono andate perdute le sue musiche di scena, di cui restano testimonianze nei documenti dell’epoca: La Tragedia di C.Francipagne fu eseguita in Palazzo Ducale il 21 luglio 1574 in onore di Enrico III di Francia, con quella maniera, che si ha più ridotto alla forma degli antichi e in cui i cantori hanno cantato suavissimi concetti quando soli, quando accompagnati. Significativo è infine il fatto che Zarlino abbia introdotto il Merlotti in qualità di interlocutore nelle Dimostrazioni harmoniche. Il Merlotti compose: musiche (perdute) per gli intermedi de Le Troiane di L.Dolce (Venezia, 1566), la musica de La Tragedia di C.Frangipane (Venezia, 1574), musica per un testo di M.Veniero per i festeggiamenti in occasione delle nozze di Francesco de’ Medici e Bianca Cappello (Firenze, 1578); musica strumentale: Ricercari d’intavolatura d’organo libro 1° (Venezia, 1567), Messe d’intavolatura d’organo libro 4° (Venezia, 1568), 1° libro de’ ricercari da cantare a quattro voci (Venezia, 1574), Canzoni d’intavolatura d’organo a quattro voci fatte alla francese, libro 1° (Venezia, 1592), Toccate d’intruolatura d’organo libro 1° (Roma, 1598) e libro 2° (Roma, 1604), Libro 2° di canzoni d’intavolatura d’organo a quattro voci fatte dalla francese (Roma, 1606), Ricercari da cantare a quattro voci libro 2° (Roma, 1607) e libro 3° (Roma, 1608), 3° libro di canzoni d’intavolatura d’organo a cinquevoci fatte alla francese (Roma, 1611), 23 composizioni in antologie dell’epoca (1568-1617), e altre manoscritte; musica vocale sacra: Missarum 5 voci Liber I (Venezia, 1573), Liber ISacrarum Cantionum 5 voci (Venezia, 1578), 1° libro de motetti a 6 voci (Venezia, 1583), 1°libro de motetti a 4 voci (Venezia, 1584), 2° libro de motetti a 6 voci con giunta di molti a 7 per concerti e per cantare (Venezia, 1593), Sacrorum concentuum 8, 10, 12 et 16 voci Liber I(Venezia, 1594), 3° libro de motetti a 6 voci (Venezia, 1605), Misse due cum 8 et 12 voci Litaniae Beatae, Mariae Virginis 8 voci cum parte organica (Venezia, 1609), 37 composizioni in antologie dell’epoca (1585-1610); musica vocale profana: 1° libro de madrigali a 5 voci (Venezia, 1566), 1° libro de madrigali a 4 voci (Venezia, 1579), 1° libro de madrigali a 3 voci (Venezia, 1580), 2° libro de madrigali a 5 voci (Venezia, 1604), 1° libro de madrigali a 6 voci (Venezia, 1560), 53 madrigali e 2 canzoni in antologie (1560-1605); opere vocali intavolate per liuto da altri: un mottetto nel Fronimo di V.galilei (Venezia, 1568), un mottetto e 3 canzoni nell’Intavolatura di liutto libro 1° di G.A.Terzi (Venezia, 1593).
FONTI E BIBL.: E.Favilli, Dizionario Biografico dei Musicisti, 1925, 294-295;L.Ronga, in Gerolamo Frescobaldi, Torino, 1930, 24-27; S.Mattei, in Enciclopedia cattolica, VIII, 1952, 749; Enciclopedia italiana, XXII, 926 e sg.; Enciclopedia Ecclesiastica, VI, 1955, 709; Dizionario UTET, VIII, 1958, 601; O.Mischiati, in Dizionario musicisti UTET, 1987, V, 55-56; F.Caffi, Storia della musica sacra nella pia Cappella ducale di SanMarco in Venezia, Venezia, 1854; A.Catelani, Memorie della vita e delle opere di ClaudioMerulo, in Gazzetta Musicale, 1860 (nuova edizione, con aggiunte di G.Benvenuti, in Bollettino Bibliografico Musicale 1930-1931); Q.Bigi, DiClaudio Merulo da Correggio, Parma, 1861; L.Torchi, La musica istrumentale in Italia nei sec.XVI, XVII e XVIII, in Rivista Musicale Italiana 1898; A.Solerti, Le rappresentazioni musicali di Venezia dal 1571 al 1605, in Rivista Musicale Italiana 1902; Claudio Merulo da Correggio, raccolta di scritti nel centenario della morte, Parma, 1904; A.Barilli, Claudio Merulo e Ottavio Farnese, in Rivista Musicale Italiana 1905; A.Einstein, Claudio Merulo’s Ausgabe der Madrigalien des Verdelot, in SIMG, 1907; G.Pannain, Le origini e lo sviluppo dell’arte pianistica in Italia, Napoli, 1917; G.Gasperini, Musicisti celebri alla Corte dei Farnesi: Claudio Merulo da Correggio e O.Bassano da Cento, in Aurea Parma 1920; P.Guerrini, Di alcuni organisti della Cattedrale di Brescia nel Cinquecento, in Noted’Archivio 1926; A.Damerini, Claudio Merulo da Correggio, in The Sackbut 1929-1930; E. Valentin, Die Entwicklung der Tokkata im 17. und 18. Jahrhundert, Münster i W., 1930; N.Pelicelli, Musicisti in Parma, in Noted’Archivio 1931-1933; B.Disertori, Le canzoni strumentali da sonar a 4 di Claudio Merulo, in Rivista Musicale Italiana 1942; W.Apel, The early development of the organ Ricercar, in MD, 1949; J. Holst, Ein Doppelchorwerk mit beziffertem Bass von Claudio Merulo, in Kongressbericht Basel, Basilea, 1949; G.Sartori, Dizionario degli editori musicali italiani, Firenze, 1958; E.Valentin, Die Tokkata, in Das Musikwerk, Colonia, 1958; S.Dalla Libera, Cronologia musicale della Basilica di SanMarco in Venezia, in Musica sacra, Milano, 1961; L.H.Debes, Die musikalischen Werke von Claudio Merulo, Quellennachweis und thematischer Katalog,Diss., Università di Würzburg, 1964; L.F. Tagliavini, in MGG; O.Mischiati in Enciclopedia Ricordi; J.G. Bastian, The Sacred Music of Claudio Merulo, 2 volumi, Diss., Università del Michigan, 1967; G.Völki, Die Toccaten Claudio Merulos, Diss., Monaco, 1969; J.G. Bastian, The Masses of Claudio Merulo, Touchstones of Parody Technique in Venetian Style, in American Choral Revue, 1970; G.Gallico, Claudio Merulo da Parma, in Parma.Conservatorio di musica, 1973, 67-77; B.Meier, Die Modi der Toccaten Claudio Merulos (Rom 1598 und 1604), in AfMw, 1977.

MERLOTTI GIACINTO
Parma 13 gennaio 1595-Parma febbraio 1650
Allievo di Claudio merlotti (del quale fu probabilmente non nipote ma pronipote), e poi di Cristoforo Borra, organista della chiesa della Steccata, nel 1630 successe ad A.Bonizzi come organista del Duomo di Parma e mantenne il posto fino alla morte.Il Merlotti fu autore della composizione (pubblicata): Madrigali a 4 voci in stile moderno libro 1°.Con una canzone a 4 sopra Quella bella amor da suonare con gli instrumenti (Venezia, 1623).Curò la pubblicazione delle opere postume di Claudio Merlotti: Libro 2° di canzoni d’intavolatura d’organo (1606), Ricercari da cantare a 4 voci libro 2° (1607) e libro 3° (1608) e 3° libro de Canzoni d’intavolatura d’organo a 5 voci (1611).
FONTI E BIBL.: Dizionario Musicisti UTET, 1987, V, 56.

MERULA CLAUDIO, vedi MERLOTTI CLAUDIO

MERULA PELLEGRINO
Zibello 1550 c.-Cremona post 1630
È annoverato dall’Affò tra gli scrittori e letterati parmigiani per essere il Merula di Zibello, benché vissuto sempre a Cremona e ritenuto pertanto cremonese.Ma il Merula stesso, nell’opera Santuario di Cremona, ricorda Zibello come la terra nella quale ebbero sepoltura numerosi suoi congiunti ed essendo in quel tempo il paese sottoposto alla giurisdizione spirituale di Cremona, si spiega come egli, vocato al sacerdozio, avesse compiuto gli studi ecclesiastici in quella città, dove il vescovo Cesare Speciano lo nominò parroco di San Niccolò e in seguito (1601) anche di San Michele nuovo.L’Affò lo definisce dotto, versato alle belle lettere e storico erudito, rilevando come le sue opere lo mostrino adorno d’una soda pietà. Lasciò vari saggi di letteratura e storia, tra i quali i più importanti sono: Nobilissima raccolta de’ Cremonesi in santità insigni ed eminenti, col catalogo succinto di tutti i Vescovi di Cremona fino all’Em.mo Capori (Brescia, 1624) e Santuario di Cremona, nel quale si contengono non solo le vite de’ Santi di tutte le Chiese e di quelli i cui corpi in alune di esse vi riposano, ma anche le Reliquie e cose notabili di ciascuna di esse (Cremona, 1627).
FONTI E BIBL.: D.Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 266-267.

MERULA TARQUINIO
Busseto 24 novembre 1595-Cremona 10 dicembre 1665
Studiò musica a Cremona, dove fu probabilmente organista in San Bartolomeo, così come lo fu dal 1616 fino al 1621 nella chiesa di Santa Maria Incoronata a Lodi.Nel 1624 fu organista di Corte a Varsavia presso il re Sigismondo III e nel 1628 fu nuovamente a Cremona, nella chiesa di Sant’Agata, mentre il sabato era attivo nel Duomo come maestro di cappella.Chiamato nel 1631 a Bergamo, fu maestro della cappella di Santa Maria Maggiore e occupò tale carica ancora nel 1633, benché avesse dato le dimissioni il 25 dicembre 1632 per prendere servizio presso l’arciprete di Seriate.Nel 1640 era ancora a Bergamo e tre anni dopo passò a Venezia, dove con altri collaborò alle musiche dell’opera La finta savia del poeta Giulio Strozzi.Nel 1646 ritornò come maestro di cappella a Cremona.Ricevette onori, fu socio dell’Accademia dei Filomusi di Bologna e fu nominato cavaliere dello Speron d’oro. Fu infatti uno dei più raffinati compositori della sua generazione e la sonata strumentale da camera con lui presentò notevole sviluppo strutturale, mentre nella produzione vocale fu tra i primi a operare una distinzione netta tra aria e recitativo. Il Merula pubblicò testi con musica strumentale, sacra, per strumenti a tastiera, nonché composizioni vocali profane.
FONTI E BIBL.: Enciclopedia di Parma, 1998, 453; G.N.Vetro, Dizionario, 1998.

MERULI FELICE
Parma 1659
Fu organista della Cattedrale di Parma dal 1° agosto 1659 fino a tutto il settembre dello stesso anno.
FONTI E BIBL.: N.Pelicelli, Musica in Parma, 1936.

MERULO, vedi MERLOTTI

MERUSI FRANCESCO
Parma 1773/1775
Violinista, fu ammesso per un trienno a suonare nell’Accademia teatrale di Parma.Prese parte agli spettacoli teatrali dell’agosto 1773 dati in occasione delle feste per la nascita del primogenito principe Lodovico di Borbone.
FONTI E BIBL.: Archivio di Stato di Parma, Teatri, 1770-1779, Affari diversi, cartella, n. 2; N.Pelicelli, Musica in Parma, 1936, 224.

MERUSI LEANDRO
Cremona ante 1723-post 1770
Nel 1723 ebbe la cittadinanza parmense e nel 1751 fu onorato del titolo di abate privilegiato.Fu inoltre visitatore generale della provincia romana nel 1758 e definitore nel 1765.Nell’anno 1764 fu eletto per un triennio abate della chiesa di San Sepolcro in Parma e nel 1767 rieletto per il successivo triennio.
FONTI E BIBL.: V.Soncini, Chiesa San Sepolcro, 1932, 92.

MESCHI ALBERTO
Borgo San Donnino 27 maggio 1879-Carrara 11 dicembre 1958
Nacque da famiglia operaia.Il padre, trasferitosi a Spezia quando il Meschi era ancora fanciullo, vi morì suicida.Il Meschi cominciò a lavorare fin dalla tenera età, in qualità di apprendista muratore. Autodidatta, iniziò la sua attività politica pubblicando articoli sul Pro coatti di Genova (ottobre-dicembre 1899), quindi sul periodico sindacale L’Edilizia e sul foglio antimilitarista La Pace. Da Spezia, ove continuò a vivere, si fece pure corrispondente dell’Avanguardia socialista, il noto periodico di W.Mocchi e di Arturo Labiola.Nel dicembre 1903 tornò a Borgo San Donnino, ove trovò lavoro come muratore e dove si trattenne fino al marzo 1905, quando andò a stabilirsi a Genova. In quest’ultimo centro rimase, secondo l’autorità politica, fino al febbraio 1907, quando emigrò per l’Argentina (ma secondo un suo biografo, Hugo Rolland, il Meschi partì per l’Argentina al più tardi, nel 1905).Qui si stabilì prima a Buenos Aires, quindi, alla fine del 1907, a Mar del Plata, sempre occupandosi come muratore, ma pure mettendosi in evidenza, come scrisse il console italiano in data 15 gennaio 1908, tra gli anarchici italiani di quella località.In relazione coi principali anarchici di qui, pare dotato di una qualche istruzione, abbenché di mestiere muratore, e va rivelandosi come un entusiasta propagandista.In effetti il Meschi collaborò a diversi fogli libertari, come il quotidiano La Protesta o come il quindicinale antimilitarista Luz del Polidado, inviando pure corrispondenze all’Alleanza libertaria di Roma e a Il Libertario di Spezia, e s’impegnò pure concretamente, quale organizzatore, nel locale movimento sindacale, tanto che entrò a far parte della commissione esecutiva della Federacion obrera de la Republica argentina.Dall’Argentina il Meschi fu espulso con decreto del 26 settembre 1909 in base alle leggi antianarchiche poste in essere dal governo dopo l’uccisione del capo della polizia colonnello Falcon.Tornò dunque in Italia, sbarcando a Genova dal Rio de las Amazonas il 27 dicembre 1909.Trasferitosi a Spezia, riprese la sua collaborazione al Libertario trattando diversi argomenti, tra cui le esperienze anarco-sindacaliste compiute dal movimento operaio in Francia e in Argentina. Come propagandista libertario, partecipò ad alcuni comizi tenuti nella vicina Lunigiana: fu così chiamato, nell’estate del 1911, a reggere in via provvisoria la Camera del Lavoro di Carrara.L’organizzazione operaia apuana versava in una crisi profonda per le lotte intestine di tendenza tra anarchici, socialisti e repubblicani: le iscrizioni erano cadute a poche centinaia di organizzati.Con il Meschi, segretario provvisorio fino al dicembre 1911 e quindi segretario effettivo, si realizzò la convergenza delle correnti libertaria e socialista, mentre i repubblicani defezionarono e costituirono nella frazione di Avenza una loro organizzazione gialla.La Camera del lavoro andò così progressivamente irrobustendosi, passando dai 1355 soci del gennaio 1911 ai 5463 del gennaio 1912, dagli 8309 del gennaio 1913 ai 12024 del maggio 1914, quando era già in atto una scissione promossa dai socialisti.L’area di influenza della Camera del lavoro andò progressivamente dilatandosi: oltre alle leghe del Carrarese e del Massese, aderirono le organizzazioni della Garfagnana e della Versilia, mentre la Camera del Lavoro di Viareggio votò l’adesione come succursale alla consorella carrarese.I movimenti di protesta intrapresi in questi anni dalla Camera del Lavoro assommarono a oltre sessanta, quasi tutti coronati da successo: spiccano tra questi lo sciopero dei cavatori (1911), lo sciopero generale per le pensioni dei lavoratori del marmo (1912), lo sciopero degli scalpellini della Lunigiana e della Versilia (1913) e infine la serrata padronale che paralizzò l’intera industria del marmo nei mesi a cavaliere del 1913 e 1914.La serrata offrì ai socialisti l’occasione per riprendere le distanze dal Meschi e dai libertari apuani, dopo che questi agli inizi del 1913 avevano recuperato i repubblicani convincendoli a rientrare nella Camera del Lavoro.Nacque così la Camera del Lavoro confederale di Massa, ma con scarso peso, anche per il rifiuto di diversi quadri sindacali socialisti (primo tra tutti il loro leader,G.Tenerani) di seguire il partito sulla via della scissione.Pomo della discordia tra il Meschi e i socialisti fu, oltre ai rapporti con i repubblicani e all’atteggiamento assunto dalla Camera del Lavoro nel corso delle elezioni politiche del 1913, poco propenso verso il candidato socialista F.Betti, l’adesione dell’organizzazione carrarese all’Unione Sindacale Italiana.Infatti, espulsa nel 1911 dalla Confederazione Generale del Lavoro la Camera del Lavoro carrarese, il Meschi e i suoi compagni furono tra gli intervenuti al congresso costitutivo dell’Unione Sindacale Italiana (Modena, novembre, 1912).Nel suo successivo congresso camerale, la Camera del Lavoro deliberò l’adesione all’organizzazione sindacalista e il Meschi partecipò, come suo delegato, al II Congresso dell’Unione Sindacale Italiana (Milano, dicembre 1913) ove venne eletto a far parte del Comitato centrale e pronunziò il comizio di chiusura del congresso.La polemica tra i socialisti da un lato, gli anarchici del Meschi e i repubblicani dall’altro, incentrata sui nodi già visti, continuò per tutto il 1914, né si sedò di fronte ai problemi posti all’Italia dalla prima guerra mondiale.Di fronte al conflitto, il Meschi assunse una posizione originale all’interno dell’Unione Sindacale Italiana, sostenendo la necessità di mantenere l’organizzazione sindacale estranea al dissidio tra interventisti e neutralisti.Lo spinsero in tal senso, oltre all’amicizia, mai rinnegata, che lo legava ad Alceste De Ambris e ad altri sindacalisti rivoluzionari interventisti, oltre alla presenza repubblicana all’interno della Camera del Lavoro di Carrara, la sua particolare concezione del sindacato come realtà apolitica.Comunque, quando si trattò di scegliere, il Meschi fu coerente con il proprio passato di internazionalista e antimilitarista: fu infatti lui a presentare, nel consiglio generale dell’Unione Sindacale Italiana svoltosi il 13 e 14 settembre 1914, l’ordine del giorno che, riaffermando i principi antimilitaristi e antiautoritari cui doveva uniformarsi l’organizzazione operaia, vide i sindacalisti rivoluzionari interventisti in netta minoranza e provocò la scissione.Ciò non toglie che localmente il periodico della Camera del lavoro, Il Cavatore, che pure durante tutta l’avventura tripolina non aveva mai smesso di polemizzare con i fautori della guerra, non assumesse una posizione netta di fronte al nuovo conflitto e quasi lo ignorasse.Del resto, all’interno della Camera del Lavoro carrarese il Meschi continuò a collaborare con la componente repubblicana e con alcuni quadri, come Tenerani, fattisi interventisti. Entrata l’Italia in guerra, anche il Meschi fu richiamato alle armi, come effettivo del 190° battaglione di stanza a Novara.Sorvegliato attentamente, dati i suoi precedenti, venne più volte trasferito, finché, inviato al fronte, non venne fato prigioniero.Tenuto fino alla fine della guerra in un campo di lavoro nei Carpazi, poté rientrare a Carrara solo nel novembre 1918.Qui intraprese l’opera di riorganizzazione della Camera del lavoro, ripigliando le pubblicazioni del Cavatore.Anche nel biennio 1919-1920 la Camera del Lavoro, che aveva ribadito la sua adesione all’Unione Sindacale Italiana, fu protagonista di numerose agitazioni e scioperi: spiccano tra questi l’agitazione dei cavatori per il rinnovo del contratto di lavoro e l’altra dei minatori di Luni che ottennero le sei ore lavorative.Nel contempo, partecipando al clima del dopoguerra, Il Cavatore lanciò la parola d’ordine le cave ai cavatori.Fu allora che la grande borghesia locale partorì il fascismo di Renato Ricci, sempre più aggressivo e violento: nella seconda metà del 1921 si scatenò l’offensiva fascista, che presto ebbe ragione dei partiti e delle organizzazioni democratiche.L’ostentato agnosticismo della Camera del Lavoro verso le vicende politiche locali non valse a salvarla dalla bufera: a metà maggio del 1922 essa venne occupata dalle squadre fasciste e al Meschi non restò altro che riparare all’estero.Trasferitosi nel 1922 a Parigi, il Meschi partecipò attivamente alla vita del gruppo anarchico P.Gori, fondando pure un periodico, Il Momento, che uscì nel 1923-1924, nel 1938 e nel 1945.Quando, dopo l’assassinio di G.Matteotti, il gruppo Gori promosse un comitato d’azione interpartitico, cui aderirono socialisti, repubblicani e anarchici, il Meschi vi rappresentò questi utlimi.Nel medesimo tempo si impegnò a fondo nella costituzione delle Legioni garibaldine, divenendo segretario particolare di Ricciotti Garibaldi e del comitato delle legioni medesime, e come garibaldino partecipò nel 1925-1926 alla cospirazione catalana organizzata dal colonnello Francisco Macia.Questa partecipazione del Meschi al movimento garibaldino determinò, una volta scoperta la vera natura di Ricciotti Garibaldi, un avventuriero al soldo del governo fascista, una dura polemica con A.Borghi.Negli anni successivi il Meschi fu tra i fondatori della sezione italiana della LIDU e quindi fu attivo nella Concentrazione antifascista.Scoppiata in Spagna la guerra civile, il Meschi vi si recò a combattere nel 1936, aggregandosi alla prima colonna di esuli antifascisti italiani formata da C.Rosselli.Non poté però trattenersi a lungo al fronte, causa le sue cattive condizioni di salute, e fece ritorno in Francia, pur accettando di collaborare a Guerra di classe, il periodico libertario pubblicato a Barcellona e diretto da C.Berneri.Rimessosi in salute, tornò in Spagna nel 1938, abbandonandola solo al momento della definitiva sconfitta delle forze repubblicane.Riparato in Francia, vi fu sorpreso dall’avanzata nazista e fu internato nel campo di Noè, nell’Alta Garonna, ove rimase sino alla fine del 1943.A liberazione avvenuta, il Comitato di Liberazione Nazionale di Carrara lo richiamò alla direzione della Camera del Lavoro, ove rimase fino all’aprile del 1947, quando la Camera del lavoro fu conquistata dalla corrente socialcomunista.Il Meschi continuò allora per proprio conto le pubblicazioni del Cavatore. 
FONTI E BIBL.: A.Garosci, La vita di Carlo Rosselli, Firenze, senza data, ad indicem; A.Bernieri, 50 anni di lotte operaie in Apuania, 1901-1951, Carrara, 1952, ad indicem; U.Fedele, Breve storia dell’USI, in Volontà, 1957, 646; A.Bernieri, Cento anni di storia sociale a Carrara (1815-1921), Milano, 1961, ad indicem; A.Bernieri, Il fascismo a Carrara tra il 1919 e il 1931, in MOS 1 e 2 1964; H.Rolland, Il sindacalismo anarchico di Alberto Meschi, Firenze, 1972; E.Santarelli, Il socialismo anarchico in Italia, Milano, 1973, ad indicem; L.Gestri, in Movimento Operaio Italiano, III, 1977, 443-446; Camera del Lavoro di Fidenza, 1997, 22-23.

MESSAGHI FLAMINIO
Parma 1576/1593
Fu cantore nella chiesa della Steccata in Parma dal 1576 al 10 febbraio 1593.
FONTI E BIBL.: N.Pelicelli, La capella corale della Steccata nel secolo XVI, 36; N.Pelicelli, Musica in Parma, 1936, 19.

METABO PRIANEO, vedi BONDI CLEMENTE DONNINO LUIGI

METALLO GRAMMATICO o GRAMMATIO, vedi METALLO GRAMMAZIO

METALLO GRAMMAZIO
Parma 1540-Venezia 1615 c.
Dopo la morte di Giorgio Maineri, maestro di cappella d’Aquileja (4 maggio 1582), tra gli altri, domandò di succedere a tale ufficio il Metallo, sacerdote, il quale presentò anche nonnullos libros musicales subsuo nomine impressos et editos.Ma fu scelto Pandolfo Rappa di Mantova (21 maggio).certamente allora il Metallo presentò al concorso le due opere Primo e secondo Libro delle canzoni a tre e a quattro voci, stampate in Napoli nel 1577.Il Metallo dedicò il Secondo Libro di queste canzoni a Francesco Braida, di Bisaccia oggi primo di settembre 1577.Il Gaspari erra quando scrive che il Metallo si palesa nativo di quella città, e con lui l’Eitner che trasse dal Gaspari (cfr.Gaspari, Catalogo, volume III, 246).Sta di fatto che nella lettera dedicatoria del Secondo Libro de Canzoni a tre et quattro voci, a Francesco Braida il Metallo scrive: e per essere il primo genito dell’Illustre Sig.Ettore Braida dignissimo et utilissimo Padrone della Città di Bisaccia dolcissima patria mia.Diversamente, G.Vale in Vita Musicale nella Chiesa Metropolitana di Aquileia (in Note d’Archivio per la Storia musicale, 1932, 343) afferma che Grammatico Metallo da Parma presentò al concorso alcuni libri musicali impressi col suo nome. La contraddizione può forse spiegarsi interpretando le parole dolcissima patria mia nel senso di patria di elezione. È pur vero comunque che per quante ricerche fece il Pelicelli, non gli fu possibile trovare memoria del Metallo negli archivi di Parma.Il Metallo si trovò nel 1601 nelle parti di Levante, come si legge nella lettera dedicatoria a Marc’Antonio Viaro (in data 15 settembre, da Alessandria d’Egitto), nella quale scrive: fui spogliato, stratiato, et assassinato e da V.Sig. Clariss.in molti modi fui favorito (lettera dedicatoria al Primo Libro dei Motetti a tre voci, stampato a Venezia nel 1602).Dal titolo dell’opera si sa che in quell’anno il Metallo era maestro di Cappella in San Marcuola.L’opera più in voga del Metallo fu quella dei Ricercari a due voci per suonare e cantare, di cui si fece grande uso, poiché le ristampe si moltiplicarono fin dopo la metà del XVII secolo: quella del Mascardi, stampata a Roma, è del 1685.Romano Micheli, nella prefazione della sua Musica vaga e artificiosa (1615), scrive di aver incontrato il Metallo in Venezia e che allora era in età di 74 anni, ciò che è confermato dalla data sotto il ritratto del Metallo (Di anni LXXIII) nell’edizione dei Ricercari stampata in Venezia dall’Amandino nel 1614.Il Metallo fu autore delle seguenti opere: Del Metallo il Secondo Libro de canzoni a tre e a quattro voci.Regolate et osservate con una Maresca, Napoli, 1577 (il solo canto, presso il Liceo Musicale di Bologna), Del Metallo Villanelle alla Napolitana a tre voci con una Maresca (Venezia, 1592; Vienna, Hofb., completo; Liceo Musicale Bologna, Basso; Roma Santa Cecilia, Basso), Canzoni alla francese per sonare.Libro IV (Venezia, 1594; Basel, F.IX, 43), Del Metallo Messe comodissime a 4 voci pari Libro 6 (Venezia, 1602; British Museum,Londra), Del Metallo, Maestro di Cappella in San Marcuola.Il primo libro de Motetti a 3 voci con una Messa (Venezia; Liceo Musicale di Bologna), Del Metallo Magnificat a 4 et a 5 con le quattro Antifone Hymno et un mottetto con diversi Canoni (Venezia, 1603; Londra, BritishMuseum), Del Metallo Messe a 5 voci con 3 Motetti con il Basso per sonar nell’organo (Venezia, 1610; Londra, BritishMuseumC. A.T.B.Bc), Del Metallo Motetti a 5 voci con una Magnif. a 10 et il B. per sonar nell’organo Opera18 (Venezia, 1610; Londra, BritishMuseumC.A.T.B.Bc), Del Metallo Motetti per tutte le solennità dell’anno divisi in doi parte a 4 voci con una Regina Coeli a 8 voci.Prima parte.Opera19.Seconda parte.Opera20 (Venezia, 1610; Londra, BritishMuseum; Bologna Liceo Musicale, il solo Basso), Del Metallo Messa, Motetti et un Magnif. a 5 voci, con un altro Magnif. et Mottetti a 6 et un circolo musicale, Opera21 (Venezia, 1611; Londra BritishMuseum, incompleta, manca 5a), Del Metallo Motetti, Magnif. et Madrigali spirituali a 3voci.Et nel fine 2 Motetti all’antica moderna et licentiosi quali tutti si possono cantare a una, due et tre voci con il suo B. per l’organo Lib.3.Opera25 (Venezia, 1613; Londra, BritishMuseum), Del Metallo Epistola, Introiti, Offertorii, Passii, Improperii, et Messa a 4 per la settimana santa.Opera24 (Venezia, 1613; Bologna, Liceo Musicale, Basso), Ricercari a 2 voci per sonare et cantare (Venezia, 1614; Firenze, Liceo Musicale; edizione Florido, Canonico de Silvestris da Barbarano, Bracciano, 1643; Londra, British MuseumT.; ristampa accresciuta e corretta da Prospero Chiocchia da Poli, Roma, 1654; Londra, BritishMuseumT; 1665, Roma; Londra BritishMuseum; 1665, Venezia: Berlino, Bibl. e Bologna San Petronio; ristampati, Roma, 1674: Londra, BritishMuseum; 1685, Roma, Mascardi: Berlino, Bibl.), Composizioni del Metallo nel Primo Libro delle Villanelle a 3 voci di Domenico Montenegro (Hofb.di Vienna; Santa Cecilia di Roma: B.). Nell’opera di Cerone del 1613 è un Canone (Eitner, 1; ms. nella Biblioteca di Berlino, n.2250 Bl.11: Sanctus Dominus, Mot. in Canone a 2, 4 voci in Partit., L200, Canone a 3 in Partit).
FONTI E BIBL.: G.Vale, Vita musicale nella Chiesa metropolitana di Aquileia, in Note d’Archivio per la Storia Musicale luglio-dicembre 1932, 210; G.Gaspari, Catalogo della Biblioteca del Liceo musicale di Bologna, volume II, 107, 461, volume III, 246, volume IV, 213, 214; Vogel, volume I, 500; R.Eitner, Quellen-Lexikon, volume VI, 451; N.Pelicelli, Musica in Parma, 1936, 146.

METI GIOVANNI
Borgo San Donnino 1456/1479
Fu arcidiacono della Cattedrale di Lodi e passò in seguito a Parma per assumere l’incarico, conferitogli dal vescovo Delfino Della Pergola, di vicario speciale di Borgo San Donnino.Come prevosto mitrato, resse la Chiesa borghigiana per ventitré anni.
FONTI E BIBL.: D.Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 28.

METTI BATTISTA
Parma 1590
Sacerdote, fu contralto della Cattedrale di Parma nell’anno 1590.
FONTI E BIBL.: N.Pelicelli, Musica in Parma, 1936.

MEYNER GIORGIO, vedi MAINERIO GIORGIO

MEZZADRI
Parma 1740/1762
Fu cantore alla Cattedrale di Parma dal 25 dicembre 1740 al 3 maggio 1762 e alla  chiesa della Steccata di parma dal 1757 al 1759.
FONTI E BIBL.: N.Pelicelli, Musica in Parma, 1936.

MEZZADRI ALBERTO
Roccabianca 1890-Zona di Monfalcone 9 settembre 1917
Figlio di Antonio.Soldato nel 243° Reggimento Fanteria, combatté da valoroso in Trentino e sul Carso.Mentre col suo reparto stava occupando quota 12 con le annesse trincee avanzate di Monfalcone, una granata nemica caduta sulla posizione lo uccise.
FONTI E BIBL.: Combattenti di Roccabianca, 1923, 38.

MEZZADRI ANTONIO
Parma prima metà del XVI secolo
Maestro da muro attivo nella prima metà del XVI secolo.
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, III, 299.

MEZZADRI GIOVANNI
Parma seconda metà del XVIII secolo
Artista attivo nella seconda metà del XVIII secolo.
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, VIII, 201.

MEZZADRI GIUSEPPE
Roccabianca 1890-Zona di Poroi 12 settembre 1916
Figlio di Enrico.Aveva già compiuto trenta mesi di servizio militare, quando, scoppiata la prima guerra mondiale, venne chiamato nuovamente alle armi e assegnato al 61° Reggimento Fanteria.Partecipò a diverse azioni sul fronte tridentino, quindi fu in Macedonia dove il 61° diede prove di valore e di resistenza, sia combattendo contro gli austro-turco-bulgari, sia superando difficoltà e insidie ambientali.Nel settembre 1916 gli italiani sferrarono un’offensiva su quel fronte, con lo scopo di alleviare la pressione nemica su Monastir.Ma l’offensiva fallì e il 61° Fanteria dovette occupare posizioni retrostanti.Durante questa azione il Mezzadri, gravemente ferito, venne dato tra i dispersi.Pare che il Mezzadri, già ferito nel combattimento e stremato nel fisico, sia perito in una palude di sabbie mobili.
FONTI E BIBL.: Combattenti di Roccabianca, 1923, 39.

MEZZADRI NICOLO'
Tizzano Val Parma 29 giugno 1882-Torino 4 settembre 1930
Nel luglio del 1902 nel Regio Conservatorio di Parma conseguì il diploma di magistero in fagotto.per diversi anni fu scritturato in primissime orchestre dirette dai più grandi direttori italiani e stranieri: Mancinelli, Ferrari, Mugnone, Campanini, Toscanini, Guarnieri, Nikisch, Much, Wagner e Wolf.Stabilitosi a Torino nel 1913, fece subito parte dell’orchestra di quel Teatro Regio.Vinse nel 1926 per concorso il posto di insegnante titolare di fagotto nel Liceo musicale di detta città.Dal 1919 occupò pure il posto di primo fagotto solista al Teatro Regio di Torino sia in stagione d’opera che in quella dei concerti orchestrali sinfonici.
FONTI E BIBL.: Alcari, Parma nella musica, 1931, 132.

MEZZADRI PIETRO
Tizzano Val Parma 1871-post 1949
Si trasferì a Buenos Aires nel 1892.Assieme ai figli impiantò una industria di carni e affini che ebbe grande sviluppo, soprattutto tra il 1892 e il 1917.Nel 1949 fu membro dell’unione industriale dell’Argentina ed ebbe altre cariche importanti nel ramo suinicolo.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 10 luglio 1989, 3.

MEZZADROLI GIUSEPPE
San Lazzaro Parmense 27 aprile 1880-Traversetolo 26 dicembre 1961
Laureato in chimica e farmacia alla Regia Università di Parma, libero docente in tecnologia delle fermentazioni, professore della facoltà di chimica industriale dell’Università di Bologna (della quale divenne successivamente preside e professore emerito), legò il suo nome a molti brevetti e a un gran numero (circa 170) di pregevoli pubblicazioni che contribuirono largamente alla tecnologia chimico-agraria relativa all’industria zuccheriera, allo studio dei fermenti e delle reazioni da essi provocate e all’applicazione di fattori fisici particolari su processi di tecnologia chimico-agraria.valoroso ed infaticabile sperimentatore, ottenne anche all’estero lusinghieri consensi.Chiamato in Argentina per alcune conferenze, fondò nel 1927 a Buenos Aires l’Istituto tecnologico argentino, con personale italiano e italo-argentino.A riconoscimento dei suoi meriti nel campo scientifico, nel 1929 fu invitato a far parte del Consiglio nazionale delle ricerche presieduto da Guglielmo Marconi, con il quale fu in stretti rapporti di stima e di collaborazione. Membro d’onore dell’Associazione italiana dei tecnici dello zucchero e dell’alcool, socio onorario dell’Accademia delle Scienze di Bologna, fu premiato con medaglia d’oro dalla facoltà di chimica industriale di Bologna.Fu fondatore della rivista Zimologia e chimica dei colloidi.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 28 dicembre 1961, 5; F. da Mareto, Bibliografia, II, 1974, 1197.

MEZZATESTA FRANCESCO
Reggio Calabria 1882-Calestano 1930
Appartenne a distinta famiglia dedita alla magistratura: il padre, avvocato, a ventisette anni fu Sindaco di Reggio Calabria, il nonno fu magistrato dei Borbone e presidente della Corte d’Appello di Napoli.Laureatosi in giurisprudenza a Napoli, espletò il suo primo incarico in qualità di Pretore di Calestano.Poi fu a Vignola, a Monza e infine a Parma, ove per nove anni fu giudice del Tribunale.grande civilista e giudice retto, concepì la magistratura come una missione.Sentì profondamente il tormento della giustizia e il compito di donare giustizia.Dopo la sua permanenza a Parma passò a Genova e fu poi presidente del tribunale di Trento, ma volle essere portato a morire a Calestano, ove fu sepolto.
FONTI E BIBL.: B.Molossi, Dizionario biografico, 1957, 100.

MEZZATESTA VINCENZOReggio Calabria-Parma 20 maggio 1994
Capitano del 66° Reggimento Fanteria carristi, decorato in Marmarica della medaglia d’argento al valor militare (ricevuta dalle mani del generale rommel), nell’ottobre del 1944 raggiunse le formazioni partigiane nell’Appennino parmense e dopo il terribile rastrellamento del novembre conobbe il maggiore Charles Holland (dal quale ricevette poi un encomio), responsabile della missione inglese. L’intesa fu immediata e il Mezzatesta (nome di battaglia Jack) riuscì in breve tempo a creare la brigata Pablo con elementi accuratamente scelti tra le varie suddivisioni politiche, un compito non facile anche per l’insistente proposta del generale Alexander di sospendere la guerriglia fino a tempi migliori.Dopo la liberazione, nell’estate 1945 gestì per breve tempo il dancing del Parco Ducale di Parma.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 22 maggio 1994, 9.

MEZZI EUGENIO
Parma 1890/1891
Di professione imbiancatore, lavorò per il Teatro Regio di Parma come avvisatore - carrozziere negli anni 1890/1891.
FONTI E BIBL.: Dietro il sipario, 1986, 298.

MEZZI GIROLAMO
Porporano 1508-post 1563
Nacque nella villa di Porporano ove la sua famiglia (di tradizione notarile) villeggiava.Si applicò alle leggi e alle lettere.Poi esercitò il notariato dal 1551 al 1563.Fu iscritto all’Accademia degli Innominati di Parma col nome di Incatenato.Pubblicò molte rime (edite dal Viotto) cantando l’amore onesto.Compose il libro Della vera amicizia a imitazione di Cicerone, le Egloghe toscane a imitazione di Virgilio e Teocrito, un Canzoniere di rime diverse e il Libro delle Leggi d’Amore.
FONTI E BIBL.: Aurea Parma 2/3 1957, 107, e 2 1959, 107.

MEZZI ILARIO
Parma prima metà del XVI secolo
Fu dottore in entrambe le leggi nei primi anni del XVI secolo.
FONTI E BIBL.: R. Pico, Appendice, 1642, 34.

MIARI MATTEO
Belluno 1845-Sospiro 1915
Conte, iniziatore del ramo parmigiano della famiglia.Fu volontario garibaldino nella spedizione in Tirolo del 1866.Dottore, ingegnere e architetto, laureato a Padova, si trasferì nel 1874 a Parma, ove lavorò nella sede della Banca d’Italia.Nel 1879 sposò Angela, figlia di Luigi Lagorio, un genovese giunto a Parma nel 1855 e qui divenuto proprietario della casa cinquecentesca, attribuita al Vignola, in strada della Repubblica 51.
FONTI E BIBL.: T.Marcheselli, Dizionario parmigiani, 1997, 209.

MIAZZI MARIA PAOLA
Parma 1924-settembre/dicembre 1988
Insegnò lingua e letteratura spagnola presso la facoltà di Magistero dell’ateneo parmense e ne diresse l’Istituto di spagnolo.Fu una attenta studiosa della cultura letteraria spagnola.Col supporto del suo ricco tessuto culturale, maturato sulla base di una consolidata esperienza, si convalidò negli anni anche in una pregevole attività scrittoria.Del 1973 è il meditato e ponderoso florilegio in due volumi (Spagna Letteraria), che riprende le fasi salienti del XVIII, XIX e XX secolo.I testi (più o meno noti) sono opportunamente corredati da un apparato di annotazioni linguistiche e informative, oltreché da una puntuale introduzione storico-culturale e da notizie bio-bibliografiche sui singoli autori.Il suo fermento intellettuale in direzione di un ispanismo polivalente, che fu manifesta e profonda ragione di vita, la portarono a Venezia, Angera, Roma, L’Aquila, madrid e Messina, dove, al Congresso teresiano del 1982, si cimentò con successo in un’analisi sottile e scrupolosamente articolata su Un carteggio di Santa Teresa con Filippo II.Il saggio è solo una prova della sua predilezione per i secoli d’oro, che si tradusse, specie nel Teatro, in contributi di prim’ordine. Su una linea scientifica che trova esauriente riscontro nella sua orgogliosa parmigianità, diede luce alla sua produzione migliore: accostò infatti in meticoloso confronto i suoi interessi ispanici con la copiosa documentazione custodita nella Biblioteca Palatina di Parma.Solo dopo insistite verifiche alla Biblioteca Nazionale di madrid, decise di collocare più convenientemente quella importante Colección de diferentes autores, dove si annoverano in 87 volumi molte commedie del Seicento e del Settecento.La collezione di alcuni di questi manoscritti, riletti e interpretati insieme a Blanquita Luca de Tena, si sviluppò prima nella Bibliografìa critica de D.Agustìn Moreto y Cavana (1979) e poi, nella stessa collana della Biblioteca de Teatro Raro del Barroco Español, nell’edizione critica de El hijo obediente (dello stesso Moreto), per i tipi eleganti di Franco Maria Ricci (1979).A seguire, e di non minore incidenza per la solida interpretazione estetica e filologica, quelle de El hijo pródigo (sempre del commediografo di scuola calderoniana) e de Los balcones de Madrid, dove, dopo il confronto della grafia dei tre divesi manoscritti (principale quello di Parma) e il ritrovamento di un quarto, attestò una non facile attribuzione a Tirso de Molina.Si tratta di indagini di indiscussa qualità che meriterebbero più adeguata valorizzazione nell’orbita di quell’autentico gioiello culturale (il Siglo de Oro) che ha lasciato di sé brani universali.Intanto il suo ambizioso proponimento di tentare più concrete risposte ai molti quesiti insoluti che prospettano le intense relazioni tra Parma e Spagna si realizzò in una parziale successione di testimonianze.Nacquero i Fondi iberici a stampa nelle Biblioteche del Ducato, i quali, nel favorire un dialogo interdisciplinare cui sempre credette, approdarono a significative conferme dopo l’inventariazione dell’organico librario della Biblioteca Maldotti di Guastalla (1982), della Palatina di Parma (Fondo Palatino: A, B, C, del 1984), della Biblioteca della Cassa di Risparmio di Parma e Monte di Credito su Pegno di Busseto (1985), della Belloniana di Colorno (1987) e della Biblioteca Affò della Santissima Annunziata (1987).I ricchissimi repertori testuali esplorati, mentre confermano lo spessore euristico della catalogazione, sono indicativi per infiniti possibili temi di studio.Col suo intuito e il suo competente distinguo, la Miazzi selezionò alla Biblioteca Maldotti di Guastalla un curioso Catalogue, di cui diede ragione in un resoconto del 1986: La cultura spagnola a Parma in un catalogo dei Frères Faure Librai Ducali (1794).A scorrerlo, ci si accorge che si tratta di un trattato del tutto originale, dotato della squisitezza del dettaglio, in cui la Miazzi prospetta con dotte vedute e argomentazioni un contenuto che saggia e illustra la temperie artistica del Ducato (mediazione dei letterati e dei vari importatori di cultura).Da quel momento il suo orizzonte si restrinse e il timbro della sua voce si affievolì e poi si spense su un inedito di Lorca.
FONTI E BIBL.: G.Paglia, in Aurea Parma 3 1988, 259-260.

MICALI GIUSEPPE
Guastalla 1791-Zibello 9 gennaio 1848
Nacque da Pietro e da Elisabetta Comaschi.Nel 1820 andò a Mantova per propagandare la Massoneria.Aderì ai moti del 1821.Era segretario comunale di Borgo taro quando nel 1822, per motivi politici, fu arrestato e sottoposto a processo.Appartenne alla setta dei sublimi maestri perfetti e alla carboneria che, con grande zelo, cercò di diffondere sia nel Parmense che nel Reggiano.Segretario della chiesa di Parma, fu in stretta relazione anche con i principali settari reggiani Cooperò all’istituzione di una chiesa di sublimi maestri perfetti a Guastalla.Nel processo intentatogli fu anche accusato di aver distribuito, nell’estate del 1820, L’Illuminatore, giornale rivoluzionario, manoscritto, proveniente da Bologna, e di avere provveduto la carta per il proclama distribuito alle truppe ungheresi di passaggio per Napoli, al fine di incitarle a non battersi contro gli Italiani.Il nome del Micali figurò nell’elenco di sudditi parmensi iscritti alla carboneria trasmesso ufficialmente dal conte Molza, ministro estense, al Governo di Maria Luigia d’Austria.Nel 1822 fu arrestato e, nel settembre di quell’anno, con altri settari fu messo a confronto in Santi Ilario coi confessi estensi.Durante il processo il Micali scrisse una manifestazione extragiudiziale nella quale espose gli scopi della società segreta alla quale apparteneva, senza però riferire particolari che potessero nuocere ad alcuno e senza denunciare i complici per procacciarsi il favore del governo.Il Micali non volle confermare quanto aveva asserito nella manifestazione dinanzi al giudice e, sia nei costituti sia nel dibattimento, negò ogni addebito.Quindi dal governo parmense non fu attribuito particolare valore alla manifestazione, che però provocò al Micali l’ira di molti compagni di fede e l’accusa di delatore.La sezione delle accuse lo deferì comunque alla commissione mista (costituita il 13 ottobre 1822) che lo condannò alla pena di morte. Il tribunale di revisione, con sentenza del 20 maggio 1823, non ammise il ricorso del Micali perché era stato dichiarato convinto di avere appartenuto alla società dei sublimi maestri perfetti negli anni 1818 e successivi e anche nel 1821 costituendolo così vero cospiratore. Il 23 maggio 1823 la duchessa Maria Luigia d’Austria commutò al Micali la pena di morte in venti anni di lavori forzati, ai quali però non fu sottoposto perché ricoverato nell’infermeria delle carceri.Il 20 agosto 1825 la Duchessa concesse al Micali la riduzione della pena a dieci anni, sia che abbandoni l’Italia, sia che subisca la pena nel forte di Compiano.Egli scelse questa seconda alternativa.Scontata la pena, il Micali si dedicò alle lettere (scrisse alcune memorie di storia patria e sugli asili d’infanzia) e, più assiduamente, agli studi filosofici.Si occupò anche di matematica e di architettura.Molto sorvegliato dalla polizia, visse prima a Guastalla e poi a Zibello, dove risiedevano i genitori.
FONTI E BIBL.: E.Casa, I Carbonari Parmigiani e Guastallesi cospiratori nel 1821 e la Duchessa Maria Luisa Imperiale, Parma, Tipografia Rossi-Ubaldi, 1904, 279-281; I.Bellini, in Dizionario risorgimento, 3, 1933, 580; A.Giussani, Un martire del ventuno poco noto (Giuseppe Ferrari di Borgoforte), in La Lombardia nel Risorgimento italiano, 1928; C.Tivaroni, L’Italia durante il dominio austriaco, I, L’Italia settentrionale, Torino, 1892; F. Ercole, Martiri, 1939, 245-246.

MICCONI VIRGINIO
Roccabianca 1893-Bosco Lancia 29 ottobre 1915
Figlio di Luciano e di Elisa Malvisi.Sergente, fu inviato al fronte nei primissimi giorni della prima guerra mondiale col 140° Reggimento Fanteria.Combatté valorosamente sul Carso in numerose battaglie, con ardore e abnegazione.Cadde da prode in combattimento.Fu proposto due volte per una ricompensa al valore. Alla sua memoria fu decretata una medaglia di bronzo al valore militare, con la seguente motivazione: Sergente di contabilità, al seguito del comandante di compagnia, dimostrava coraggio ed energia, e, nelle diverse fasi del combattimento, coadiuvava il proprio comandante nel condurre avanti i soldati, nei momenti più critici.Sprezzante del pericolo, recava ordini attraversando più volte tratti di terreno battuto. Monte San Michele 26 luglio 1915.Il Micconi fu sepolto nel cimitero di Sdraussina.
FONTI E BIBL.: Combattenti di Roccabianca, 1923, 39.

MICHELANGELO DA SORAGNA, vedi MANGI MICHELANGELO

MICHEL ANGELO DELLA CONCEZIONE, vedi MICHELE ANGELO DELLA CONCEZIONE

MICHELAZZI LUIGI
Busseto 19 ottobre 1898-Spagna 25 maggio 1938
Nato da Angelo e Angela Rossi.Squadrista, Direttore dei corsi premilitari per la zona di Fidenza, comandante di una compagnia Lancia Fiamme (74a Legione Taro) in Spagna, fu ferito una prima volta e poi cadde in combattimento. Fu decorato di medaglia di bronzo per un atto di valore, colla seguente motivazione: Comandante di Compagnia lanciafiamme, chiedeva ed otteneva di partecipare col suo reparto che aveva trasformato in compagnia fucilieri, ad un attacco di forte posizione nemica.Contrattaccato in forze manteneva contegno sempre aggressivo e, spostando le mitragliatrici, fermava ripetutamente l’attacco nemico.In un momento particolarmente difficile si lanciava in testa ai suoi uomini contro il nemico e con lancio di bombe a mano ne stroncava l’avanzata (Caiaccite, 31 marzo 1938).
FONTI E BIBL.: G.Sitti, Legionari in Spagna, 1940, 75.

MICHELE, vedi CASTAGNOLI PIER GIOVANNI

MICHELE DA GENOVA
Genova-post 1497
Miniatore in Parma al seguito di Damiano da Moyle, partecipò, tra il 1492 e il 1497, alla decorazione di parecchi corali (Antifonario L, M, P, Q) per San Giovanni Evangelista, con eccellenti iniziali a sfondi architettonici e paesaggistici influenzate dal Mantegna.
FONTI E BIBL.: L.Testi, I corali miniati della chiesa di San Giovanni Evangelista in Parma, in La Bibliofilia 1918, U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexicon, XXIV, 1930; E.Aeschlimann, Dictionnaire des miniaturistes, Milano, 1940; Dizionario Enciclopedico pittori e incisori, 1990, VII, 373.

MICHELE DA MEZZANO, vedi CAMPANINI GIUSEPPE

MICHELE DA PARMA
Parma 1639/1642
Muratore e falegname, restaurò il convento e la chiesa di Nazaret negli anni 1639-1642.
FONTI E BIBL.: Biblioteca della Terra Santa, XII, 1939, 321.

MICHELE DA PARMA, vedi anche MANZOLO MICHELE

MICHELE DA SAN SECONDO, vedi CAGNANI MASSIMINO

MICHELE ANGELO DELLA CONCEZIONE
Parma 1606-Cremona 15 marzo 1684
Fu frate carmelitano scalzo nel convento di Sant’Imerio in Cremona.È ricordato in un manoscritto menzionato dal Pezzana: Breve compendium religiosae vitae P.F. Michaelis Angeli a Conceptione Parmensis in Conventu S.Imerij Cremonae Carmelitarum excalceatorum vita functi, uti habetur in memoriis ejusdem Conventus, quae servantur in illius archivio.Fu di così illibati costumi da meritare che l’autore del Compendio prorompa in queste parole: vero Angelum dixeris si morum candorem, si cordis illibatam spectes puritatem.Per fuggire ogni tentazione, si rifiutò sempre di confessare le femmine.Fu tenacissimo osservatore del culto esterno e invitò coll’esempio i giovani a imitarlo. Maestro dei novizi, fu rigidissimo nel mantenere gli ordini del suo istituto. Fu nominato Priore nel Convento di bologna e in seguito divenne Definitore Provinciale. Aborrì gli affari mondani e amò sempre il ritiro del chiostro: nei trent’anni che visse nel Convento di Cremona non ebbe mai visite.Fece dipingere per il coro del Convento di Cremona la Beata Vergine, Sant’Anna, San Giuseppe, San Gioacchino, Santa Teresa e il Beato Giovanni della Croce.Scrisse un Libro per la perfetta osservanza dei riti cattolici e tre libretti di Affetti, Laudi ed Encomj alla Sacra Famiglia. Scrisse anche una Cronaca delle cose degne d’essere tramandate a’ posteri.Si ammalò in modo grave il 12 marzo 1684 e tre giorni dopo spirò, all’età di 78 anni.
FONTI E BIBL.: A.Pezzana, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, III, 1827, 911-912.

MICHELI ANGELO
Borgo San Donnino 1496/1527
Notaio. Esercitò la professione nel distretto di Parma dal 1496 al 1527.
FONTI E BIBL.: D.Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 368.

MICHELI ANGELO
Borgo San Donnino 1746/1749
Dottore.Fu podestà di Fiorenzuola dal 1746 al 1749.Forse lo stesso che esercitò la professione di notaio dal 1736 al 1746.
FONTI E BIBL.: D.Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 367.

MICHELI ANGELO
Borgo San Donnino ottobre/dicembre 1775-10 settembre 1855
Resse quale podestà il Comune di Borgo San Donnino nell’agitato 1831, all’alba del Risorgimento italiano. Buon patriota, laureato, archeologo e letterato, lasciò lavori di ricerche storiche e illustrative della sua città, tra le quali sono da rimarcare: Memorie storiche sulla fondazione di Giulia Fidenzia (Vecchi, Borgo San Donnino, 1839), Notizie relative alla città di Borgo San Donnino (ms. presso la Cancelleria vescovile di Fidenza) e Cenni storici sulla fondazione di Giulia Fidenzia (Vecchi, Borgo San Donnino, 1840).Da citare anche: Notizie relative alla città di Parma dal 1330 in poi (ms.presso la Cancelleria vescovile di Fidenza), Ritratti dei Vescovi di Borgo San Donnino (Parma, Biblioteca Sanvitale), Articolo compendiato dell’antica Via Emilia (ms. presso la Cancelleria vescovile di Fidenza) e Cenni sul colera dell’anno 1836 (ms. presso la Cancelleria vescovile di Fidenza).
FONTI E BIBL.: D.Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 367; F. da Mareto, Bibliografia, I, 1973, 352.

MICHELI ANGELO
Parma 2 dicembre 1878-Pellegrino Parmense 19 giugno 1936
Figlio di Michele e Maria Mariotti.Fu Arciprete a Pellegrino Parmense.Al Micheli si deve l’erezione in Pellegrino della nuova grande chiesa, per la quale non esitò a sacrificare una notevole parte del suo patrimonio personale. Fu socio corrispondente della Deputazione di Storia Patria per le province parmensi. Ad accendergli la passione per le ricerche storiche concorse forse l’esempio del fratello maggiore, l’onorevole Giuseppe, e dello stesso zio materno, il senatore Giovanni Mariotti.nacquero così parecchi lavori, di breve respiro ma assai ben condotti, sul padre missionario faustino Burgazzi, su Lorenzo Berzieri, il valorizzatore di Salsomaggiore, sulla Rocca dei Sanvitale a Sala Baganza, sul Monte di Santa Cristina e su altri svariati argomenti d’interesse.
FONTI E BIBL.: A. Barilli, Commemorazione Angelo Micheli, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1936, XLIII-XLIV; G.Micheli, Neomystae Angelo Micheli distici, Parmae, Fiaccadori, 1901; Le monografie storiche di monsignor Micheli, in Gazzetta di Parma 6 aprile 1926; F.Botti, Monsignor Angelo Micheli, in Giovane Montagna 1 ottobre, 1936; F.da Mareto, Bibliografia, II, 1974, 688.

MICHELI ANNA
Parma 10 febbraio 1828-Parma 23 marzo 1871
Dimostrò fin da bambina un’indole energica e volitiva e un grande desiderio di consacrarsi a Dio, specialmente a servizio dei poveri, degli ammalati e degli afflitti di ogni specie.Nel 1860 (la Micheli aveva allora 32 anni) si incontrò col sacerdote piacentino Agostino Chieppi, stabilitosi a Parma da poco tempo, e gli aperse il suo animo.Il Chieppi, che andava progettando una fondazione caritativa a favore dei poveri della città, gliene affidò l’attuazione.Tanto il Chieppi che la Micheli furono poverissimi.Tuttavia, trovate le prime compagne in una sorella minore e nella cugina Melchiorre Zinelli, la Micheli aprì una scuola e un asilo presso la piazza del Duomo di Parma, chiamato Istituto della Provvidenza, aggiungendovi subito un oratorio festivo per le ragazze del borgo (1865).Nacque così la congregazione che il Chieppi volle chiamare con la denominazione di Piccole Figlie dei Sacri Cuori di Gesù e Maria, che la Micheli diresse fino alla morte.
FONTI E BIBL.: M.Massera, Memorie sulla fondatrice Anna Micheli, ms. inedito; Al cenno di Dio.Vita di don Agostino Chieppi, a cura della congregazione delle Piccole Figlie dei Sacri Cuori di Gesù e Maria, Parma, 1977; P.Calliari, in Dizionario Istituti di perfezione, V, 1978, 1280.

MICHELI CESARE
Borgo San Donnino 1525/1549
Figlio di un notaio, fu anch’egli notaio dal 1525 al 1549.Fu buon letterato, amico del Carpesano e di Giorgio Anselmi, a cui donò un uccelletto domestico, da regalare al figlio più saggio, onde la deliziosa poesiola dell’Anselmi, incerto a quale dei figli dare il piccolo alato: Cum vestrum variam dabo han volucrem dono, Filioli? Il Micheli scrisse parecchi versi, tra cui un gruppo di endecasillabi latini da lui composti in morte di Francesco Mario Grapaldo.
FONTI E BIBL.: Aurea Parma 4 1958, 238.

MICHELI ERCOLE
Borgo San Donnino XIX secolo
Rivestì la carica di Cancelliere della Curia vescovile di Borgo San Donnino.Fu cultore appassionato di memorie locali.
FONTI E BIBL.: D.Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 367.

MICHELI GHERARDO
Borgo San Donnino 1771/1804
Dottore.Fu podestà di Borgo San Donnino nell’anno 1771.Forse lo stesso che esercitò la professione di notaio dal 1749 al 1804.
FONTI E BIBL.: D.Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 367.

MICHELI GIUSEPPE
Borgo San Donnino-1864
Rivestì la carica di Cancelliere della Curia vescovile di Borgo San Donnino.Fu amico carissimo dello Zani e suo amanuense.Fu inoltre cultore appassionato di memorie locali.
FONTI E BIBL.: F.da Mareto, Indice analitico dell’Archivio storico per le Province Parmensi 1860-1963, Parma, 1967, 603; D.Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 367; L. Farinelli, Il Carteggio Zani, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1986, 348.

MICHELI GIUSEPPE
Parma 19 ottobre 1874-Roma 17 ottobre 1948
Nacque da Michele e Maria Mariotti. Il padre era notaio, la madre proveniva da una delle più influenti e colte famiglie di Parma.Crebbe in un ambiente di vivi sentimenti cattolici, venendo educato nei collegi salesiani di Lodi e di Alassio.Fin dalla prima giovinezza partecipò a numerose esperienze associazionistiche e culturali nella città di Parma, distinguendosi per le sue capacità di iniziativa e di organizzazione.Fu membro della Gioventù Cattolica e discepolo della Scuola di religione e studi sociali diretta dal salesiano Baratta. Iscrittosi alla facoltà di giurisprudenza dell’Ateneo parmense, vi si laureò con una tesi sulle corporazioni medievali d’arti e mestieri di Parma che rivela l’interesse per la tematica cristiano-sociale. Ottenne l’abilitazione alla professione notarile, esercitando a Sorbolo dal 10 novembre 1897, quindi a San Lazzaro Parmense dal 26 agosto 1899 e infine definitivamente a Parma dal 19 dicembre 1909. Partecipò fin da giovanissimo alla vita e alle lotte del movimento cattolico italiano e intervenne ai vari raduni della massima organizzazione dei cattolici intransigenti, l’Opera dei Congressi.Al congresso di Pavia dell’Opera (1894), si pronunciò per l’ingresso dei lavoratori cattolici nelle Camere del Lavoro.Fu amico di Giuseppe Toniolo e intervenne nel 1896 a Padova, al II congresso dell’Unione cattolica per gli studi sociali, fondata dal Toniolo nel 1889.Fu pure amico di Filippo Meda, ma soprattutto di Romolo Murri.Quando questi fondò a Fiesole nel 1896 la Federazione Universitaria Cattolica Italiana, il Micheli gli fu al fianco e organizzò il circolo universitario di Parma.Seguace da allora del movimento della Democrazia cristiana del Murri, ne fu esponente per Parma, presiedette i convegni democratici cristiani di Canossa (1900) e di San Marino (1904) e nel 1898 fu nel gruppo che gettò le basi della rivista murriana Cultura sociale, a cui collaborò.Presidente del comitato emiliano dell’Opera dei Congressi, vicepresidente al XIX congresso dell’Opera, svoltosi a Bologna nel 1903, che vide il trionfo nel seno dell’intransigente Opera dei Congressi dei giovani democratici cristiani di Murri, visse la crisi che nel 1904 si abbatté sulla prima Democrazia cristiana, segnandone la fine.Il 2 luglio 1904, nella riunione del Comitato generale permanente dell’Opera dei Congressi, sferratasi l’offensiva degli intransigenti di vecchio stile contro i democratici cristiani, il Micheli votò contro l’ordine del giorno dell’intransigente Cerruti e, avendo questo ottenuto la maggioranza dei voti, dette, con il presidente filomurriano dell’Opera Grosoli e con altri, le dimissioni dal comitato permanente. A questo punto l’annosa vicenda dei difficili rapporti tra il Micheli e il vescovo di Parma, Magani (vicino ai vecchi e gelosissimo delle sue prerogative di controllo sul movimento cattolico locale), giunse a un punto critico tale da condurre a un distacco sempre più accentuato del Micheli dall’organizzazione cattolica ufficiale, paralizzata a suo giudizio dalle pastoie ecclesiastiche. Questo stato d’animo diede luogo a una forte rivendicazione di autonomia e aconfessionalità nell’azione politica, sostenuta dal Micheli in occasione dell’incontro milanese del 4 agosto, in cui si tentò di dare vita a una Unione nazionale tra gli elettori amministrativi.L’associazione naufragò di lì a qualche mese per le esitazioni dei dirigenti cattolici più ligi alle gerarchie, ma intanto il Micheli si mise per suo conto su una strada di intervento politico autonomo.Nelle elezioni del novembre 1904, senza tenere conto del non expedit mantenuto a Parma dal vescovo Magani, appoggiò in ballottaggio la candidatura del liberal-democratico Emilio Faelli, inaugurando una alleanza che intendeva battere a sinistra i socialisti e a destra i conservatori. Sciolta nel 1904 per l’intervento pontificio l’Opera dei Congressi, il Micheli fu deputato cattolico, successivamente per i collegi di Castelnuovo ne’ Monti, Langhirano, Parma ed Emilia, dal 1909 (XXIII legislatura) al 1926 (XXVII legislatura).Dal 1904 fu pure nel consiglio direttivo dell’Associazione dei comuni italiani, associazione unitaria cui aderirono sindaci e consiglieri comunali di tutte le tendenze politiche, almeno sino all’uscita dei socialisti nel 1916.Con il socialista Emilio Caldara, fu direttore del periodico L’autonomia comunale, organo dell’associazione. Nella primavera del 1906 il Micheli prese l’iniziativa di proporre la formazione di una grande impresa editoriale, che avrebbe dovuto controllare le principali testate quotidiane cattoliche.Essa, consentendo notevoli economie di gestione e promovendo un’informazione più ricca e moderna, sarebbe stata in grado di acquisire un vasto pubblico e avrebbe potuto sostenere efficacemente su un piano nazionale quella tendenza costituzionale cattolica che, svincolata da condizionamenti ecclesiastici, si apprestava a fare le sue prove parlamentari.L’impresa, travagliata da molteplici difficoltà, trovò due anni dopo una sua parziale realizzazione nella Società editrice romana, con la direzione di Grosoli. Avvicinatosi al gruppo clerico-moderato del Meda, che aveva aderito alla prima guerra mondiale, fu nel comitato di redazione della rivista Politica nazionale, il cui primo numero apparve a Parma nel maggio 1916. Al momento del terremoto di Messina del 1908 fu tra i primi a organizzare i soccorsi e a iniziare la ricostruzione della città: ivi pubblicò sino al marzo 1909 il giornale Ordine e notizie e dopo questa data La giovane Messina. Alla fondazione del Partito Popolare Italiano nel 1919, divenne segretario del gruppo parlamentare e da allora assunse nel partito una posizione di centro, sostenendo la politica di Luigi Sturzo, col quale però ebbe successivamente qualche contrasto.Nello stesso 1919, in ossequio ai deliberati del I congresso del partito svoltosi a Bologna nel giugno, fu relatore di maggioranza sul disegno di legge dell’onorevole Camera relativo allo scrutinio di lista, che introduceva il sistema elettorale proporzionale, e condusse la battaglia con abilità e intelligenza.Durante il ministero Nitti (giugno 1919 - maggio 1920), il Micheli partecipò con il segretario del partito, Sturzo, e altri, alle trattative con il governo per le questioni sindacali relative ai ferrovieri.Alla Camera presentò vari progetti di legge: uno, presentato insieme al Gasparotto, del gruppo dei Combattenti, conteneva la proposta di estendere il suffragio alle donne nelle elezioni politiche e amministrative, un altro mirava alla quotizzazione del latifondo siciliano, un terzo infine riguardava i mezzi tecnici per favorire la piccola proprietà rurale per mezzo delle cooperative agricole. Dopo il secondo congresso del Partito Popolare svoltosi a Napoli nell’aprile 1920, il Micheli divenne membro del Consiglio nazionale del partito.Poiché il congresso prese posizione contro il governo Nitti, fu su un ordine del giorno del Micheli che chiese la discussione sullo sciopero dei postelegrafonici, oltre che su uno socialista, che nel maggio cadde il governo.Nel corso della crisi ministeriale che seguì, fu dato l’incarico della presidenza a Bonomi, che fu appoggiato da Sturzo, ma il Micheli alla testa del gruppo filogiolittiano in seno al gruppo parlamentare popolare, agì in modo da liquidare la candidatura Bonomi e preparare un reincarico a Nitti.Poiché Bonomi si mostrò incline a formare un governo di destra rispetto al precedente ed era assai inviso ai socialisti, il Micheli gli offrì i voti ma non la partecipazione al governo del Paritto Popolare, sì che il presidente del consiglio rinunciò.Si formò un terzo ministero Nitti (maggio-giugno 1920), in cui il Micheli divenne ministro dell’agricoltura, mentre un altro popolare, Rodinò, andò al ministero della Guerra.Caduto nuovamente Nitti e formatosi un ministero Giolitti (giugno 1920-luglio 1921), il Micheli restò ministro dell’Agricoltura. È in quel periodo che si colloca l’opera più rilevante svolta dal Micheli per una certa trasformazione dei rapporti economici e sociali nelle campagne.Presentò un progetto di legge, che fu approvato, sull’assistenza finanziaria ai contadini del Mezzogiorno durante periodi di siccità, un altro decreto relativo all’occupazione delle terre incolte, che permetteva di trasformare l’occupazione temporanea in permanente e chiedeva l’abbandono delle terre occupate abusivamente, e soprattutto un progetto, che fu pure approvato con qualche emendamento, che intendeva risolvere temporaneamente il problema dei patti agrari.Questo progetto, che mirava insieme a diminuire i rischi di sfratto  per i salariati e i coloni parziari e ad aumentare i canoni di affitto dei proprietari affittuari, faceva dei passi sulla via dell’istituzione del principio della giusta causa per lo sfratto degli affittuari ed estendeva il principio della soluzione delle controversie tra contadini e proprietari per mezzo delle commissioni arbitrali.Il Micheli fu pure ministro dei Lavori pubblici nel ministero Bonomi (luglio 1921-febbraio 1922), durante il quale presentò un disegno di legge contro la disoccupazione, che prevedeva spese dello Stato per la costruzione di strade, ponti, scuole e opere agrarie. In occasione del secondo cosiddetto veto di Sturzo a un ritorno di Giolitti al governo (1922), il Micheli si mostrò di nuovo favorevole a Giolitti.Nel 1923, dopo l’avvento del fascismo, il Micheli, che Il Popolo, organo del Partito Popolare, chiamò il padre della proporzionale, fu con De Gasperi nella commissione della Camera costituita per l’esame della legge elettorale maggioritaria fascista, che prese il nome da Acerbo.Il Micheli e De Gasperi votarono contro il passaggio degli articoli e il Micheli redasse con Bonomi l’intelligente e coraggiosa relazione di minoranza della commissione, contraria alla legge. Alle elezioni del 1924 venne nuovamente eletto, nonostante il crollo delle posizioni popolari nel collegio, e dopo il delitto Matteotti aderì all’Aventino.Deluso per gli scarsi risultati politici di questa iniziativa e convinto di un inevitabile declino del fascismo, il Micheli si fece sostenitore nel Partito Popolare Italiano (insieme a Martini e Milani) di una tendenza possibilista che, attraverso un modus vivendi con il partito dominante, preservasse i resti delle organizzazioni cattoliche e preparasse la ripresa popolare.In polemica con il direttorio del partito, si ritirò a Parma.Dopo un tenttivo di aggressione da parte fascista, si dedicò completamente alla sua professione notarile e agli studi di storia locale, trasformando la Giovane Montagna in rivista culturale. Nel 1926, con gli altri deputati aventiani, fu dichiarato decaduto dal mandato parlamentare.Esule politico a Chieti (8 settembre 1943), dopo la caduta del fascismo partecipò attivamente alla riorganizzazione delle file politiche cattoliche e alla costituzione della nuova Democrazia Cristiana.Fu prima Consultore nazionale, poi deputato alla Costituente (1946), della quale fu anche vicepresidente e nella quale presiedette la commissione speciale per la legge elettorale.Fu ministro della Marina nel secondo gabinetto De Gasperi (luglio 1946-febbraio 1947) e infine senatore di diritto nella prima legislatura repubblicana (1948).L’intensa attività politica non gli impedì mai di occuparsi attivamente degli interessi del notariato, ai cui problemi fondamentali, di organizzazione professionale in particolare, portò un contributo di primissimo piano.Nel 1912 fondò, insieme ad Antonio Russo Ajello,Il Notaro, Periodico quindicinale di libera discussione.Organo della classe notarile e lo diresse, insieme al Russo Ajello, fino al 1926. Partecipò intensamente alla campagna, promossa in primo luogo dal Russo Ajello, per la costituzione di una solida organizzazione mutualistica e previdenziale per notai e se ne fece tenace assertore in Parlamento.Al suo prezioso contributo in sede parlamentare si debbono la realizzazione di un primo fondo comune per notai di disagiate condizioni economiche, istituto con D.D.L. 29 aprile 1917, n.879, e quindi della Cassa Nazionale del Notariato, istituita con R.D.L. 9 novembre 1919, n. 2239, e con regolamento per l’esecuzione in data 19 gennaio 1921. Nel secondo dopoguerra, con decreto ministeriale in data 26 luglio 1944, fu nominato commissario straordinario della Cassa Nazionale del Notariato, carica che mantenne fino al 1947. Ricoprì numerosi altri incarichi e si dedicò a varie altre attività: fu così (1947-1948) presidente della Deputazione di Storia Patria di Parma, commissario della Deputazione dell’emilia e della Romagna (1945-1947), direttore (dal 1925 e per molti anni) dell’Archivio storico delle province parmensi, fondatore nel 1899 della Giovane Montagna, la prima grande associazione sportiva cattolica, direttore dal 1900 dell’omonima rivista storico-letteraria (uscì dal 1900 al 1926 e poi ancora dal 1937, con varie vesti e vicissitudini, sino al numero unico del 1946 dedicato alla proposta per la creazione della regione emiliano-lunense che fu da lui sostenuta durante i lavori dell’Assemblea Costituente) e presidente dell’associazione magistrale cattolica Niccolò Tommaseo (1911).Dopo la liberazione fu presidente della commissione interpartitaria di storia regionale e presidente del Consiglio di amministrazione dell’Istituto Nazionale assicurazioni.Scrittore fecondo e versatile, fu autore di numerose pubblicazioni storiche, letterarie e politiche: Gli statuti di Borgotaro (secolo XV), Parma, 1897, Le banche cattoliche d’Italia, Parma, 1898, Le case rurali italiane: note storico-statistiche, Parma, 1898, Le corporazioni parmensi d’arti e mestieri, Parma, 1899, Iconfini tra Borgotaro e Pontremoli: ricerche storiche, Parma, 1899, V.Monti, alcune lettere ad Angelo Mazza, pubblicate da Giuseppe Micheli, Parma, 1899, Lago santo, Parma, 1901, Per la Borgotaro-Genova, Parma, 1905, Statuti montanari: Borgotaro, Bardi e Compiano, Berceto, Corniglio, Calestano, Ravarano, Tizzano, Rigoso, Parma, 1905, Una gita al Cimone, Parma, 1905, Lettere di Parini, Foscolo, Monti, giordani e Metastasio ad Angelo Mazza, pubblicate da Giuseppe Micheli, Parma, 1905, Cronache montanare: il Diarium de Berceto di don Giorgio Franchi, a cura di Giuseppe Micheli, Parma, 1905, La Storia di Borgotaro di Alberto Cassio, Parma, 1906, Boccia Antonio.Il viaggio nell’Appennino parmense (1804-1805), pubblicato da Giuseppe Micheli, Parma, 1906, Alcune leggi feudali di Varsi, pubblicate da Giuseppe Micheli, Parma, 1906, Alcuni istituti di diritto privato nella legislazione statutaria parmense, Parma, 1906, Di alcune investiture feudali in terre di Maiatico, Parma, 1907, I bandi marchionali di Soragna. 1575, Parma, 1907, Pietro Giordani.Le Lettere a Domenico Santi, Parma, 1907, In memoria di Gian Lorenzo Basetti, Parma, 1908; L’alta valle del Taro al principio del secolo scorso nella descrizione di un viaggio fatto nel 1804-1805 da capitano Antonio Boccia, Parma, 1908, Per la ferrovia Modena-Lucca, Parma, 1908, LorenzoGuatteri, Curtes Monchii per cuculum montanum cantatae: un poemetto latino sulle corti di Monchio, a cura di Giuseppe Micheli, Parma, 1908, Gli statuti di Borgo San Donnino, Parma, 1909, La riforma del Consiglio superiore del lavoro e l’esclusione delle organizzazioni cattoliche, Parma, 1910, TommasoRavasini, Iter montanum - 1711; poemetto latino, pubblicato da Giuseppe Micheli, Parma, 1912, I bagni di Lesignano, Parma, 1912, Il mercato di Langhirano, Parma, 1912, In difesa della piccola proprietà, Parma, 1914, Le valli dei Cavalieri: note e documenti, Parma, 1915, Per le condizioni tributarie de comuni montani, Parma, 1915, Gli Statuti delle Corporazioni parmensi, pubblicati da Giuseppe Micheli, Parma, 1916, Il lavoro agricolo durante la guerra, Parma, 1917, Per la piccola proprietà rurale e montana: proposte, Parma, 1917, Disposizioni pel soccorso giornaliero alle famiglie dei militari di truppa alle armi, Parma, 1918, Durante la guerra discorsi e note, Parma, 1918, Le norme per gli esoneri agricoli, Parma, 1918, Per una proposta di legge sulle Comunalie, Parma, 1918, Quattromila maestri a lire 39.12 mensili, Parma, 1918, Relazione sulla proposta di legge per la riforma della legge elettorale politica, Roma, 1919, Sulla riforma della legge elettorale politica: discorso pronunziato alla Camera dei Deputati, Roma, 1919, Circa la requisizione ed il taglio dei boschi: relazione, Parma, 1919, I decreti sui contratti agrari e sull’aumento dei canoni d’affitto, Parma, 1919, Le pensioni privilegiate di guerra, Parma, 1919, Per l’estensione del diritto elettorale alle donne: discorso pronunziato alla Camera dei Deputati, Roma, 1919, In difesa della piccola proprietà rurale e montana, Mantova, 1920, Sulle disposizioni relative alla revisione del canone dei contratti di locazione dei fondi rustici: discorso, Roma, 1921, La strada da Bedonia a Santa Maria del Taro, Parma, 1922, La strada di Val di Ceno da Fornovo a Bardi, Parma, 1922, Problemi nazionali, discorsi politici, Parma, 1922, Il progetto del bacino Grisanti nella sua ultima fase, Parma, 1923, Documenti per la storia della Montagna parmense.L’alta valle del Parma nelle carte del X secolo, Parma, 1923, Lettere di Pietro Torrigiani a Luigi Carlo Farini, a cura di Giuseppe Micheli, Parma, 1923, Lettere di Sant’Ignazio agli Anziani di Parma, Parma, 1923, Per l’acceleramento delle strade di serie, Parma, 1923, Pel Magistrato del Po: memoria per la provincia di Parma, Parma, 1923, Pietro Torrigiani ed un’ambasciata parmigiana a Napoleone III, Parma, 1923, Trattato per mettere opera allle miniere ne’ feudi di Bardi e Compiano, Parma, 1923, Gli itinerari della Lunigiana al Lago Santo parmense, Parma, 1924, Il lago santo Parmense attraverso i secoli, Parma, 1924, Il padre Segneri e le controversie di confine per Borgotaro e Pontremoli, Parma, 1924, Documenti per la storia della Montagna parmense, le carte bobbiesi dell’archivio Doria di Roma, Parma, 1924, Le ricerche minerarie dei Landi, Parma, 1924, Lo Spallanzani al lago di Ventasso, Parma, 1924, Lo Spallanzani e la credenza del vortice nei laghi appenninici, Reggio Emilia, 1924, Memorie storiche intorno a Tarsogno, Parma, 1924, Per la storia di Bedonia, Parma, 1924, Selvapiana e il monumento al Petrarca, Reggio Emilia, 1925, Documenti per la storia della Montagna Parmense: le carte degli archivi reggiani fino al 1050, Parma, 1925, Il Passo della Cisa descritto dal capitano Boccia, Parma, 1925, Il tempietto petrarchesco a Selvapiana: relazioni proposte per la sua conservazione, Parma, 1925, La bandita di Castagneto, Reggio Emilia, 1925, La casa del Petrarca a Selvapiana, Parma, 1925, Una memoria bedoniana, Parma 1925, Un antico programma di lavoro per la valle del Ceno, Parma, 1925, Al lago Scaffaiolo, Parma, 1926, Descrizione delle Corti di Monchio, Parma, 1926, Il viaggio di Alessandro Volta in Germania, Parma, 1926, In memoria di Eugenio Bergozzi, Parma, 1926, In occasione della visita fatta a San Pellegrino delle Alpi da don Ferdinando Duca di Parma, Reggio Emilia, 1926, La cessione di Bardi e Compiano dai Doria-Landi ai Ferrari (1682), Parma, 1926, Le acque sulfuree di Schiazzano, Parma, 1926, L’esilio di Atanasio Basetti (1831-1939), Reggio Emilia, 1926, Le valli del Taro e del Ceno nella descrizione del Piccinelli, Parma, 1926, Per la storia di Santa Maria del Taro, Piacenza, 1926, Una lettera di Angelo Pezzana ad Enrico Adorni, Parma, 1926, Un letterato triestino generoso cooperatore pel tempietto di Selvapiana, Parma, 1926, La statua del Petrarca e il suo trasporto a Selvapiana, Reggio Emilia, 1927, Leggende, canti e rappresentazioni popolari nelle Valli dei cavalieri, Reggio Emilia, 1927, I documenti Chiaravallensi dell’Archivio Doria di Roma, Parma, 1928, Il marchesato di Santo Stefano d’Aveto ed il suo passaggio dai Fieschi ai Doria, Chiavari, 1928, Il seminario di Bedonia ed i moti del 1848, Parma, 1928, La chiamata di Lazzaro Spallanzani all’Università di Parma, Parma, 1928, La strada da Parma al Golfo della Spezia, Parma, 1929, Un’inchiesta folcloristica nell’Appennino parmense-pontremolese, Parma, 1929, I dipinti dello Scaramuzza nel tempietto di Selvapiana, Reggio Emilia, 1930, I petrolii parmensi e quelli di Miano al principio del secolo scorso, Parma, 1930, La cronaca Bercetana di don Giorgio Franchi (1543-1557), Parma, 1930, Salsomaggiore e i suoi dintorni al principio del secolo scorso, Firenze, 1930, Commissione per la conservazione, la difesa e il miglioramento agrario della piccola proprietà rurale e montana.Proposte del commissario Giuseppe Micheli, s. a., Il Lago Santo parmense ed il Rifugio Giovanni Mariotti, Parma, 1933, Le Alpi della Svizzera, descritte da Giacomo Tommasini, Parma, 1935, Filippo Meda e l’opera sua di scrittore, Parma, 1940, G.Micheli, L.Degli Occhi, Come eleggere la Costituente?Precedenti ed esperienze della Rappresentanza popolare in Italia, Como, 1945.
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MICHELI GUGLIELMO
Parma 20 novembre 1874
Tutta la sua vita fu consacrata all’amore della patria, per la quale combatté con coraggio su vari campi di battaglia.
FONTI E BIBL.: Il Presente 23 novembre 1874, n. 317; G.Sitti, Il Risorgimento italiano, 1915, 413.

MICHELI MARCO
Parma 10 maggio 1886-1964
Figlio di Michele e Maria Marlotti. Vinto il concorso da notaio, esordì nella professione nel 1915 a Valmozzola.Chiamato alle armi, combatté nella prima guerra mondiale con il grado di Maggiore dei granatieri.Fatto prigioniero, venne internato in Germania.Rientrato in patria, ritornò al suo studio di Valmozzola, dove rimase fino al 1920, allorché venne trasferito a Bedonia.Fu tra i fondatori del Partito popolare a Parma e ricoprì la carica di sindaco di Bedonia dal 1914 al 1923. Nel 1935 approdò a Fidenza, località nella quale svolse la professione fino al 1961, quando andò in pensione.Dal 1921 al 1923 fu consigliere provinciale.
FONTI E BIBL.: F.e T.Marcheselli, Dizionario parmigiani, 1997, 209

MICHELI MICHELE
Borgo San Donnino 1848-1907
Fu notaio dal 1873 al 1907, consigliere comunale nella città natale, poi anche membro della Giunta provinciale amministrativa.Sposò Maria Mariotti, dalla quale ebbe nove figli, tra i quali Giuseppe e Angelo.
FONTI E BIBL.: Giovane Montagna 9 e 23 febbraio 1907; A.Micheli, I Barnabiti a Parma, Fidenza-Salsomaggiore, 1936, 63 e 64; D.Soresina, enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 368; F.da Mareto, Bibliografia, II, 1974, 689; Dall’intransigenza al governo, 1978, 55.

MICHELI PIERCRISOLOGO, vedi MICHELI PIER GRISOLOGO

MICHELI PIER GRISOLOGO
Borgo San Donnino 1845-1904
Prelato di vasta dottrina e benefattore insigne, fu canonico della Basilica Cattedrale di Borgo San Donnino, cittadina originaria della famiglia Micheli.
FONTI E BIBL.: D.Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, Fidenza, 1961, 267; Il Risveglio, settimanale cattolico fidentino, gli dedicò un supplemento il 1° ottobre 1904; Dall’intransigenza al Governo, 1978, 54.

MICHELI PIETRO
Bedonia 1921-Parma 30 gennaio 1978
Il suo accostamento alla cosa pubblica avvenne in modo naturale, come spontaneo assolvimento di un dovere civico e adempimento di un obbligo, e in particolare fu decisiva l’influenza dello zio Giuseppe Micheli, deputato per molte legislature, senatore e ministro della Repubblica, figura eminente e prestigiosa del popolarismo cattolico italiano.Subì l’esperienza di due anni di prigionia nei campi di concentramento nazisti.Al rientro dalla prigionia, il Micheli, capitano di artiglieria, fu tra i primi animatori del movimento degli universitari cattolici di Parma, divenendo Presidente dell’Associazione Universitaria Parmense nel 1945.Conseguita la laurea in giurisprudenza con lode, nello stesso anno iniziò, contemporaneamente all’avvio alla professione, l’esperienza di amministratore politico.Fu componente della Giunta Provinciale Amministrativa in sede di tutela e in sede giurisdizionale, dal 1949 al 1956, fu membro del Consiglio della filiale della Banca d’Italia dal 1954, fu eletto Consigliere Provinciale di Parma nel 1956, confermato nel 1960 e ancora nel 1964, e Consigliere del Comune di Parma nel 1960, confermato nel 1964. Ricoprì anche la carica di Segretario Provinciale della Democrazia Cristiana negli anni 1963-1965.La vasta e appassionata attività portata in queste molteplici sedi della vita amministrativa e sociale della città, lo portarono a divenirne il rappresentante parlamentare: fu eletto deputato nel 1969 per la 5a legislatura con 29324 voti di preferenze e riconfermato per la successiva legislatura con 44753 voti. L’attività parlamentare del Micheli si orientò, coerentemente con i suoi prevalenti interessi culturali e professionali, verso i problemi dell’amministrazione della giustizia e dell’applicazione del diritto, profondendovi la sua appassionata dedizione e la sua profonda sensibilità sociale.Rimangono, in questo campo, molte sue iniziative parlamentari, alcune delle quali tradotte in testi di legge: dall’usucapione speciale per la piccola proprietà rurale, all’associazionismo in agricoltura, all’aggiornamento della legislazione in materia di pignoralità dei beni, ai patti agrari, all’ordinamento delle libere professioni e del notariato in particolare.In perfetta coerenza con i principi di avvicendamento da lui sempre sostenuti e nonostante le pressioni degli amici, rinunciò spontaneamente nel 1976 al rinnovo del mandato parlamentare.La stessa coerenza il Micheli dimostrò nel notariato: dopo avere acquisito un enorme prestigio come Presidente del Consiglio Nazionale del Notariato, volontariamente lasciò ad altri il compito di proseguire il suo lavoro.Nel notariato il Micheli entrò il 2 dicembre 1948, a ventisette anni.Iniziò a Collio, in provincia di Brescia. Il 24 aprile 1949 fu trasferito a Collecchio e poi a Parma, dove esercitò, con competenza e dedizione, sino agli ultimi giorni della sua vita.Fu Presidente del Consiglio Notarile di Parma (dal 1968 al 1974), vece presidente (dal 1968 al 1971) e poi presidente (dal 1971 al 1977) del Consiglio Nazionale del Notariato.Fu vice Presidente dell’Unione Internazionale del Notariato Latino dal 1971 al 1973 e, successivamente, vice presidente onorario dell’Unione stessa, sino alla morte.Il suo impegno si rivolse da un lato a difendere il ruolo del notaio dai rischi della spersonalizzazione, per mantenerlo saldamente ancorato alla sua millenaria tradizione di consigliere e operatore del diritto in grado di intervenire nel vivo di ogni singolo e mutevole rapporto giuridico, e dall’altro a favorirne l’adeguamento alle complesse trasformazioni della società contemporanea.Intuì l’importanza dell’informatica nell’attività notarile, cercando di sensibilizzare al problema la categoria.Si battè per la costituzione di una scuola di notariato presso l’Università di Parma e colse l’importanza dei rapporti internazionali, potenziandoli con il suo prestigio e la sua opera.Rappresentante dell’Italia in seno all’unione Internazionale del Notariato Latino, ne fu prezioso elemento vivificatore.Fu dal 1963 al 1977 autorevole componente di ogni delegazione italiana nei congressi internazionali, dove svolse importanti relazioni: a Città del messico, nel 1965, su gli aspetti fiscali dell’atto giuridico e il notaio, a Monaco, nel 1967, su capacità di agire e potere di disporre dei beni nel diritto internazionale privato italiano, a Montevideo, nel 1969, su Il notariato nel mondo moderno. Adattamento alle nuove esigenze economiche e sociali. Ebbe per questa sua vasta attività di studio e di relazioni internazionali ampi riconoscimenti: gli fu conferita la massima onorificenza della Repubblica austriaca, la cittadinanza onoraria di New Orleans, il cavalierato di Gran Croce al Merito della repubblica Italiana. Fu socio della deputazione di Storia Patria per le Province Parmensi.
FONTI E BIBL.: A. Borri, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1978/I, 39-42.

MICHELINI ANTONIO
-Parma 15 luglio 1800
Sacerdote, fu tenore alla chiesa della Steccata di Parma dal 1759 al 1780.Nel tempo stesso fece parte della Cappella ducale di San Paolo e quando venne sciolta il 12 dicembre 1779 gli fu assegnata una pensione di 540 lire.Dopo diversi anni (10 marzo 1789) venne nominato cappellano di Corte a Parma col soldo di 3000 lire, comprese le 540 lire di pensione.
FONTI E BIBL.: Archivio della Steccata, Mandati dal 1759 al 1780; Archivio di Stato di Parma, Ruolo A, 1, fol.892, Ruolo B.1, fol. 436; N.Pelicelli, Musica in Parma, 1936, 213.

MICHELINI GIOVANNI
Parma 1757/1791
Sacerdote, fu cantore (basso) addetto alla Cappella ducale di San Paolo in Parma fino a quando fu soppressa (12 dicembre 1779).Alla chiesa della Steccata di Parma figurò tra i cantori dal 1757 al 1791.
FONTI E BIBL.: Archivio di Stato di Parma, Ruolo A, 1, fol.892-897; Archivio della Steccata, Mandati dal 1757 al 1791; N.Pelicelli, Musica in Parma, 1936, 214.

MIGLIAVACCA AUGUSTO
Parma 18 gennaio 1838-Parma 11 maggio 1901
Cieco fin dalla nascita, all’età di sette anni si diede a studiare il violino, perfezionandosi sempre più fino a raggiungere un virtuosismo ineguagliabile che gli valse più tardi l’appellativo di Paganini dei suonatori ambulanti (d’ormeville). La sua invalidità e le ristrettezze della famiglia lo costrinsero a un continuo vagabondaggio.Poiché possedeva una discreta voce, cominciò ad accompagnare con il canto il suono del violino.Per molti anni il Migliavacca trascinò la sua cupa disperazione e il suo genuino talento di artista da una città all’altra.Da giovane fece una tournée nei locali pubblici del Piemonte e poi, per diverso tempo, accompagnato da un suonatore di chitarra (e più tardi, per quindici anni, dal violinista Giuseppe Ferrari e dal violoncellista Bartolomeo marchesi), si aggirò per vie, piazze e cortili di Parma, dinanzi al vecchio Caffè Marchesi, negli atri degli alberghi Concordia e Croce Bianca, nelle fiere e nelle sagre dei paesi della provincia.Ovunque trovò applausi, consensi ed elogi. Compositore dotato di piacevole vena, il Migliavacca scrisse e diede alle stampe una marcia (Un addio alla brigata Ancona), una mazurka (Flora), una polka (Gli ultimi giorni di Carnevale), valzer (Luce dell’anima, L’usignolo, Gentil pensiero, La pace del cuore) e fu l’autore della nota mazurka variata che porta il suo nome.Per la proprietà di questa composizione, che il figlio del Migliavacca vendette per pochi soldi e che fruttò rilevantissimi diritti d’autore, si accese nel 1928 una lunga vertenza giudiziaria tra le case editrici musicali Carboni di Parma e Zanibon di Padova, che fu poi transatta. Di lui parlò, con parole di vivissimo encomio, il poeta e agente teatrale Carlo d’Ormeville e, venticinque anni dopo la sua morte, Bruno Barilli lo immortalò in un sanguigno e potente ritratto che è una delle pagine più belle del Paese del melodramma.Sotto i portici del cimitero della Villetta in Parma il Del Prato gli eresse un busto con dedica di Carlo Carraglia: MDCCCXXXVIII-MDCCCCI alla memoria del cieco violinista ambulante Augusto Migliavacca originale, caratteristico, famoso per la maestria di mano poderosa per soavità d’ineffabile sentimento.All’interprete ed esecutore insuperabile delle armoniche melodie divine glorie speciali al genio d’Italia.All’Autore della luce dell’anima dell’usignolo che per quarant’anni li fece esultare travolgendoli nell’estasi dell’ideale.I suoi concittadini ammiratori riconoscenti a perpetuo ricordo riverenti posero.
FONTI E BIBL.: A. Pariset, Dizionario biografico, 1905, 69; C.Schmidl, Dizionario universale musicisti, 3, 1938, 534; M. Ferrarini, Parma teatrale ottocentesca, 1947, 219; B.Molossi, Dizionario biografico, 1957, 101-102; G.N.Vetro, Il giovane Toscanini, 1982, 42; T.Marcheselli, in Gazzetta di Parma 20 agosto 1985; Grandi di Parma, 1991, 84.

MIGLIONE
Parma ante 1840-ante 1875
Fu valente contrabassista, istruito nella Scuola di Musica di Parma da Francesco Hiserich. Venne improvvisamente a mancare in giovanissima età.
FONTI E BIBL.: Bettoli, Fasti musicali, 1875, 107.

MIGLIORI PIETRO
Parma 19 marzo 1893-Carso 23 maggio 1917
Figlio di Oreste e Maria Croci.Diplomatosi perito geometra, combattè durante la prima guerra mondiale con il grado di tenente nel 114° Reggimento Fanteria.Venne ferito mortalmente a quota 235 sul Carso, dopo aver sfondato la linea nemica.Con decreto del 25 marzo 1917 venne decorato di medaglia di bronzo al valor militare con la seguente motivazione:Per tenace energia, risoluta azione spiegata, sotto il fuoco nemico, nel portare innanzi il proprio reparto (Polazzo, 25 luglio 1917).
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 17 luglio 1917, 10, 20, 21, 23 marzo 1918, 18 agosto 1919; La Provincia Parmense 23 marzo e 4 novembre 1918; T.Marcheselli,Strade di Parma, II, 1989, 69.

MIGNOLA, vedi ALFIERI ODOARDO

MIGONI PIER GIACOMO
Borgo San Donnino 1518
È ricordato in un atto notarile del 1518 come vasaio.Secondo il Campori, tenne fornace a Borgo San Donnino.
FONTI E BIBL.: A. Minghetti, Ceramisti, 1939, 318.

MILAN TULLIO
Monselice 1912-Reggio Emilia 24 dicembre 1996
Iniziò gli studi musicali all’Istituto di Rovigo nel 1921 per poi trasferirsi al Conservatorio di Parma.Ne uscì a ventuno anni con ben cinque diplomi: pianoforte, clarinetto, musica e canto corale, strumentazione per banda e canto corale.Quindi studiò alta composizione, divenendo l’allievo prediletto del maestro Carlo Jachino, direttore del Conservatorio di Napoli e presidente dei conservatori italiani, fino a essere premiato nel 1931 dal Ministero della Pubblica istruzione come migliore allievo dei conservatori del Regno. Subito dopo entrò al Conservatorio Boito di Parma, dove insegnò musica per quarant’anni.Sposò Maria Cristina Calderini.Il Milan scrisse anche colonne sonore per film, da lui dirette ed eseguite con l’Orchestra del Teatro alla Scala di Milano, e compose sinfonie, musica da camera e religiosa, ottenendo i titoli di Cavaliere del Lavoro e grand’ufficiale e la nomina di Socio d’onore dell’Accademia musicale dei Floridi di bologna.Dopo essere rimasto vedovo, si trasferì a Reggio Emilia nel 1986 insieme alla nuova compagna, Maria Bonacini.Fu sepolto nel cimitero della Villetta di Parma.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 30 dicembre, 1996, 8.

MILANDA GIAN FRANCESCO, vedi MILANTA GIOVANNI FRANCESCO

MILANI ANDROMACO
Borgo San Donnino o Bologna-Bologna 31 agosto 1496
Figlio di Jacopo e Leona Leoni, si laureò in Filosofia e Medicina, insegnò dapprima Logica  (1449) e Filosofia nell’Università di Bologna ed esercitò l’arte medica. Abbracciata poi la vita ecclesiastica e laureatosi in Teologia, fu parroco in varie chiese, vicario generale di diversi vescovi, canonico e arcidiacono per trent’anni della Cattedrale felsinea. Fu fatto cavaliere dal Signore di Imola Taddeo Manfredi.Fu inoltre giudice e scrittore elegantissimo di numerose orazioni.
FONTI E BIBL.: I.Affò, Memorie degli scrittori e letterati, III, 1791, 15-17; Enciclopedia di Parma, 1998, 454-455.

MILANI GIACOMO, vedi MILANI JACOPO

MILANI GIUSEPPE
Parma 1716-Cesena 1798
Scolaro di Ilario Spolverini, fu influenzato dalla scuola veneziana contemporanea.Del Milani rimangono le seguenti opere: Cesena, Madonna del Monte, affreschi della cupola (Assunzione di Maria) e dei pennacchi (I quattro Evangelisti); Parma, San Giuseppe, Nascita di Cristo (erroneamente attribuito al Veroni); Piacenza, Santa Maria di Campagna, Sant’Antonio abate, Giuditta (entrambi del 1770); Ravenna, Duomo, Santi; Rimini, oratorio della Croce, affreschi nella seconda cappella a lato dell’altare maggiore.
FONTI E BIBL.: U.Thieme-F. Becker, Künstler-Lexikon, vol. XXIV, 1930; Dizionario Bolaffi pittori, VII, 1975, 394.

MILANI JACOPO
Borgo San Donnino ante 1390-Bologna post 1454
Fu medico e chirurgo di valore.Addottoratosi a Padova, si trasferì poco dopo a Bologna, dove nel 1390 insegnò medicina pratica in quell’università e nel 1392-1397 chirurgia, secondo quanto sostiene l’Affò sulla scorta delle ricerche eseguite dal conte Giovanni Fantuzzi. Afferma ancora l’Affò che nelle Notizie degli Scrittori Bolognesi risulta come il Milani fosse stato iscritto nel 1426 alla matricola degli Speziali di Bologna e chiamato Magister Jacobus de Milanis de Burgo S.Domnini Artium et Medicinae Doctor.Fu ancora tra gli insegnanti di Medicina dell’Università di Bologna dal 1438 al 1454. Nella sua lunga carriera professionale, il Milani godette tanta reputazione che, secondo un contemporaneo, quell’età, dopo Marsilio da Padova che fu maestro al Milani, non vide di lui medicum nec doctiorem nec prestantiorem (cfr. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, Bologna, MDCCLXXXVIII, VI, 294).
FONTI E BIBL.: R. Fantini, Maestri a Bologna, in Aurea Parma 1930, 75; D.Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 268.

MILANINO PIETRO, vedi MILANTANO PIETRO

MILANTA EVIL MERODAC, vedi MILANTA EVILMERODACH

MILANTA EVILMERODACH
Parma 1651-Cento 25 ottobre 1712
Studiò musica con il padre e ricevette presto un incarico a Finale Emilia, dove fu organista nella chiesa del Rosario.Nel 1683, su raccomandazione del cardinale Acciajoli, legato di Ferrara, il Consiglio comunale di Cento lo nominò maestro di cappella della collegiata di San Biagio.Nel 1688 fu aggregato all’Accademia Filarmonica di Bologna come cantore e nel 1690 come compositore, previa presentazione di un Introitus.Fu socio dell’Accademia degli Unisoni di Perugia e dal 1684 dell’Accademia del Sole di Cento.Ordinato sacerdote nel 1691, compose numerose orazioni sacre. Fu ingegno bizzarro e contrappuntista di gran valore, come stanno ad attestare le sue composizioni musicali: L’Arianna in Bisanzio, opera teatrale (libretto G.Visdomini, Cento, 1688), Loth, oratorio a 6 voci con strumenti (1688), Santa Cecilia all’organo, accademia teatrale per musica (Perugia, 1701), Tommaso Moro, tragedia a uso di oratorio (Bologna, 1704).Inoltre Per la festa di Santa Cecilia vergine e martire, composizione espressa in 3 canoni (Bologna, 1705), Le divote espressioni di Santa Cecilia vergine e martire espresse in 3 oblichi a 4 voci (Bologna, 1711), Cantate di camera a voce sola e Canoni a 2-6 voci (in un ms. dedicato al duca Francesco II di Modena, comprendente 45 composizioni), Trattenimento da camera a 2 violini e violone con il b. c. per il cembalo (s.d.).
FONTI E BIBL.: G.Gaspari, vol.I, 149, 301, 347; R.Eitner, vol.VI, 474, vol.X, Neve Nachträge, 455; N.Pelicelli, Musica in Parma, 1936, 150; Dizionario musicisti UTET, 1987, V, 97-98; Enciclopedia di Parma, 1998, 455.

MILANTA GIAN FRANCESCO, vedi MILANTA GIOVANNI FRANCESCO

MILANTA GIOVANNI, vedi MILANTA EVILMERODACH

MILANTA GIOVANNI FRANCESCO
Parma 1 marzo 1607-post 1651
Nel 1634 fu organista della Cattedrale di Savona. Nel 1651 fu organista e maestro di cappella ad Asola.Fu autore delle seguenti composizioni: Missa, Salmi e Mottetti son Sinfonie a 1, 2, 3, 4, 5 e 8 voci concertanti opera 1 (Venezia, 1649), Il 1° Libro di Madrigali a 2-4 vocicon alcune Canzonette et Sonetti in genere rappresentativo opera 3 (Venezia, 1651), Il 2° Libro di Mottetti a 2-5 voci con violini et le Letanie a 4 voci (Venezia, 1651), alcune litanie e un Salve Regina.
FONTI E BIBL.: N.Pelicelli, Musica in Parma, in Note d’Archivio, 1933; Dizionario musicisti UTET, 1987, V, 97.

MILANTA GIUSEPPE
Parma 1655/1687
Attore comico, fiorì nella seconda metà del secolo XVII con la maschera del dottore e fu famoso col nome di Dottore Lanternone.In una lettera al Duca di Modena da Parma in data 4 giugno 1655 si accenna al Milanta, richiesto per la Compagnia di Parigi, e dal principe Alessandro Farnese negato.Nel 1664 fu ancora tra i comici che Fabrizio desiderava mettere assieme per l’Altezze di Parma.Nel 1687 fu al servizio del Duca di Modena, nella Compagnia di Giuseppe Fiala.
FONTI E BIBL.: L. Rasi, Comici italiani, III, 1905, 125-126.

MILANTANO PIETRO
Parma 29 giugno 1514-post 1566
Fu pittore quadraturista.Il cronista Edoardi da Erba scrisse nel 1550 un’opera dal titolo Del tempio di Diana in Efeso per presentare il Milantano, insieme a un suo disegno, al duca Ottavio Farnese.Il manoscritto contiene un disegno del Milantano (Parma, Biblioteca palatina).Nel 1538 fu esiliato per l’uccisione di un bandieraio pontificio (Affò; Pezzana).Nel 1545 il Comune gli commissionò opere in occasione dell’ingresso del duca Pier Luigi Farnese: il 31 ottobre fu pagato per un’arma da porre sulla porta della camera del vescovado in cui doveva risiedere il Duca stesso (Archivio di Stato di Parma, Archivio Comunale, ordinazioni comunali, 1545, 243).Nello stesso anno 1545 fu testimone all’atto di ultime volontà del pittore Michelangelo Anselmi.Nel 1553 fu pagato dai Farnese (Archivio di Stato di Parma, Mastro 1553-1556, c. 38).Il 29 giugno 1566 il Comune lo pagò per l’esecuzione di stemmi in occasione dell’ingresso di Maria di Portogallo (Archivio di Stato di Parma, Archivio comunale, Ordinazioni Comunali).
FONTI E BIBL.: Registri battesimali, Parma, Archivio del Battistero; E. da Erba, Manoscritto, 1550, c. 18, Parma, Biblioteca Palatina; I. Affò, Vita del poeta Luigi Borra; I.Affò, Memorie, 1789, IV, 172; A.Pezzana, Continuazione agli scrittori, vol.IV, parte 2a, 479; P.Zani, I, 13, 1823, 258 (lo chiama Milanino); E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, vol.III, cc.303-304; U.Thieme-F.Becker, Künstler-Lexikon, vol.XXIV, 558; Archivio Storico per le Province Parmensi XLVI 1994, 346-347.

MILANTI EVILMERODACH, vedi MILANTA EVILMERODACH

MILIOLI CAMILLO
Sorbolo 1918-Cielo del Mediterraneo febbraio 1942
Sergente Maggiore Pilota, fu decorato di medaglia d’argento al valor militare, con la seguente motivazione: Pilota di velivolo da ricognizione marittima lontana, già distintosi in numerose precedenti missioni belliche, nel corso di una rischiosa ricognizione, veniva attaccato da due aerei da combattimento.Nonostante la netta inferiorità affrontava audacemente l’impari lotta durante la quale venivono colpiti ripetutamente i due velivoli attaccanti.Successivamente, con l’arma principale di bordo in avaria, persisteva nella lotta, finché scompariva nel cielo della battaglia.
FONTI E BIBL.: Bollettino Ufficale 1943, Dispensa 8a, 488; Decorati al valore, 1964, 120.

MILIOLI GIROLAMO
Parma 1450
Fonditore di campane, operatore all’azamina e sculture in bronzo attivo nell’anno 1450.Cognome e nome non sono certi, poiché risultato dello scioglimento della sigla M.L.is (che Scarabelli Zunti legge invece M.C.is) Je.con la quale firmò alcune sue opere.
FONTI E BIBL.: P. Zani, Enciclopedia metodica di belle arti, XIII, 1822, 296.

MILIOLI TEBALDO
Parma 1333
Fu fusore in bronzo e architetto.Il Milioli è ricordato con bella lode all’anno 1333 del Crhonicon Parmense: Eodem anno de mense augusti et septembris adalzata fuit turris, seu campanile, ecclesiae sancti Petri parmensis de platea Communis et factae fenestrae cum colonelis de lapidibus; et expletum fuit opus dictae adalzaturae die sabbati XVIII mensis septembris, et desuper colmiquam ipsius turris posita fuit quaedam crux ferrea et vere nascitum fuit cuius expensis fieret.Sed quidam, nomine magister thebaldus Miliolus, magister campanarum et lignaminis et muri, valde bonus magister et inzignerius, super stetit ad dictum laborerium fieri faciendum (Crhonicon parmense ab anno 1038 usque ad annum 1336, 287).
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, 1911, 44.

MILLANTANI o MILLANTANO PIETRO, vedi MILANTANO PIETRO

MILLI GIAN PAOLO
Noceto 1925-Parma 23 luglio 1997
Fu maestro elementare a Costamezzana.Durante la seconda guerra mondiale combatté in montagna come partigiano.Giornalista pubblicista, democristiano, intorno al 1948 fondò e diresse la rivista Polemica.Poi passò a dirigere il Popolo di Parma, settimanale politico della Democrazia Cristiana, del quale fu la penna più famosa e incisiva.Il Milli, giornalista brillante e fantasioso, fu un prezioso collaboratore anche della Gazzetta di Parma: basti ricordare, per esempio, le Schegge, che anticiparono l’uscita del suo libro omonimo, e la serie di reportage sulla Cina, all’epoca del direttore Baldassarre Molossi.Come scrittore, del Milli non si può non ricordare Adess cà so chi san, edito nel 1979 con prefazione di Emilio Radius: una galleria di personaggi nocetani, ricamata con la fantasia e lo spirito di osservazione e con l’amore di un figlio innamorato e fedele di quella terra.Il Milli fu uomo politico e amministratore pubblico: Sindaco di Noceto dal 1964 al 1975 e poi consigliere comunale per altre due legislature.Fondò la corale La Lucciola, istituì il premio con medaglia d’oro per i benemeriti del lavoro e fu  presidente del corpo bandistico di Noceto.pubblicitario di grande intuizione e di fertile fantasia, il Milli fu dal 1956 condirettore generale della filiale italiana di Milano della inglese Colman Prentis and Varlex.Fu fondatore e titolare della Audiovision, agenzia che produsse i caroselli per la televisione italiana e che contò come clienti aziende famosissime in tutto il mondo.Nel 1968, sempre a Milano, costituì l’APC, agenzia di servizi per la pubblicità della quale fu in seguito presidente del consiglio di amministrazione.Fu sepolto a Noceto.
FONTI E BIBL.: G.Mellini, in Gazzetta di Parma 24 luglio 1997, 15.

MILLI MARIO
Noceto 1901-Noceto 18 maggio 1980
Fu maestro elementare alla scuola Angelo Mazzae al Conservatorio di Parma.Fu anche bibliotecario presso l’Università di Parma e collaboratore di giornali e di riviste (attività che cominciò con il Il Piccolo e che proseguì con il Resto del Carlino e con la Gazzetta di Parma).Grande amico di Renzo Pezzani, il Milli fu autore di libri di testo per la scuola elementare, di pubblicazioni come l’Indicatore di Parma e Provincia, lo  Stradario di Parma e la Guida artistica di Parma.Fu partigiano ed evitò, dopo una perigliosa fuga, la deportazione in Germania.Si battè per gli ideali in cui credeva fino al cessare dell’ultimo conflitto mondiale. Allorquando le armi furono deposte, il Milli fu chiamato a reggere il comune di Noceto in attesa delle prime vere democratiche elezioni dopo la Liberazione.
FONTI E BIBL.: G.Mellini, in Gazzetta di Parma 19 maggio 1980, 5.

MILLOME ANTONIO GIUSEPPE MARIA, vedi MELLONI ANTONIO GIUSEPPE MARIA

MILONE
Collecchio 1068
Fece da testimone in una donazione del 1068, nella quale appose, come firma, una croce perché analfabeta.
FONTI E BIBL.: U.Delsante, Dizionario collecchiesi, in Gazzetta di Parma 22 febbraio 1960, 3.

MINARDI ALESSANDRO
Parma 24 luglio 1908-Bergamo 18 febbraio 1988
Figlio di Dante.Il Minardi fece il suo ingresso alla Gazzetta di Parma a diciannove anni, nel 1927, chiamatovi dal suo amico d’infanzia Leonida Fietta, che era il redattore capo, succeduto a Umberto Del Ciglio, emigrato a Roma. Della Gazzetta di Parma fu poi redattore capo, factotum e deus ex machina dal 1931 al 1942. Nel 1942 il Minardi lasciò la Gazzetta di Parma per ricoprire l’incarico di redattore capo all’Arena di Verona.Negli anni 1944-1945 fu redattore del Corriere della Sera. nell’immediato dopoguerra fu uno degli animatori del Corriere Lombardo, che costituì la più notevole rivelazione giornalistica di quegli anni.contemporaneamente, come redattore de l’europeo (dal 1946 al 1951), diede un contributo tecnico notevolissimo all’impostazione giornalistica e grafica del più brillante rotocalco dell’epoca.Nel 1952 passò alla Rizzoli come redattore capo del Candido, diretto dal suo amico di gioventù Giovannino Guareschi, del quale il Minardi fu il braccio destro e il confidente. Dopo l’incarcerazione di Guareschi in San Francesco a Parma, il Minardi assunse la direzione del Candido (con Michele Intaglietta redattore capo) che mantenne sino alla soppressione della testata.Poi dal 1961 al 1967 fu direttore del Giornale di Bergamo, il quotidiano laico della città, in competizione con il cattolico L’Eco.Infine, dal 1977 al 1981, diresse a Lugano il quotidiano liberale Gazzetta Ticinese, ove ospitò, tra l’altro, sotto il titolo La bruschetta, la collaborazione del quasi centenario Giuseppe Prezzolini.Fu un giornalista di grande talento.Osservatore acuto e penetrante delle vicende italiane e del mondo, non gli sfuggiva nulla di quanto di importante avveniva sotto i suoi occhi.Ebbe il gusto e la sensibilità del cronista di razza, nel senso più nobile della parola.Il primo libro di poesie del giovanissimo Attilio Bertolucci, dal titolo Sirio, fu dato alle stampe dal Minardi, improvvisatosi editore.Fu insignito del premio Sant’Ilario. Fu sepolto a Parma.
FONTI E BIBL.: G. Pighini, Storia di Parma, 1965, 194; Gazzetta di Parma 18 febbraio 1988, 1 e 22.

MINARDI DANTE
Parma 17 luglio 1881-Parma 1941
Figlio di Modesto e Luisa Pasini. commerciante di generi alimentari, nutrì una grandissima passione per la buona musica e il teatro lirico.Presidente della Corale Verdi di Parma nei suoi anni più fulgidi, fu l’autore e l’animatore della sua rinascita.Sotto la sua presidenza la Corale Verdi riportò affermazioni mai più raggiunte: prima assoluta ai concorsi nazionali di Verona, Udine e Roma (nella capitale il concerto finale venne diretto da Mascagni).Erano anni in cui una spietata rivalità divideva le due corali di Parma, la Verdi e l’Euterpe.Per avere una idea del fierissimo antagonismo che esisteva tra i due gruppi (che peraltro si rivelò utilissimo a entrambe le società e soprattutto al buon nome musicale di Parma), basti dire che il Minardi, nella sua qualità di presidente della Verdi, rimase dieci anni senza rivolgere la parola al presidente dell’Euterpe, Mario Fantelli, suo amico d’infanzia. Il Minardi fece anche parte della commissione teatrale del Teatro Regio di Parma.Toscanini, che fu spesso ospite del Minardi, disse che aveva il più formidabile orecchio musicale che abbia mai sentito.Per molti anni il Minardi fu anche presidente dell’Asilo Notturno, che rinnovò completamente, e delle Cucine economiche, ove rimase anche quando furono assorbite dall’E.C.A.
FONTI E BIBL.: B.Molossi, Dizionario biografico, 1957, 102-103.

MINARDI GIOVANNI 
Felino-Selletta di Passo Af-Gaga 25 dicembre 1935
Figlio di Angelo. Fante del 14° Reggimento Fanteria, fu decorato di medaglia di bronzo al valor militare, con la seguente motivazione: Porta arma mitragliatrice pesante, mentre esposto al tiro nemico cooperava per la messa in azione della mitragliatrice, cadeva colpito a morte.
FONTI E BIBL.: Bollettino Ufficiale 1938, Dispensa 7a, 608; Decorati al valore, 1964, 41.

MINARDINO GUGLIELMO
Parma XIV secolo
Fu giurista di valore.
FONTI E BIBL.: G. Pighini, Storia di Parma, 1965, 99.

MINARI ALFREDO
Torrile-Gradisca 9 giugno 1915
Figlio di Marcellino.Geniere, fu decorato di medaglia di bronzo al valor militare, con la seguente motivazione: Nel gittamento di un ponte sul fiume Isonzo, malgrado il vivo fuoco nemico, rimaneva al suo posto di manovra, finché cadeva ferito mortalmente.
FONTI E BIBL.: Bollettino Ufficiale 1915, Dispensa 78a, 2627; Decorati al valore, 1964, 124.

MINARI GUGLIELMO
Sala Baganza 26 aprile 1883-Felino 6 febbraio 1934
Nota figura di antifascista, morì in seguito a malattia contratta nell’isola di confino ove era stato coatto in seguito alle leggi fasciste.
FONTI E BIBL.: T.Marcheselli, Strade di Parma, II, 1989, 71.

MINARI MARIO
Vignale di Traversetolo 1895-Vairo 19 marzo 1962
Fin da giovanissimo si appassionò alla scultura e frequentò lo studio del pittore de Strobel.Si diplomò all’Accademia d’Arte di Parma e lavorò per molti anni a Roma, spesso in collaborazione con Renato Brozzi.Contemporaneamente tenne uno studio anche a Parma, in via Vantelli.Divenuto inseparabile amico di Pietro Basetti, grande amatore d’arte e protettore di artisti, andò a vivere a Vairo, nel palazzo Basetti.Sebbene si conservino alcuni suoi pregevoli busti in marmo, la sua specialità fu la scultura a sbalzo, di cui lasciò una produzione vastissima in vari metalli.Tra le sue opere, un San Giovannino, un trittico ispirato alla caccia, la portella in oro del tabernacolo della chiesa di Sant’Uldarico a Parma e l’ostensorio del Duomo di Correggio.Ripristinò il tesoro di Marengo nel Museo di Torino.Dopo la prima guerra mondiale, vinse il concorso per la cattedra di sbalzo a Venezia, ma non andò a occuparla.Il Minari non espose mai le proprie opere.
FONTI E BIBL.: F.da Mareto, Bibliografia, II, 1974, 692; G.Copertini, In morte dello scultore Mario Minari, in Parma per l’Arte 2 1962, 136; E.M.G. Azzoni, Mario Minari orafo e scultore, Parma, Artegrafica Silva, 1987; F. e T.Marcheselli, Minari Mario (1894-1962), in Dizionario dei Parmigiani, 1997, 210-211; Minari Mario, in Enciclopedia di Parma, 1998, 455.

MINETTI LUIGI
Parma 1839
Pittore paesista, fu attivo nella prima metà del XIX secolo.
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, IX, 199.

MINGARDINI DONNINO
Bastelli 26 febbraio 1812-Busseto 12 settembre 1832
Nacque cieco.Fu iniziato alla musica a Busseto (dove, giovanetto, si era trasferito con la famiglia) dal mecenate Barezzi.Dotato di non comune sensibilità musicale e di straordinaria memoria, divenne valente organista e ottimo suonatore di viola.Morì di tubercolosi a soli vent’anni.Compose marce per banda e canti per chiesa.
FONTI E BIBL.: C.Alcari, Parma nella musica, 1931, 133; N.Pelicelli, Musica in Parma, 1936, 282; D.Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 268-269.

MINGHELLI POMPEO ALESSANDRO
Parma 26 gennaio 1841-Parma 27 settembre 1868
Figlio di Ferdinando e Domenica Lorenzelli. Volontario nel 1859, fu intrepido seguace di Giuseppe Garibaldi nelle campagne del 1860. fu ferito gravemente al Volturno il 1° ottobre 1860, meritando una promozione sul campo per il valore dimostrato.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 29 settembre 1863, n. 219; G.Sitti, Il Risorgimento Italiano, 1915, 120.

MINISTRO, vedi FERRARI GINO

MINOZZI EDGARDO
Padova 1887-Parma 31 maggio 1964
Imparò l’arte dell’intaglio fin da fanciullo, in un collegio di Padova.In seguito lavorò per un certo periodo a Venezia e nel 1910 si stabilì a parma, prima alle dipendenze dei fratelli Brasi (restaurando mobili antichi o eseguendone copie fedeli), poi con una bottega propria in borgo Montassù e poi in via Affò 13. Il Minozzi costruì nel 1912 un oratorio o luogo di meditazione e di preghiera per i credenti facoltosi, in uso nell’età medievale, servendosi di tutti gli ingredienti ed espedienti tecnici per dare al manufatto il carattere di un mobile autentico.Il Minozzi lo eseguì in circostanze curiose.Avendo i fratelli Brasi ordinato al Minozzi una cassa nuziale gotica e avendone ammirato la bellezza, gli chiesero di accompagnarla con due pannelli dello stesso stile.Il Minozzi eseguì i pannelli con finissimo intarsio: uno rappresentava la Madonna, l’altro San Giorgio con il drago ucciso.La finissima bellezza dei pannelli convinse i fratelli Brasi a utilizzarli in modo più conveniente.Nel 1912 il Minozzi prese visione del coretto conservato a Torrechiara e decise di farne una copia inserendovi i due pannelli già pronti. Mise estremo impegno nell’esecuzione, scegliendo con accuratezza il legno e adoperando chiodi antichi e infissi dell’epoca.Di originale nell’opera non fu inserita che una grata e un fonte battesimale. Il resto non fu copiato fedelmente ma elaborato secondo i disegni originali del Minozzi.La semplice struttura del mobile, suggerita al Minozzi da quella tribuna o coretto un tempo conservata a Torrechiara, è costituita da un prisma quadrangolare definito da pannelli disposti a losanga, uno dei quali interrotto dal traforo di una grata.Il blocco ligneo è sormontato da una cupoletta piramidale a otto facce lisce con zoccolo e raccordate al vertice da una piccola sfera.Sia all’interno che all’esterno la scelta degli elementi decorativi documenta la magistrale abilità compositiva ed esecutiva del Minozzi.I piani dello spazio interno, nettamente differenziati da quelli esterni, sono decorati con intarsi policromi figurati in legno, due dei quali, come detto, rappresentano rispettivamente la Vergine e San Giorgio che uccide il drago.In uno degli angoli è posto, come elemento di raccordo, un piccolo fonte battesimale poggiante su un piedistallo scolpito.La proporzione del volume, l’impianto decorativo e la finezza dell’intaglio esterno conferiscono a questa sorprendente imitazione di oratorio gotico un primato nella storia della falsificazione stilistica, ugualmente significativa dal punto di vista di un eccezionale talento professionale, tanto da indurre a un grossolano errore i più smaliziati intenditori di ebanisteria antica.Questo unico esemplare, venduto poco dopo la sua esecuzione, venne presentato a Londra come pezzo autentico nella collezione dell’antiquario Crowther e l’autorevole rivista The Connaisseur pubblicò nel marzo del 1953, sotto forma di pubblicità, il manufatto costruito nell’Italia del Nord nella seconda metà del XV secolo e in eccellente stato di conservazione se si considera la sua vetusta età.La principale fonte d’ispirazione del Minozzi per l’intavolazione decorativa del suo falso oratorio, si riallaccia al filone emiliano e in particolare a quel capolavoro di architettura lignea che è il Coro di San Domenico a Ferrara, eseguito nel 1384 dal capostipite dei maestri lignari del XIV e XV secolo, Giovanni da Baiso, nativo di Reggio Emilia.Altri richiami, che si riallacciano al capolavoro dell’artefice reggiano, il Minozzi può averli desunti anche dal Coro della Cattedrale di Piacenza, il più significativo esempio di arte archiacuta per squisitezza plastica di intagli emergenti da un razionale organismo architettonico compiuto nel 1471 da Giangiacomo Genovese.L’opera del Minozzi finì in uno dei maggiori musei inglesi, il Victoria and Albert Museum di Kensington, e in un primo tempo venne giudicato autentico. Negli ultimi tempi della sua vita il Minozzi si limitò a eseguire qualche disegno di mobile su richiesta di vari suoi allievi.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 2 luglio 1964, 5; G.Capelli, Il mobile parmigiano, 1984, 61; T.Marcheselli, Strade di Parma, II, 1989, 72.

MINOZZI GIUSEPPE
Parma 1887/1940
Falegname.Realizzò alcuni mobili del Castello di Gabiano Monferrato, su progetto di Lamberto Cusani.
FONTI E BIBL.: Gli anni del Liberty, 1993, 157.

MINOZZI LORIS
Fontevivo 8 agosto 1923-Montagnana 15 aprile 1944
Risiedette a Roccabianca.Partigiano, morì in combattimento contro i nazifascisti.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 21 aprile 1990, 25.

MINUZIO ANDREA, vedi MUGNOZ ANDREA

MINZONI CESARE
San Pancrazio Parmense 29 novembre 1899-post 1939
Nato da Domenico e Cesira Contini.Antifascista, espatriato in data imprecisabile, il suo nome comparve sul Bollettino delle ricerche.Supplemento dei sovversivi.Nel gennaio 1939 in Spagna si trovava al Centro recupero di Alcira.
FONTI E BIBL.: L. Arbizzani, Antifascisti in Spagna, 1980, 102.

MIODINI ACHILLE
Felino 16 novembre 1924-Valditacca 3 luglio 1944
Non ancora diciannovenne, venne chiamato alle armi con destinazione Mantova.Il 25 luglio 1943, trovandosi a felino in permesso, fece irruzione nella casa del fascio di Felino con alcuni suoi compagni distruggendo insegne e simboli del regime. Dopo la proclamazione dell’armistizio fuggì a Felino, ma nell’ottobre del 1943, in seguito ai fatti di luglio, venne arrestato e condotto nelle carceri di San Francesco a Parma, dove rimase per otto mesi.Durante un bombardamento aereo su Parma riuscì a fuggire, raggiungendo quindi Valditacca e unendosi alla formazione partigiana 12a Brigata Garibaldi.Durante un rastrellamento, cadde nelle mani nemiche.Insieme a Nello Ubaldi, venne fucilato da un plotone di esecuzione.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 3 luglio 1994.

MIOSOTIS, vedi PELLACANI FULVIO

MIOTTI GIOVANNI ANDREA
Caspoggio 15 agosto 1822-Parma 30 marzo 1893
Nato da Giuseppe e Maria Fai. Le qualità intellettuali, pedagogiche e didattiche del Miotti furono notevoli e di esse dovettero accorgersi non solo le autorità ecclesiastiche ma anche quelle politiche, se le une e le altre lo impegnarono nella scuola.Il Miotti, ancor prima di essere ordinato sacerdote, fu infatti nominato Direttore del Ginnasio comunale di Ponte, grossa borgata della Valtellina.Dopo l’ordinazione sacerdotale (1845), i superiori gli affidarono l’insegnamento di belle lettere nel Seminario Sant’Abbondio di Como.Quando questo istituto venne occupato durante la prima guerra d’indipendenza dalle truppe austriache, il Miotti fu inviato a Sondrio con l’incarico di Rettore del pubblico Convitto e con quello di Prefetto del Ginnasio.Il Governo italiano nell’anno scolastico 1862-1863 lo mandò a Chieri, in Piemonte, per dirigere le scuole liceali, ginnasiali e tecniche.quest’ultima fu un’esperienza breve: forse durò un anno scolastico, forse meno ancora.Il Miotti la troncò di netto per la tristezza dei tempi ormai incompatibili con il carattere sacerdotale, nonostante che il Governo unitario tentasse di farlo recedere dalla decisione blandendo il suo amor proprio col crearlo Cavaliere dei Santi Maurizio e Lazzaro.In quel periodo il Miotti si fece notare per alcuni lavori sulla scuola e sull’insegnamento.Nel 1856 pubblicò il saggio Come la lingua possa arricchirsi di nuovi vocaboli e di nuove forme di favellare e quali vizi debbasi in ciò fuggire.In questo lavoro, il Miotti, pur convinto che la lingua è un qualcosa di estremamente vitale e quindi in continua mutazione determinata dal mutare dei tempi, delle consuetudini, della morale, della politica e dal progresso, tuttavia sostiene che la lingua deve purificarsi dai barbarismi e provincialismi e non accogliere acriticamente vocaboli e modi di dire nuovi strani e guasti.Un altro suo saggio tratta Della istruzione secondaria classica in Italia con cenni comparativi su quella di Francia, Olanda e Prussia (Torino, 1863).In questo studio comparativo dell’ordinamento scolastico afferente all’istruzione secondaria classica, il Miotti dimostra che quello italiano non solo è il migliore ma che quelle istituzioni di cui si facevano vanto gli ordinamenti stranieri, in Italia erano operative già da gran tempo. Interrotta la brillante carriera di insegnante statale e di uomo della scuola pubblica per tornare a servire il suo vescovo, il Miotti successivamente (1863) venne nominato parroco-arciprete di Montagna, paese nei pressi di Sondrio.Nel 1868, fu arciprete della popolosa e importante parrocchia di Sant’Agostino, nei sobborghi di Como.Nel 1871 fu trasferito nell’arcipretura di Sondrio, iniziando contemporaneamente una intensa collaborazione con il proprio vescovo, che lo volle compagno durante una visita pastorale e suo rappresentante fuori Diocesi in occasione di raduni di cattolici che allora iniziavano a organizzarsi.Proprio a Sondrio, il 25 settembre 1882 gli giunse notizia che papa Leone XIII lo aveva designato Vescovo della nobilissima chiesa Parmense.Il 1° ottobre 1882, a Roma, il Miotti venne consacrato e firmò la sua prima Lettera Pastorale. Prese possesso della diocesi per procuratore il 7 gennaio 1883 e fece il solenne ingresso il 28 gennaio 1883. Il servizio episcopale del Miotti operò in un ambiente non facile, soprattutto a causa delle condizioni economiche e sociali della popolazione e dei contrasti nello stesso movimento cattolico. Infatti i cattolici parmensi stavano uscendo da una profonda abulia e da anni di pigrizia in cui erano finiti lentamente, anche per le direttive del Papa e dei vescovi secondo le quali i cattolici italiani non dovevano svolgere nessuna attività politica (né eletti né elettori) in quanto la nuova classe dirigente aveva usurpato lo stato alla Chiesa, stava limitando la libertà del Pontefice e fondava il nuovo Stato su princìpi laici.Il Miotti successe a Domenico Maria Villa, la cui scelta degli umili non era passata inosservata.Le stesse autorità civili ne erano restate colpite.Dalla Prefettura di Parma, riferendo al Ministro dell’Interno la reazione della città all’annuncio della nomina a successore di monsignor Villa del Miotti, si scrisse: Per quanto monsignor Miotti non sia molto conosciuto in questa città pur mi risulta da informazioni assunte che il medesimo non avrebbe mai dato luogo colla sua condotta ad alcun rimarco e che anzi il suo contegno di fronte alle patrie istituzioni e alle Autorità civili fu sempre lodevole. La sua nomina a Vescovo qui è stata generalmente accolta favorevolmente.Solo lo si ritiene meno caritatevole del suo predecessore.La prima Lettera pastorale del Miotti, condotta secondo lo schema classico in questo tipo di documento episcopale, contiene dei punti e delle annotazioni che meritano di essere rilevati perché illustrativi della sua personalità e del suo episcopato.Innanzitutto la sua grande venerazione per la Vergine Maria, che gli derivò dalla constatazione che momenti fondamentali della sua vita erano accaduti in giorni dedicati a Maria.Così la esprime e la comunica alla sua Diocesi: Ma lassù, lassù dal cielo io vidi sorridermi, confortarmi la più eletta fra le creature, la più pura fra le vergini,la più armoniosa fra le madri, la Regina degli Angeli.Eri tu, o Maria, Salute degli infermi, che a me nel dì memorando della superna chiamata, a me tosto ottenevi lo smarrito vigore, invocato con votiva supplicazione, ottenevi lena ad entrare nel cammino d’improvviso dischiusomi d’innanzi.Che tu sia benedetta da tutte le genti, o Madre santa e pia: ed io nato nel dì de’ tuoi più splendidi trionfi, cresciuto all’ombra de’ tuoi santi altari, assunto alla pienezza del sacerdozio nel giorno della tua apparizione fra noi, inunto Padre e Dottore de’ Parmensi nel giorno solenne, in cui il mondo ti saluta trionfatrice della scimitarra degli infedeli, io ti invocherò ognora, a mia Madre, a Tutrice del popolo eletto affidato alle mie cure.Tutto a te mi consacro: Tuus sum ego (Psal.CXVIII, 94); mi stringerò sempre più devoto e riconoscente intorno a ‘ tuoi santi altari, e intorno a’ tuoi santi altari io chiamerò frequente il mio gregge, questo eletto gregge che, a tacer d’altro, già ti consacrò il maggior tempio, la Basilica Cattedrale, insigne per rarezza di marmi, per altari pomposissimi, per merito di dipinture, prodigio dell’arte, meraviglia dell’universo.E tu benedici al Pastore che s’avvia alla Sede Parmense con timore e tremore, ne sorreggi, ne feconda i propositi virtuosi; Tu benedici al gregge, Tu che sei benigna, clemente e pia: Tuus sum ego, salvum me fac.Il Miotti, poi, redigendo questa sua lettera, non solo si documentò sulla Diocesi e sulla storia civile di Parma ma richiamò alla memoria quanto aveva potuto osservare durante un suo viaggio effettuato in un periodo non precisato.Infatti scrive: Un dì io percorsi con amore queste vostre magnifiche contrade e vi seppi dotti, generosi, virtuosi; vi seppi gelosi cultori della fede degli avi, desiderosi di tramandarla pura ed immacolata a più tardi nipoti.E il mondo ammira tuttodì la vostra fermezza nella fede, l’amore intenso che portate alla religione, anche in questi tempi, miseri tempi!Ne’ quali l’orgoglio umano ha tutto tentato contro di essa, proclamandola retaggio d’anime fiacche e deboli, e con mille arti tenebrose, sataniche, di leggi, irrisioni beffarde e vituperose, calunnie, cospirando, ma invano, a macchiarla e corromperla.E che questo convincimento non fosse un elogio di circostanza, lo dimostra una considerazione fatta dal Bonomelli, vescovo di Cremona, comunicata allo Scalabrini, vescovo di Piacenza: Fu qui, come sapete, Mons. di Parma, e ne fui contentissimo. È un uomo alla mano, parlatore, conoscitore dei venti tutti: sa distreggiarsi a meraviglia e credo ch’egli non sarà mai in uno scoglio, nemmeno coperto. È contento oltre ogni dire della sua Diocesi e lavora indefesso.Testai qua e là il terreno e conclusi fra me e me: è proprio come fu dipinto da Mons.Scalabrini.Voi lo conoscete proprio a fondo. È molto istruito nelle scienze e lettere profane e farà sempre bella figura in società, perché pronto, espansivo ed è cosa buona.Mi disse che la Diocesi di Parma è molto migliore di quella di Como.Inarcai le ciglia e credo che né voi, né Mons.Carsana menereste buona quella espressione.Io lo lasciai lì e dissi in cuor mio: lo sposo deve sempre trovare la sua sposa più bella di tutte: sta bene.Ma ogni sposo deve fare altrettanto.Del resto è ancora la luna di miele; è il periodo dell’idillio: verrà poi la prosa.Il Miotti, pur consapevole che i parmigiani già sanno molto di lui, ugualmente si presenta e chiarisce il proprio metodo di governo: Io vengo a voi non per cullarmi fra morbidi ozii, da cui aborrii per tutta mia vita, ma sì veramente per sostenere con lena indefessa il peso quotidiano della fatica e della canicola per le anime vostre.Non vengo a voi per esercitare un superbo impero, ma per farmi guida al cieco, piede allo storpio, braccio all’infermo, tutela alla vedova derelitta, all’orfanello deserto; per farmi tutto a tutti, pe tutti condurre a’ piedi della croce.Fra voi volerò ovunque è un dolore da confortare, da tergere una lagrima, da propugnare un diritto.Debbo essere, voglio essere il padre, il consolatore delle vostre afflizioni, il confortatore dei vostri bisogni.Concordi e uniti in santo vincolo di amore, molteplicheremo la partenza nostra, perché dove è unita di spirito, là è forza: dove è carità, là è lo spirito del Signore.Concordi e uniti in un sol voto, sorgeremo in santa gara di opere pie e generose, di santi e nobili sacrifizi.Rivolgendosi poi ai sacerdoti in cura d’anime, viene fuori l’uomo cui sono note le difficoltà di essere parroco e il carattere di chi sa che cosa vuole e come lo vuole: Venerabili fratelli, vi abbraccio quali amici e confratelli e cooperatori in un ministero, in cui io pure ho affaticato per venti anni e più in alpestri borgate, in illustri città.Vi assicuro che io sarò geloso tutore della dignità e dell’onore del sacerdozio.Verrò frequente cooperatore, amico sempre in mezzo a voi, testimonio delle vostre onorate fatiche, imitatore del vostro zelo.Ma poi più frequente verrete a me ed io griderò a voi: Degnamente camminate nella vocazione nella quale siete chiamati; siate l’esempio di fedeli nella dottrina, nella gravità, nella integrità affinché chi è contro di noi provi vergogna, non potendo comecchessia dir male di voi.Le labbra del sacerdote custodiscano la scienza e i popoli cercheranno dal suo labbro la legge.La convinzione del Miotti della necessità da parte dei cattolici di difendersi con forza e vigore dallo spirito laico dilagante che aveva accerchiato la Chiesa cattolica e che attaccava cercando di minarne i dogmi e le strutture, dovete essere profondissima, se assunse a emblema delle sue insegne pastorali il motto: In exercitu nostro Dux Deus est et sacerdotes ejus (II Paral. 13, 12).Ai seminaristi il Miotti si rivolse con maggiore durezza: Guai a colui che entrasse nel Santuario per cercarvi una vita riposata, oziosa, beata della beatitudine dei profani! Guai a colui che volesse entrare nel tempio per cercarvi tesori ed onori! Guai a colui, che non ci assicurasse colla saviezza della condotta, colla osservanza della disciplina di divenire sale della terra, luce del mondo! A costoro, a quanti ribelli all’orazione ed allo studio, non parati a farsi olocausto per la salute degli uomini e per la gloria di Dio, inesorabile io chiuderò sul viso le porte del Santuario.Benché avesse abbandonato la scuola da un ventennio, il Miotti per questa professione, il cui ricordo tornò spesso nelle pastorali, provò sempre una profonda nostalgia.Di tale suo passato di professore si servì nella prima Pastorale per rendere più credibile l’elogio a Parma, novella Atene, e la proposta che fa ai professori laici: Parma, novella Atene; va pur insigne per culto alle scienze, alle lettere, alle arti.sarò io accusato di soverchio ardire se oso entrare nelle aule delle sue Accademie e di tanti acclamati suoi Istituti di Istruzione?No, io non mi gitto, profano o furtivo, in mezzo a voi, dotti Professori, a turbare le vostre sapienti lezioni.Ma deh!Non respingete disdegnosi la destra benevola di chi vi fu collega ne’ più begli anni di sua esistenza: io pure ho seduto su varie cattedre, ho affaticato anni ed anni insegnando, presiedendo all’educazione della gioventù.Perciò tengo in grande estimazione il vostro magistero e Voi, io Ve ne prego, unitevi meco nell’educare alla patria ed al cielo questa porzione eletta del mio gregge, nel rassodarla nella virtù, e fate che la scienza vada mai sempre con il bel nodo unita alla pietà.La Religione, voi ben sapete, è il primo elemento di civiltà e progresso, il fondamento d’ogni educazione e legislazione.In un periodo nel quale i rapporti tra Chiesa e Stato e tra autorità religiose e civili erano difficili, il Miotti non poté non far conoscere a quelle di Parma il suo pensiero che, come sempre, è chiaro e senza perifrasi: Magistrati illustri, sì chiari per prudenza, per dottrina e per Religione, chiamati a interpretare e vendicare la legge ed a tutelare le istituzioni di questa illustre Città e Provincia, sin da questi primi e solenni momenti del mio Pastorale ministero io mi stringo riverente ai vostri fianchi, a voi mi unisco con voto concorde alla tutela dell’ordine, della giustizia, del rispetto al trono ed all’altare.Ma deh!Voi pure fate rispettata la Religione, levatevi a sua difesa, cercate in essa alle vostre nobili cure aiuto e presidio: è questo l’antidoto più salutare, efficace contro i disordini dell’odierna società.L’unione fa la forza: perciò io vi stendo amica la mano e amica invoco la vostra.Con queste idee e con questi propositi il Miotti giunse a Parma su ordine di Leone XIII ad arricchire con il maggior impegno di cultura la presenza e l’Opera della Chiesa in una società che faceva finta di capire solo in termini scientifici.Le sue prime cure furono rivolte all’educazione e all’istruzione dei seminaristi.Portò a termine la ristrutturazione del Seminario urbano e ingrandì quello di Berceto.Fornì il Seminario di un nuovo regolamento e arricchì i programmi di nuove materie.Da vecchio professore, il Miotti seguì di persona lo svolgimento dei programmi e tenne regolari lezioni. Realizzò il sogno del suo predecessore chiamando a Parma i Salesiani.Il Miotti mostrò tutta la sua filiale devozione a Leone XIII, impegnandosi nell’organizzare, in occasione dei festeggiamenti per il giubileo sacerdotale del Pontefice, un volume di scritti in suo onore.Il libro, apprezzato dal Papa, contiene 500 scritti ed ebbe un notevole successo. Seguace intelligente dell’indirizzo sociale leoniano, preso atto del contrasto vivo tra transigenti e intransigenti, culminato nello scioglimento del Comitato Diocesano (1884), ricostituito due anni dopo, comprese l’opportunità della presenza cattolica nella vita politica.Convinto che la vita religiosa e l’attività pubblica si basano sulla formazione, insistette per l’insegnamento della dottrina cristiana. Dalle visite pastorali rilevò come nel popolo trionfasse l’empietà e notificò la cosa a Roma nel 1885, additando, quali cause, i contrasti politici e la cattiva stampa: questa e quelli producevano matrimoni e funerali civili, abbandono della pratica dei sacramenti, abitudine alla bestemmia e alla profanazione delle feste.Il tema della difesa della religione fu ricorrente nell’attività episcopale del Miotti.Per lui tale difesa non poteva esserci, se non si riconosceva la libertà e l’indipendenza della Chiesa.Questi due valori, però, nulla avevano a che vedere con il potere temporale della Chiesa che da ogni parte d’Europa si rivendicava per il Papa.Il Miotti rivendicò per il Papa libertà e indipendenza per esercitare il suo ministero, non l’antico Stato pontificio. Il Miotti non dimenticò mai di essere stato un patriota: alcuni suoi scritti del periodo 1848-1861 lo testimoniano e sono anche le radici profonde e lontane dei suoi atti politici (omelia per i caduti di Dogali, visita ufficiale fatta a Umberto di Savoja in visita a Parma) che gli alienarono in parte la simpatia del suo clero, tra i quali Ferrari e Conforti.Nel primo caso, nell’omelia in Cattedrale, il Miotti inneggiò all’indipendenza e alla grandezza dell’Italia, glorificò il valore dei soldati italiani e incitò la gioventù ad avere in cuore la grandezza e la gloria della patria.Nel secondo caso, contro le direttive vaticane, secondo le quali erano connesse solo visite di cortesia private, il Miotti fece visita ufficialmente al Re d’Italia.Per questa pubblica disobbedienza, la Santa Sede riprese il Miotti, ma ben presto tutto tornò come prima. Con Decreto della Santa CameraConcistoriale del 14 agosto 1892, eseguito il 28 novembre 1892, fu insignito del titolo (trasmissibile ai vescovi pro tempore di Parma) di Abate di Fontevivo. Fu sepolto nel cimitero della Villetta di Parma, nell’arco dei vescovi. È opportuno, infine, osservare un neo nel suo episcopato: la gestione del lascito Ortalli.Lascito che nocque non poco agli episcopati dei suoi successori Magani e Conforti.
FONTI E BIBL.: A. Schiavi, Diocesi di Parma, 1940, 243; C.Pelosi, Note ed appunti sul movimento cattolico a Parma, Parma, 1962, 37-45; Berti, Appunti di attività murriana, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1972, 273; A. Marocchi, Mons.Evasio Colli, 1987, 70-71; L.Farinelli, in Gazzetta di Parma 5 aprile 1993, 5; E.Dall’Olio, in Gazzetta di Parma 1 novembre 1993, 12; Anna MariaAdorni, 1994, 158-169.

MARENGHI GIOVANNI BARTOLOMEO
Parma prima metà del XVI secolo
Vetraio attivo nella prima metà del XVI secolo.
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, Documenti e memorie di Belle Arti parmigiane, III, 304.

MIRKO, vedi CAVESTRO GIORDANO

MIRO, vedi GIUFFREDI ERMINIO

MIROLA GIROLAMO
Bologna 1538 c.-Parma 2 aprile 1570
Figlio di Virgilio. Il Malvasia lo dice allievo di Pellegrino Tibaldi, cosa questa che sembra trovare conferma nella collaborazione prestata dal Mirola al Tibaldi nella decorazione della cappella Gozzadini in Santa Maria dei Servi a Bologna. Essendo andati distrutti nel 1775 gli affreschi di Santa Maria del Tempio, è questa l’unica opera riferita ab antiquo al Mirola, ma il suo precario stato di conservazione non consente di esprimere un giudizio sul suo stile.Non restano tracce sicure della sua attività a Roma, dove secondo il Vasari fu molto attivo, e nemmeno a Parma. Abitò nella vicinia di San Paolo in Parma. Almeno dal 1556 fu alle dipendenze dei Farnese. Fu il primo importante affrescatore del Palazzo del Giardino e delle case residenziali dei Farnese.Sono documentati i seguenti pagamenti da parte della corte farnesiana: 4 gennaio 1557, un salariato del duca Ottavio Farnese, venne pagato 9 scudi e 6 soldi per spese fatte per il Mirola (Archivio di Stato di Parma, Mastro farnesiano 1557-1560, c.37), 19 giugno 1557, furono pagati a Francesco Selva, speziale, 4 scudi e 60 soldi per medicine per il Mirola (Archivio di Stato di Parma, Mastro farnesiano 1557-1560, c. 53), 13 settembre 1559, furono pagati 12 scudi al Mirola (Archivio di Stato di Parma, Mastro farnesiano 1557-1560, c. 44), 3 aprile 1561, furono pagati 4 soldi e 50 denari al Mirola per il companatico del mese presente (Archivio di Stato di Parma, Mastro 1561-1564, c. 29), 10 maggio e 27 agosto 1561, il Mirola ricevette lo stipendio per sé e per il proprio servitore (Archivio di Stato di Parma, Mastro 1561-1564, c. 45 e 55), 25 gennaio, aprile, 27 settembre, 29 ottobre, 19 novembre e 14 dicembre 1562, furono effettuati pagamenti dello stipendio al Mirola (Archivio di Stato di Parma, Mastro 1561-1564, cc. 77, 96, 105, 116), 24 agosto 1562, il segretario del Duca pagò il Mirola (Archivio di Stato di Parma, Libro della fabbrica di S.A., c.81 nel mazzo Cittadella di Piacenza).Ipagamenti dello stipendio al Mirola proseguirono regolarmente anche nel 1563, 1564 e 1565 (Archivio di Stato di Parma, Mastri).Nel 1566, in occasione dell’ingresso in Parma della principessa Maria di Portogallo, sposa di Alessandro Farnese, il Mirola venne pagato dal Comune per l’esecuzione di uno stemma della stessa sovrana su una porta d’ingresso alla città.Il 23 aprile 1568 il massaro degli Anziani del Comune di Parma pagò Scipione Banzolla per aver dipinto alcuni stemmi secondo i disegni forniti dal Mirola (Archivio di Stato di Parma, Archivio Comunale, Ordinazioni Comunali, 1568).Il 14 aprile 1570 il Mirola, ancora al servizio dei Farnese, vendette a Giuseppe Fantuzzi (suo collaboratore) un appezzamento di terreno con una casa nella villa di San Leonardo.Tra i testimoni vi fu anche Aurelio Barilli (Archivio di Stato di Parma, rogito di Biagio Zanacchi notaio parmense). È stato compiuto un tentativo di ricostruire la sua attività, attribuendogli un dipinto del Museo Civico di Bologna, raffigurante il Ratto delle Sabine, sulla base della descrizione di un dipinto di analogo soggetto dato al Mirola in un inventario farnesiano del 1587. Su labili basi poggia anche l’attribuzione di due disegni, uno nella collezione Andrew di Edimburgo, con Orfeo e le donne di Tracia, recante la scritta Gerolamo Mirol, l’altro nel Museo di stoccolma, con Tre donne viste di schiena e un vecchio di profilo e la scritta Miruolo.Nessuna di queste scritte infatti, sebbene antica, può assumere il valore di una firma.Lo stile e la qualità dei disegni non si stacca inoltre da quelli generalmente attribuiti a Jacopo Bertoja.Scarsamente convincente è conseguentemente il tentativo di discriminare le parti spettanti al Mirola e al Bertoja nelle decorazioni ad affresco che secondo testimonianze documentarie essi condussero insieme: gli affreschi con Scene di caccia di palazzo da Siena, poi Borri, a Parma compiuti tra il 1568 e il 1570, le Imprese dei Rossi nel salone dei fasti del castello dei Rossi a San Secondo e in particolare le Allegorie del palazzo del Giardino di Parma, iniziate nel 1566 e compiute nel 1573, dopo la morte del Mirola.
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, volume IV, cc. 202-204; G.Bertini, La Galleria 1987, 205, n.27, 236 n. 50, 252 n.381; D.De Grazia, Bertoia, Mirola and the Farnese Court, Bologna, 1991; Archivio Storico per le Province Parmensi XLVI 1994, 347-348; De Grazia, Guida degli Stati Farnesiani, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1972, 162-163; U.Thieme-F. Becker, volume XXIV, 1930; A.Ghidiglia Quintavalle, I Castelli del Parmense, Parma, 1955; K.Oberhuber, Parmigianino und sein Kreis, Wien, 1963; A.Ghidiglia Quintavalle, Il Bertoja, Parma, 1963; A.E. Popham, Recensione al Bertoja della Quintavalle, in Master Drawings 1964; Dizionario Enciclopedico Pittori e Incisori, 1990, VII, 409-410.

MIROLI o MIROLLI GIROLAMO, vedi MIROLA GIROLAMO

MIRONI PIER GIACOMO
Parma prima metà del XVI secolo
Boccalaro attivo nella prima metà del XVI secolo.
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, III, 300.

MIRRA VITALE FRANCESCO MARIA
Parma 17 giugno 1668-Parma 17 agosto 1749
Nacque da Giambattista e da Emilia, nella parrocchia di San Paolo. Frate cappuccino, fu Provinciale del suo ordine nel 1725, 1728 e 1729.Compì la vestizione a Reggio il 27 settembre 1684 e la professione solenne a guastalla il 23 settembre 1685.Fu predicatore di molta fama, per dottrina, per fervore e per eloquenza insigne, e calcò i principali pulpiti d’Italia: Venezia, Roma, Napoli, Firenze, Bologna, Parma, Orvieto, Borgo San donnino, Busseto e Fontevivo.Due volte recitò il Quaresimale nel Duomo di Lucca, nel 1707 e nel 1719, al cospetto del Senato che applaudì la sua facondia.Quei due discorsi furono anche ricordati nella Biblioteca del Cinelli.Del secondo, vi si legge ciò che segue: Il tema di questo buonissimo discorso è questo Assumpsit Iesus Petrum, & Ioannem Fratrem ejus, et duxit illos in Montem excelsum seorsim, & transfiguratus est ante eos.Matth.Cap.17.Or chi crederebbe, che da questa grande Azione del Trasfigurarsi il Salvatore, si avessero a cavare de’ motivi per la buona regola di una Repubblica?E pure, che non può l’arte di una fina Rettorica? il dottissimo Oratore ne rileva, che il Governo in una Repubblica è un esercizio continuo di gran virtù; ed è un continuo pericolo di gran cadute.Tanto bene e’ fa vedere espressa al naturale l’Aristocrazia nel gran Consiglio del Tabor.La Società degli Sconosciuti di Guastalla pubblicò in lode del Mirra, che recitò il quaresimale in quel Duomo, una raccolta di Componimenti in lode del M.R.P.Romualdo da Parma Oratore evangelico nel Duomo di Guastalla la Quaresima dell’anno 1724 (Guastalla, per Gaetano Giavazzi, 1724). Il duca di Guastalla Antonio ferdinando Gonzaga, cui furono dedicati i componimenti, andò ad ascoltarlo. Il Mirra si recò a Roma per difendere la provincia contro il duca di Modena Rinaldo I. Al ritorno non gli fu concesso di passare per gli Stati Estensi.Durante il suo mandato di provinciale i conventi dello Stato Estense si separarono dagli altri. Il Mirra fu anche Definitore del suo Ordine (1709, 1714, 1717 e 1718), Lettore (a Parma), Guardiano (a Novellara, Parma, Piacenza, Mantova e San Secondo), Custode Generale (1711, 1718 e 1732) e Fabbriciere (a Parma).
FONTI E BIBL.: A.Pezzana, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, 1833, IV, 93-94; F.da Mareto, Biblioteca cappuccini, 1951, 344 e 346; Cappuccini a Parma, 1961, 24; F.da Mareto, Necrologio cappuccini, 1963, 475-476.

 MIRUOLI GIROLAMO, vedi MIROLA GIROLAMO

MISCHI BALDASSARRE
Parma seconda metà del XVIII secolo
Fu verseggiatore distinto della seconda metà del XVIII secolo, arcade delle colonie Trebbiense e Romana.
FONTI E BIBL.: V. Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, 4, 1931, 608.

MISCHI BENEDETTO
Pradello 1641-1721
Fino al 1681 esercitò il notariato. Fu in seguito dotto giureconsulto al servizio dei Farnese. Nel 1688 fu confermato membro del magistrato delle fiere delle mercanzie. Nel 1695 fu nominato consigliere, nel 1699 governatore di Parma e nel 1704 Presidente del Consiglio di giustizia.Il 14 febbraio 1708 divenne primo ministro, consigliere di Stato, di guerra e d’azienda.Ranuccio Farnese riconobbe i suoi meriti creandolo nobile con patente del 28 marzo 1690, conte con altra del 6 giugno 1698 e finalmente gli cedette il feudo di costamezzana, appartenente alla Ducal Camera, erigendolo in marchesato per lui e discendenti maschi (rogiti dei notai camerali Pisani del 3 luglio 1706 e Lottici del 6 settembre 1706).
FONTI E BIBL.: V. Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, 4, 1931, 608; M.De Meo, in Gazzetta di Parma 23 marzo 1998, 5.

MISCHI CLAUDIO
Pradello 1667 c.-1741
Figlio di Benedetto e Maria Colombi. Sposò la marchesa Laura Malaspina. Fu nominato nel 1710 avvocato fiscale di Piacenza e referendario e giudice delle acque di quel territorio. Prestò giuramento di fedeltà come successore al padre del feudo di Costamezzana con atto del 22 giugno 1722 del notaio camerale Sacchi.
FONTI E BIBL.: V. Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, 4, 1931, 608; M.De Meo, in Gazzetta di Parma 23 marzo 1998, 5.

MISCHI GIUSEPPE
Piacenza 1817-1896
Figlio di Luigi e di Angela Tardiani.Il padre compromise gravemente il vasto patrimonio familiare e, trovandosi oberato dai debiti, fu costretto a lasciare l’Italia cercando fortuna in Spagna e facendo perdere le proprie tracce. La moglie, rimasta sola e con un bimbo in tenera età, seppe risollevare le sorti della famiglia, dando al figlio una solida educazione. Il Mischi fu infatti educato nel collegio dei Nobili di Parma, si dedicò all’avvocatura e allo studio dell’economia. Fu Commissario a Bardi, professore di Economia pubblica e membro del Governo Provvisorio. Aderì con entusiasmo al Risorgimento nazionale: Vicepresidente dell’assemblea costituente parmigiana, fu a capo della delegazione che portò a Torino nelle mani di Vittorio Emanuele di Savoja l’atto di annessione. Questo avvenimento è eternato in un bassorilievo alla base del monumento a Giuseppe Verdi che si trova davanti alla Pilotta in Parma.Il lato ovest della monumentale opera del Cusani è infatti caratterizzato da due formelle, la cui fusione si deve allo Ximenes, di cui la seconda commemora, con storica esattezza iconografica, il fatto. Vi appaiono in sembianze, accanto a Verdi che stringe la mano al Savoja, il nobile avvocato Carlo Fioruzzi, che col Mischi rappresentò Piacenza, il conte Jacopo Sanvitale, che con Giuseppe Verdi rappresentò Parma, e il marchese Gian Carlo Dosi, rappresentante per Pontremoli, che all’epoca faceva parte del Ducato di Parma.Il Mischi, dopo essere stato eletto varie volte deputato al Parlamento, sedendo nelle file dei moderati cavouriani, ricevette la carica di Ministro delle Finanze (1859) e di Senatore del Regno (1868). Negli ultimi anni di vita si dedicò soprattutto all’agricoltura, nei suoi estesi possedimenti a San Polo di Torrile.
FONTI E BIBL.: M. De Meo, in Gazzetta di Parma 23 marzo 1998, 5.

MISSINI SEVERINO ANTONIO
Orvieto 27 ottobre 1684-Borgo San Donnino 20 gennaio 1753
Proveniente da famiglia orvietana illustre per nobiltà e per censo, fu, prima di intraprendere la carriera ecclesiastica, stimato giureconsulto (si laureò a Roma il 22 settembre 1719).Dopo aver ricevuto il 15 aprile 1732 la sacra ordinazione, ricoprì importanti incarichi, tra i quali, ultimo, quello di uditore di Rota in Avignone.Già protonotario apostolico, alla morte del duca di Parma e Piacenza Antonio Farnese la Santa Sede, per non avere impedimenti nella scelta del vescovo di Borgo San Donnino, essendo quella sede vacante per il trasferimento a Piacenza di Gherardo Zandemaria (suggerito anche da ragioni di natura politica), nominò il 9 giugno 1732 a reggere quella cattedra il Missini. Consacrato a Roma il 22 giugno successivo dal cardinale Guadagni, il Missini giunse a Borgo San Donnino nella metà dell’Avvento di quell’anno, iniziando e svolgendo il suo ventennale vescovado in uno dei periodi più critici per la Chiesa cattolica e politicamente più burrascosi.Sanguinose guerre scompigliarono in quegli anni il ducato, conteso da Spagnoli, Francesi e Tedeschi.Particolarmente grave fu il conflitto tra Spagna e Austria, nel corso del quale le soldatesche straniere devastarono anche lo Stato Pontificio.Dagli atti della Cancelleria vescovile si rileva che il Missini iniziò la visita pastorale il 1° novembre 1742 e che, sospesa e ripresa, la terminò solo il 13 giugno 1751.Il particolare conferma il perdurare di una situazione estremamente tesa, che paralizzò ogni attività, ponendo i vescovi nelle condizioni di non poter attendere al loro mandato in piena libertà e con quell’impegno che il momento avrebbe richiesto. Contrario a ogni comodità, il Missini volle sottoporsi a un regime di stretto rigore, privandosi di quanto eccedesse il minimo indispensabile alle proprie necessità personali e trascorrendo nella segregazione claustrale dell’episcopio molte ore in penitenza.Dimostrò quanto amasse i poveri sovvenendo ai loro bisogni con continue elemosine e destinando a essi, per testamento, ogni suo avere.Nel 1738, con offerte dei fedeli, curò l’erezione dell’oratorio della Crocetta dedicato alla Beata Vergine del Carmine, per onorare la memoria e suffragare le anime delle vittime dell’epidemia di pestilenza del 1630, che non aveva risparmiato la città mietendo un gran numero di vittime.Un’immagine in marmo della Vergine venne per la circostanza collocata nel coro dell’edificio e il 19 agosto di quell’anno il Missini, con concorso notevole di popolo e di clero regolare e secolare, si recò processionalmente dalla Cattedrale a benedire l’oratorio. Il 21 settembre successivo, con il consenso del parroco dei Santi Faustino e Giovita, dichiarò il piccolo tempio cappella vescovile, facendo incidere sulla porta d’ingresso l’iscrizione Aedicula Episcopalis Deiparae Virgini Sacra.Anno Domini 1738.Nel 1742, in conformità agli indirizzi del pontefice Benedetto XIV, pubblicò decreti per la riforma dei costumi del clero e due anni dopo indirizzò una lettera ai vicari foranei con l’intimazione di resistere agli illeciti divertimenti, pena l’adozione di severe misure nei confronti dei trasgressori.L’8 luglio 1741 fu annoverato per i suoi meriti tra i vescovi assistenti al Soglio pontificio.Durante il suo vescovado le autorità comunali donarono al capitolo della Cattedrale, racchiusa in una custodia d’argento, una reliquia di Sant’Andrea Avellino, patrono secondario della città e diocesi di Borgo San Donnino.Morì in seguito ad attacco di apoplessia.Fu assistito negli ultimi momenti di vita dai padri cappuccini del convento di Borgo San Donnino, Luigi da Parma e Fedele da Guastalla, chiamati dal fratello, canonico, del Missini.La sua salma fu imbalsamata e, vestita degli abiti pontificali, esposta per l’intera giornata del 22 gennaio 1753 nella sala maggiore del palazzo vescovile.Nella mattinata seguente si svolsero i solenni funerali.L’orazione funebre fu tenuta dall’abate parmense Maurizio Roclié, quindi il corpo del Missini fu sepolto in Cattedrale nello scurolo di destra del presbiterio, nel mezzo del pavimento (la sepoltura venne alla luce nel novembre 1960 durante gli importanti restauri apportati al tempio per ricondurlo allo stato di primitivo splendore).
FONTI E BIBL.: D.Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 269-272.


Parma 1757/1758
Danzatore e coreografo.Nella primavera del 1757 a spese dell’Infante di Parma fu inviato con le figlie di Guillaume Delisle a Parigi per perfezionarsi con il Maltayre, dove fu molto apprezzato per la sua anglaise.Nel 1758 riprese il suo posto sulle scene di Parma.Cimentatosi con la coreografia, fu molto richiesto, lavorando, oltre che a Parma, a Lucca, a Milano, a Venezia e a Praga.
FONTI E BIBL.: Enciclopedia di Parma, 1998, 456.

MISTRALE, vedi MISTRALI

MISTRALI BALDISSERA
Parma 1590
Sacerdote, fu tenore della Cattedrale di Parma nell’anno 1590.
FONTI E BIBL.: N.Pelicelli, Musica in Parma, 1936.

MISTRALI FRANCO, vedi MISTRALI LUIGI FRANCESCO CORRADO

MISTRALI GIAN GIACOMO
Parma 1781 c.-post 1833
Figlio di Francesco. Lasciò alcune rime burlesche (Archivio Sanvitale), talune delle quali dedicate alla contessa Albertina, nata dal matrimonio morganatico di Maria Luigia d’Austria col maresciallo Neipperg e moglie del conte Luigi Sanvitale.
FONTI E BIBL.: J.Bocchialini, Dialetto vivo, 1944, 50-51.

MISTRALI GIANGIACOMO
Parma 10 agosto 1802-
Figlio di Vincenzo e Giacoma Ardi. Fu segretario del Consiglio di Stato.
FONTI E BIBL.: V. Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, 4, 1931, 610.

MISTRALI GIORGIO
Lodrignano 4 novembre 1799-Borgo San Donnino 14 novembre 1866
Frate cappuccino laico, diede prova di eroica carità nell’assistenza ai colerosi in Piacenza nel 1836.Compì a Borgo San Donnino la vestizione (8 agosto 1828) e la professione solenne (9 agosto 1829).
FONTI E BIBL.: F.da Mareto, Necrologio cappuccini, 1963, 645-646.

MISTRALI GIOVANNI
Langhirano-1941/1943
Cadde in combattimento durante la seconda guerra mondiale.
FONTI E BIBL.: Ufficio Toponomastica del Comune di Langhirano.

MISTRALI GIOVANNI MARIA
Parma 1590
Fu contralto della Cattedrale di Parma nell’anno 1590.
FONTI E BIBL.: N.Pelicelli, Musica in Parma, 1936.

MISTRALI GIUSEPPE
Parma 1783 c.-
Figlio di Francesco.Fu ottimo sacerdote.Morì di febbre petecchiale, contagiato nell’assistere il padre, il quale morì a causa della stessa malattia.
FONTI E BIBL.: G.B. Janelli, Dizionario biografico dei Parmigiani, 1877, 268.

MISTRALI LUIGI FRANCESCO CORRADO
Parma 27 luglio 1833-Porretta Terme 18 dicembre 1880
Figlio di Giovanni Giacomo e Anna di Franco. Arrivò a Bologna intorno al 1868 preceduto da una fama non troppo buona.Sebastiano Sani nella sua Bologna di ieri scrive infatti che il non nobile barone fu costretto a lasciare precipitosamente Milano dove aveva diretto il Gazzettino rosso (Milano, 1868), dopo aver preso sonorissime legnate, e che nella capitale emiliana la faceva da padrone, blandendo o minacciando a seconda degli uomini e delle circostanze.Sta di fatto che il Mistrali riuscì, non si sa per quali meriti o amicizie, a entrare in possesso, come proprietario e direttore, di uno dei più importanti quotidiani, Il monitore di Bologna, e che sul foglio, oltre a curare la cronaca cittadina, con particolare attenzione per tutto ciò che era pettegolezzo, si cimentò anche in articoli politici.Al centro di continue polemiche, querelato dal Panzacchi, attaccato dal Carducci e dagli altri redattori de Il matto, che fondarono il foglio per combatterlo e per denunziare all’opinione pubblica le sue innumerevoli malefatte, il Mistrali rimase padrone del Monitore fino al luglio 1874, nonostante che da un anno si trovasse in carcere per il fallimento della Banca Romagnola di cui era consigliere delegato.Lo scandalo, scoppiato nell’agosto 1873, trascinò in prigione il Mistrali, che con troppa facilità e spensieratezza aveva amministrato l’istituto, ma non gli impedì, dalla cella del carcere di San Lodovico di Bologna, di fondare un nuovo quotidiano, Il piccolo monitore (Bologna, 31 gennaio - 20 luglio 1874), sul quale continuò la serie di articoli iniziata sul primo Monitore.Condannato a cinque anni, il Mistrali tacque per qualche tempo, con grande soddisfazione dei redattori de Il matto, che cessarono persino la stampa del giornaletto, e di quelli de l’ancora, anch’essi attaccati più volte dall’estroso Mistrali.Non appena lasciato il carcere nei primi giorni del 1878, il Mistrali, fin troppo fecondo pubblicista (autore di un gran numero di opere e operette, molte di nessun valore letterario e storico), non perse tempo: un nuovo foglio infatti porta il suo nome dal febbraio 1878: La stella d’Italia.Nuovo monitore di bologna (Bologna, 2 febbraio 1878 - 31 dicembre 1887).Sono suoi l’articolo di presentazine e, per due anni, molti pezzi firmati o con le due iniziali o con la sola M.La sua attività di poligrafo cessò con la morte, avvenuta tripudiando paganamente, come scrive il Trebbi, cosa che non dovette essere per lui infrequente se circa sei anni prima aveva già avuto, dal pretore di Mantova, una condanna perché, in preda all’ubriachezza, aveva dato in escandescenze su un treno che lo portava a una cerimonia ufficiale.
FONTI E BIBL.: S.Sani, Bologna di ieri, Bologna, 1922; O.Trebbi, Nella vecchia Bologna, Bologna, 1924; O.Cenacchi, Vecchia Bologna, Bologna, 1926; A.Lodolini, Un anticarducciano: Franco Mistrali, in Studi e memorie per la storia dell’Università di bologna, volume XII, Bologna, 1935; L’Italia Radicale. Carteggi di F.Cavallotti, Milano, 1959; P.Neri, Il giornalismo bolognese nel periodo post-unitario, in L’Archiginnasio LVIII 1963; Storia del giornalismo, VIII, 1980, 586-587.

MISTRALI STEFANO
Parma 1768-Parma 7 agosto 1832
Fu chiarissimo dottore in medicina e chirurgia, chirurgo consulente di Maria Luigia d’Austria, vice ispettore degli ospedali dello Stato e chirurgo ordinario nell’Ospedale civile di Parma, ove si distinse per attività e perizia singolare per oltre un ventennio.Fu inoltre dal 1813 professore di clinica chirurgica e di operazioni chirurgiche sul cadavere nell’Università di Parma e consigliere nella sezione chirurgica del Protomedicato.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 1852, 261; G.B.Janelli, Dizionario biografico dei Parmigiani, 1877, 267-268; V. Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, 4, 1931, 610.

MISTRALI VINCENZO PAOLO
Parma 3 luglio 1780-Parma 14 maggio 1846
Figlio di Francesco, operaio. Per necessità familiari abbandonò gli studi letterari (conseguì comunque nel 1802 un diploma in filosofia) e si impiegò come scritturale presso il banchiere Serventi. In seguito il conte Stefano Sanvitale lo volle come suo segretario e poi come educatore del figlio Luigi. Nel 1806, sotto i Francesi, fu segretario generale del Comune di Parma (Maire lo stesso Stefano Sanvitale).Pur facendo brillantemente fronte agli impegni professionali, il Mistrali trovò anche il tempo di scrivere versi: traduzioni classiche, odi, ottave, sonetti e canzoncine. Di un certo interesse è l’ode Gli alunni di fontanellato, pubblicata in occasione della premiazione degli allievi di quell’orfanotrofio da parte del generale Junot, governatore generale degli Stati parmensi. Sono, quelli del Mistrali, versi grevi ed elaborati nello stile, vocati all’occasione, ma la cui lettura costituisce un interessante documento di un uomo e di tutta un’epoca.Ma in questa atmosfera di laboriosa e serena attività, esplose contro il Mistrali la persecuzione del prefetto francese Nardon, inviso a tutta la cittadinanza così come ai suoi subalterni, tanto da guadagnarsi dal sottoprefetto De Gubernatis i più ingiuriosi epiteti.Per porre fine ai continui soprusi del Nardon, il Mistrali, consigliato dal De Gubernatis, da amici e personalità, partì per Parigi onde presentare in più alto loco il lungo cahier de dolèances sul conto del prefetto, con la speranza di potervi trovare giustizia e forse maggiori possibilità di carriera.Ma il Nardon lo fece fermare a Torino dalla polizia, come un comune delinquente fuggitivo.Solo più tardi il Mistrali poté avere giustizia ottenendo che si costituisse a Parigi una commissione d’inchiesta per fare piena luce sul caso.Il Nardon, sottoposto alle indagini del commissario imperiale Vieuville, fu destituito con apposita ordinanza il 31 luglio 1810. Al suo posto fu inviato il marchese Perignon, che resse con senso di equilibrio e di giustizia il dipartimento del Taro sino alla caduta dell’impero napoleonico.Il Mistrali andò poi a Parigi e venne nominato direttore del Deposito di Mendicità del Dipartimento del Mediterraneo di Livorno. Per intercessione della granduchessa di Toscana Elisa Bacciocchi (sorella di Napoleone Bonaparte) fu nominato prefetto di Ginevra e per suo incarico nel 1811 andò ad Ajaccio.Fu nominato direttore del Deposito di Mendicità del Dipartimento dell’Arno di Firenze e viceprefetto di Grosseto fino al febbraio 1813.Caduto l’impero Napoleonico, andò a Parigi.Il 15 agosto 1814 l’imperatore Francesco I lo nominò governatore del Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla. Nell’ufficio di governatore rimase in carica dal 1814 al 1821, quando il segretario di Stato barone Werklein, sospettando il Mistrali di liberalismo e volendo limitarne autorità e poteri, ridusse il suo governatorato a soli dieci comuni, compresa la città di Parma.Il Mistrali, che consigliò di conservare le leggi francesi in vigore, fu membro di una Commissione per la revisione del Codice civile e membro e poi direttore del Consiglio di Governo.Nel 1830 Maria Luigia d’Austria lo nominò ministro delle Finanze per rimediare alla disastrata amministrazione dello Stato.Intervenne con saggezza ed energia per riassettare le finanze pubbliche, risanando una situazione particolarmente critica. Nel campo fiscale riuscì ad alleggerire la pressione tributaria e a convincere Maria Luigia d’Austria a scorporare il proprio appannaggio dall’erario dello Stato.A Maria Luigia d’Austria furono assegnate 1200000 lire per la Casa Ducale e 300000 lire per le fabbriche.Il Mistrali sottopose al giudizio del Consiglio di Stato la situazione di molti beni del patrimonio statale alienati negli anni precedenti a prezzi simbolici, rivendicandone la proprietà.Diminuì le imposte doganali e non aumentò le contribuzioni dirette.Il debito pubblico si ridusse da più di undici milioni di lire a poco più di quattro. Dopo i moti del 1831 fu nominato commissario straordinario per ricomporre le cose per vie legali.Adempì la missione con prudente moderatezza e abilità politica (il suo motto era: Meglio cento assurdità che un solo impiccato).D’altronde il Mistrali capì che, date le pressioni dell’Austria, neppure volendo la Principessa avrebbe potuto concedere la Costituzione. Parma ebbe sotto di lui un momento di grande fervore: si realizzarono vecchi progetti, vennero edificati molti importanti edifici, fu istituito il Collegio Maria Luigia (nato dalla fusione del Collegio dei Nobili con quello Lalatta), si ebbe la costruzione dei ponti sul Nure, sull’Arda e sul Tidone, la riattivazione della strada detta della Spezia e l’apertura di una nuova carrozzabile da Berceto a Borgo Taro, l’ampliamento della Biblioteca ducale e l’arricchimento del Museo d’antichità, la fondazione dell’Ospedale degli Incurabili e la costruzione del palazzo delle Beccherie.Fu progettata, ma non realizzata, una ferrovia da Piacenza al confine estense.Maria Luigia d’Austria riconobbe i suoi meriti: gli diede il titolo di barone (29 marzo 1816), lo nominò senatore di Gran Croce dell’Ordine costantiniano e consigliere intimo. Tra il 1833 e il 1834 rischiò di essere politicamente travolto da un’imprudente lettera di Pietro Giordani diretta al leal servitore ed amicissimo suo Vincenzo Mistrali.Soggetto di quella lettera è il direttore della polizia parmense Edoardo Sartorio, contro il quale si scaglia a parole il Giordani.Il Mistrali protestò che L’amore della verità è in me radicato ed ormai sì antico che chiunque mi dica il vero, o ciò che gli sembra vero, sarà da me ben accolto.Il 27 febbraio 1834 il Giordani, a seguito di una lettera al Gussalli nella quale commenta da par suo l’uccisione dell’odiato Sartorio, venne dichiarato in arresto con l’accusa di complicità nel misfatto.Fu prosciolto tre mesi dopo per essersi scoperte le origini e le cause del delitto, i due mandatari e il mandante.L’assurdo sospetto, tuttavia, continuò ad aleggiare attorno al Giordani e al Mistrali stesso, che volle dare le dimissioni da ministro (dimissioni subito respinte). Nel 1836 fu decorato della medaglia d’oro per i servizi prestati in seguito allo scoppio dell’epidemia di colera.Fu membro della Società italiana dell’Accademia tiberina di Roma, dell’accademia atestina di Belle Arti di Modena e membro titolare a vita dell’Istituto d’Africa con sede a Parigi.Non si trovò sempre d’accordo con Charles di Bombelles, divenuto grand maître e poi terzo marito della Duchessa: un’antipatia profonda andò anzi sempre più accentuandosi tra di loro.Stanco e depreso nella salute, diede più volte le sue dimissioni dall’alto ufficio che ricopriva di presidente delle Finanze ma se le vide sempre respingere.Nel 1841, anche in seguito a dissapori nell’ambiente politico, chiese ancora di ritirarsi ma la Duchessa lo pregò di rimanere al suo posto.Il Mistrali obbedì, ma nel 1846, stanco e indebolito per eccessivo lavoro, fu colpito da apoplessia che ne causò la morte.Lasciò alcuni debiti personali, che Maria Luigia d’Austria volle fossero estinti dal pubblico erario.Sempre appassionato di letteratura, ebbe il culto della lingua e scrisse vari componimenti poetici.Le sue Odi furono pubblicate a Parma nel 1869 da Giacomo Ferrari e Figli.Del Mistrali fu inciso un ritratto da Isac e Toschi.
FONTI E BIBL.: F. Martini, Alla Memoria di Maria Luigia, Parma, Carmignani, 1872; G.B.Janelli, Dizionario biografico dei Parmigiani, 1877, 268-271 e 523; V. Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, 4, 1931, 610; U.Mancuso, V.Mistrali, ministro e poeta parmigiano 1780-1846 (con 61 lettere di Maria Luigia d’Austria), in Studi StoriciXVIII 1909; R.Cognetti de Martiis, Il governatore V.Mistrali e la legislazione civile parmense (1814-1821) (memoria su documenti in massima parte inediti), in Archivio Storico per le Province Parmensi XXII, 1917; R.Cognetti de Martiis, Il Ministro V.Mistrali e la rivoluzione del 1831, in Archivio Storico per le Province Parmensi XXXI 1931, 73-93; E.Michel, in Dizionario Risorgimento, 3, 1933, 602-603; F. Ercole, Uomini politici, 1941, 298; M. Federico, Le medaglie di Maria Luigia, 1981, 22; R. Giordani, Opere scelte di L.U.Giordani, 1988, 350-352; A.V. Marchi, Figure del Ducato, 1991, 108; Appunti Parmigiani 1/2, 1991, 25-27.

MISURACCHI ANTONIO
Borgo Taro-Borgo Taro 1578
Capitano.Scoppiata la rivoluzione in Borgo val di Taro, nel 1578, contro la dominazione del principe Claudio Landi a causa di nuove gravose gabelle che si volevano imporre (e forse anche fomentata dal duca di Parma Ottavio Farnese), i Borgotaresi corsero alle armi, fecero a pezzi il bargello, che per caso incontrarono sulla via, e gettarono dalla finestra del pubblico Palazzo sulla strada il Misuracchi, che cercava di indurli a più miti consigli.Furono quelle le due prime vittime della rivolta che condusse poi Borgotaro alla sudditanza ai Farnese.
FONTI E BIBL.: L. Mensi, Dizionario biografico dei Piacentini, 1899, 282.

MISURACCHI GAETANO
Borgo Taro 1823/1832
Segretario degli Ospizi in Borgo Taro, nel 1823 fu riconosciuto appartenere alla società dei carbonari.Durante i moti del 1831 fu tenuto sotto sorveglianza perché continua sempre a dare sospetti di lui in materia politica.Il 15 marzo 1832 ottenne un passaporto valido un mese per recarsi a Pisa da una sorella sposata.
FONTI E BIBL.: O.Masnovo, Patrioti del 1831, inArchivio Storico per le Province Parmensi 1937, 191.

MODENA CLELIA, vedi VIANI CLELIA

MODERANNO
Francia-Berceto 22 ottobre 730
Vescovo di Rennes, capitale del ducato di Bretagna.Secondo la leggenda, compì un pellegrinaggio a Roma per onorare la sepoltura dell’apostolo Pietro.A Reims ottenne qualche reliquia di San Remigio da portare a Roma.Giunto al passo della Cisa, si fermò a riposare, attaccando le reliquie ai rami di un albero.Ripreso il cammino, quando si accorse di averle dimenticate, non riuscì a raggiungerle perché il ramo si era sollevato.Promise allora di donarle al vicino monastero e il ramo si abbassò.Il Moderanno si dimise da vescovo di Rennes e si stabilì a Berceto.Fu poi fatto Santo.
FONTI E BIBL.: F.e T.Marcheselli, Dizionario Parmigiani, 1997, 211.

MODESIA FILIPPINO
Borgo San Donnino 1355/1384
Appartenente a famiglia notabile originaria di Monza (Modetia).Fu tesoriere di Regina della Scala, figlia di Martino e consorte di Barnabò Visconti.Il Pincolini definisce questo casato civilissimo e legato da vincoli di sangue con le famiglie nobili di Borgo San Donnino e di altre città.
FONTI E BIBL.: D.Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 272.

MODIO DA PARMA, vedi MOGGI MOGGIO

MODIUS QUINTUS AMOMUS
Parma fine del II secolo d.C.-Roma inizio del III secolo d.C.
Figlio di Quintus.Fu libero, mil(es) coh(ortis) (octave) pr(aetoriae), (centuriae) Nepotis, morto a quarantaquattro anni di età, dopo sedici di milizia, documentato su di un cippo rinvenuto a Roma, postogli dall’amico Gavius Severus.Modius è nomen diffuso soprattutto in Italia, raro tuttavia in Cisalpina.Amomus è cognomen grecanico non documentato in Cisalpina.Il cippo è databile a età imperiale.
FONTI E BIBL.: L. Grazzi, Parma romana, 1972, 101; Arrigoni, Parmenses, 1986, 125.

MODOGNANI GIULIO CESARE
Pellegrino 1569
Notaio, fu Commissario di Pellegrino nell’anno 1569.Alla sua presenza, il 15 maggio 1569 Gaspare Parolini sostenne lite per il possesso dei suoi beni in Iggio contro Giovanni Guidotti.
FONTI E BIBL.: A. Micheli, Giusdicenti, 1925, 8.

MODONA LEONELLO, vedi MODONA LIONELLO

MODONA LIONELLO
Parma 1842-Parma 1902
Bibliofilo e orientalista, fu impiegato alla Biblioteca Palatina di Parma.Tra le sue opere, vanno ricordate: Catalogo dei codici ebraici della Biblioteca della Regia Università di Bologna (in Cataloghi dei codici orientali di alcune biblioteche d’Italia, IV, Le Monnier, Firenze, 1889, 321-371), Bibliografia del padre Ireneo Affò (Battei, Parma, 1898) e Vita e opere di immanuele Romano (Bemporad, Firenze, 1904).
FONTI E BIBL.: Letteratura italiana Einaudi, II, 1991, 1204.

MOGGI CRISOPOLO
Parma 1250/1257
Fu notaio in Parma.È ricordato in uno strumento notarile dell’anno 1257: prout in istrumento Crixopoli Modii Tabellionis publici plenius continetur.
FONTI E BIBL.: I.Affò, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, II, 1789, 78.

MOGGI MOGGIO
Parma 1306/1317
Fu notaio in Parma negli anni 1306/1317.L’11 settembre 1317 sottoscrisse come Sindaco del Comune di Parma la pace giurata tra Giberto da Correggio e la Comunità parmense.
FONTI E BIBL.: I.Affò, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, II, 1789, 78

MOGGI MOGGIO
Parma 1325-Correggio post 1388
Nato da umile famiglia (inesatta è la notizia della sua origine vicentina, data da B.Pagliarino, Cronache di Vicenza, Vicenza, 1663, IV, 185, e da altri), abbandonò la città nativa forse nel 1346, dopo che la signoria di essa fu ceduta da Obizzo d’Este a Luchino Visconti.Passato a Verona, fece parte come maestro di grammatica della scuola di Rinaldo Cavalchini da Villafranca, e vi rinnovò anche i legami con il Petrarca e il figlio Giovanni, la conoscenza con i quali risaliva agli anni parmensi, tra il 1341 e il 1345, quando il Moggi era stato maestro di Giovanni Petrarca.Secondo la proposta del Cochin, non è assurdo pensare che il Petrarca sia ricorso all’aiuto del Moggi per copiare e correggere copie di propri lavori, come proverebbero la trascrizione di un codice di Bucolicon carmen e le lodi di cui il Petrarca onora l’amico per le sue virtù di calligrafo e di recensore di manoscritti: se questo il Moggi non fece e non copiò opere del Petrarca, è certo che ebbe l’incarico di sorvegliarne la copiatura (Variae, IV).proprio in quel tempo, dopo la scoperta del codice ciceroniano, il Petrarca cominciò a pensare a un proprio epistolario: tra gli amici del Petrarca a Verona fu quel Gasparo Scuaro Broaspini (poi lettore di Dante in Venezia) che il poeta incaricò di un primo ordinamento dell’epistolario stesso.Anche il Moggi riunì dieci delle dodici lettere del Petrarca, in parte autografe, in quel codice abbastanza noto che è il Laurenziano Cl.LIII 35. Contemporaneamente svolse attività notarile e cancelleresca a Vicenza.In quella Verona dove Taddeo del Branca raccoglieva leggende sulla vita di Dante fu pure, dal 1332 al 1347, Pietro Alighieri, il Moggi gli dedicò un carme, in cui ricorda come egli avesse declamato, nel foro di Verona, presso la bina degli orefici, un carme sull’opera del padre, riassumendone la trama e il significato.Sul finire della primavera del 1355 il Moggi fu assunto definitivamente al servizio di Azzone da Correggio, che, coinvolto nella congiura antiscaligera del fratellastro di Cangrande della Scala, Fregnano, dovette abbandonare Verona (1354), ma ben presto fu reintegrato nei suoi beni a Parma da Bernabò Visconti.Il Moggi, al tempo della fuga di Azzone da Correggio da Verona, si rifugiò (1354) a Venezia e forse allora si fece amico il gran cancelliere Benintendi de’ Ravegnani.Il Moggi, al servizio di Azzone da Correggio, frequentò la corte viscontea di Milano, fu precettore dei suoi figli Ludovico e Giberto e strinse in quel periodo altri interessanti rapporti letterari e culturali con illustri personalità (Anselmo Zucchelli, Rainaldo Barriani, Morando Neri, Folghino Borsoni). Fu anche in rapporti con l’ambiente della cancelleria viscontea, in particolare con Pasquino Capelli, Giovanni Manzini e Antonio Loschi. Morto Azzone da Correggio nel 1362, il Moggi, con fedeltà esemplare, rimase presso la vedova Tommasina Gonzaga e i figli, ritornando con loro a Parma.Un documento del 31 agosto 1364 lo ricorda come procuratore della vedova e nel 1380 era ancora con la famiglia nel feudo di Guardasone.A fine secolo (dopo l’anno 1387) dedicò versi ad Antonio Loschi, il cancelliere e letterato vicentino legato ai Visconti, dopo di che non si hanno altre notizie di lui.Del Moggi rimangono dodici epistole in versi, tra cui quella a Pietro Alighieri.Un’elegia egli dedicò a Pasquino Capelli, cancelliere di Galeazzo Visconti, per la conquista di Verona da parte dei Visconti stessi, un carme ad Andrea Pepoli per le nozze con Orsina Canossa (1360), un’epistola metrica è dedicata al Petrarca per la morte di Azzone da Correggio e un lungo Carmen funereum inedito è in morte di Regina della Scala (1384).
FONTI E BIBL.: I.Affò, Memorie degli scrittori e letterati, II, 1789, 77-89; M.Vattasso, Di Moggio de’ Moggi da Parma e dodici sue poesie latine ora per la prima volta pubblicata, in Del Petrarca e di alcuni suoi amici, Roma, 1904, 65 ss.; A.Spagnolo, Moggio de’ Moggi da Parma, in Atti e Memorie Accademia agricoltura, Scienze Lettere Arti Verona, s.4, VI 1905-1906, 87-94; E.Levi, Francesco di Vannozzo e la lirica nelle corti lombarde durante la seconda metà del secolo XIV, Firenze, 1908, 151 ss.; R.Renier, in Giornale storico LXI 1913, 450-453; C.Garibotto, Un poeta parmigiano maestro a Verona nel ’300, in Atti e Memorie Accademia Agricoltura Scienze Lettere Arti Verona, s.5, x 1933, 7-12; E.Rostagno, Del ms.Laurenziano Petrarchesco CL.LIII, 35, in Archivio Storico delle Province Parmensi XXXIV1934, 165; Dizionario Enciclopedico Letteratura Italiana, 4, 1967, 27; E.Caccia, in Enciclopedia Dantesca, III, 1971, 985-986; Letteratura italiana Einaudi, II, 1991, 1204.

MOGGIANI GIULIANO, vedi MOZZANI GIULIANO

MOGLIA AGOSTINO
Chiesiola di Bedonia 19 novembre 1829-Piacenza 1 ottobre 1898
Alunno del Seminario di Bedonia e del Collegio Alberoni di Piacenza, fu un fervido rosminiano e punto di riferimento del clero simpatizzante per Rosmini.Dopo vari incarichi svolti come insegnante e precettore e come curato a Pontenure e in San Francesco a Piacenza, divenne nel 1865 parroco di Agazzano e nel 1875 parroco di Sant’Anna in Piacenza, che resse per diciotto anni. Come il canonico Savino Rocca, rettore del Seminario di Piacenza, fu un tomista intransigente, così il Moglia fu un coerente sostenitore del Rosmini, che egli difese in polemiche acerbe.Ma il polemista fu in Moglia inferiore al filosofo dotto e acuto.Le sue tesi caratteristiche sono due.La prima, secondo la quale non c’è divario sostanziale tra Agostino, Tomaso e Rosmini: è la novità cristiana che si fa cultura nelle diverse epoche storiche.Nella seconda egli afferma che ci sono due rosminianesimi: quello dei manuali, che interpretano il Rosmini con forzature e distorsioni, e quello vero, basato sulla lettura diretta del filosofo roveretano.Quando nel 1888 furono condannate dalla Santa Sede le quaranta proposizioni rosminiane, il Moglia si sottopose alla gerarchia (venne invitato da Roma a fare una dichiarazione di adesione alla condanna), pur pensando che le quaranta frasi, isolate dal contesto, non esprimevano la reale impostazione del maestro.Fu fecondissimo pubblicista, autore di opuscoli, articoli e saggi di contenuto filosofico e teologico.Tra questi, vanno ricordati: Favella e pensiero (Piacenza, Solari, 1874), I suareziani e l’abate Rosmini (Piacenza, Solari, 1882) e la Filosofia di San Tommaso d’Aquino nelle scuole italiane (Piacenza, Solari, 1885).Scrisse articoli su Sapienza (fondata da Vincenzo Papa nel 1879), su Rosmini (fondato dallo Stoppani nel 1887), su Nuovo Rosmini, su Nuovo Risorgimento (fondato dal Billia nel 1890) e su Rassegna Nazionale.Nell’opera in due volumi pubblicata nel 1897 col titolo Per Antonio Rosmini venne inserito un suo poderoso lavoro sull’essenza e l’origine dell’essere ideale nella filosofia di Rosmini.
FONTI E BIBL.: L. Mensi, Dizionario biografico dei Piacentini, 1899, 283; B.Perazzoli, Agostino Moglia polemista e filosofo, Milano, Marzorati, 1984 (con bibliografia); B.Perazzoli, Momenti e problemi della cultura piacentina tra ’700 e ’800, Genova, 1984; B.Perazzoli, Giuseppe Bailo e il 1848 a Bedonia, in Ottocento Piacentino e altri studi in onore di Giuseppe S.Manfredi, Piacenza, 1980, 227-242; F.Molinari, in Dizionario Biografico Piacentino, 1987, 177-178.

MOGLIA CHIARINA
Bedonia 1913-Ascoli Piceno 6 agosto 1994
Chiarina Moglia, ovvero "Clara Centinaro", firma dell'Alta Moda Italiana, iniziò prestissimo a lavorare come apprendista sarta assieme alla sorella Maria.All’età di venti anni si trasferì a Roma, dove continuò il proprio apprendistato in alcune delle più importanti sartorie della capitale, tra le quali quella di Simonetta, da cui imparò le tecniche dell’alta moda italiana.Nel 1948 presentò a Roma le sue creazioni originali sotto l’etichetta di moda francese e nel 1952 fu nel gruppo di creatori italiani che sfilarono alla Sala Bianca di Palazzo Pitti.La sua notorietà a livello internazionale è testimoniata dalle sue clienti: Evita Peron, che dal 1949 la invitò più volte in Argentina, le mogli di vari ambasciatori, tra le quali Danielle Gardner, la moglie del Presidente della Repubblica italiana Giovanni Gronchi, molte esponenti dell’aristocrazia, come le principesse Borghese, Odescalchi e Donatella Pecci Blunt, Marta Marzotto, che fu lanciata proprio dalla Moglia sulle pedane dell’alta moda alla fine degli anni Cinquanta, Paola di Liegi e la figlia Astrid.Nel 1970, come, riconoscimento della sua lunga attività nel mondo della moda, le fu conferito il titolo di Cavaliere della Repubblica dal presidente Giuseppe Saragat e nel 1986, con la stessa motivazione, il presidente Francesco Cossiga la nominò Grande Ufficiale.Nel 1957 venne invitata dal Governo del Venezuela a una manifestazione internazionale di moda alla quale parteciparono anche stilisti francesi e statunitensi.Tale fu il successo dei suoi modelli, che la Moglia aprì una succursale del suo atelier a Caracas, creando anche l’abito da sposa della figlia del presidente Caldera.Tra le centinaia di vestiti importanti realizzati dalla Moglia per donne famose, vanno almeno ricordati quelli per la principessa Windischgraetz Furstenberg, per Shulamit Orvieto (moglie del direttore d’orchestra DanielOren) e per Diamante Marzotto.La Moglia disegnò anche i costumi per il balletto Il Lago dei Cigni al Teatro dell’Opera di Roma e alle Terme di Caracalla nella stagione 1990-1991. L’amore per il teatro, che ispirò i costumi dello spettacolo, si trasfuse anche nella sua collezione di alta moda per l’autunno-inverno di quell’anno, completamente ispirata all’opera e al balletto russo.Nel 1991 presentò le sue collezioni nell’est d’Europa, poi in Russia e in Australia.La Moglia è ricordata per alcune sue linee innovative che influenzarono il costume femminile: la linea a fusò (1957), quella a ombrello (1958) e la cappa-pantalone (1970). Nel 1993 il suo marchio fu acquisito da un altro noto nome della sartoria italiana, Franco e Giusi Litrico.Nel 1992 festeggiò i suoi cinquant’anni di attività nel settore.La Moglia fu una figura centrale nell’alta moda italiana dei primi anni Cinquanta.Fu una delle prime a ideare uno stile italiano in contrapposizione con la dilagante presenza dei modelli che arrivavano da Parigi e fu anche tra le prime creatrici a far conoscere il made in Italy in tutto il mondo. Conosciuto anche per i suoi abiti da sposa, il suo atelier si distinse per l’altissimo livello tecnico, tipico del migliore artigianato sartoriale italiano.Nel 1985 donò al Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma l’intero suo archivio: 4533 disegni e 163 stampe fotografiche originali delle sue creazioni.
FONTI E BIBL.: O’Hara, Dizionario della moda, 1990, 70; Gazzetta di Parma 7 agosto 1994, 32; Parma anni Cinquanta, 1997, 61.

MOGLIA MARIO
Boschetto di Bedonia 17 dicembre 1915-Lugano 10 marzo 1986
Figlio di una Gavarini, maestra elementare.Ancora giovanissimo si trasferì con la famiglia a Lugano, ove frequentò le scuole dell’obbligo.Dopo di che rientrò in Italia e si applicò con impegno agli studi artistici a Monza, ove si diplomò maestro d’arte.Ritornato a Lugano, si dedicò totalmente alla pittura, alla scultura e all’architettura.A Lugano, molti palazzi del centro, banche e chiese, sono opere di sua creazione.Tenne esposizioni giovanili a Milano, Roma, Venezia, Como (1936) e Lugano.Conseguì premi a Milano, Lugano, Como e Monza.Partecipò alle esposizioni nazionali di Zurigo (1939), XXNazionale di Lucerna (1941), XXINazionale a Ginevra (1946, quadro acquistato dalla Confederazione), esposizione a Soletta Frauenfeld e Coira (1940), a Weinfelden (1940), alla Galleria d’Arte Véandro a Payerne (1945), alla Galerie du Capitol a Losanna (1948), Mostra d’Arte della Collana di Lugano (1944-1945), al Circolo di Cultura di Lugano (1946), Ascona (1949), XXI Esposizione della S.P.S.A.S. a Berna (1948), XXII Esposizione della S.P.S.A.S. a Zurigo (1950), Esposizione della Scuola Stataledi Belle Arti di Berna (1951), secondo premio al concorso Premio Isole di Brissago (1951), terzo premio al Concorso Nazionale Paesaggio Varesino di Varese (1951) e XXIII Esposizione della S.P.S.A.S.a Berna (1953).Partecipò inoltre al Concorso Internazionale di scultura Sabena a Bruxelles (1953), al Concorso Nazionale porte di bronzo del Duomo di Siena (1954), XXIV Esposizione S.P.S.A.S. a SanGallo (1955) e XXV Esposizione della S.P.S.A.S.  a Losanna (1957).Sue opere di pittura, scultura e mosaico si trovano a Lugano (Banco di Roma, villa Bossi, casa Boni, mulino Bernasconi, bar Federale, nuovo Kursaal), un graffito alle scuole di Morbio Superiore, un mosaico al cimitero di Pazzalino, un mosaico al cimitero di Morbio Inferiore, un affresco al cimitero di Intragna, affreschi a Ditto, un mosaico al cimitero di Mendrisio e una terracotta nella villa Donati a Monteggio.Realizzò anche una serie di acqueforti su zinco e rame.Fu socio degli Incisori d’Italia. Il Moglia lasciò un autentico patrimonio artistico alla città di Lugano, mentre volle che la sua villa andasse all’ospedale italiano di Lugano, ove ricevette le ultime cure.
FONTI E BIBL.: L.Servolini, Gli Incisori d’Italia, Milano, 1960; A.M. Comanducci, Dizionario dei pittori, 1972, 2062; F.Brugnoli, in Gazzetta di Parma 13 marzo 1986, 14.

MOGNASCHI FERDINANDO
Parma 1831
Prese parte ai moti del 1831 in Parma.Una volta soffocata la rivolta, fu inquisito come sospetto in genere e per  avere inalberato la bandiera della rivolta sulla torre della piazza. Fu sottoposto a sorveglianza.
FONTI E BIBL.: O.Masnovo, Patrioti del 1831, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1937, 184.

MOGNASCHI LUIGI
Parma 1804/1830
Sacerdote.Il Calendario di Corte attesta che insegnò all’Università di Parma dal 1818 al 1830.Dai Ruoli dell’Università (Archivio di Stato di Parma) risulta anche che nel 1804 insegnò come interino dello Iobbi (morto nel 1805) e poi come sostituto del Santi, ammalato.
FONTI E BIBL.: F.Rizzi, Clero in cattedra, 1953.

Teca Digitale Biblioteche del Comune di Parma - V.lo Santa Maria 5, 43125 Parma (PR)

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