BROCCHI-BUZZOLI
Parma 1428
Falegname. Il 27 marzo 1428 Simone da Enza, vicario di monsignor Delfino della Pergola, delegò don Giovanni da Casalpò, rettore della Chiesa di Sant’Ulderico in Parma, don Giovanni de Stadiani e il Brocchi, magistro a lignamine et muro, omnibus habitatoribus vicinia sancti Sepulcri civitatis parme, tamquam personis probit bene condicionis et fame et in talibus expertis, a stimare una casa di ragione dell’Ospedale di San Donnino di Valoria posta nella vicinia di San Sepolcro (Rogito in pergamena di Andriolo Ripa, cancelliere vescovile, nell’Archivio Governativo, mazzo Canonici regolari di S. Sepolcro).
FONTI E BIBL.: E. Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, 1911, 77.
BROCHO o BROCO ANTONIO, vedi BROCCHI ANTONIO
Parma-post 1747
Detta la Parmeggianina, la si trova attiva soltanto a Napoli: la prima volta il 24 luglio 1740, quando nel Giardino di Corte cantò, nel componimento drammatico civile per lo Real divertimento delle Maestà Regnanti, L’amor pittore di Davide Perez. Sempre a Napoli al Teatro Nuovo sopra Toledo fu presente in commedie per musica (L’Origille di Antonio Palella, 1740; I travestimenti amorosi di David Perez, 1740; Il vecchio deluso di Giuseppe Arena, Carnevale 1746; La finta cameriera di Gaetano Latilla, primavera 1746; I due fratelli beffati di Gioacchino Cocchi, inverno 1746; Il governadore di Niccolò Croscino, Carnevale 1747).
FONTI E BIBL.: Sartori; G.N. Vetro, Dizionario, 1998.
BRONDOLI GIAN FRANCESCO, vedi BRONDOLI GIOVANNI FRANCESCO
Parma 1613/1617
Calligrafo e disegnatore attivo nell’anno 1613. Fu uno dei maestri di Odoardo Farnese (1617).
FONTI E BIBL.: P. Zani, Enciclopedia metodica di belle arti, 5, 1820, 64; F. da Mareto, Indice, 1967, 171.
BRONDULI GIOVANNI FRANCESCO, vedi BRONDOLI GIOVANNI FRANCESCO
Parma prima metà del XVIII secolo
Fonditore di metalli operante nella prima metà del XVIII secolo.
FONTI E BIBL.: E. Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, VII, 36.
Parma-post 1763
Fonditore di campane attivo nel XVIII secolo. Nel 1741 rifuse la campana dell’oratorio di Santo Stefano in Colorno al prezzo di 306 lire. Il bronzo reca impresso il nome del committente, il priore Zerbini. Il 27 maggio 1763 fu retribuito con 540 lire per fornire la campana dell’orologio del convento di Santa Caterina: come da consuetudine, garantì la manutenzione per anni uno e giorni tre con l’impegno di rifarla in caso di rottura che potesse essergli imputata.
FONTI E BIBL.: E. Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, VIII, 67; G.N. Vetro, Dizionario, 1998.
Parma ante 1732-primi anni del XIX secolo
Liutaio generico attivo in Parma. Nel suo lavoro richiamava il modello Amati. È conosciuto un suo violino datato 1732.
FONTI E BIBL.: L. Forino, Il violoncellista, 1905, 115; G.N. Vetro, Dizionario, 1998.
BROSSANO BELTRAMO o BELTRANDO o BERTRANDO, vedi BORSANO BELTRANDO
Mezzano Rondani 1630
Barbiere chirurgo, fu testimone della peste in Mezzano Rondani nel 1630.
FONTI E BIBL.: F. da Mareto, Indice, 1967, 171.
Mezzani-Flondar 26 maggio 1917
Sergente maggiore del Reggimento Fanteria, fu decorato di medaglia di bronzo al valor militare, con la seguente motivazione: Sprezzante del pericolo, in testa alla propria squadra, mentre portavasi in una posizione avanzata per tentare una sorpresa, veniva mortalmente ferito prima di raggiungere lo scopo.
FONTI E BIBL.: Bollettino Ufficiale 1918, Dispensa 14a, 1097; Decorati al valore, 1964, 56.
Traversetolo 10 agosto 1885-Traversetolo 21 giugno 1963
Nacque da Igino, barbiere e da Anna Martini. Nel 1900 il Brozzi, finite le scuole, entrò a lavorare nella locale fonderia artistica di G. Baldi dove cominciò a praticare l’arte del disegno e dell’incisione. Tre anni dopo ottenne il primo successo con una pendola cesellata offerta all’onorevole Micheli per le sue nozze. Sostenuto e incoraggiato dal pittore D. de Strobel e dal Baldi, dal 1903 al 1905 frequentò l’Accademia di Belle Arti di Parma terminando in soli tre anni il corso, di regola quinquennale, con Cecrope Barilli come maestro. Alternò gli studi con lavori in fonderia e per vari antiquari di Parma, che facevano passare le lastre d’argento da lui incise come opere del Rinascimento: famoso, a questo proposito, il piatto da lui creato e venduto nel 1905 ad acquirenti londinesi come opera del Cellini. Questa sua perizia tecnica gli fu di grande utilità a distanza di molti anni, quando nel 1936 restaurò, con risultati veramente eccellenti, il tesoro di Marengo conservato al Museo Archeologico di Torino (il Brozzi ebbe a collaboratore Mario Minari). Nel 1905 esordì all’Esposizione Artistica di Parma e l’anno dopo a Milano ottenne il gran diploma d’onore per due piatti d’argento. Nel 1907 si trasferì a Roma per seguire, con una borsa di studio, un corso di perfezionamento presso la scuola di nudo e dell’arte della medaglia (della scuola il Brozzi venne poi nominato membro del consiglio direttivo il 15 aprile 1930 e mantenne tale carica sino al 2 maggio 1962). Intanto la sua fama, che dal 1910 assunse portata internazionale con la partecipazione alle esposizioni internazionali di Buenos Aires, di Gand e di Bruxelles, si affermò anche sul piano ufficiale (il ministero della Pubblica Istruzione gli acquistò nel 1909 due targhette d’argento sbalzato con Bovi e Cervi, nel 1912 la targa in rame con Scrofa, nel 1926 il bronzo Maternità raffigurante una gatta con i gattini, per la Galleria d’Arte Moderna di Roma). Membro dell’Accademia di Belle Arti di Brera dal 1910 e di quella di Parma dal 1911, fu nominato accademico di San Luca nel 1918 e accademico clementino nel 1926. In occasione dell’Esposizione Internazionale di Roma del 1911, partecipò, insieme col de Strobel e A. Bocchi, alla ricostruzione della sala di Torrechiara, con la decorazione in formelle di terracotta, per il padiglione emiliano nella Mostra regionale in piazza d’Armi. Nel 1915 il Brozzi si trasferì a Roma, dove abitò nella villa Strohl-Fern con l’amico Bocchi, con cui già aveva diviso uno studio in via Flaminia. Frequentarono insieme la fiaschetteria toscana in via della Croce dove convenivano politici, letterati come Papini, Soffici, Ungaretti, Cardarelli, Bruno Barilli e artisti come Spadini, de Strobel, Bartoli e Arata (nel locale esiste una targa sbalzata dal Brozzi). Sempre nel 1915, alla Mostra Internazionale di Belle Arti di San Francisco vinse una medaglia d’oro (cfr. Bollettino d’Arte XI 1917, p. 6). Nel 1917, alle mostre individuali indette dalla Permanente di Milano (dove già aveva esposto nel 1910), espose cinquantaquattro opere tra pastelli, targhe in rame e piatti d’argento. Nello stesso anno, chiamato alle armi, fu aggregato a un battaglione di stanza a Cagliari: il paesaggio, la fauna e il folclore sardi gli offrirono nuovi spunti tematici. Nel 1918 eseguì la Targa degli Irredenti (in oro sbalzato sovrapposto a un frammento di pietra verde proveniente dal palazzo di Diocleziano di Spalato) che il Comitato degli Irredenti della Venezia Giulia e Dalmazia, il 16 settembre dello stesso anno, a Venezia, donò a Gabriele D’Annunzio. Questi lo conobbe nel 1919 a Venezia in occasione della cerimonia di consegna al generale Armando Diaz della spada d’onore la cui elsa era stata modellata dal Brozzi su disegno di Ettore Tito. Da allora ebbe inizio la grande amicizia e la collaborazione tra D’Annunzio e il Brozzi che fino al 1938, anno di morte del poeta, svolse quasi tutta la sua attività su sua commissione e spesso sviluppando idee proposte dal poeta (come nel caso delle spalline per i legionari abruzzesi, 1920). D’Annunzio, stabilitosi nel 1921 al Vittoriale, fece eseguire al Brozzi, da lui definito eccelso animaliere (cfr. lettera del 4 febbraio 1926 in Nuova antologia, 1938), per donarli ai suoi ospiti, piccoli oggetti (inezie squisitissime), figurine, spille, scatole, decorati con vari motivi, sempre di preferenza animalistici: la gazzella in movimento, galletti, ecc. (nel 1921 oggetti di questo genere furono esposti, assieme a piatti d’argento sbalzato, disegni e pastelli in una mostra collettiva alla galleria Pesaro di Milano; cfr. il catalogo, presentazione di V. Pica, pp. 12-14 e Illustrazione Italiana 15 maggio 1921, pp. 592 ss.). Tra le numerosissime altre opere eseguite per D’Annunzio, si citano la Coppa del Benaco, premio per gare di idrovolanti sul lago di Garda (1921), una targa in argento, raffigurante un leone accovacciato e una cetra, in onore di Arturo Toscanini, undici piatti francescani d’argento, con il cordiglio, motti ed emblemi (1922-1923, uno è illustrato nel catalogo della Exposit. internat. des arts décoratifs et industriels di Parigi del 1925 alla quale il Brozzi espose anche oggetti d’oreficeria e vinse una medaglia d’oro), la Coppa del liutaio (1922-1923: una barca a forma di liuto con ali per remi), a ricordo di Gaspare da Salò, donata dal D’Annunzio alla Società Canottieri Garda di Salò per le gare di canottaggio, la Tartaruga Cheli, consegnata nel 1928, la corazza naturale di una tartaruga che era stata regalata al poeta da una nobildonna milanese nel 1924, montata dal Brozzi con zampe e testa di bronzo, numerosi disegni di elefanti (1930), gli studi per gli Occhi alati (1930), motivo destinato a spille per cravatte, studi per la sepoltura al Vittoriale di D’Annunzio il quale la volle in forma di arca su quattro colonne con sopra un veltro in agguato. Molte sono le opere del Brozzi di carattere pubblico (nel 1919 aveva vinto il concorso della moneta in rame da 10 centesimi con il motivo simbolico dell’ape che succhia il papavero) o celebrativo: la Vittoria angolare in bronzo posta all’angolo del palazzo comunale di Traversetolo come monumento ai caduti, con un’epigrafe di D’Annunzio datata 23 aprile 1923 (una replica fu collocata nel 1929 sulla prua della nave Puglia al Vittoriale; versioni di questa furono dal D’Annunzio donate a Mussolini e a pochi amici di immutabile e militante Fede dalmàtica), la Penna capitolina per le firme dei matrimoni in Campidoglio (1922, su un’idea di Corrado Ricci: fascio littorio con un’aquila e un muso di lupa alle estremità), monumento ai caduti di Casarano (Lecce), con la Vittoria alata in bronzo (1927-1928, il bozzetto è sulla tomba del cugino del Brozzi, il tenente Grossi, alla Villetta, cimitero di Parma), la Vittoria del grano, in oro (1933), premio al vincitore della battaglia del grano, il monumento a Fabio Bocchialini (studioso e patriota parmense morto in guerra nel 1915) sul monte Caio (1933), quattro grandi Aquile in bronzo collocate (1936) a Pescara sul ponte del fiume omonimo (distrutte durante la guerra; ne resta una versione in marmo a Desenzano sul Garda, sul monumento del generale Papa), statua di S. Benedetto orante (1937) offerta dai comoni del Sublacense al maresciallo Graziani per il quale il Brozzi modellò anche il bastone da maresciallo offertogli dal Comune di Roma, una grande campana (1938) donata a una chiesa cattolica di Addis Abeba, un gladio per il Re del Belgio (1938, ill. in Fantini, necrologio), il trofeo Martini e Rossi, in argento, per le gare motonautiche di Detroit (1939, ill. in V Rassegna di arti figurative del Lazio, Roma, 1965). Alla mostra d’arte sacra contemponea di Roma nel 1950 (cfr. catalogo, p. 286, ill. CCLXVII), insieme con una porticina di tabernacolo in rame sbalzato e dorato a fuoco di proprietà delle oblate benedettine di San Vito dei Normanni (Brindisi), furono esposti undici pezzi per l’arredamento di un altare eseguiti nel 1938 che sono nel vescovado di Parma (donati nel 1970 dalla sorella del Brozzi, Gabriella, alla cattedrale di quella città). Nel 1961 nelle sale del Consiglio comunale di Traversetolo gli venne organizzata una vasta retrospettiva (cfr. Gazzetta di Parma 30 aprile, 1° e 5 maggio 1961). Nel 1965 in una retrospettiva alla V Rassegna di arti figurative del Lazio a Roma, furono esposte ventisei opere del Brozzi tra disegni, oli e sculture, in gran parte provenienti dalla sua collezione (cfr. catalogo, pp. 23 s., presentazione di C. Pietrangeli). Nel 1967 una mostra di disegni, bronzetti e pastelli fu organizzata dal Circolo Artistico di Bologna (cfr. catalogo). Oltre che al Vittoriale degli Italiani e in numerose collezioni private, opere del Brozzi sono conservate nelle raccolte civiche di Milano, nella Galleria comunale e in quella nazionale d’arte moderna di Roma e all’Accademia di San Luca. Il modello in gesso e quello in bronzo della moneta da 10 centesimi in rame è conservato nel magazzino del materiale della Zecca. La produzione del Brozzi si presenta piuttosto eterogenea nell’indirizzo stilistico: al decorativismo liberty alternò i modi e i temi cinquecenteschi, oltre che, specie nelle targhette in metallo che rappresentano sempre animali di campagna, richiami alla tradizione verista e specialmente agli esempi di bassorilievo su medaglia e targetta dell’Ottocento francese (L. Ozzola, Targhette sbalzate di Renato Brozzi, in Emporium XXXVI 1912, pp. 313-316). Denominatore comune della sua opera rimane comunque l’ambizione di rimettere in auge una tecnica ormai dimenticata in Italia, quella dello sbalzo e del cesello su metallo nobile.
FONTI E BIBL.: Necrologio, G. Copertini, in Parma per l’Arte XVI 1963, 149 s. e R. Fantini, in Atti della Accademia Nazionale di S. Luca VII 1963-1964. Oltre alla bibliografia in H. Vollmer, Künstler-Lexicon des XX. Jahrh.s, I, 329 e ai cataloghi delle esposizioni citate nel testo, vedi i cataloghi delle Esposizioni internazionali di Venezia, VII, 1907, 105, VIII, 1909, 125 (cfr. anche recensione di U. Ojetti, in Corriere della Sera 13 maggio 1909), X, 1912, 52, 82 (cfr. U. Ojetti, La X Esposizione internazionale di Venezia, Milano, 1912, 43), XI, 1914, 103, XII, 1920, 65; XIV, 1924, 120, XV, 1926, 139, XVII, 1930, 55, 127 (cfr. Mostra internazionale dell’orafo, 5), XVIII, 1932, 146, 152 s., XIX, 1934, 191, XXIII, 1942, 101 (cfr. Arte Sacra XXX 1942, 138), XXVII, 1954, 95, 127. Si vedano anche i cataloghi delle Esposizioni Internazionali amatori e cultori di belle arti di Roma: LXXIX, 1909, 33, LXXX, 1910, 43, LXXXI, 1912, 58, LXXXIII, 1914, 41, LXXXIV, 1915, 27, LXXXV, 1916, 20, LXXXVI, 1917, 18, LXXXIX, 1920, nn. 1-12, 26-37, XC, 1922, 24, XCIV, 1928, 97, 104, 105. Delle Quadriennali romane il Brozzi partecipò alla II (1935, 216), III (1939, 272), IV (1952, 58). Altre mostre non menzionate all’interno della voce: Il Quadriennale di Torino, 1908, nn. 802, 869, 874; 1908, Esposizione nazionale di belle arti, Milano, nn. I-IX; Mostra alla Probitas a Roma (cfr. Illustrazione Italiana 5 aprile 1914, 332); La Fiorentina primaverile, del 1921 (catalogo, Roma, 1922, 30); I Esposizione internazionale delle Arti decorative, Monza, 1923 (84, 113 del catalogo; il Brozzi vinse una medaglia d’oro); II e III Biennale Romana della Medaglia (1923, 72; 1925, 54, presentazione di U. Ojetti; cfr dello stesso, in Dedalo V 1925, 513-530); I Sindacale Laziale, Roma, 1929, 60; III Sindacale fascista di belle arti del Lazio, Roma, 1932, 27. Delle mostre collettive in gallerie private si veda: Mostre personali di Renato Brozzi, R. Ceccaroni, R. e M. Costetti, Napoli, Galleria Apollo, 1935 (sala 2, pastelli e sculture; cfr. Il Cimento XIII 1935, 69 s.); Mostre personali di Brozzi, Prencipe, Bocchi e D’Antino, Roma, Galleria Addeo, 1947 (cfr. quotidiani locali fine gennaio-primi febbraio). Altre mostre non hanno cataloghi come quella a Parma nel palazzo della Pubblica assistenza, 1950 (cfr. Gazzetta di Parma 23 giugno) o l’Esposizione delle opere di Renato Brozzi, A. Della Torre, all’Associazione della stampa estera di Roma nel 1952. Si veda inoltre: Gardone Riviera, il Vittoriale degli Italiani, Archivio generale (XCV, 2), Archivio personale (BR 27, 11 pezzi); Renato Brozzi artefice immaginifico, in Il Mare Nostro - Stirpe Italica gennaio 1938; G. D’Annunzio, Dalla Capponcina al Vittoriale (41 lettere a E. e G. Treves e a Renato Brozzi), in Nuova Antologia 16 aprile 1938, 361-383; R. Fanti, Renato Brozzi, in Gazzetta delle Arti 7-9 settembre 1946; F. Sapori, I maestri di Terracina, Roma, 1954, 30-33, tavv. XXV ss.; R. Fantini, Renato Brozzi orafo di D’Annunzio, Parma, 1955; G. Pighini, Renato Brozzi, in Parma per l’Arte VI 1956, 63-67; A. Gatti, D’Annunzio, Firenze, 1956, 427, 431, 435, 446, 451; D. Petrone, Una memoria accademica di Renato Brozzi, in Osservatore Romano 24 marzo 1965; M. Ravazzoni Montanari, La sorella di Renato Brozzi ha donato alla cattedrale di Parma, in Parma nell’Arte 2 1970, 155 s.; Carteggio D’Annunzio-Mussolini, 1919-1938, a cura di R. De Felice e E. Mariano, Milano, 1971, ad Indicem; L. Velani, in Dizionario biografico degli Italiani, XIV, 1972, 474-476; N. Fantini, Un ricordo di Renato Brozzi, in Gazzetta di Parma 9 settembre 1973, 12-13; G. Cavazzini, Renato Brozzi, in Parma famosa, Parma, Battei, 1974, 77-78; M. Bommezzadri, Traversetolo onorerà Brozzi con un museo delle sue opere, in Gazzetta di Parma 22 aprile 1974, 3; M. Valsecchi, L’animaliere di Parma, in Il Giornale Nuovo 6 settembre 1974, 5; M. Valsecchi, Catalogo del Museo Brozzi di Traversetolo, Parma, La Pilotta, 1975; R. Fantini, D’Annunzio buon cattolico nei ricordi di Renato Brozzi, in Gazzetta di Parma 26 aprile 1975, 3; G. Sandrini, Il Museo Brozzi, in Gazzetta di Parma 30 maggio 1975, 3; A. Agnetti, Inaugurato il Museo Brozzi, in Gazzetta di Parma 2 giugno 1975, 14; M. Valsecchi, L’animaliere di D’Annunzio, in Il Giornale Nuovo 13 giugno 1975; G. Cavazzini, Sbalzo e cesello di Brozzi, in Gazzetta di Parma 15 luglio 1975; M. Valsecchi, Le opere e la vita di Renato Brozzi, in Gazzetta di Parma 12 settembre 1976, 11-13; G.G. Gardani, Parmigiani al Vittoriale, in Gazzetta di Parma 29 novembre 1976, 3; Visitiamo insieme il museo R. Brozzi di Traversetolo, in Gabbiola 1 1977, 7, e 3 1977, 9; E. Barilli, Brozzi e Montacchini al Vittoriale, in Gazzetta di Parma 28 marzo 1977, 3; R. Fantini, Renato Brozzi detto Siviglia, in Gabbiola 4 1977, 7; R. Fantini, R. Brozzi orafo di D’Annunzio, in Gabbiola 5 1977, 9; G. Dalla Pozza, Renato Brozzi animaliere e orafo di D’Annunzio, Varese, Fondazione del Vittoriale, 1979; A.F., L’animaliere di D’Annunzio, in Il Tempo 26 luglio 1979; G. Balestrazzi, Arte e genialità di Renato Brozzi in Gazzetta di Parma 22 agosto 1979, 3; A.F., L’animaliere di D’Annunzio, in Gabbiola 9 1979, 13; M.P. Maccari, Il museo di Renato Brozzi, in Traversetolo, Parma, Maccari, 1980, 24-32; G. Capelli-G. Dalla Pozza-M. Pellegri, Renato Brozzi. Mostra Antologica, Parma, Comitato Parmense per l’Arte - Amministrazione Comunale di Traversetolo, 1981 (contiene: M. Pellegri, Il carattere della mostra, 7-8; G. Capelli, Renato Brozzi, 9-12; G. Dalla Pozza, D’Annunzio e Brozzi, 13-26); G. Capelli, In S. Tiburzio a Parma mostra antologica di Renato Brozzi, in Parma Economica 2 1981, 16-26; G. Capelli, Omaggio all’inimitabile Renato Brozzi, in Gazzetta di Parma 22 maggio 1981, 4; G. Capelli, L’Animaliere di D’Annunzio, in Gazzetta di Parma 23 maggio 1981, 3; La mostra antologica di Brozzi: un museo che viva e si muova, in Gazzetta di Parma 24 maggio 1981, 4; G. Capelli, Brozzi animaliere, in Gazzetta di Parma 29 maggio 1981, 3; L. Fietta, Lo scultore Renato Brozzi ai funerali di D’Annunzio, in Gazzetta di Parma 21 maggio 1981, 3; G. Capelli, Le due anime di Brozzi, in Gazzetta di Parma 2 giugno 1981, 3; Ricordiamo R. Brozzi, in Gabbiola 11-12 1981, 3; P. Sissa, Lo scultore di Traversetolo, in Gazzetta di Parma 23 giugno 1982, 3; A.M. Damigella, Renato Brozzi, in Gli Artisti di Villa Strohl-Fern, Roma, 1983; M. Pellegri, G. Sandrini, Renato Brozzi. Mostra delle figure femminili, pastelli e disegni, Traversetolo, Comune - Comitato Parmense per l’Arte, 1983 (contiene: G. Sandrini, La figura di Brozzi, 9; M. Pellegri, Il carattere della mostra, 11-12); Il museo Brozzi si arricchisce di una nuova prestigiosa opera, in Gazzetta di Parma 21 aprile 1984, 19; R. Varese, Museo Renato Brozzi, in Guida ai musei dell’Emilia-Romagna, Milano, Electa, 1984, 95; Brozzi, in L’Emilia Romagna paese per paese, Firenze, Bonechi, 1988, V, 243-244; V. Terraroli, Renato Brozzi, in D’Annunzio e la promozione delle arti, Roma, 1988, 75, 77 e 193- 194; M. Quesada, Renato Brozzi, in D’Annunzio e la promozione delle arti, 1988, 209-211; R. Bossaglia-A. Mavilla, Renato Brozzi. La collezione del museo di Traversetolo, Torino, Allemandi, 1989 (contiene: G. Cavazzini, Brozzi: scultore, pittore, gioiellere, 12-15; A. Mavilla, Nota biografica, 16-24; A. Mavilla, Bibliografia, 25-29; A. Mavilla, Catalogo, 65-185); P. Mendogni, Nello zoo di bronzo del prodigioso Brozzi, in Gazzetta di Parma 10 febbraio 1990, 3; A. Mavilla, Brozzi delle Vittorie, in Gazzetta di Parma 10 dicembre 1990, 3; A. Mavilla, Renato Brozzi torna con le sue opere nella Traversetolo dove ha costruito i successi in tutto il mondo, in Carisparma 7 1991, 26-29; M. Caffagnini, Ghiretti, un grande discepolo di Brozzi, in Gazzetta di Parma 28 marzo 1994, 5; A. Mavilla, Carteggio Brozzi-D’Annunzio 1920-1938, Traversetolo, Comune, 1994; A. Mavilla, Renato Brozzi e gli argenti per la sala Bocchi, in Almanacco Parmigiano 1994-1995, XXIV-XXVII; V. von Strobel, Strobel e i suoi allievi: Donino Pozzi e Renato Brozzi, in Almanacco Parmigiano 1995-1996, IX-X; A. Mavilla, Renato Brozzi alla Cassa di Risparmio. Tanti progetti per un piccolo capolavoro, in Malacoda 66 1996, 11-15; A. Mavilla, La gipsoteca del museo Ranato Brozzi di Traversetolo, in Parma per l’Arte 1 1996, 113-118; A. Delli Quadri, Brozzi fu anche decoratore di campane, in Gazzetta di Parma 1 aprile 1997, 5; F. e T. Marcheselli, Brozzi Renato (1885-1963), in Dizionario dei Parmigiani, 1997, 71; Brozzi Renato, in Enciclopedia di Parma, 1998, 175-176.
Parma 1896/1900
Insegnante di storia e geografia nell’Istituto Normale di Teramo, pubblicò alcuni saggi, tra i quali uno studio su Linati.
FONTI E BIBL.: F. da Mareto, Bibliografia, I, 1973, 107.
Borgo Taro 4 agosto 1873-
Studiò flauto nel Regio Conservatorio di Musica di Parma sotto il professore Paolo Cristoforetti di cui fu, nel 1895, il primo allievo licenziato. Il Brugnoli dal 1895 suonò nei più grandi teatri del mondo e sotto i direttori più celebri, italiani e stranieri. Fu per sei anni all’Augusteo di Roma e per sette anni consecutivi al Metropolitan di New York.
FONTI E BIBL.: C. Alcari, Parma nella musica, 1931, 35-36.
Parma 1205
Fu ingrossatore del Comune di Parma nell’anno 1205.
FONTI E BIBL.: F. da Mareto, Indice, 1967, 172.
Parma 1823-post 1894
Figlio del negoziante Stefano e di Veronica Del Rio. Già orfano del padre, perdette la madre nel 1861. Il 3 novembre 1862 si trasferì a Borgo San Donnino e vi aprì uno stabilimento fotografico (1866). Operò nel 1871 in via dei Bagni di Tabiano 6, sempre a Borgo San Donnino, mentre nel 1891 spostò il suo studio in località Lodesana. Cessò definitivamente l’attività nel 1894.
FONTI E BIBL.: R. Rosati, Fotografi, 1990, 162.
Neviano degli Arduini 1925-27 gennaio 1991
Figlio di Priamo, fondatore dell’Opera Nazionale Invalidi di Guerra, e di Camilla Ferrari, sorella del sindaco di Parma, senatore e ministro Giacomo Ferrari. All’età di diciotto anni aderì al gruppo dei Volontari della libertà, impegnati nella lotta di Liberazione. Nel 1944, insieme a Ubaldo Bertoli, Cortesi e altri giovani Parmigiani, entrò a far parte della 47a, la brigata garibaldina attiva in Emilia alle spalle della Linea gotica. Si trattava di una brigata composta appunto per lo più da giovani, molti dei quali studenti che aderirono alla lotta partigiana sulla spinta degli ideali più genuini: numerosi di loro pagarono con la vita il proprio coraggio. Il Brunazzi (nome di battaglia Toti), giovanissimo, visse la lotta di Liberazione nella tensione emotiva di un’avventura consapevole costruita su solidi valori di giustizia e democrazia. Identità tra tensione individuale e orientamento politico che Ubaldo Bertoli ricostruì nel romanzo La quarantasettesima. Nel periodo della resistenza il Brunazzi venne nominato ufficiale (commissario di battaglione) addetto al comando della divisione Ottavio Ricci, comandata da Leonardo Tarantini. Laureatosi in giurisprudenza, fu, nell’immediato dopoguerra, uno dei dirigenti della federazione del Partito Comunista di Parma. Nel corso della sua carriera politica (fu tra l’altro assessore provinciale ai trasporti dal 1964 al 1970) contribuì alla provincializzazione del trasporto pubblico e alla nascita della Tep. Il Brunazzi fu anche apprezzato funzionario dell’Amps di Parma.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 28 gennaio 1991, 5.
Gualtieri 1893-Arco di Trento 12 luglio 1933
Fin dal 1916, degente all’Istituto Rizzoli di Bologna ove era ricoverato per le ferite riportate in guerra (fu mutilato di ambo i piedi), maturò in lui l’idea di unire i minorati di guerra in un’unica, grande associazione a carattere nazionale. Primo tra tutti in Italia, fondò a Parma l’Associazione Mutilati, trovando un fedele e valido collaboratore in Giuseppe Balestrazzi. Si batté generosamente in difesa dei diritti dei mutilati favorendone la rieducazione professionale ed esaltandone lo spirito indomito. Nel 1927, per designazione testamentaria di Gontrano Molossi, assunse assieme a Leonida Fietta la direzione della Gazzetta di Parma che mantenne sino alla fusione del giornale con il Corriere emiliano (1928). Nel 1947 le sue spoglie furono trasferite a Parma ove ebbero solenni onoranze funebri.
FONTI E BIBL.: B. Molossi, Dizionario Biografico, 1957, 36-37; Priamo Brunazzi una figura luminosa degli invalidi e mutilati, in Gazzetta di Parma 19 luglio 1958, 3.
Busseto 1535
Fu podestà di Borgo San Donnino nell’anno 1535.
FONTI E BIBL.: G. Laurini, Borgo S. Donnino e i suoi capi civili, 1927.
BRUNELLI GIOVANNI ANTONIO, vedi STIRPIO GIOVANNI ANTONIO
Parma 1527 c.-Parma 22 agosto 1560
Fu uno dei primi gesuiti parmigiani.
FONTI E BIBL.: M. Scaduto, Catalogo dei gesuiti, 1968, 23.
BRUNETTI ORLANDO, vedi BRUNETTI OSVALDO
Sissa 8 agosto 1863-
Studiò pianoforte e composizione con il padre e poi con Giusto Dacci a Parma. Dal 1886 al 1912 fu direttore d’orchestra, di banda e organista a Barge (Cuneo), indi passò a Torino quale direttore d’orchestra del Teatro Maffei. Compositore di facile vena e originale nelle sue concezioni, scrisse una quantità di danze, marce, intermezzi, gavotte, minuetti e canzoni popolari, con le quali vinse importanti concorsi.
FONTI E BIBL.: A. De Angelis, Dizionario musicisti, 1918, 56; C. Schmidl, Dizionario universale musicisti, 1, 1926, 257.
BRUNI BRUNO, vedi CONVERSI SEVERINO
Corniglio 2 febbraio 1840-Parma 17 gennaio 1905
Avvocato, fu segretario generale del Comune di Parma.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 20 gennaio 1905; G. Sitti, Archivio Comunale di Parma, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1914.
Parma 1681
Capitano, fu creato nobile, coi suoi discendenti in infinito, da Ranuccio Farnese, duca di Parma, con diploma del 23 settembre 1681, registrato negli atti del Comune il 18 ottobre dello stesso anno.
FONTI E BIBL.: V. Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, Appendice 1, 1935, 439.
Colorno 1786
Fu bargello di Colorno nell’anno 1786.
FONTI E BIBL.: V. Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, Appendice 1, 1935, 439.
Parma prima metà del XIX secolo
Pittore attivo nella prima metà del XIX secolo.
FONTI E BIBL.: E. Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, IX, 33.
Zibello 1742
Nell’anno 1742 fu bargello di Zibello e di Colorno.
FONTI E BIBL.: V. Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, Appendice 1, 1935, 439.
Parma 1804/1831
Il 16 maggio 1804 fu nominato vice commissario della squadra delle Guardie di Finanza di Parma. Partecipò ai moti del 1831.
FONTI E BIBL.: V. Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, Appendice 1, 1935, 439.
Parma 25 agosto 1873-Fossadello di Caorso 3 gennaio 1946
Nato da Ernesto e da Emilia Mattavelli. Il padre, avvocato, ricoprì per molti anni l’ufficio di segretario del Comune di Parma. Compiuti gli studi classici, si iscrisse al corso di ingegneria del Politecnico di Milano, che abbandonò un anno dopo per seguire gli studi di chimica pura presso l’Università di Parma. Qui si laureò nel 1896 svolgendo una tesi sperimentale sui crioidrati. Alla fine dello stesso anno si trasferì a Bologna, ove G. Ciamician aveva fondato nel 1889 la più importante delle scuole italiane di chimica. Dopo un primo lavoro di chimica organica, si orientò decisamente allo studio delle soluzioni solide, campo in cui lasciò la sua impronta più originale. Nel volgere di pochi anni, in una serie di magistrali ricerche, il Bruni poté dimostrare che i sistemi omogenei tra solidi seguono sempre e completamente la teoria delle soluzioni di van’t Hoff. Di questo fondamentale e chiarificatore contributo alla conoscenza delle soluzioni solide ebbe il più esplicito riconoscimento da parte dello stesso van’t Hoff e da W. Ostwald. Altro contributo originale in questo campo fu l’impiego dell’isomorfismo come criterio per l’assegnazione della configurazione spaziale di sostanze organiche. Così dall’isomorfismo esistente tra gli acidi succinico e fumarico, tra azobenzene, stilbene e dibenzile dedusse la struttura trans dell’acido succinico allo stato solido, dell’azobenzene e del dibenzile, che trovò brillante conferma venticinque anni dopo nelle misure di momento dipolare. A quel periodo appartiene pure il metodo, divenuto classico, di distinzione tra racemici, conglomerati e cristalli misti pseudoracemici di sostanze otticamente attive, basato sullo studio delle curve crioidratiche. Nel 1901, vincitore di una borsa per l’estero del ministero della Pubblica Istruzione, il Bruni si trasferì a Berlino nel laboratorio di van’t Hoff, ove tra l’altro condusse a termine la monografia Ueber feste Lösungen (Berlin, 1901), divenuta opera classica su questo argomento. Rientrato dopo un anno a Bologna, si dedicò con rinnovato fervore allo sviluppo del tema preferito delle soluzioni solide e miscele isomorfe conseguendo nuovi e importanti risultati nella soluzione di problemi strutturali interessanti la chimica organica. Dall’isomorfismo tra azossicomposti aromatici e nitroni dedusse che la struttura di N-ossidi assegnata ai primi da A. Angeli era quella corretta, prima ancora che questi, con l’isolamento di due isomeri nel caso degli azossicomposti asimmetrici, ne desse l’inoppugnabile dimostrazione. Pure di quel periodo sono le ricerche intese a dare supporto sperimentale alla teoria della solvatazione degli ioni, il riconoscimento della natura di complesso metallammonico dei sali di rame e di nichel degli ?¿-amminoacidi e gli studi sulle soluzioni colloidali per le quali, sulla base del loro comportamento crioscopico, concluse che dovevano essere considerate sistemi eterogenei (Gazzetta Chimica Italiana XXXI 1901, pp. 244-252), prima che la scoperta dell’ultramicroscopio (1902) permettesse di darne la dimostrazione diretta. Nel novembre 1905, vincitore di concorso, il Bruni venne chiamato a coprire la cattedra di chimica generale del Politecnico di Milano. Qui però restò solo un anno, avendo accettato l’invito per la stessa cattedra dell’Università di Parma. Apertasi nel 1908 a Padova la successione di R. Nasini, si trasferì, per consiglio del Ciamician, a quella sede. Il decennio trascorso nell’atmosfera a lui congeniale di quell’antica città universitaria fu uno dei più fruttuosi per l’attività scientifica del Bruni, che si trova legata ai nomi di collaboratori e allievi come L.B. Vanzetti, G. Pellini, D. Meneghini, C. Sandonnini, M. Amadori e G.R. Levi, tutti poi saliti alla cattedra universitaria. Tra i risultati più salienti di quel periodo vanno ricordati la dimostrazione per via crioscopica dell’esistenza di persolfuri superiori di idrogeno, l’elegante metodo di preparazione di soluzioni solide tra metalli per diffusione allo stato solido, lo studio mediante l’analisi termica di sistemi metallici, le ricerche sugli ammoniacati dei sali di argento e, soprattutto, quelle con G.R. Levi sull’acido cloroso e i suoi sali (1915), in cui vennero gettate le basi della chimica di queste sostanze a quel tempo difficilmente accessibili e assai poco studiate. Una svolta importante nell’attività del Bruni segnò il suo trasferimento, alla fine del 1917, alla cattedra di chimica generale e inorganica del Politecnico di Milano, ove egli restò per tutto il resto della sua carriera, fino al 1943. La Società Pirelli gli affidò la direzione del laboratorio di ricerche chimiche e chimico-fisiche, ed egli, per la prima volta, si trovò a dover affrontare e risolvere problemi di carattere pratico. Anche in questo campo, per lui del tutto nuovo, portò contributi originali di elevato interesse, tanto scientifico che industriale. Basti ricordare il chiarimento della natura chimica del processo di vulcanizzazione a freddo della gomma, che egli dimostrò consistere nell’addizione di cloruri politionici sui doppi legami del caucciù con formazione di ponti di atomi di zolfo (Rendiconti dell’Accademia dei Lincei, s. 5, XXX, 1921, pp. 337-344; Giornale di Chimica Industriale e Applicata III 1921, pp. 351-354, con E. Romani), le ricerche sugli ultracceleranti e la scoperta di nuovi metodi di vulcanizzazione (Rendiconti dell’Accademia dei Lincei, s. 5, XXX 1921, pp. 280-283), l’introduzione di nuovi acceleranti come i disolfuri di alchiltiourame e il mercaptobenzotiazolo (Rendiconti dell’Accademia dei Lincei, XXXI 1922, pp. 86-88, con E. Romani). Le geniali scoperte di M. Laue, W.L. Bragg e P.J. Debye, che rivelarono nell’analisi roentgenografica un nuovo e potente mezzo d’indagine della struttura della materia allo stato cristallino, riportarono il Bruni con rinnovato entusiasmo al campo prediletto di studi. Nel 1924 con G.R. Levi, suo assistente, creò presso il Politecnico di Milano il primo centro italiano di studi strutturistici roentgenografici, che per molti anni costituì una fucina di intensa e originale attività scientifica. A questa scuola si formarono studiosi come G. Natta e A. Ferrari. Fu ancora il problema dell’isomorfismo che venne di preferenza trattato con il nuovo metodo d’indagine, con lo studio dell’isomorfismo tra composti di elementi a valenza diversa e la giustificazione della formazione di soluzioni solide tra sostanze, come il benzene e il tiofene, che non sono isomorfe. Accanto all’attività di scienziato del Bruni occorre ricordare il contributo da lui portato alle delicate questioni della proprietà intellettuale. La sua eccezionale competenza in materia di brevetti, riconosciutagli anche all’estero, fece sì che a lui si facesse spesso ricorso in importanti controversie internazionali. Fu tra i fondatori nel 1919 a Milano del Giornale di Chimica Industriale e Applicata, divenuto nel 1935 La Chimica e l’Industria, e ispiratore con E. Rignano nel 1907 della rivista Scientia. Da ricordare anche la sua attività di trattatista: le sue Lezioni di chimica generale e inorganica, uscite nel 1921 (Milano) e costantemente curate e aggiornate nelle numerose successive edizioni, costituirono per decenni il libro di chimica più letto in Italia. Della sua opera scientifica ebbe ampi riconoscimenti in patria e all’estero. Insignito nel 1913 del premio reale dell’Accademia dei Lincei, fu eletto socio nazionale di questa nel 1922. Fu pure socio dell’Istituto veneto, dell’Istituto lombardo di scienze e lettere, dell’Accademia delle Scienze di Torino e dell’Accademia detta dei Quaranta. L’American Chemical Society lo nominò socio onorario nel 1923. Fu deputato al parlamento per la XXVIII e XXIX legislatura e consigliere nazionale per la XXX.
FONTI E BIBL.: A. Quilico, necrologio, in La Chimica e l’Industria XXVIII 1946, 1-2; commemorazione solenne tenuta dallo stesso autore al Politecnico di Milano, edita a Milano (1948), da C. Tamburini, contenente l’elenco completo dei lavori; A. Coppadoro, I chimici italiani e le loro associazioni, Milano, 1961, 279 s.; A. Quilico, in Dizionario biografico degli Italiani, XIV, 1972, 616-618.
Toscana 23 febbraio 1871-post 1926
Figlio di Oreste, docente, per molti anni direttore delle scuole Normali di Parma. Fece gli studi a Parma e uscì sottotenente dalla Scuola di Fanteria il 3 agosto 1891. Prima dello scoppio della prima guerra mondiale, fu a Parma come capitano insegnante della Scuola d’applicazione. Partecipò valorosamente alla guerra di Libia negli anni 1914 e 1915 e alla guerra italo-austriaca dal 1916 al 1918, distinguendosi per coraggio e capacità. Dopo la conclusione del primo conflitto mondiale fu a Parma come Comandante in seconda della Scuola di Applicazione. Durante la guerra, il 26 luglio 1917, fu promosso al grado di colonnello. Nel febbraio 1925 passò da Parma a Vicenza, ove tenne il comando del 57° fanteria. Il Bruni si guadagnò in guerra due medaglie d’argento, due croci di guerra al valore militare, la croce al merito di guerra e le medaglie interalleate della vittoria e dell’Unità d’Italia. Fu inoltre insignito della Croce d’oro con corona per anzianità di servizio, nominato Cavaliere dei Santi Maurizio e Lazzaro e Commendatore della Corona d’Italia e fregiato delle medaglie commemorative delle guerre di Libia e d’Italia. Numerosi furono gli atti di valore da lui compiuti. Alla fine di luglio del 1916, ritornando in Italia dalla Tripolitania, era sul piroscafo Letimbro che fu silurato: vagò con una piccola imbarcazione per quattro giorni nel Mediterraneo e venne poi raccolto da una nave francese. Nella prima guerra mondiale, dal 1° agosto 1916 a tutto l’armistizio militò con la Brigata Regina prima e con la Brigata Pallanza poi. La prima delle due medaglie d’argento fu da lui ottenuta a San Grado di Merna, la seconda gli fu concessa sul campo a Dosso Faiti (battaglia dell’agosto 1917), una croce di guerra al valore militare si guadagnò in Libia e l’altra per la grande offensiva finale, il 4 novembre 1918. Nel 1926 fu promosso Generale comandante la 15a Brigata di Fanteria in Pola.
FONTI E BIBL.: Il generale Bruni, in Gazzetta di Parma 28 dicembre 1926, 3.
Parma 1745
Fu notaio in Parma nell’anno 1745.
FONTI E BIBL.: V. Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, Appendice 1, 1935, 439.
Nociveglia 21 dicembre 1856-Modena 14 aprile 1926
Figlio di modesti proprietari terrieri, fu dal 1866 alunno del Seminario di Bedonia, in diocesi di Piacenza, poi, dal 1878 del Collegio Lombardo di Roma, ove ebbe come condiscepolo A. Ratti. Nel 1880 conseguì la laurea in teologia con lode. Rientrato a Piacenza, dove era stato ordinato sacerdote il 2 aprile 1879 dal vescovo G.B. Scalabrini, fu destinato come insegnante di teologia morale al Seminario di Bedonia, del quale divenne rettore nel 1884. Divenuto rettore nel 1892 del Seminario di Piacenza, il 20 settembre 1900 fu nominato da papa Leone XIII arcivescovo di Modena e abate di Nonantola. Entrato in Modena nel marzo 1901, la sua austerità non fu da tutti compresa. L’aver approvato alcune proposte del comitato per i restauri del Duomo, non condivise dal Capitolo, l’essersi appoggiato ad alcuni sacerdoti giovani e la severità di attuazione del sinodo, promulgato nel Natale 1903, gli alienarono l’animo di moti. Ma quando, negli anni 1903-1905, un suo beniamino apostatò e alcuni sacerdoti furono tacciati di modernismo, si mostrò non solo superiore forte e inflessibile, ma pastore sollecito e comprensivo. Del suo zelo pastorale sono prova, oltre al citato sinodo, la celebrazione dell’850° anniversario della traslazione del corpo di San Geminiano, il 1° Congresso Eucaristico Emiliano del 1913, i restauri della sua chiesa metropolitana e dell’abbazia di Nonantola, l’erezione (1923) del Tempio ai Caduti in onore di San Giuseppe (per quest’opera il Bruni fu premiato con la commenda della Corona d’Italia), la consacrazione di 58 chiese parrocchiali e, soprattutto, la sua prodigiosa generosità verso tutte le miserie. Nel campo culturale e sociale fondò e finanziò una scuola di religione per i giovani studenti, appoggiò i circoli universitari (i primi due presidenti nazionali della FUCI furono due modenesi: F.L. Ferrari e G. Casoli), incoraggiò le prime associazioni delle Donne cattoliche della Gioventù femminile e aiutò i parroci di pianura e di montagna a diffondere le casse rurali. Accettò per tali opere la collaborazione anche di amministrazioni comunali politicamente avverse, senza mai cedere, però, all’indipendenza della sua Chiesa. Quando l’amministrazione del Comune di Fiumalbo credette di potersi ingerire nel governo del locale seminario, il Bruni preferì chiuderlo e iniziare una lite giuridica che si risolse dopo nove anni, nel 1916, con piena soddisfazione dei suoi diritti. Quando poi qualche sacerdote venne fatto oggetto di accuse, specie nell’immediato dopoguerra, egli li esortò a difendere il loro nome e le loro opere. La sua fermezza ed equità rifulsero nel XX Congresso Cattolico Italiano tenutosi in Modena dal 9 al 13 novembre 1910. Seppe contemperare tradizioni e desideri di novità con tale successo da meritare una lettera di approvazione e di elogio dallo stesso papa Pio X. Quando, tre anni dopo, l’onorevole C. Gallini, deputato radicale della montagna modenese (il Frignano), stava per presentare alla Camera dei Deputati, in qualità di relatore, una legge che avrebbe reso obbligatoria la precedenza dell’atto civile su quello religioso per il matrimonio, nello stesso Frignano si raccolsero circa diciottomila firme contro tale progetto e di esso non si parlò più. Il Bruni volle apprezzare le intenzioni del fascismo nelle sue diocesi, ma protestò subito contro le nuove prepotenze e ingiustizie e fece intitolare il primo circolo giovanile fondato nel 1922 ad A. Baraldini, socio della Gioventù Cattolica, ucciso dai fascisti il 17 agosto 1921. Fu confondatore delle Figlie del Sacratissimo Cuore di Gesù di Modena, insieme con monsignor Luigi Boni: il Bruni incoraggiò e benedisse l’opera e diede la prima approvazione dello schema del nuovo istituto (19 maggio 1924), confortandolo anche in seguito, finché visse, con l’appoggio più fattivo e concreto. Il 25 giugno 1925 consacrò la nuova chiesa del Cuore Eucaristico, nel rione La Sacca, con annessa la casa-madre delle suore, che però iniziarono la vita comune un anno dopo la morte del Bruni (8 dicembre 1927). La sua salma fu trasportata nel tempio monumentale di Modena il 13 aprile 1932.
FONTI E BIBL.: Pastorali e discorsi del Bruni sono reperibili nel Bollettino del Clero, dal 1912, e nei giornali cittadini; si veda anche Il Sinodo, Tipografia Immacolata Concezione, Modena, 1903. Sulla sua opera e sui suoi tempi: E. Menzani e G.B. Pranzini, In memoria di sua eccellenza monsignor Bruni Natale, Piacenza, 1926; A. Rabetti, Vita di monsignor Natale Bruni, Tipografia Immacolata Concezione, Modena, 1945; F. Manzotti, Sul modernismo del periodico modenese “La Ghirlandina”, in Atti dell’Accademia Nazionale di Scienze, Lettere ed Arti di Modena, s. VI, vol. V, 1957; A. Barbieri, Modenesi da ricordare. Ecclesiastici, Mucchi, Modena, 1969, 30-39. Confronta infine A. Marani, Cultura e religiosità a Modena negli anni della giovinezza di F.L. Ferrari, in F.L. Ferrari a cinquant’anni dalla morte, Storia e Letteratura, Roma, 1983, 215-238; Archivio della curia di Modena; Archivio delle Figlie del Ss. Cuore di Gesù, La Sacca; L. Meluzzi, Gli arcivescovi di Modena, Modena, 1971; Dizionario Istituti di Perfezione, I, 1974, 1603; F. Molinari, Modernismo e antimodernismo in una città di provincia: Piacenza, in Mezzadri-Molinari, Il modernismo a Piacenza, Piacenza, 1981, 18; lo stesso studio si trova in Religion et culture dans la cité italienne, Bulletin du CIRI, 1981, 172; L. Bedeschi, Il modernismo e Romolo Murri in Emilia Romagna, Parma, 1967, 253-265; G. Pistoni, in Dizionario storico del Movimento cattolico, III/1, 1984, 135-136; F. Molinari, in Dizionario Biografico Piacentino, 1987, 53-54.
Parma 1842-1903
Fu letterato, pedagogista, poeta, drammaturgo, direttore didattico della Scuola normale femminile in Parma e della Scuola normale maschile G. Capponi di Firenze.
FONTI E BIBL.: F. da Mareto, Bibliografia, I, 1973, 108.
Parma 1758/1765
Fu nominato bargello il 20 aprile 1758, poi custode delle carceri di Parma il 19 novembre 1765.
FONTI E BIBL.: V. Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, Appendice 1, 1935, 439.
Parma 11 febbraio 1809-Torino 4 aprile 1880
Figlio di Tommaso, dottore, e di Lucrezia Colla. Laureato in giurisprudenza, prese parte in Parma alla rivoluzione del 1831. Fu membro dell’Anzianato di Parma l’11 aprile 1848 quando fu nominato il governo provvisorio. Domate le sollevazioni, entrò nella carriera giudiziaria del Ducato, prima (2 aprile 1834) come segretario della procura, poi come assessore, vice procuratore e giudice del tribunale civile e criminale di Parma e infine (1852-1854) come vice Presidente del tribunale di Piacenza. Tornò a Parma (1854) in qualità di consigliere della regia Corte. In questa veste, presiedendo la sezione criminale, diresse il processo dell’assassinio del duca Carlo di Borbone e non esitò, contro il desiderio del governo, ad assolvere tutti gli accusati per insufficienza di prove (le prove addotte contro gli accusati si basavano, si può dire in modo esclusivo, sulle rivelazioni di alcuni miserabili, quasi certamente appositamente assoldati, i quali tutti ritrattarono al momento dell’udienza). Dopo il 9 giugno 1859 e la partenza della duchessa Luisa Maria di Borbone, fece parte col conte Girolamo Cantelli e l’ingegnere Evaristo Armani, del governo provvisorio. Venuto ad assumere il governo delle Province parmensi il Farini, tenne dal 20 settembre 1859 la direzione del dicastero di grazia, giustizia e culti. Nominato consigliere della suprema Corte di revisione parmense, una volta che questa fu soppressa, nel 1861 passò a far parte della Corte d’Appello di Parma. In questa sua qualità presiedette la Corte di Assise di Parma e Piacenza e guidò nei suoi primi passi l’istituto della giuria. Fu consigliere anziano del Comune di Collecchio tra il 1848 e il 1869. Nel 1869, al tempo dell’introduzione della tassa sul macinato, prese posizione nel consesso civico di Collecchio contro quell’iniqua imposta. Quando fu offerta la cittadinanza onoraria di Parma a Giuseppe Verdi, nel 1872, era membro del consiglio comunale di Parma. Nel 1872 il Bruni ottenne la promozione alla Corte di Cassazione di Torino.
FONTI E BIBL.: G.B. Janelli, Dizionario biografico dei parmigiani illustri, Parma, 1880, 34-41; E. Michel, in Dizionario del Risorgimento Nazionale, Milano, 1930; F. Ercole, Uomini Politici, 1941, 234; U. Delsante e R. Barbieri, Collecchio, storia e immagini d’altri tempi, Collecchio, 1978, 98; F. Bernini, Storia di Parma, Parma, 1954; I. Zanni Rosiello, L’unificazione politica e amministrativa nelle province dell’Emilia, (1859-1860), Milano, 1965; Malacoda 8 1986, 41.
Parma 1698
Il 14 maggio 1698 fu eletto bargello di Parma.
FONTI E BIBL.: V. Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, Appendice 1, 1935, 439.
Parma 15 giugno 1779-1840
Figlio di Pietro e Vittoria Pianforini. Laureatosi all’Università di Parma in ambo le leggi nel 1804, intraprese la carriera giudiziaria nella città natale, diventando prima Presidente del Tribunale di Commercio e infine pretore a San Secondo. Sposò nel 1808 Lucrezia Colla. Della sua vita pubblica si può dire ben poco se non che fu tra i soci fondatori de Il Gabinetto Letterario di Parma, sorto nel 1815 quale trasformazione di una precedente società, anch’essa a carattere letterario, intitolata ad Angelo Mazza e fondata nel 1813, tra gli altri, dal Bruni stesso. Probabilmente fu proprio questo suo restare appartato il motivo per cui sono praticamente inesistenti, al suo riguardo, le testimonianze dei contemporanei e non. Inoltre una grave malattia lo costrinse a letto dal 1824 alla morte, impedendogli ogni possibilità di lavoro. Il Bruni, che subentrò all’Adorni nell’ottobre 1820, resse l’incarico di compilatore della Gazzetta di Parma solamente per due mesi, fino al 27 dicembre 1820: un periodo troppo breve per aver lasciato un’impronta all’interno del giornale. Forse la sua direzione ebbe, più che altro, il carattere di una supplenza, dal momento che l’Adorni lasciò l’incarico senza permesso perché divenuto professore all’Ateneo parmense: in una lettera del direttore della tipografia ducale, Luigi Mussi, al presidente dell’Interno si dice chiaramente che il Bruni accettò l’incombenza per tutto quel tempo che potrà abbisognare. È sintomatico, del resto, che questo breve periodo alla direzione del giornale non sia nemmeno accennato nello schizzo biografico del Bruni, alquanto encomiastico e celebrativo, steso da Michele Leoni. Il Bruni fu anche letterato e poeta.
FONTI E BIBL.: Al Dr. Tommaso Bruni in Parma, in M. Leoni, Prose, Parma, Ferrari, 1843, 273-276, 385-387; F. da Mareto, Bibliografia, II, 1974, 175-176; Aurea Parma 2 1991, 129-130.
BRUNO, vedi CAMPANINI PIETRO
Torino 30 novembre 1885-Parma 16 febbraio 1968
Si trasferì prestissimo a Parma, senza più allontanarsene. Decorato al valore militare e insignito della medaglia mauriziana e della commenda dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, il Bruno dedicò oltre mezzo secolo della sua vita al servizio militare pervenendo infine al grado di generale. Il suo curriculum iniziò con la guerra italo-turca e proseguì con la partecipazione alla prima guerra mondiale, a quella italo-etiopica e infine alla seconda guerra mondiale. Il Bruno prese parte ai quattro conflitti prima al comando di reparti di bersaglieri e quindi di fanteria. A Parma fu insegnante dal 1920 al 1925 alla Scuola di applicazione, ove tornò successivamente, dopo alcuni anni trascorsi a Modena. Dalla Scuola di applicazione passò al reggimento di stanza. Durante la seconda guerra mondiale, fu dal 1940 al 1942 sovraintendente ai servizi di protezione antiaerea. Posto in congedo dopo cinquant’anni di ininterrotta attività, gli venne conferita dal Presidente della Repubblica la medaglia mauriziana.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 17 febbraio 1968, 4.
BRUNO LINA, vedi BALESTRIERI LINA
BRUNO, vedi anche DEL BRUNO
BRUNORO PIETRO, vedi SANVITALE PIETRO BRUNORO
1924-Chiavari 24 luglio 1999
Il suo nome è legato alla commercializzazione dei funghi, settore in cui fu un vero e proprio leader grazie all’azienda omonima. La ditta Bruschi Borgotaro risulta essere stata la più vecchia azienda, con queste caratteristiche, d’Italia e una delle prime d’Europa. Nacque infatti nel 1890, grazie al nonno materno del Bruschi, Lorenzo Spagnoli. Nel 1922 subentrò il padre Lazzaro e nel 1974 divenne la Bruschi Borgotaro, più tardi gestita (dopo che il Bruschi era andato in pensione) da una delle due figlie, la maggiore, Isabella, e dal genero Giuseppe Procida. Dal 1992 l’avviato opificio valligiano entrò in società con la ditta Ponti. Negli anni Settanta il Bruschi fu artefice e protagonista di un formidabile sviluppo nel settore. La sua fu inoltre la prima ditta a effettuare, già agli inizi del Novecento, una rilevante esportazione di funghi secchi di Borgo Taro in America e Argentina. La sua azienda arrivò ad avere anche ottanta dipendenti. Morì in seguito a un arresto cardiocircolatorio. La salma fu trasportata nel capoluogo valtarese e tumulata nel locale cimitero.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 28 luglio 1999, 19.
Carniglia di Bedonia 1793-Piacenza 1863
Compiuti gli studi ecclesiastici nel Collegio Alberoni di Piacenza (1814-1822), esercitò la cura d’anime in varie parrocchie. Nel 1836 come parroco di Lugagnano si prodigò con dedizione per i colerosi, ricevendo la medaglia d’argento destinata ai benemeriti della salute pubblica. Diede poi un contributo efficace alla fondazione del Seminario di Bedonia. Trasferito in San Savino di Piacenza, legò il suo nome all’opera di restauro della chiesa: vennero tra l’altro eliminati gli intonaci delle colonne e dei capitelli, che erano una sovrastruttura del secolo XVI. Fu ostile ai gesuiti perché li riteneva reazionari e sottoscrisse l’indirizzo Passaglia, con cui il clero patriottico chiese a papa Pio IX di risolvere la questione romana rinunciando spontaneamente allo Stato Pontificio.
FONTI E BIBL.: L. Mensi, Appendice, Piacenza, 1890, 23; L. Squeri, I cento anni del Seminario Vescovile di Bedonia (1846-1946), Parma, 1946; F. Molinari, in Dizionario Biografico Piacentino, 1987, 54.
BRUSCHI NINO, vedi BRUSCHI GIOVANNI
1815-Soragna 25 maggio 1884
Discendente da una famiglia patrizia francese originaria di Dijon, giunta a Parma nel XVIII secolo al seguito dei Borbone. Dottore in legge e notaio in Soragna, fu dapprima consigliere comunale e poi provinciale (1860), assessore municipale (1870) e pretore di Soragna. Liberale di pensiero e filantropo nell’azione, fu sempre pronto a farsi partecipe di iniziative benefiche e umanitarie. A lui si deve la fondazione della Società operaia di mutuo soccorso di Soragna, di cui fu per molti anni attivo Presidente. Analoga carica tenne a lungo nella Filarmonica di Soragna e molto si adoperò per l’erezione dell’Asilo Infantile Vittorio Emanuele II. Morì all’età di 86 anni, colpito da apoplessia mentre si trovava nell’abitazione dell’arciprete di Samboseto, del quale stava rogando l’atto testamentario.
FONTI E BIBL.: B. Colombi, Soragna. Feudo e Comune, 1986, II, 276.
BUATIER DE MONGEOT FRANCESCO, vedi BUATIER DE MONGEOT FRANÇOIS
Digione 1755
Presso la Corte ducale di Parma fu cavallerizzo di campo onorario, Capitano di Fanteria, Comandante della Reale Balestreria e ingegnere militare, e a lui si deve la progettazione delle fortificazioni nella Cittadella di Parma. Dal duca Filippo di Borbone ottenne, nel 1755, la nomina a ispettore generale delle Cacce di Parma, Piacenza e Guastalla.
FONTI E BIBL.: B. Colombi, Soragna. Feudo e Comune, 1986, II, 276.
Reggio Emilia 1894-Soragna 25 dicembre 1969
Laureatosi in chimica (1924), fu condirettore per oltre quarant’anni della Fidenza Vetraria e figura di spicco della vita soragnese. Capitano e poi Tenente Colonnello del 5° Reggimento Alpini nel primo conflitto mondiale, ferito di guerra (Adamello) e decorato con due medaglie d’argento al valor militare e una croce di guerra, fu appassionato studioso e cultore di storia, nonché collezionista di armi antiche da taglio e da fuoco. Cavaliere dell’Ordine di San Luigi di Francia, fu tra i soci fondatori della Famiglia Soragnese.
FONTI E BIBL.: Si è spento a Soragna il N.H. Leopoldo Buatier de Mongeot, in Gazzetta di Parma 27 dicembre 1969; F. da Mareto, Bibliografia, II, 1974, 177; B. Colombi, Soragna. Feudo e Comune, 1986, II, 277.
Parma 1694/1718
Insegnò medicina all’Università di Parma tra il 1694 e il 1718. Consentì con le idee propugnate dal Sacco nella sua scuola, diede la sua opera a diffonderle e ne continuò i metodi.
FONTI E BIBL.: Aurea Parma 1 1931, 16.
San Lazzaro Parmense 16 giugno 1913-Vientas Campesino 10 settembre 1938
Nacque da Aristide e Angiolina Cavagni. Operaio, appartenne a famiglia di antifascisti legati alla tradizione sindacalista deambrisiana. Si mise in mostra, fin da giovanissimo, per la sua coraggiosa opposizione al regime fascista: fu l’unico della sua classe a rifiutare il servizio premilitare. Chiamato sotto le armi nel 1933, nell’estate 1936 si trovava di stanza a Mogadiscio, in Abissinia (da qui il soprannome che ebbe in Spagna) dove lo raggiunse la notizia della sollevazione franchista. Abbandonato il reparto, compì un viaggio avventuroso fino a Gibuti, dove si imbarcò su una nave francese raggiungendo Aden e di là, su una nave inglese, Marsiglia, proseguendo poi fino a Parigi. In data imprecisabile, ma compresa tra il maggio e il luglio 1937, entrò in Spagna e si arruolò nella Brigata Garibaldi ad Albacete. Inquadrato nel 2° Battaglione, 2ª Compagnia, ebbe il grado di caporale telemetrista. Il 16 febbraio 1938 riportò tre ferite a Ferlete e a Campillo (Estremadura) durante azioni dietro le linee nemiche. Cadde in combattimento nell’ultima offensiva repubblicana sul fronte dell’Ebro.
FONTI E BIBL.: L. Arbizzani, Antifascisti in Spagna, 1980, 47-48; T. Marcheselli, Strade di Parma, I, 1988, 99.
Marano 1821-Parma 2 agosto 1899
Figlio di un fabbro ferraio, sino a dieci anni lavorò col padre, poi diventò garzone fornaio. Riuscì comunque a formarsi una discreta istruzione. Quando le condizioni economiche della sua famiglia peggiorarono, tentò la sorte entrando nelle milizie di Maria Luigia d’Austria. Alla morte della Duchessa (1847), il Bucci era Luogotenente di Fanteria e come tale partecipò colle truppe parmensi alle guerre del 1848 e 1849, che Carlo Alberto di Savoja intraprese contro l’Austria. Costrettovi dalla necessità di guadagno, servì poi il governo di Carlo di Borbone e quello della Duchessa reggente, senza per altro perdere la stima dei liberali parmigiani, che ben conoscevano i suoi veri sentimenti. Carlo di Borbone, sapendo che il Bucci possedeva sufficienti cognizioni di matematica e d’ingegneria militare, gli affidò nel 1850 l’insegnamento di varie discipline nella scuola dei cadetti. L’anno dopo egli entrò nella scuola d’applicazione del Genio Militare del Regno di Napoli, ove stette più di due anni. Lì ebbe la soddisfazione di vedere preferito un suo progetto, tra i diversi presentati a concorso, per la costruzione di due batterie colle relative polveriere e i magazzini per le scorte, sul fronte mare della fortezza di Gaeta: il Re ordinò che a lui fosse anche affidata la direzione dell’opera da costruirsi. Tornato a Parma, gli furono affidate altre costruzioni militari e civili. Il 3 maggio 1859 il Bucci fu imprigionato dal governo borbonico, espulso dalle truppe parmensi e quindi condotto al confine, sotto l’accusa di cospirazione militare. Il 9 giugno il popolo insorse e il governo borbonico abbandonò il Ducato: al Bucci vennero ridati tutti gli uffici e i gradi, compreso il comando del Genio, che egli aveva ottenuto nel 1858. Venne poi destinato al Dipartimento di Spezia e poco dopo si trasferì, conservando il grado di maggiore, al Genio Civile. Il governo italiano gli conferì la carica d’ingegnere capo di prima classe. Gli furono affidati gli studi e la costruzione delle strade ferrate calabre e diresse poi per tredici anni il Genio Civile della provincia umbra, quindi, per breve tempo, quello di Genova. In seguito fu nominato direttore supremo e generale di tutti gli edifici carcerari del Regno, alle dipendenze del Ministero dell’Interno. Furono opera del Bucci il carcere giudiziale e penale femminile in Perugia, quello giudiziale di Spoleto, il reclusorio d’Orvieto, il carcere in Piacenza, il carcere di Regina Coeli in Roma, la casa di pena delle Mantellate, i due sifilicomi di Perugia e di Roma e la casa di custodia a Tivoli. A Parma ridusse vari conventi in caserme, macello e ospedale militare. Tra le altre, pubblicò le seguenti opere: Il lavoro carcerario in relazione al lavoro libero (1890), I pensieri sulle principali opere di fortificazione d’Europa (1860), Il Pantheon ridotto alla sua primitiva forma e destinata a Necropoli dei Re d’Italia, Le mura di Brescia, Memoria sugli art. 537, 538, 539 del codice civile e art. 100 e 162 op. pub. (1883). Ricevette diversi ordini cavallereschi e onoranze accademiche.
FONTI E BIBL.: A. Pariset, Dizionario biografico, 1905, 15-17.
Parma 1 gennaio 1858-
Le notizie che la riguardano sono riportate soltanto dal Bettòli e non hanno trovato riscontro in nessuna altra sede. Studiò contrappunto con Giovanni Rossi. Dopo un concerto a Roma fu nominata accademico di Santa Cecilia e ad Arezzo diventò socia della Società Filarmonica. A Firenze suonò durante le cerimonie commemorative di Bartolomeo Cristofori. Pubblicò diverse composizioni.
FONTI E BIBL.: G.N. Vetro, Dizionario. Addenda, 1999.
Parma 11 ottobre 1857-
Figlia di Filippo e Adele Facino. Fu una egregia dilettante di pianoforte. Si produsse a Roma nell’Accademia di Santa Cecilia, che la elesse sua accademica di merito. Ad Arezzo fu accolta socia onoraria e premiata di medaglia da quella Società filarmonica. Prese parte alla commemorazione fatta a Firenze del riformatore del pianoforte Bartolomeo Cristofori. Col maestro Giovanni Rossi studiò armonia e contrappunto. Pubblicò vari lavori musicali.
FONTI E BIBL.: P. Bettoli, Fasti musicali, 1875, 179-180.
Fontanellato 1893/1916
Fabbro. Fornì tutti gli elementi decorativi e strutturali in ferro per il restauro della chiesa di Santa Croce di Fontanellato, progettati da Lamberto Cusani.
FONTI E BIBL.: Gli anni del Liberty, 1993, 155.
Parma 1632/1654
Fu tra i musici della Steccata di Parma nella lista del 30 aprile 1632 quale suonatore di trombone. Insieme ad altri musici, per aver trascurato il servizio alla Steccata, fu licenziato il 20 maggio 1633. Venne poi riammesso, e infatti lo si trova tra i musici ancora il 12 gennaio 1634. Prestò molte volte la sua opera nelle funzioni più solenni alla Cattedrale di Parma fino alla Pasqua del 1635. Restò molti anni ancora alla Steccata, certamente fino al 23 ottobre 1654.
FONTI E BIBL.: N. Pelicelli, Musica in Parma, 1936, 94.
BUCCONI CARLO, vedi BOCCONI CARLO
Parma 1839
Fu Tenente delle guardie di finanza del Ducato di Parma e Piacenza. Il 17 novembre 1839, assieme ai commilitoni Giovanni Squarza e Pietro Manfredini, mise in salvo oltre cento abitanti del villaggio di Bosco Tosca, nel Comune di Castel San Giovanni, che l’inondazione causata dalla rottura di un argine del Po aveva completamente sommerso. Maria Luigia d’Austria decretò al Bucella la medaglia d’oro dei Benemeriti del Principe e dello Stato e gli fece assegnare una ricompensa di 250 lire nuove.
FONTI E BIBL.: G.B. Janelli, Dizionario biografico dei Parmigiani, 1884, 8-9.
Borgo Taro 8 marzo 1825-Borgo Taro 11 agosto 1884
Dopo gli studi ginnasiali, studiò musica con il maestro Lamberti e si dette all’attività concertistica. Nel 1840 si trasferì a Parma per studiare composizione con Giuseppe Alinovi. Il 6 marzo 1846 accompagnò Bazzini in un concerto al Teatro Ducale di Parma. Nel giugno 1847 fu nominato accompagnatore dei concerti di Corte e nel 1851 queste mansioni furono estese alle prove degli spettacoli al Teatro Regio. Dal 1847 al 1850 insegnò pianoforte ai fanciulli ricoverati nella Casa di Provvidenza di Parma. Dal 12 giugno 1864 al 31 gennaio 1868, fu maestro di pianoforte alla Regia Scuola di Musica di Parma, dove ebbe come allievo Italo Azzoni. Nel 1867 rinunciò alla cattedra, in quanto aveva un gran numero di allievi particolari delle migliori famiglie: Albertina Sanvitale gli dedicò un Galop di concerto per pianoforte e Stefano Sanvitale un Capriccio, mazurka per pianoforte. Nel 1878 insegnò al Collegio Taverna di Parma. Nel 1884 fu maestro nel Regio Collegio Sant’Orsola di Parma. Fu un prolifico compositore di musiche da salotto, in specie per pianoforte. Pubblicò, per pianoforte solo (casa editrice Lucca di Milano): Brezza parmense, Delizie, Divertimenti eleganti, L’elegante pianista, Fantasia elegante, Fantasiette brillanti, Reminiscenze, La campana del mattino (casa editrice Ricordi), Tripudio veneto (Ricordi) Saluto filiale (casa editrice Canti di Milano), Pensiero melodico (casa editrice Cattaneo di Torino). Con la casa Giudici e Strada di Torino: L’addio del volontariato, L’aurora, Capriccio, La corsa dei cavalli, Delizie, Divertimento capriccio, Due divertimenti brillanti, Duolo e amore, Fantasia, Galop di concerto, Ghiribizzo alla mazurka, Gioia e dolore, Una lagrima, Lamento in morte della moglie, Notturnino, Notturno appassionato, Un’ora di felicità, Pianto sulla tomba della contessa Albertina Sanvitale, Reverie, Ricordo della Spezia, Sei mosaici, Sei trascrizioni brillanti, Serenata, Tarantella; Litografia Corsini di Parma: Divertimento carnevalesco, Elegia in morte dell’amico Stefano Campanini, Mazurka, Pensiero elegiaco, Polka-Scottisch, Reverie; Litografia Vigotti di Parma: I cacciatori scozzesi, Clelia, Presa di Romarsuna, Schotis; per pianoforte a 4 mani casa editrice Giudici e Strada di Torino: Albertina, Composizione musicale, Divertimento, Due divertimenti, Due divertimenti, Maria, Nove mosaici non difficili, Raccolta di divertimenti eleganti e non difficili, Rose con poche spine, Rose senza spine, Sei divertimenti brillanti e non difficili, Sei piccoli concerti, Sei ricreazioni facili e brillanti, Sogni felici; per 2 pianoforti a 4 mani ciascuno (casa editrice Giudici e Strada): Divertimento, Ghiribizzo, Rimembranze; per pianoforte (casa editrice Giudici e Strada): Prontuario dei toni, tempi ed arpeggi per pianoforte, Nuovo metodo, Primi dodici studi, Quindici studi, Esercizi per pianoforte, Quattro studi ed esercizi preparatori, Studio e diletto, esercizi, Utilità e diletto, Il piccolo concertista; per canto e pianoforte (casa editrice Giudici e Strada): L’artigiano, Coro di ringraziamento, Coro festoso di giovinette, L’esule, Eterno amore, Inno a San Luigi, Musica e canto, Per la morte di Antonietta Cordero, Preghiera e ringraziamento, I volontari. Inoltre pubblicò, sempre con Giudici e Strada Canto d’amore, romanza per voce con flauto concertante e pianoforte, su parole di G. Trespioli e Mazurka, per flauto, violino e pianoforte.
FONTI E BIBL.: P.E. Ferrari, Spettacoli drammatico-musicali, 1884, 231; L. Mensi, Dizionario biografico dei Piacentini, 1899, 93-94; C. Schmidl, Dizionario universale musicisti, 3, 1938, 132; Banda della Guardia Nazionale, 1993, 88-89.
BUCETI, vedi BOCETI
BUDLO, vedi LANDI PRIMO
Parma 1745
Disegnatore, appartenente a una nobile famiglia. Fu attivo nel 1745.
FONTI E BIBL.: P. Zani, Enciclopedia metodica di belle arti, 5, 1820, 98.
Parma 1750
Disegnatore, appartenente a una nobile famiglia. Fu attivo nel 1750.
FONTI E BIBL.: P. Zani, Enciclopedia metodica di belle arti, 5, 1820, 98.
BUFFETTO, vedi CANTÙ CARLO
1841-Parma 9 aprile 1887
Fece le campagne risorgimentali del 1860-1861 e 1866. Fu decorato della menzione onorevole.
FONTI E BIBL.: G. Sitti, Il Risorgimento Italiano, 1915, 162.
BUI, vedi BUJ
BUISARDI GILBERTO, vedi BAJARDI GIBERTO
Parma 1586/1626
Pittore quadraturista. Le notizie relative al Buj sono molto scarse ma si possono ricavare da varie fonti documentarie, alcune delle quali citate da Scarabelli Zunti. Il Buj appartenne a una famiglia di muratori che dal 1567 al 1576 operò nella Chiesa dei Padri Serviti di Parma. Assieme ad Alfonso Paganino e Aurelio Bertoja fu pagato il 14 febbraio 1586 per lavori al catafalco della Duchessa Margherita d’Austria. I primi pagamenti per il Buj da parte dei serviti avvennero invece il 3 ottobre 1588 per la Madona fata in cima de la schalla e il 26 luglio 1598 per havere depinti otto staleti et quatro tavoloti di piopa. L’8 dicembre 1600 il Buj venne pagato per la pittura fatta nella scuola grande dello studio di Parma (Archivio di Stato di Parma, Archivio del Comune, Lista dei mandati dello Studio di Parma). Dal 1605 al 1626 si trovano indicati pagamenti al Buj per pitture eseguite in occasione dell’apparato per le quarant’ore (Archivio di Stato di Parma, Archivio del Comune, Conventi e Confraternite, Confraternita delle Cinque Piaghe, serie CLXXVI, mazzo 9 dal 1572 al 1690). Il 15 luglio 1605 il Buj venne pagato dal Duca di Parma per bandirolle di zendalo indorate et inargentate e il 31 ottobre 1609 per aver collaborato con il Baglione in dipinger arme per l’esequie del Illustrissimo Signor Conte Nicolò Cesis (Archivio di Stato di Parma, Raccolta manoscritti, Spoglio di fili correnti, pittori, b. 51). Il 4 agosto 1617, nell’aprile del 1621 e il 23 maggio 1624 il Buj venne pagato dal Comune per diversi altri lavori (Archivio di Stato di Parma, Archivio del Comune, Cartone Ragioneria, Ordinazioni diverse, 1610-1624).
FONTI E BIBL.: Aurea Parma 2 1991, 154; E. Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, IV, 65.
BUJ BERNARDO, vedi BUJ BERNARDINO
Parma 1571/1626
Fu pittore figurista e indoratore. Tra la fine del XVI e gli inizi del XVII secolo è documentato insieme al parente Bernardino Buj in qualità di decoratore stipendiato di Corte di Ranuccio Farnese (Archivio di Stato di Parma, Mastri Farnesiani).
FONTI E BIBL.: E. Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane; P. Zani, Enciclopedia metodica di belle arti, 5, 1820, 104.
Parma 11 agosto 1795-Parma 1879
Figlio di Alessandro e Domenica Ferrari. Sacerdote, fu scelto per il Consorzio dei cento uomini addetti alla Cattedrale di Parma.
FONTI E BIBL.: Epigrafi della Cattedrale, 1988, 101.
BUJO, vedi BUJ
Parma 1243/1254
Frate francescano, fu tra i familiari della Corte di papa Innocenzo IV. Accompagnò il Pontefice nel viaggio da Lione a Roma. Durante il tragitto Innocenzo IV volle sostare a Ferrara. Prima di entrare in città, mandò il Bujolo al Convento dei Francescani, con l’invito di uscire a riceverlo e di tenergli compagnia per il tempo che si sarebbe fermato. Di quali doti fosse fornito il Bujolo non è dato sapere. È lecito però supporlo dotto e pio, dal momento che fu particolarmente benvoluto dal Papa e dalla Corte pontificia.
FONTI E BIBL.: G. Picconi, Uomini illustri francescani, 1894, 323-324.
BULEN, vedi MASSARI ELEUTERIO
Parma 1830/1831
Fu Tenente del Reggimento Maria Luigia in Parma. Dopo i moti del 1831 fu inquisito. La sua scheda segnaletica riporta il seguente testo: Costui tiene una sorella di nome Teresa al servizio dell’Ingegnere Siro Leva, direttore della strada militare dello Stelvio, dimorante a Varenna (lago di Como). Il Bunel in gennaio 1830 si portò a Varenna a visitare la sorella accompagnato da un individuo che tutte le apparenze indicavano un suo domestico, portando persino un cappello di livrea. Persuase il S. Leva che aveva bisogno d’inviare il suo domestico a Lugano per dar passo a qualche suo affare, al che il Leva si prestò di buona fede dirigendo a Lugano con apposita guida il fuggiasco Vincenzo Bruni di Parma, il quale appena arrivato a Lugano spiegò carattere e si è veduto festeggiato da tanti altri fuggiaschi che là si trovavano a quell’epoca. Questo Bruni ha sposato ora una cognata del Segretario di Stato del Cantone Ticino Franscini. Risulta però da notizie indubbie che l’individuo creduto Vincenzo Bruni è invece Stanislao Ruosi di Reggio, già Segretario dei Banchieri Spaletti Trivelli, verso i quali deve aver mancato di fedeltà. Giuocatore da vantaggio, cattivo in politica e in morale.
FONTI E BIBL.: O. Masnovo, Patrioti del 1831, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1937, 146.
Parma 9 giugno 1786-
Figlio di Carlantonio. Nel 1806 fu al servizio della Francia. L’anno seguente fu promosso caporale. Prese parte alle campagne di Germania (1813), d’Italia (1814, fu ferito e ottenne la promozione a Sottotenente) e di Francia (1815). Nel 1815 entrò a far parte del Reggimento Maria Luigia.
FONTI E BIBL.: E. Loevison, Ufficiali, 1930, 18.
BUONAFEDE VITALE, vedi VITALI BUONAFEDE BONAVENTURA IGNAZIO
Parma 1350/1368
Fonditore di campane operante nella metà del secolo XIV. Nella campana maggiore della chiesa parrocchiale di Lesignano de’ Bagni, scritto a caratteri gotici, si legge: in no.ie d.ni am.e bon Domenego de Parma me fec. MCCCLXIII. Altra sua più antica campana è quella della chiesa parrocchiale di Rivalta, fatta in società: MCCCLVIII. Dompnus Iohaninus et bonus dni.cus me fecer.ut. Della prima fece cenno il capitano Boccia nel suo itinerario (a carte 60) e venne pure pubblicata dal Pezzana nel secondo e terzo volume della sua Storia di Parma (1847, II, 168; III, 368). La campana di Lesignano si ruppe nel 1866 e ne fu fusa una nuova coll’opera dei fratelli Luigi e Giovanni Alfieri, sacerdoti parmigiani. Altra campana venne fusa nel 1350 dal Buondomenico per la chiesa di San Niccolò di Parma. Questa campana venne poi distrutta per ingrossare la campana maggiore del Duomo di Parma nell’Ottocento.
FONTI E BIBL.: E. Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, 1911, 56-57.
Parma seconda metà del XV secolo
Laureato in legge, fu Vicario di Parma. Viveva ancora verso la fine del XV secolo.
FONTI E BIBL.: R. Pico, Appendice, 1642, 30.
BURALI, vedi BURALLI
Parma seconda metà del XV secolo
Pittore indoratore operante nella seconda metà del XV secolo.
FONTI E BIBL.: E. Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, II, 76.
Parma seconda metà del XVIII secolo
Conte, dilettante di pittura. Fu attivo nella seconda metà del XVIII secolo.
FONTI E BIBL.: E. Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, VIII, 68.
Parma 1208/1209-Camerino 19 o 20 marzo 1289
Nacque da Alberto e da Antonia Bertani. Fu allevato da uno zio paterno, sacerdote e rettore dell’Ospedale di San Lazzaro in Parma, che lo fece studiare. Divenne in seguito maestro di logica nella sua città. Salimbene (p. 433) informa che, finché fu nel secolo, fu detto magister Iohanninus e aggiunse che ricevette anche l’appellativo di S. Lazzaro in ricordo del luogo in cui era stato allevato. Forse nel 1233, intorno ai venticinque anni, entrò nell’Ordine dei Frati Minori. Continuò gli studi e quindi insegnò a Parigi, Bologna e Napoli. Il 13 luglio 1247, nel capitolo generale tenuto a Lione, il Buralli, ormai celebre per la dottrina e la santità della vita, fu eletto ministro generale dell’Ordine in successione di Fra’ Crescenzio da Iesi. Non è possibile stabilire dove abbia studiato una volta entrato nell’Ordine, né quale titolo accademico abbia conseguito prima di diventare ministro generale. Salimbene scrive: magnus theologus fuit et magnus disputator. Parisius Sententias legit. In conventu Bononie lector fuit et in Neapolitano conventu multis annis (pp. 433 s.). Secondo la Chronica XXIV Generalium fu elevato al generalato de studio Parisiensi, ubi sententias legerat (p. 270) e in modo analogo si esprime il Chronicon XIV vel XV Generalium (p. 697). Per Bartolomeo da Pisa fu theologiae magister (pp. 512 e 523), per Tommaso da Eccleston fu lector, qui sententias cursorie legerat Parisiis (ed. 1951, p. 73), per Niccolò da Calvi fu doctor in theologia (p. 92), mentre secondo Angelo Clareno fu maestro di Bonaventura, poi dichiarato santo (p. 115). Risulta con certezza quindi che il Buralli fu baccalaureus sententiarum a Parigi, ma è probabile che sia stato magister regens (lector), giacché al momento della sua assunzione al governo dell’Ordine era universalmente stimato per la sua dottrina e aveva circa quantant’anni. Non è però possibile precisare dove e quando divenne reggente. Le testimonianze sembrano concordi, inoltre, nel ritenere che il Buralli al tempo dell’elezione insegnava a Parigi: se è così, nel testo in cui Salimbene indica i luoghi dove il Buralli tenne insegnamento (Parigi, Bologna e Napoli) non è da vedere l’indicazione di una successione cronologica. La notizia fornita da Salimbene (p. 254) secondo la quale il Buralli avrebbe rappresentato Crescenzio da Iesi, troppo vecchio per viaggiare, al concilio di Lione del 1245 (nel corso del quale fu condannato Federico II) non è esatta: rappresentante di Crescenzio fu Bonaventura d’Iseo, come è provato da una sua sottoscrizione (Edouard d’Alençon, Fr. Bonaventure d’Iseo vicaire du ministre général, in Etudes Franciscaines XXXIII 1921, pp. 519-528). Appena eletto generale, il Buralli indirizzò lettere di pace a quei frati che, nelle varie province, erano stati esiliati per ordine del suo predecessore. Erano infatti i tempi in cui, dopo il governo di frate Elia, i lassisti e i rigoristi si combattevano per l’interpretazione della regola. Crescenzio aveva ritenuto di essere imparziale e di salvare l’unità punendo come scismatici e distruttori dell’Ordine coloro che si mostravano troppo polemici. Il Buralli si preoccupò di visitare i suoi frati, sparsi nelle varie regioni d’Europa, cosa che non aveva precedenti nell’Ordine. Nel maggio del 1248 presiedette il capitolo provinciale di Oxford, nel giugno dello stesso anno fu in Francia, al capitolo provinciale di Sens, e qui incontrò Luigi IX in partenza per la crociata, a Parigi autorizzò Bonaventura all’insegnamento. Visitò poi la Borgogna e la Provenza. Agli inizi del 1249 venne richiamato dalla Spagna da papa Innocenzo IV. Giunto a Lione, il Papa lo incaricò di recarsi presso l’imperatore d’Oriente Giovanni III Ducas Vatatze di Nicea, per trattare l’unione della Chiesa greca con quella latina. Partito da Lione finita septimana paschali (Salimbene, p. 468), cioè dopo il 12 aprile (o anche dopo il 30 maggio, secondo il Roncaglia, p. 106), si avviò verso l’Oriente durante l’estate (luglio-agosto). Ivi convocò un sinodo a Ninfea, dove si svolsero le discussioni tra Greci e Latini. Dall’Oriente rientrò nell’estate del 1250, giacché nel settembre di quell’anno fu a Ragusa, dove, insieme con due componenti del suo seguito, Drugone e Bonaventura d’Iseo, sottoscrisse un atto notarile, e il 17 settembre fu a Praga, al capitolo provinciale (L. Wadding, Annales minorum, III, ad Claras Aquas, 1931, p. 365). La missione del Buralli rientrò nell’azione di Innocenzo IV, volta ad allacciare buoni rapporti con l’Oriente slavo e bizantino, per la quale spesso il Pontefice si servì di frati minori (Pisanu, p. 135). In questo caso sembra che l’iniziativa fosse partita da Maria, regina d’Ungheria e figlia di Vatatze, già in rapporti con il Papa. Da parte sua, l’imperatore Vatatze aveva buoni motivi per tentare un accostamento, circondato com’era da potenti vicini, con i più pericolosi dei quali, i Mongoli, il Papa era in buoni rapporti. Vatatze inviò quali nunzi presso il Papa due frati minori di Costantinopoli, Salimbene e Tommaso. Secondo Paolino da Venezia (in Golubovich, pp. 88 e 94) essi recavano per il Buralli due lettere, rispettivamente dell’Imperatore e del patriarca Manuele II. Essi avrebbero quindi fatto esplicita richiesta al Pontefice di inviare loro il Buralli. Come risulta dal registro di Innocenzo IV (Les registres d’Innocent IV, a cura di E. Berger, II, Paris, 1887, nn. 4749 s.) il Buralli ebbe il compito di trattare con Vatatze e con i prelati bizantini, mediante la convocazione di un sinodo che avrebbe dovuto discutere solo sulla processione dello Spirito Santo, per ricondurli all’obbedienza della Chiesa di Roma. Pare comunque che negli incontri fossero trattati anche altri temi, in particolare il rito eucaristico e la questione del pane azimo (Niccolò da Calvi, p. 92). Sullo svolgimento della discussione mancano informazioni di parte latina, mentre da parte greca restano le notizie fornite da Niceforo Blemmidès, il migliore teologo bizantino del tempo, il quale informa che tutto si svolse con ordine e che le risposte ai Latini furono cortesi (A. Heisemberg, Nicephori Blemmidae curriculum vitae et carmina, Lipsiae, 1896, pp. XXII, XLIII s., 40 ss., 74 ss.). Il sinodo ebbe luogo tra la fine del 1249 e la primavera del 1250. Non si giunse a conclusioni definitive ma si restò intesi che i Greci avrebbero inviato dei nunzi al Papa per continuare le trattative. Nella primavera del 1250 Vatatze informò il genero Federico II (N. Festa, Le lettere greche di Federigo II, in Archivio Storico Italiano, s. 5, XIII 1894, pp. 22-27; F. Dölger, Corpus der griechischen Urkunden, s. A, Regesten, I, 3, München-Berlin, 1932, nn. 1803 s.) che i frati nunzi avevano cercato di farlo recedere dall’alleanza con lui. Si è visto che ciò non rientrava tra i compiti ufficiali della missione, ma è possibile che il Buralli abbia tentato un qualche approccio in tal senso (Roncaglia, p. 109), non essendo pensabile che ci si potesse conciliare col Papa restando alleati dei suoi nemici. Che si sia trattato di un semplice sondaggio risulta da quanto lo stesso Vatatze comunicò a Federico: i componenti la missione, alla sua ferma reazione, si erano astenuti da ulteriori tentativi (Festa, p. 26). Vatatze informò inoltre Federico della sua iniziativa di mandare un’ambasceria al Papa (Festa, p. 27), al che Federico gli rimproverò di non aver sentito il suo parere prima di decidere, promettendo tuttavia di fornire i navigli per attraversare il canale di Otranto. Risulta che la missione che doveva continuare le trattative avviate dal Buralli giunse alla Corte pontificia, ma si ignora quando. Secondo Niccolò da Calvi (p. 107) gli ambasciatori furono tenuti in arresto da Federico per oltre un anno e liberati dopo la sua morte. Nel 1251 ebbe luogo a Genova il primo capitolo generale convocato dal Buralli, il quale, tra l’altro, fu il primo ministro generale che stabilì che i capitoli generali si riunissero alternativamente al di qua e al di là delle Alpi (Tommaso da Eccleston, 1951, p. 74). Di lì a poco (1252) esplose a Parigi la polemica tra maestri secolari e regolari. Il primo contrasto ebbe origine dalla decisione dei maestri secolari di limitare a una sola cattedra l’insegnamento dei mendicanti. Questi non accettarono la limitazione e quando, in seguito ad alcuni incidenti con le autorità parigine, i maestri decisero di astenersi dall’attività accademica fino a che la Municipalità non avesse dato soddisfazione all’Università di cui erano stati violati i privilegi, i mendicanti non aderirono. I secolari richiesero allora il giuramento d’obbedienza a regolamenti e statuti dell’Università da tutti coloro che volevano diventarne membri. In questa circostanza il Buralli intervenne per ristabilire l’accordo tra l’Università e il suo Ordine: davanti a maestri e scolari riuniti egli tenne un discorso che valse a riconciliare gli animi (Salimbene, pp. 436 s.). In verità, i francescani erano stati meno aspri dei domenicani nel corso della polemica e ciò facilitò il compito del Buralli, ma è probabile che egli abbia dovuto rinunciare a qualcosa a nome del suo Ordine: secondo Tommaso da Eccleston (1951, p. 74) i francescani ritirarono l’appellatio indirizzata al Papa contro i secolari. Secondo una nota di M. Bihl (Arch. Franc. Histor. V 1912, p. 170), essi rinunciarono alla seconda cattedra che di fatto era stata ceduta spontaneamente almeno dalla primavera del 1253 (ma non è certo che i francescani avessero una seconda cattedra a Parigi dopo il periodo 1238-1245: F. Van Steenberghen, La philosophie au XIIIe siècle, Louvain-Paris, 1966, p. 164). Nel giugno del 1254 il Buralli convocò a Metz il nuovo capitolo generale, le cui decisioni valgono a caratterizzare la sua linea di governo dell’Ordine. Egli rifiutò nuove costituzioni (Salimbene, pp. 438 s.), proibì gli abusi e le deroghe al breviario e al messale adottati per ordine del generale Aimone di Faversham e approvati dalla Santa Sede, e li rinnovò solo in alcuni aspetti marginali (la lettera ai frati contenente i provvedimnti liturgici è in Wadding, Annales, III, pp. 238 s.: questo decreto fu poi modificato da papa Alessandro IV nel 1255 su richiesta dei frati di Parigi). Inoltre, il capitolo rinunziò alla bolla Quanto studiosius del 19 agosto 1247 con cui papa Innocenzo IV dava a ogni provinciale la possibilità di scegliere un procuratore apostolico per l’amministrazione dei beni dell’Ordine, di proprietà della Santa Sede (i procuratori avrebbero preso l’iniziativa dietro indicazione del provinciale e la Santa Sede avrebbe ratificato ogni atto compiuto con l’assenso dei frati: Pisanu, pp. 250 s.). Fu sospesa l’applicazione della bolla Ordinem vestrum del 14 novembre 1245, regolante l’accettazione di doni da parte dell’Ordine, in tutti i punti in cui contraddiceva la bolla Quo elongati del 28 settembre 1230. Queste proibizioni, poi confermate nel capitolo di Narbona del 1260 (Gratien, p. 243 n. 44), indicano che l’intento del Buralli fu di mantenere il più possibile l’Ordine nell’osservanza dello spirito primitivo. Che questo fosse suo preciso orientamento è confermato dal fatto che il Papa spesso (come nel 1253: Gratien, p. 181 n.) impose privilegi in contrasto con la volontà del Buralli. Forse a Metz, ancora, il Buralli diede quelle disposizioni relative agli alimenti nella Quaresima di cui dà notizia Angelo Clareno (Expositio, p. 91). Ma proprio nello stesso anno 1254 il francescano Gerardo di Borgo San Donnino pubblicò il Liber introductorius ad Evangelium aeternum, in cui, rifacendosi alle opere di Gioacchino da Fiore, affermò che si era conclusa la seconda età, quella del Figlio, e che si apriva la terza, dello Spirito, della quale proprio l’Ordine dei francescani sarebbe stato banditore. Poiché l’interpretazione di Gerardo era una esaltazione della nuova spiritualità degli Ordini mendicanti, i secolari, con a capo Guglielmo di Saint-Amour, attaccarono risolutamente l’Introductorius e il gioachimismo e insieme i due Ordini. Il 21 novembre 1254 con la bolla Etsi animarum Innocenzo IV sospese tutti i privilegi di cui i mendicanti godevano contro i diritti parrocchiali e vescovili. Secondo Salimbene (p. 608) il Papa avrebbe inteso colpire i domenicani e si sarebbe riservato di assolvere in un secondo tempo i francescani. Ma quando il Buralli inviò in Curia Ugo Capoldo per chiedere l’abrogazione della bolla non ebbe alcun successo (Salimbene, p. 608). Solo il nuovo pontefice Alessandro IV con la costituzione Quasi lignum vitae (14 aprile 1255) rinnovò l’appoggio della Santa Sede ai mendicanti. Intanto il Buralli e il generale dei domenicani inviarono ai loro frati (2 febbraio 1255) una lettera nella quale, richiamandosi alla comune matrice spirituale, invitarono i confratelli a sopire le discordie e a lavorare in unità d’intenti (il testo è in B.M. Reichert, Litterae encyclicae magistrorum generalium O.P., Romae, 1900, pp. 25-31). Ma intanto la lotta contro il gioachimismo continuava. Nel luglio 1255 si riunì ad Anagni una commissione che selezionò trentuno proposizioni erronee, sette dall’Introductorius, ventiquattro dalla Concordia di Gioacchino. Seguì la condanna pontificia con la bolla Libellum quendam (23 ottobre 1255). Il Buralli non fece mistero di essere seguace delle idee di Gioacchino. Salimbene informa di aver ricopiato per lui, che era maximus Joachita, l’esposizione dei quattro Vangeli del Florense (p. 334). E dallo stesso cronista risulta che egli propter doctrinam abbatis Joachim, quia nimis adhesit dictis suis, exosus fuit quibusdam ministris et pape Alexandro IV (p. 439). Infatti il processo al gioachimismo e la condanna dell’Introductorius dovettero avere notevoli ripercussioni tra i francescani: in parte la responsabilità della condotta di Gerardo si pensò ricadesse sul Buralli che non aveva sufficientemente vigilato, e si fissò pertanto che in seguito ogni scritto da pubblicare dovesse essere esaminato dall’Ordine (Bondatti, pp. 100 s.). Inoltre la linea di governo dell’Ordine del Buralli non era ben accetta a tutti. L’interpretazione che egli diede della regola e l’identificazione con essa del testamento di San Francesco scontentavano coloro che, seguaci di frate Elia, erano propensi a una interpretazione più blanda dello spirito francescano. La sua posizione, fortemente caratterizzata dalla difesa della povertà e dall’adesione al gioachimismo, non resse. Oltre ai tradizionali suoi nemici nell’Ordine, anche altri frati (quidam ministri, afferma Salimbene, p. 439) dovettero ritenere inopportuno che egli mantenesse il suo ufficio. Secondo i cronisti del tempo, Alessandro IV, che era protettore dei francescani, gli consigliò di dare le dimissioni. Allora il Buralli accelerò la convocazione del capitolo generale (Salimbene, pp. 450 s.) che ebbe luogo all’Aracoeli in Roma il 2 febbraio 1257. Presente il Papa, nonostante le proteste dei membri del capitolo (provinciali e custodi, i quali erano dunque in massima parte con lui), egli chiese e ottenne di essere esonerato dalla sua carica e, a richiesta dei presenti, designò Bonaventura da Bagnoregio come suo successore. Ma tale rinunzia non bastò ad alcuni, che di lì a poco lo accusarono al nuovo generale per i motivi ormai noti e, come scrisse il Clareno, commoverunt filium contra patrem et promotum contra promotorem et dilectum olim discipulum et subditum contra diligentem magistrum et pastorem (Chronicon, p. 115). Si decise allora di procedere contro di lui e a Città della Pieve si riunì una commissione della quale facevano parte Bonaventura e il cardinale Giovanni Gaetano Orsini (futuro papa Niccolò III), protettore dell’Ordine. Ciò avvenne intorno al 1262, comunque non prima del 1261, giacché il cardinale divenne protettore dei Minori solo in quell’anno. Alla richiesta relativa alle dottrine professate, il Buralli rispose, con formula usuale, se credere et semper credidisse de quaestione illa et de omnibus aliis solum id quod Ecclesia tenet et sancti docent (Chronicon, p. 127). Tuttavia, ancora secondo il Clareno, Bonaventura col consenso degli altri frati e dell’Orsini determinavit carceri eum perpetuo mancipare (Chronicon), ma l’intervento del cardinale Ottobono Fieschi, che affermò: fides fratris Johannis est fides mea, et persona eius persona mea: ubi erit ipse et ego ibidem cum ipso ero (Chronicon, p. 128), valse a risparmiargli il carcere. Ottenne di scegliere un convento in cui ritirarsi, e fu Greccio. Ivi trascorse quasi trent’anni della sua vita. La testimonianza di Angelo Clareno non è disinteressata. Egli considera il processo factum stupendum omni menti (Chronicon, p. 126), la quarta persecuzione dell’Ordine compiuta proprio da quel Bonaventura che al Buralli tutto doveva. Il Clareno conduce il racconto sottolineando la durezza del comportamento di Bonaventura e ricorda la visione (meglio, l’allegoria) di Giacomo da Massa nella quale Bonaventura è visto armato di artigli, pronto a colpire il Buralli. Storici antichi, quale l’Affò, negano che Bonaventura abbia presieduto il tribunale che giudicò il suo predecessore, ma ormai tutti concordano nel ritenere che il racconto del Clareno è sostanzialmente preciso. Una conferma indiretta di ciò è da vedere nel silenzio concorde delle altre fonti, soprattutto di Salimbene, che pure è così attento a notare tutto ciò che riguarda il suo conterraneo. Resta da interpretare l’operato di Bonaventura: in genere si pensa che il suo gesto sia da considerare la risposta pratica (Manselli, p. 123) alle accuse rivolte ai frati minori e quindi un atto politico che egli, nella sua qualità di generale, non poté evitare (Gilson, pp. 24-26). Ma forse è da riesaminare questo capitolo della biografia di Bonaventura anche alla luce dell’idea ch’egli aveva dell’Ordine francescano, e quindi in un contesto più ampio, che va molto al di là del singolo episodio. Al Buralli la tradizione attribuisce molte opere. Il Wadding (Scriptores, p. 398), riprendendo le varie indicazioni dei cronisti, in particolare di Bartolomeo da Pisa (pp. 276, 337), ricorda il commento alle Sentenze e i Quodlibeta, scritti sulla Bibbia, l’ufficio della Passione (incipit: Regem Christum crucifixum), il De beneficiis Creatoris (l’indicazione è tratta dal vecchio catalogo, redatto nel 1437, della Biblioteca di San Francesco di Ferrara, p. 66), il Sacrum commercium b. Francisci cum domina Paupertate, il De conversione religiosorum, Sermones plures ad fratres, il Liber de vitis ss. fratrum minorum (seguendo l’attribuzione di Marco da Lisbona, II, I, p. 29), Epistolae pastorales, infine accenna alla presunta attribuzione al Buralli dell’Introductorius ad Evangelium aeternum. Del commento alle Sentenze si è trovata indicazione nel catalogo della libreria raccolta da Giacomo della Marca (G. Caselli, Alcuni codici della libreria di San Giacomo della Marca, Montalto Marche, 1934, p. 43 n. 52: vedi A. Crivellucci, I codici della libreria raccolta da San Giacomo della Marca nel convento di Santa Maria delle Grazie presso Monteprandone, Livorno, 1889, p. 104), mentre nessun’altra notizia si ha dei Quodlibeta, degli scritti sulla Bibbia, del De beneficiis e del De conversione. L’ufficio della Passione è forse quello di San Bonaventura (incipit: Christum captum et derisum, flagellatum et crucifixum, ma vedi Opera, VIII, ad Claras Aquas, 1898, p. 153, dove si dà la variante Regem Christum crucifixum), attribuito al Buralli. Dei Sermones resta quello conservato da Marco da Lisbona (II, I, cap. 38), oltre ai passi riportati da Salimbene. Per quanto riguarda il Liber de vitis, attribuito anche a Crescenzio da Iesi che ne ordinò la stesura, si veda l’edizione curata dal Lemmens (Roma, 1902). Sul Sacrum commercium, la cui attribuzione al Buralli è tutt’altro che sicura, si veda K. Eszer, Untersuchungen zum Sacrum commercium, in Miscell. M. de Pobladura, I, Roma, 1964, pp. 1-33 (vedi anche J. Cambell, Glanes franciscaines. La seconde compilation de Barcelone, Barcelona, Bibl. Centr., cód. 665, in Archivio Ibero-Americano XXV 1965, pp. 229, 243). Per quanto riguarda l’Introductorius, l’attribuzione a Gerardo è già in Salimbene, né è più messa in discussione. Delle Epistolae, infine, oltre a quella relativa alla liturgia promulgata a Metz nel 1254 e a quella firmata insieme con il Generale dei domenicani nel 1255, restano le due edite in Callebaut, 1914, pp. 249 s., e in Gratien, Une lettre inédite, pp. 529 ss. Salimbene però ricorda che il Buralli introdusse nell’Ordine l’uso delle lettere di fratellanza con le quali si mettevano a parte dei beni spirituali dei francescani gli amici e i benefattori. Ne restano due: una del giugno 1254 data a Metz e indirizzata all’abate benedettino Nicola e al convento di San Vincenzo della città (il testo è edito da U. d’Alençon, in Etudes Francisc. XXIII 1910, pp. 95 s.) e l’altra del 6 settembre dello stesso anno a Ferrara e indirizzata domino Iacobo de Buxolis et domine Mabilie, uxori eiusdem, nec non et Anselixe predictorum dilecte filie (Salimbene, p. 435). Il testo delle due è analogo (confronto in Delorme, p. 494), il che conferma l’informazione di Salimbene: forma litterarum, quam dabat, erat huiusmodi, mutatis vocabulis personarum ut congruum erat (p. 435). Al Buralli è da attribuire la preparazione delle Ordinationes divini officii, adottate dal capitolo generale del 1257, che costituiscono il primo cerimoniale dell’Ordine (edito da G. Golubovich, in Arch. Franc. Histor. III 1910, pp. 55-81). Secondo il Delorme (p. 499) sono forse da attribuirsi al Buralli le lettere anonime che si trovano in Firmamentum trium Ordinum, parte I, f. XXIIIr. Salimbene dà un gustoso ritratto della persona del Buralli: di statura mediocre, ma piuttosto piccolo che grande, d’aspetto gradevole e ben proporzionato, robusto e rotto alla fatica sia fisica sia intellettuale, vultum habebat angelicum et gratiosum et semper iocundum, ed era largus, liberalis, curialis, caritativus, humilis, mansuetus, benignus et patiens. Predicava con tale fervore da muovere gli uditori alle lagrime (ut pluries vidi nota il cronista), linguam habebat disertissimam et nunquam cespitantem. Scientiam habebat optimam, quia bonus gramaticus erat et magister in loyca in seculo fuit, et in Ordine fratrum Minorum magnus theologus fuit et magnus disputator. Era esperto nella musica e abile nel canto, nunquam vidi ita velocem scriptorem et ita pulchrum atque veracem in littera de valde legibili nota. Dictator nobilissimus fuit de stilo polito et sententiosus valde, quando voluit, in suis epistolis (pp. 433 s.). Nel periodo in cui era a Greccio il Buralli fu invitato da papa Giovanni XXI e da papa Niccolò III ad accettare la porpora, ma rifiutò. Chiese e ottenne da Niccolò III di poter partire per l’Oriente, nonostante l’età avanzata. Ma a Camerino si ammalò e morì. Il suo culto (in qualità di beato) fu riconosciuto da papa Pio VI (1777). La sua festa liturgica è fissata al 20 marzo.
FONTI E BIBL.: La fonte più antica e diretta per la vita del Buralli è Salimbene de Adam, Cronica, a cura di G. Scalia, Bari, 1966, ad Indicem; ma sono da esaminare anche le cronache dell’Ordine: Chronica XXIV Generalium, in Analecta Francisc., III, ad Claras Aquas, 1897, ad Indicem (vedi inoltre 646-649, App. II: De visione fr. Iohannis de Parma; 693-707, App. IV: Chronicon XIV vel XV Generalium Ministrorum O.f.m. seu Catalogus Gonsalvinus dictus); Bartholomaeus de Pisa, De conformitate vitae b. Francisci ad vitam d. Iesu, in Analecta Francisc. IV, 1906, ad Indicem; Thomas de Eccleston, De adventu fratrum minorum in Angliam, a cura di A.G. Little, Paris, 1909, ad Indicem (141-145, App. II: Peregrini de Bononia, Chronicon abbreviatum de successione ministrorum generalium; vedi anche 2a edizione, Manchester, 1951, ad Indicem); Francesco Venimbeni da Fabriano, Frammenti della Cronaca, a cura di G. Pagani, in Archivium Franciscanum Historicum LII 1959, 172; Paolino da Venezia, Chronica, in G. Golubovich, Biblioteca bio-bibliografica dell’Oriente francescano, II, Quaracchi, 1913, 88, 94 (vedi anche ad Indices i documenti emanati o interessanti il Buralli); Marco da Lisbona, Croniche dell’Ordine di S. Francesco, a cura di H. Diola, Venezia, 1586, passim. Si veda inoltre Niccolò Calvi, Vita Innocentii IV, a cura di F. Pagnotti, in Archivio della Società Romana di Storia Patria XXI 1898, 7-120. Per le fonti di provenienza degli spirituali si vedano: Angelo Clareno, Chronicon seu historia septem tribulationum Ordinis minorum, a cura di A. Ghinato, I, Roma, 1959, passim (ma vedi anche l’edizione parziale di F. Ehrle, in Archiv für Liter, und Kirchengeschichte, II, 1886, 106-164, 249-336); Angelo Clareno, Ad Alvarum Pelagium apologia pro vita sua, a cura di V. Doucet, in Archivium Franciscanum Historicum XXXIX 1946, 108; Angelo Clareno, Expositio regulae fratrum minorum, a cura di L. Oliger, Quaracchi, 1912, 91, 235; Ubertino da Casale, Arbor vitae crucifixae Iesu, Venetiis, 1485, l. V, c. 3. Documenti o emanati dal Buralli o comunque interessanti la sua vita sono in: J.H. Sbaralea, Bullarium franciscanum, I-II, Romae, 1759-1761, ad Indices; Flaminii Annibali de Latera, Supplementum ad Bullarium franciscanum, Romae, 1780, ad Indicem; C. Eubel, Bullarii franciscani Epitome supplementum, Quaracchi, 1908, numeri 536, XXIII; H. Denifle-A. Chatelain, Chartularium Universitatis Parisiensis, I, Parisiis, 1889, ad Indicem; M. Bihl, De capitulo generali O. m. Metensi anno 1254 adsignando, deque antiquo sigillo ministri generalis, in Archivium Franciscanum Historicum IV 1911, 425-435 (con riproduzione del sigillo del Buralli); A. Callebaut, Lettres franciscaines, in Archivium Franciscanum Historicum VII 1914, 249 s.; Gratien, Une lettre inedite de Jean de Parme, in Etudes Franciscanum XXXIII 1921, 529-531; H. Lippens, Provinciae Franciae chartularium aliaque documenta saec. XIII, in Archivium Franciscanum Historicum XXX 1937, 59. Sulle opere del Buralli, vedi: J. Trithemius, De scriptoribus ecclesiasticis, Parisiis, 1512; I. Affò, Memorie degli scrittori parmigiani, I, Parma, 1789, 129-145; L. Wadding-G. Sbaraglia, Scriptores Ordinis Minorum, Romae, 1806, 398; L. Wadding-G. Sbaraglia, Suppl. et castigatio ad scriptores, II, Romae, 1921, 42 s., 390. Sulla controversia universitaria: H. Felder, Les franciscains ont-ils eu deux écoles universitaires à Paris de 1238 à 1253?, in Etudes Francisc., XXV 1911, 598-613 (precisazioni di M. Bihl, in Archivium Franciscanum Historicum IV 1911, 797 s.); H. Felder, La controverse sur les franciscains à l’Université de Paris, in Archiv. Franciscanum Historicum XXVI 1911, 586-591 (risposta di M. Bihl, in Arch. Franciscanum Historicum V 1912, 169 s.); Y.-M.-J. Congar, Aspects ecclésiologiques de la querelle entre mendiants et séquliers dans la seconde moitié du XIIIe siècle et le début du XIVe, in Archives d’Hist. Doctr. et Litt. du Moyen Age XXXVI 1961, 35-151. Sui rapporti con gli spirituali, vedi: H. Denifle, Das Evangelium aeternum und die Commissio zu Anagni, in Archiv für Literatur und Kirchengeschichte I 1885, 40-142; H. Rousselot, Joachim de Flore, Jean de Parme et la doctrine de l’évangil éternel, Paris, 1867; R. René de Nantes, Histoire des spirituels, Paris, 1909, 145-205; F. Calley, L’idéalisme franciscain spirituel au XIVe siècle. Etude sur Ubertin de Casale, Louvain, 1911, passim; G. Bondatti, Gioachinismo e francescanismo nel Dugento, Assisi, 1924, 60-63, 101-111; R. Manselli, La Lectura super Apocalipsim di Pietro di Giovanni Olivi, Roma, 1955, 104-123; M.D. Lambert, Franciscan poverty. The doctrine of the absolute poverty in the Franciscan Order (1210-1323), London 1961, ad Indicem; M. Reeves, The influence of prophecy in the later Middle Ages. A study in Joachimism, Oxford, 1969, ad Indicem. Per l’atteggiamento di San Bonaventura ci si limita a ricordare, oltre a E. Gilson, La philosophie de st. Bonaventure, Paris, 1929, anche I. Ratzinger, Die Geschichtstheologie des hl. Bonaventura, München, 1959. Sul culto del Buralli vedi Acta Sanctorum martii, III, Antuerpiae, 1668, 57-67; Sacra Rituum Congregatione cardinali Boschi Ponente Camerinen. Canonizationis b. Ioannis de Parma super cultu immemorabili, Romae, 1777. Vedi inoltre: F. C. Camerini, Vita del b. Giovanni da Parma, Ravenna, 1730; I. Affò, Vita del b. Giovanni da Parma, Parma, 1777; L. Canali, Vita del b. Giovanni da Parma, Quaracchi, 1900; E. Gebhardt, L’Italie mystique, Paris, 1904, 200-219; F.M. Delorme, Diffinitiones capituli generalis O. f. m. Narbonensis (1260), in Arch. Franciscanum Historicum III 1910, 491-504; Ubald D’Alençon, Thomas d’Eccleston, ses nouveaux éditeurs et le chapitre général de Metz, in Etudes Franciscaines XXIII 1910, 95 s.; M. Bihl, Quo anno capitulum generale O. f. m. Metis celebratum sit (1255), in Arch. Franciscanum Historicum III 1910, 601-614; M. Bihl, De mora b. Iohannis Parmensis, Ragusii mense septembri 1250, in Arch. Franciscanum Historicum V 1912, 776 s.; Gratien de Paris, Hist. de la fondation et de l’évolution de l’Ordre des frères mineurs au XIIIe siècle, Paris-Gembloux, 1928, ad Indicem; J. Takács, Boldog Parmai János, a béke angyala, Budapest, 1930; O. van der Vat, Die Anfänge der Franziskanermissionen und ihre Weiterentwicklung im nahen Orient, Werl in Wéstfalen, 1934, ad Indicem; V. Doucet, Maîtres franciscains de Paris. Suppl. au Répertoire de P. Glorieux, in Arch. Franciscanum Historicum XXVII 1934, 532; M. Bihl, Statuta generalia Ordinis, in Arch. Franciscanum Historicum, XXXIV 1941, 339 s.; M. Roncaglia, Les frères mineurs et l’Eglise grecque orthodoxe au XIIIe siècle (1271-1274), Le Caire, 1954, 100 ss.; R.B. Brooke, Early Franciscan Government, Cambridge, 1959, ad Indicem; L. Pisanu, Innocenzo IV e i francescani (1243-1254), Roma, 1968; J. Moorman, A History of the Franciscan Order, Oxford, 1968, ad Indicem; Dictionn. de théol. cath., VIII, coll. 794 ss.; Lex für Theol. und Kirche, V, coll. 1068 s.; Biblioteca Sanctorum, VI, coll. 636-639; A. Maierù, in Dizionario biografico degli Italiani, XV, 1972, 381-386; Enciclopedia Ecclesiastica, IV, 1949, 57-58; P. Tacchi Venturi-P. Pecchiai, Sacerdoti e Missionari in Europa, 1951, 508; G. Olmi, Vite di Santi e Beati, 1886, 42-43; Dizionario Bompiani Autori, 1987, 897.
Parma 1202
Fu ingrossatore del Comune di Parma nell’anno 1202.
FONTI E BIBL.: F. da Mareto, Indice, 1967, 176.
Parma 1884-1961
Fu un pioniere dell’automobilismo parmigiano: sua fu la seconda patente di guida rilasciata a Parma, nel 1911. Trascorse buona parte dell’esistenza lavorando nelle autorimesse: presso il convento dell’Annunziata nel 1919 e, in seguito, nella ex chiesa di San Quirino in via Romagnosi. Come pilota, ottenne la Rosa d’inverno al raduno nazionale di Sanremo nel 1925 e partecipò alla corsa in salita Parma-Poggio di Berceto.
FONTI E BIBL.: F. e T. Marcheselli, Dizionario Parmigiani, 1967, 73.
San Lazzaro Parmense 2 settembre 1910-Sant’Ilario d’Enza 22 ottobre 1946
Partecipò alle campagne di guerra 1941-1943, 1944 e 1945: caduto prigioniero delle truppe tedesche, venne internato in campo di concentramento in Germania. Rientrato in Italia al termine del conflitto, prese servizio presso la stazione dei carabinieri di Sant’Ilario d’Enza. Qui venne ucciso da uno sconosciuto.
FONTI E BIBL.: T. Marcheselli, Strade di Parma, I, 1988, 102.
Parma 3 gennaio 1843-Parma 31 marzo 1899
Figlio di Donnino e Antonia Passeri. Fu un prode soldato dell’indipendenza italiana. Fece la campagna risorgimentale del 1860.
FONTI E BIBL.: G. Sitti, Il Risorgimento italiano, 1915, 157.
BURCI NICOLÒ, vedi BURZIO NICOLÒ
BURCIO GIULIO CESARE, vedi BURZIO GIULIO CESARE
Parma 1750
Disegnatore attivo nell’anno 1750. Appartenne a una famiglia nobile
FONTI E BIBL.: P. Zani, Enciclopedia metodica di belle arti, 5, 1820, 121.
Parma II secolo d.C.
Di condizione incerta, vissuta centouno anni, è annoverata da Flegonte di Tralles tra i longevi della città di Parma. In Cisalpina è documentata Buria, ma come cognomen. Il cognomen grecanico Lychnainis è sostanzialmente corrispondente a Lychnis, documentato a Parma
FONTI E BIBL.: Arrigoni, Parmenses, 1986, 65.
BURKS ALEX, vedi BAZZONI CAMILLO
Vienna 1800 c.-Parma post 1861
Si portò a Parma col seguito della duchessa Maria Luigia d’Austria nell’aprile 1816.
Studiò il canto col maestro Luigi Tartagnini e nel 1834 fu nominato virtuoso di camera della Duchessa. Nel febbraio del 1861 fu chiamato a far parte della commissione artistica del Regio Teatro di Parma. Si dedicò specialmente all’insegnamento preparando celebri allievi, come Enrico Calzolari e Carlo Negrini.
FONTI E BIBL.: Biblioteca Palatina di Parma, Almanacchi di Corte 1834-1859; P. Bettoli, I nostri fasti musicali, 37; N. Pelicelli, Musica in Parma, 1936, 251.
Parma 28 settembre 1846-Varallo Sesia 1908
Figlio di Luigi e Giovanna Busani. Trasferitosi giovanissimo nella Valsesia, diresse la Scuola d’Arte di Varallo Sesia fino alla morte. Trattò il paesaggio e i soggetti storici e religiosi. Fu anche ottimo ritrattista. L’Istituto d’Arte P. Toschi di Parma conserva del Burlazzi, oltre a una copia di un ritratto di Rembrandt, due dipinti a olio che rappresentano uno Una donna coricata in atto di leggere e l’altro Una giovane donna in atto di agganciarsi un orecchino. Le due figure femminili, d’ispirazione morelliana, rivelano perizia costruttiva e un particolare gusto pittorico.
FONTI E BIBL.: A.M. Comanducci, Dizionario dei Pittori, 1970, 465; G. Copertini, Pittura dell’Ottocento, 1971, 123.
Parma 23 agosto 1842-Parma 24 marzo 1870
Figlio di Carlo e Maria Manini. Fu sempre chiamato Rosino. Pittore. Poco di lui è rimasto in conseguenza della sua fine immatura. Si dedicò esclusivamente alla figura, a differenza del fratello Umbellino, appassionato pittore di paesaggi. Combatté volontario le battaglie risorgimentali del 1860-1866 e le ultime dell’Agro Romano.
FONTI E BIBL.: Il Presente 25 marzo 1870 n. 82; G. Sitti, Il Risorgimento Italiano, 1915, 401; G. Tassoni, Mostra dell’Accademia, 1952, 59.
BURLAZZI ROSINO, vedi BURLAZZI ROSA
Parma 7 aprile 1832-Parma 1867
Figlio di Carlo e Maria Manini. Il 28 gennaio 1853 fu ammesso alla sezione di disegno nell’Accademia Parmense di Belle Arti. Due anni dopo, per la Società d’Incoraggiamento espose a Piacenza e a Parma L’Arcadia nel Giardino di Parma e nel 1856 la Veduta sulle rive del Cinghio. Nel 1857 si guadagnò presso l’Accademia una medaglia di prima classe esponendo Parte del Giardino di Parma, nell’ora del meriggio, che venne sorteggiato al Comune di Lugagnano, e il Cortile del convento dei Benedettini a Parma, sorteggiato al Comune di Fiorenzuola. Indi nel 1858 presentò a Parma un Paesaggio dal vero sulle rive del torrente Baganza, che venne estratto al duca Roberto di Borbone, e nel 1859, oltre a una Veduta delle colline di Costamezzana, espose tre copie da quadri del Tempesta, del Rebbel e del Fidanza conservati nella Pinacoteca di Parma. Poi nel 1860 mostrò una Veduta del torrente Parma, vincendo il 5 dicembre il premio di prima classe di paesaggio presso l’Accademia. Nel 1861 il Comune di Lesignano Bagni vinse dall’Incoraggiamento Un mattino di Primavera. Infine nel 1863 espose alla mostra triennale di Bologna Un mattino di primavera preso dal vero nelle vicinanze di Marengo, forse lo stesso dipinto che alla Mostra industriale di Parma vinse poi una medaglia di bronzo. Il Burlazzi viene descritto come un eccellente pittore paesista, che indovinò il buono dell’arte nuova durante il dispotismo accademico. Fu cospiratore ardito e così impaziente che, con eroica spensieratezza, provocò più d’una volta ufficiali austriaci per le strade rispondendo coi pugni alle sciabolate. Morì di colera asiatico.
FONTI E BIBL.: Vol. ms. Disegno; Gazzetta di Parma 31 maggio e 21 luglio 1855, 493 e 663; 18 agosto e 30 settembre 1857, 737 e 881; G. Panini, 1857, 945; X., in L’Annotatore 1857, 147; Atti della Regia Accademia, 1857-1863, 252; F.G., in Gazzetta di Parma 1858, 869; Gazzetta di Parma 18 settembre 1858, 841; P. Martini, 1858, 25; G. Panini, 1858, 885; C.I., in L’Annotatore 1859, 162; G. Carmignani, 1861, 18; Atto verbale, 1863, 23; Esposizione industriale provinciale, 1864, n. 449, 91; R., in Gazzetta di Parma 1891; E. Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, v. IX, 81-82; G. Copertini-G. Allegri Tassoni, 1971, 151; Mecenatismo e collezionismo pubblico, 1974, 83; M. Tanara Sacchelli, in Gazzetta di Parma 24 marzo 1997, 5.
BURLAZZI UMBERTINO, vedi BURLAZZI UMBELLINO
Parma 1808-post 1852
Studiò violino con Antonio Giovannelli, del Ducale Concerto di Parma, per tre anni, poi dal 1822 con Antonio Bertholemieux, e contrappunto con Alfonso Savi. Nel 1825 fece l’esame per essere ammesso come aspirante della Ducale Orchestra, ottenendo un risultato positivo. Nel 1840 era ancora violinista della Ducale Orchestra di Parma. Nel 1852 venne sciolto dall’incarico della direzione d’orchestra per le commedie.
FONTI E BIBL.: Inventario, 1992, 317.
1830-Parma 15 gennaio 1893
Fu professore emerito dell’Università di Parma, dottore collegiato, professore di sacra scrittura nel Seminario di Parma, Canonico Arcidiacono della Cattedrale di Parma e Protonotario apostolico ad instar partecipantium. Fu Vicario Generale della Diocesi parmense coi vescovi Domenico Maria Villa e Giovanni Andrea Miotti. Collaborò col canonico Andrea Ferrari, prima vice rettore e poi rettore del Seminario Urbano, per la ricostruzione del Pio Istituto.
FONTI E BIBL.: I. Dall’Aglio, Seminari di Parma, 1958, 193-194.
Parma 12 ottobre 1913-Parma 19 febbraio 1998
Studiò violoncello al Conservatorio di Parma con Gino Francesconi e Ippolito Nievo Albertelli, diplomandosi nel 1936. Iniziò l’attività in un complesso cameristico con Brenno Reboli, Amleto Veggia e Tertulliano Luppi (violini) e Ruggero Maghini (pianoforte) e in quartetto con Carlo Felice Cillario e Lugli (violino) e Walter Rugalli (viola), esibendosi in diverse città. Nel 1939-1940 insegnò al Liceo musicale di Lecce, successivamente tenne delle supplenze al Liceo di Rimini e al Conservatorio di Parma. Nel 1945 vinse il concorso per docente di violoncello al Liceo musicale di Modena, dove insegnò per trentadue anni. A Modena fondò con G.B. Tenti (violino) e Raffaele Salviati (pianoforte) il Trio di Modena, che svolse per diversi anni intensa attività concertistica in tutta Italia. Suonò altresì in importanti complessi lirici e sinfornici in Italia (Carlo Felice di Genova, Comunale di Bologna) e all’estero (Germania, Francia, Inghilterra, Sud Africa, Irlanda e Svizzera).
FONTI E BIBL.: G.N. Vetro, Dizionario, 1998.
Parma 1287
Notaio attivo in Parma nell’anno 1287.
FONTI E BIBL.: F. da Mareto, Indice, 1967, 36.
BURONI OTTAVIANO, vedi BORONI OTTAVIANO
Parma 1831
Dopo i moti del 1831 fu inquisito come sospetto, arrestato e poi rilasciato l’11 giugno 1831 perché non risulta di lui che meriti speciale sorveglianza.
FONTI E BIBL.: O. Masnovo, Patrioti del 1831, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1937, 141.
BURTII, vedi BURZIO
BURZI, vedi BURZIO
Parma 1487/1490
Fu sindaco dell’Arte della Lana di Parma nel 1487, ne fu poi notaio nell’anno 1488 e nei seguenti.
FONTI E BIBL.: A. Pezzana, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, II, 1827, 404.
Parma XVI secolo/1644
Discendente della nobile famiglia parmense di Nicolò Burzio, probabilmente si formò con il bresciano Bernardino Virchi, attivo a Parma alla fine del Cinquecento, o con organari fiamminghi operanti in Italia. L’unica sua opera conosciuta in Parma è l’organo a due tastiere per la chiesa del Santo Sepolcro, che sembra ricalcare le caratteristiche costruttive degli strumenti di Hermans e Casparini, originale nei confronti del tradizionale organo italiano del Seicento. Nel 1612 si trovava a Roma, dove restaurò e ampliò un organo proveniente dal Santuario di Santa Maria della Quercia di Viterbo e destinato alla chiesa di San Giovanni Battista a Bagnara. Nel 1625 restaurò l’organo del Duomo di Orvieto. Nel 1632 stipulò un contratto con Domenico Falisco, governatore della confraternita del Santissimo Sacramento della chiesa di San Vittore a Vallerano, presso Viterbo, per collocarvi, dopo radicale rifacimento, un sontuoso organo proveniente dal monastero della duchessa di Viterbo. Da un rogito si sa che nel 1635 doveva costruire un organo per il Santuario della Vergine del Ruscello a Vellerano, strumento che fu consegnato soltanto nel 1644, in quanto il Burzio aveva avuto altri impegni a Roma. Tra il 1638 e il 1641 costruì un organo eccezionale: quello a tue tastiere della chiesa di San Lorenzo in Damaso a Roma.
FONTI E BIBL.: Malacoda 37 1991, 7-8; Enciclopedia di Parma, 1998, 179.
BURZIO NICOLA, vedi BURZIO NICOLÒ
Parma 1450 c.-Parma 1518/1528
Nacque da Melchiorre, di nobile famiglia. La notizia secondo cui il Burzio già tra il 1436 e il 1438 sarebbe stato a Bologna per seguirvi le lezioni di Francesco Accolti, la quale costringerebbe a retrodatare di almeno trenta anni la sua nascita, è dovuta a un passo della Bononia illustrata, in cui è ricordato l’insegnamento bolognese del Burzio: ma lì è Bologna stessa e non l’autore, a ricordare ed esaltare, in prima persona, i grandi uomini del passato che l’hanno illustrata. Compì gli studi nella città natale. Nella musica, cui si dedicò particolarmente, ebbe a maestro il certosino Giovanni Gallico, discepolo di Vittorino da Feltre, come il Burzio stesso ricorda nelle sue note al Libellus musicalis de rito canendi (cod. Add. 22315 del British Museum di Londra) del Gallico, da lui copiato nel 1478. Era ancora a Parma nel 1472, quando, il 28 marzo, vi fu ordinato suddiacono. In seguito si trasferì a Bologna, dove, come appare dall’intestazione del Musices opusculum ivi stampato nel 1487 (Nicolai Burtii musices professoris ac iuris pontificii studiosissimi) insegnò musica e seguì nello studio i corsi di diritto canonico. A Bologna strinse amicizia con l’Urceo ed entrò nella cerchia di letterati che godette della protezione di Giovanni Bentivoglio, cui già nel 1486 indirizzò un Vaticinium in versi per le nozze di Annibale, suo primogenito, con Lucrezia d’Este, avvenute il 15 gennaio. Poco, tranne quello che si desume dai suoi scritti, si sa del lungo soggiorno a Bologna, che il Burzio finì per considerare la sua vera patria, attirandosi, così, come egli ricorda nella dedica dell’Elogium Bononiae al canonico parmense B. Montini (datata da Bologna il 21 novembre 1497), persino l’astio dei suoi concittadini. Nel 1487 entrò in polemica con lo spagnolo Bartolomeo Ramos de Pareja, professore di musica a Bologna, che, con il suo trattato De musica sive musica practica, stampato a Bologna da Baldassarre de Rubiera nel 1482, si era staccato dalle tradizionali teorie di Guido d’Arezzo, e gli scrisse contro il Musices opusculum cum defensione Guidonis Aretini adversus quendam Hispanum veritatis praevaricatorem (Bononiae, Hugo de Rugeriis, 1487). Nei tre trattati in cui l’opera è divisa (il primo, di 30 capitoli, sulla musica in generale, il secondo, di 6 capitoli, sul contrappunto e il terzo, sul canto figurato, di 22 capitoli, l’ultimo dei quali è una celebrazione dell’astrologia) il Burzio tentò di confutare, ricorrendo principalmente all’autorità di Boezio, di San Gregorio Magno e dello stesso Guido d’Arezzo, le audaci innovazioni del Ramos, che voleva sostituire all’intero sistema di solmisazione guidonico, basato sull’esacordo (successione dei sei gradi o suoni, composta di quattro toni e un semitono, caratterizzata dalla posizione fissa del semitono tra il terzo e il quarto grado, con le sei sillabe ut-re-mi-fa-sol-la inizianti i primi sei emistichi dell’Inno di San Giovanni, dove mi-fa denotavano l’unico semitono), quello basato sull’ottava, sistema rispondente alla realtà fisica dell’acustica e proponeva proporzioni più semplici per la terza maggiore (4/5) e per la terza minore (5/6), gettando le basi per l’esatta definizione delle consonanze. Quattro anni dopo rispose al Burzio un discepolo del Ramos, G. Spataro, con la Musices ac B. Rami honesta defensio in N. Burtii Parmensis opusculum (Bononiae, Plato de Benedictis, 1491), al quale non risulta che il Burzio replicasse. La polemica fu ripresa assai più tardi da Franchino Gafurio con l’Apologia, che pubblicò a Torino nel 1520. L’opera del Burzio, che costituisce uno dei più antichi libri sulla musica figurata, ricco di esempi di notazione mensurale in silografia, fu pubblicata in edizione anastatica nella Bibliotheca musica Bononiensis (sezione II, n. 4, Bologna, 1969). Nel 1494 il Burzio volle manifestare la propria gratitudine a Bologna e alla famiglia Bentivoglio dando alle stampe quella Bononia illustrata (Bononiae, Plato de Benedictis, 1494) che è certamente la sua opera più interessante. Dedicato a Giovanni Bentivoglio, il volumetto vuole essere, a imitazione dell’Italia illustrata del Biondo, una guida per i visitatori della città e insieme un sommario della sua storia letteraria e politica. Bologna stessa, parlando in prima persona, illustra le origini del proprio nome, la propria forma, i grandi uomini che l’hanno onorata e la onorano nei vari campi (dando così preziose notizie, specialmente sui contemporanei), le sue chiese e i luoghi ameni nelle vicinanze. Poi narra la propria storia nel Medioevo e le lotte tra le fazioni fino all’avvento dei Bentivoglio, di cui espone la genealogia. Nella conclusione è esaltato Giovanni Bentivoglio (l’intestazione completa dell’opera è Bononia illustrata a Ioanne Bentivolo secundo Senatus Bononiensis Principe faustissimo ad lectorem). Seguono poi varie liriche latine del Burzio, religiose e d’occasione, tra cui il Vaticinium citato per le nozze d’Annibale Bentivoglio. Tutta la Bononia illustrata, a esclusione delle liriche, fu poi ristampata da J.G. Meuschen nelle Vitae summorum dignitate, et eruditione virorum (II, Coburgi, 1736, pp. 157-187). Non più tardi del 1497 vide poi la luce per la prima volta il trattatello mitologico Musarum nympharumque ac summorum deorum epitomata (Bononiae, Vincentius et fratres de Benedictis, s.d.), dedicato al protonotario apostolico Anton Galeazzo Bentivoglio. L’opera ebbe una certa fortuna di ristampe, in vita del Burzio, come agevole manuale di consultazione per gli studenti. Tra esse sono particolarmente importanti quelle (ambedue Bononiae, Vincentius et fratres de Benedictis, 1498) in cui, tra le varie poesie religiose aggiunte in appendice al trattato, compare l’Elogium Bononiae o Carmen de amoenitate monumentis situ Bononiae, in distici elegiaci, dedicato a B. Montini ed esaltante nuovamente, dopo la Bononia illustrata, la bellezza di Bologna e la nobiltà delle sue tradizioni culturali. I vecchi bibliografi citano l’Elogium come opera a parte, stampata nella stessa tipografia e nella stessa data (21 gennaio 1498) di queste due stampe, leggermente diverse, degli Epitomata, ma si pensa a un errore, dato che non sembra esisterne alcuna copia stampata autonomamente. L’Elogium fu poi ristampato dal Meuschen (Vitae summorum, III, pp. 76 ss.). Quando, nel novembre del 1506, i Bentivoglio furono scacciati da Bologna per opera di papa Giulio II, anche il Burzio lasciò la città e tornò a Parma, dove ottenne la rettoria dell’oratorio di San Pietro in Vincoli. Nel febbraio del 1518 fu nominato anche guardacoro della Cattedrale parmense. La morte del Burzio avvenne tra quella data e il 7 settembre 1528, quando della carica di guardacoro fu insignito il suo congiunto Taddeo Burzio. Il Burzio, in atto di cantare e tenendo un libro aperto nella mano destra, è forse raffigurato in un ritratto a olio di F. Mazzola che si conserva presso la Galleria di Parma. Quattro liriche latine del Burzio furono ristampate nei Carmina illustrium poetarum italorum (II, Florentiae, 1719, pp. 497-500), altre opere sono d’incerta attribuzione o irreperibili. Probabilmente sua è una nota De prolatione sesquialtera perfecto minore antecedente nel codice Add. 22315 (f. 62rv) da lui copiato. È incerto se siano suoi o di un omonimo vissuto nella prima metà del secolo XV, gli epitaffi di Santa Felicola (1498) e della beata Orsolina (1507) attribuitigli dall’Affò. Nulla, infine, si sa di una Fax Maroniana, id est observationes eruditae in Vergilium, che il Mazzuchelli dice stampata a Bologna nel 1490, di una Cronichetta di Bologna in versi volgari che il Quadrio gli attribuì con certezza, dubitando solo se fosse stata o meno stampata, e di un suo libro di aritmetica, di cui parla il cronista parmigiano A.M. da Erba (cod. 922 della Biblioteca Palatina di Parma, f. 220).
FONTI E BIBL.: F.S. Quadrio, Della storia e della ragione d’ogni poesia, IV, Milano, 1749, 137; G.M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d’Italia, II, 4, Brescia, 1763, 2449 s.; I. Affò, Memorie degli scrittori parmigiani, III, Parma, 1791, 151-156; A. Pezzana, Continuazione delle Memorie di I. Affò, VI, 2, Parma, 1825, 403-409; G. Gozzadini, Memorie per la vita di Giovanni II Bentivoglio, Bologna, 1839, 183, 197 s., 200 s.; G. Gaspari, Ricerche, documenti e memorie risguardanti la storia dell’arte musicale in Bologna, in Atti e Memorie della Regia Deputazione di Storia Patria per le Province di Romagna VI 1868, 30-35; C. Malagola, Della vita e delle opere di A. Urceo detto Codro, Bologna, 1878, 145, 239, 256 s.; C. Ricci, La Regia Galleria di Parma, Parma, 1896, 236 s.; N. Pelicelli, Musicisti in Parma nei secoli XV-XVI, in Note d’archivio per la storia musicale, VIII, 1931, 134 s.; M. Messina, F. Accolti da Arezzo, in Rinascimento, I, 1950, 295; G. Massera, Nicolò Burzio di Parma trattatista e guardacoro, in Aurea Parma 2 1965, 109-127 (con esauriente bibliografia); L. Hain, Repertorium bibliographicum, I, nn. 4145-4149; Gesamtkatalog der Wiegendrucke, V, nn. 5794-5796; G. Ballistreri, in Dizionario biografico degli Italiani, XV, 1972, 469-471.
Parma 1490/1495
Fu console dell’Arte della Lana di Parma nel 1490 e proconsole nel 1495.
FONTI E BIBL.: A. Pezzana, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, II, 1827, 404.
Varsi 1922-Nowo Postolajowka 20 gennaio 1943
Figlio di Leonardo. Alpino dell’8º Alpini Battaglione Gemona, fu decorato di medaglia di bronzo al valor militare, con la seguente motivazione: Porta munizioni di squadra fucilieri, già distintosi in precedenti fatti d’arme, sotto violento tiro si lanciava tra i primi all’assalto di un centro di fuoco avversario eliminandolo a colpi di bombe a mano e catturando un’arma automatica. Nella successiva azione, sommerso dalla superiorità avversaria, scompariva nella mischia.
FONTI E BIBL.: Bollettino Ufficiale 1955, Dispensa 18ª, 2179; Decorati al valore, 1964, 130.
Varsi 1894-Dolje 28 agosto 1915
Figlio di Giovanni. Alpino del Reggimento Alpini, fu decorato di medaglia di bronzo al valor militare, con la seguente motivazione: Durante l’attacco di una posizione nemica, avanzò arditamente in soccorso di una pattuglia sopraffatta da forze avversarie superiori e cadde mortalmente colpito.
FONTI E BIBL.: Bollettino Ufficiale 1916, Dispensa 55ª, 2848; Decorati al valore, 1964, 130.
Peli di Coli 23 aprile 1819-Fontanellato 19 settembre 1872
Di umilissime origini, fu istruito privatamente, nei primi anni, da un sacerdote del paese natio e passò quindi a Piacenza nel Collegio dei Gesuiti per seguirvi i corsi di grammatica e belle lettere. Avendo ottenuto di fruire del pio legato Ghizzoni per la beneficenza ai chierici poveri, entrò nel Seminario di quella città, dove ebbe a maestri dapprima don Vincenzo Buzzetti e in seguito l’intransigente monsignor Antonio Ranza. Fu in particolare alla scuola del Buzzetti, prelato profondamente addentrato nella conoscenza dei padri e dottori della Chiesa e specialmente di San Tommaso d’Aquino, che egli si formò allo studio della filosofia, nella quale poi emerse. Ordinato sacerdote nell’autunno 1842, fu preposto nel Liceo del Seminario di Piacenza all’insegnamento di rettorica, di teologia e infine di filosofia, cui egli attese con profitto per alcuni anni, rinunciando nel 1845 all’incarico per assumere quest’ultima cattedra nel Seminario di Borgo San Donnino. Nel nuovo istituto insegnò tutte le parti della filosofia, fintanto che, aggiunto un altro professore, ritenne per sé la sola filosofia razionale e morale. Fu teologo e filosofo reputato e uno dei precursori, con il Sanseverino, il Signoriello e il Liberatore, del movimento neo-tomistico, che poi si affermò nelle università cattoliche, da quella di Parigi a quelle di Lovanio e di Washington, sino a quella del Sacro Cuore di Milano. Suo lavoro principale fu il corso di filosofia da lui intitolato Discussioni di filosofia razionale, stampato a Milano nel 1856 dalla Tipografia Vilmant e che l’anno successivo ebbe l’onore di una seconda edizione con i tipi Besozzi. Con quest’opera, adottata come libro di testo in molti seminari e licei italiani e stranieri, il Buscarini si propose di rimettere in onore la filosofia, la quale, salita a grandi altezze con la Scolastica per opera soprattutto di San Tommaso d’Aquino, aveva finito con l’avvolgersi nelle nebbie del Kantismo, per impaludarsi infine nel materialismo e nel positivismo. Altre opere del Buscarini degne di menzione sono: I dialoghi ai bagni di Tabiano, Articoli sulla natura e sull’origine del dovere e Lettera sullo spazio, che integrarono le precedenti Discussioni e nelle quali il Buscarini, sviluppando da maestro, nel dogma e nella morale, la dottrina dei rapporti tra la fede e la ragione e dimostrando con evidenza la trascendenza della fede e l’autonomia relativa della ragione, anticipò l’enciclica del pontefice Leone XIII Aeterni Patris, che avrebbe richiamato l’attenzione del mondo intellettuale sulla philosophia perennis. Il suo nome è pure legato al dibattito sul panteismo di Gioberti. Annoverato tra i canonici della Cattedrale di Borgo San Donnino e salito in breve alla dignità di Arcidiacono, fu nominato dal vescovo Pier Grisologo Basetti suo Vicario generale. Alla morte di questo presule, avvenuta il 16 giugno 1857, il Capitolo lo elesse Vicario capitolare, carica che il Buscarini ricoprì per quattordici anni, non avendo potuto prendere possesso della diocesi, per vicende politiche, il parmense Francesco Benassi, preconizzato vescovo il 29 giugno 1859. Il Buscarini fu nominato Vescovo di Borgo San Donnino il 24 novembre 1871 e fu consacrato il 28 gennaio 1872 nella Cattedrale di San Donnino da Antonio Ranza, vescovo di Piacenza, assistito dai vescovi di Cremona e di Guastalla, Geremia Bonomelli e Francesco Benassi. In quello stesso giorno indirizzò al clero e al popolo la prima lettera pastorale, che è un impegno e un programma a continuare a servire fedelmente la causa del Signore. Appellandosi nella sua profonda umiltà vil pugno di polvere, egli rivolge specialmente al clero l’invito a un’attiva collaborazione allo scopo di infervorare sempre più gli animi alla pienezza della vita cristiana. Numerose altre lettere avevano preceduto, nel periodo in cui egli resse la cattedra borghigiana come Vicario capitolare, la prima pastorale. Sono documenti ricchi di dottrina e di significato, nei quali il frequente ricorrere del termine dilettissimi trascende i limiti del convenzionalismo per assumere l’espressione del sentimento di affetto da lui nutrito per i suoi figli spirituali. Le lettere furono poi raccolte in volume e stampate a Bologna con i tipi Mareggiani. In Seminario, nel quale istituì le cattedre di lingua greca, di sacra eloquenza, di storia ecclesiastica e di diritto canonico, il Buscarini continuò a insegnare, circondato dalla stima e dalla venerazione degli allievi, sino agli ultimi giorni di vita, contribuendo notevolmente ad accrescere il prestigio dell’Istituto, divenuto, per suo impulso, uno dei migliori centri d’istruzione e di cultura della provincia. Pietà, carità, prudenza di governo e destrezza nell’amministrare il sacro patrimonio nella grave e delicata situazione venutasi a creare con la promulgazione da parte del governo liberale delle leggi eversive degli anni 1866-1867 incameratrici dei beni ecclesiastici, coronarono la figura e l’opera del Buscarini. Il 7 luglio 1872, preoccupato dal dilagare del materialismo e dalla campagna antireligiosa scatenata dai liberali, consacrò la diocesi al Sacro Cuore di Gesù. L’omelia che in tale circostanza pronunciò nella Cattedrale fu anche l’ultima. Due mesi dopo, nel pieno vigore fisico e intellettuale, il Buscarini cedette all’assalto di un male repentino: la morte lo colse a Fontanellato, dove ogni anno era solito recarsi in devoto pellegrinaggio a quel Santuario della Madonna. La sua salma, ospitata in quel convento dei Domenicani e trasportata quindi a Borgo San Donnino, fu, dopo solenni esequie, inumata nel cimitero urbano. Il 27 settembre 1928, per interessamento di monsignor Giuseppe Fabbrucci, essa venne traslata con quelle di altri presuli nella cripta della Cattedrale.
FONTI E BIBL.: Della vita e degli scritti dell’insigne prelato si occuparono Rossetti, in un lungo articolo apparso sull’Estratto del Genio Cattolico di Reggio Emilia, annata 1872, e, più ampiamente, I.G. Isola in un commentario edito a Modena, con i tipi Gaddi, nel 1875; Mensi, Dizionario biografico dei Piacentini, 1899, 96; G. Bertuzzi, I piacentini vescovi, Piacenza, 1938, G. Bertuzzi, I Cardinali piacentini ed illustri presuli, Piacenza, 1930; D. Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 84-88; F. Molinari, in Dizionario Biografico Piacentino, 1987, 57.
Berceto 1918-Bab El Quattara 11 luglio 1942
Bersagliere del 12º Reggimento Bersaglieri. Fu decorato di medaglia di bronzo al valor militare, con la seguente motivazione: Componente di squadra cannoni da 47/32, ferito con quasi tutti gli altri uomini della squadra da proiettile di artiglieria, si prodigava sotto a violento fuoco avversario nel trasportare feriti in luogo più riparato. Nello svolgimento del nobile compito, volontariamente assuntosi, veniva successivamente e mortalmente colpito da granata nemica.
FONTI E BIBL.: Bollettino Ufficiale 1953, Dispensa 7ª, 748; Decorati al valore, 1964, 23.
Borgo San Donnino-Brothof 31 luglio 1917
Figlio di Luigi. Geniere del 2º Reggimento Genio, fu decorato di medaglia d’argento al valor militare, con la seguente motivazione: Comandato allo stendimento di un reticolato subito dopo un’azione di sorpresa, era di mirabile esempio ai compagni per attività e calma. Sferratosi un attacco nemico prendeva parte coraggiosamente al combattimento impegnatosi e, colpito a morte, cadeva incitando fino all’estremo i compagni a mantenere la posizione.
FONTI E BIBL.: Bollettino Ufficiale 1918, Dispensa 83ª, 6573; Decorati al valore, 1964, 42.
Valera 8 ottobre 1816-Parma 24 febbraio 1857
Frate cappuccino laico, fu compianto da tutti i cittadini di Parma, ai quali fu sempre di edificazione. Compì la vestizione a Borgo San Donnino il 29 aprile 1839 e nella stessa località pronunciò la professione solenne il 1° maggio 1840.
FONTI E BIBL.: F. da Mareto, Necrologio cappuccini, 1963, 149.
BUSSETI PIER FRANCESCO, vedi BUSSETTI PIER FRANCESCO
BUSSETO GIAMMARCO, vedi BUSSETO MARCO GIOVANNI
BUSSETO GIAN MARIA, vedi BUSSETO GIOVANNI MARIA
Busseto 1640/1681
Liutaio che lavorò a Cremona, e forse anche in Brescia, negli anni dal 1640 al 1681. Comunemente è ricordato (pure dal Valdrighi) come vivente tra il 1540 e il 1580: sarebbe pertanto uno dei più antichi liutai della scuola cremonese. Lütgendorff informa però che sulle etichette originali del Busseto si legge chiaramente la cifra 16…, e un simile biglietto fu pubblicato da Laurent Grillet (Les ancêtres du violon, Parigi, 1901). Lo stile si collega alla tradizione degli Amati, con una presenza personale. È da annoverarsi tra i maggiori liutai italiani del tempo e i suoi strumenti sono rarissimi e spesso attribuiti ad altri famosi Cremonesi. I violini del Busseto sono panciuti e di ampio formato, gli ff sono corti e larghi, la vernice giallo-scura o brunastra. Lütgendorff lo ritiene nativo di Busseto e opina possa essere lo stesso artefice che produceva i violini segnati Joannes Marius.
FONTI E BIBL.: G. De Piccolellis, Liutai antichi e moderni, 1885, 20; L. Forino, Il violoncellista, 1905, 115; E. Favilli, Dizionario Biografico dei Musicisti, 1925, 82-83; C. Schmidl, Dizionario Universale Musicisti, 3, 1938, 137.
BUSSETO GIOVANNI MARIO, vedi BUSSETO GIOVANNI MARIA
Busseto 1540/1580
Liutaio generico, attivo in Brescia tra il 1540 e il 1580. Secondo alcuni, fu maestro di Andrea, capostipite della celebre famiglia Amati. Il Busseto si tenne alle forme di Gaspare da Salò, suo contemporaneo. Diede vernici brune e usò gli ff. larghi e corti, angoli allungati e formato piuttosto corto.
FONTI E BIBL.: L. Forino, Il violoncellista, 1905, 154; C. Alcari, Parma nella musica, 1931, 125.
BUSSETTI CORNELIO, vedi MAJAVACCA CORNELIO
BUSSETTI GIOVANNANTONIO, vedi MAJAVACCA GIOVANNI ANTONIO
Tortona 1612-Parma 1692
Passò i primi anni della giovinezza applicandosi agli studi militari. Divenne tanto famoso per il suo valore, che fu accolto tra le truppe del Ducato di Parma. Ebbe varie promozioni e tra i vari uffici cui fu chiamato, gli furono affidati i registri dell’esercito. Divenuto vedovo della moglie Isotta prima del 1647, abbandonata la carriera militare, si volse a quella ecclesiastica. Fattosi notaio e sacerdote, fu nominato Cancelliere del Vescovado di Parma. Durò in questa carica ben quarantacinque anni ottenendo, per la sua probità e precisione, la benevolenza dei quattro vescovi ai quali prestò i suoi servigi. Fu anche consorziale e segretario del Sinodo parmense tenuto dal vescovo Carlo Nembrini l’anno 1659. Un busto in marmo del Bussetti si trova nel Seminario di Parma, istituto al quale fece dono di alcune terre.
FONTI E BIBL.: Grata laudum Pompa in anniversario D. Nicolai Busseti funere, quam vovent Seminarii Parmensis Alumni anno 1693. Parmae ex Typographia Haeredum Galeatii Rosati; A. Pezzana, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, III, 1827, 928.
Parma 9 gennaio 1639-Parma 1692
Figlio di Nicolò e di Isotta, fu tenuto a battesimo da Tiburzio Cantelli, canonico, e da Maurizia Magni. Fu allevato nei buoni studi e nelle leggi, nelle quali si laureò. Fu professore di diritto nell’Università di Parma, eccellente in ogni ambito della giurisprudenza e segretario del duca Ranuccio Farnese. Divenne famoso soprattutto come poeta (principe de’ Poeti de’ suoi dì). Lasciò manoscritta un’opera tragica in prosa e versi, La Politica delusa da Amore, giudicata meschina cosa dal Bocchia. Il Mazzuchelli null’altro dice del Bussetti eccetto che egli era Parmigiano, viveva dopo la metà del secolo XVII, attese alle materie legali, e si dilettò di poesia. Il Quadrio non ne fa parola. Tra le carte dell’Affò, il Pezzana ritrovò alcuni brevissimi ricordi intorno al Bussetti, in uno dei quali si racconta di lui che per essere molto satirico fu mandato dal Duca Ranuccio I a complimentare la Duchessa di Parma Violante Margarita di Savoja allorché sendo in Parma ella recossi nella Tribuna dorata nella Steccata per sentire la predica, e giunto alla sua presenza le disse: Riverente m’inchino e poi v’adoro, Serenissima bestia in gabbia d’oro. La nota aggiunge che era voce diffusa, ch’essa lo facesse avvelenare nel 1673, ma il Pezzana ritiene non essere quella che una leggenda.
FONTI E BIBL.: A. Pezzana, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, III, 1827, 928-930; G.B. Janelli, Dizionario biografico dei parmigiani, 1877, 84; Bocchia, Drammatica a Parma, 1913, 128.
Parma 1653
Laureato. Nel 1653 fu nominato Procuratore fiscale della città di Parma per tre anni, secondo la consuetudine.
FONTI E BIBL.: A. Pezzana, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, III, 1827, 930.
BUSSETTO GIOVANNANTONIO, vedi MAJAVACCA GIOVANNI ANTONIO
BUSSETTO GIOVANNI MARIA, vedi BUSSETO GIOVANNI MARIA
Panocchia 13 marzo 1795-post 1839
Sposò nel 1815 Rosalba Casoni di Parma, dalla quale ebbe quattro figli. Fu in servizio alla Corte di Maria Luigia d’Austria prima come giornaliero della ducale cantina e poi, dal 1° gennaio 1839, come garzone di cantina.
FONTI E BIBL.: M. Zannoni, A tavola con Maria Luigia, 1991, 305.
Parma 1745
Fu Ispettore generale specialmente pe’ lavori pubblici che dipendono dal Presidente delle Finanze (Almanacco della Ducal Corte di Parma per l’anno MDCCXLV, 241). Al Bussolati fecero capo inoltre gli affari riguardanti le case e i poderi di proprietà ducale situati in alcuni comuni, tra cui Sala, Collecchio e San Martino Sinzano. (Raccolta generale delle leggi per gli Stati di Parma).
FONTI E BIBL.: Per la Val Baganza, 8, 1981, 171.
Noceto 1731 c.-post 1765
Figlio di Francesco. Fu tenente delle truppe ducali di Parma. Sposò Ortensia Testi.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 7 ottobre 1996, 5.
Noceto 1750/1763
Servì nell’anno 1750 nelle milizie ducali di Parma col grado di Luogotenente e quindi di Capitano (1763).
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 7 ottobre 1996, 5.
Parma 1284/1298
Fu prevosto mitrato della Chiesa di Borgo San Donnino dal 1284 al 1298. Proveniva da Parma, dove faceva parte del Capitolo di quella Cattedrale. Come il suo predecessore, rinunciò alla prevostura per ritirarsi nella città natale.
FONTI E BIBL.: D. Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 27.
Pontolo 1487
Da un atto del 20 ottobre 1487 emerge che il Buttafava, abitante in villa Pontulo di Borgo Val di Taro, prestò diversi ducati d’oro ad alcuni provvisionali del duca di Milano, Lodovico Maria Sforza, onde ottenere che recedessero dall’asportare i beni di alcuni terrieri che erano stati banditi dal territorio.
FONTI E BIBL.: V. Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, Appendice 1, 1935, 450.
Borgo Taro 1467
Da un atto del notaio Iacobus de Perego (presso l’Archivio di Stato di Parma) del 10 novembre 1467 risulta che Guglielmus de Butafaba, Sapiens et Consiliarius Burgi Vallis Tari (carica togata di alta importanza) giurò, con altri conterranei e sapientes, fedeltà allo Sforza, duca di Milano.
FONTI E BIBL.: V. Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, Appendice 1, 1935, 450.
Piacenza 1804-Parma 20 maggio 1883
Allievo dell’Istituto Alberoni in Piacenza, laureato in legge, fu docente di materie letterarie nel ginnasio di Piacenza, poi nel Collegio Maria Luigia di Parma, successivamente nelle scuole di Bobbio e di Torino. Ritornato a Parma per ragioni di salute, venne eletto a importanti uffici governativi (fu, tra l’altro, Direttore della Tipografia Ducale di Parma). Di rigidi principi cattolici, politicamente conservatore e legittimista, diresse per vari anni (1857-1859) la Gazzetta Ufficiale di Parma, poi per sette anni il giornale cattolico parmigiano Il Veridico. Per il suo atteggiamento ostile alla nuova situazione politica e la sua intransigente difesa del Pontefice, nel 1866 fu condannato a quattro mesi di domicilio coatto a Genova. Pubblicò saggi letterari, filologici, storici, biografici e varie commedie. Tradusse dal francese diverse opere teatrali e storiche, tra cui la Storia della Compagnia di Gesù del Cretineau Joly (Parma, Fiaccadori, 1845-1848, sei volumi). Fu inoltre autore di una apprezzata guida di Piacenza (Piacenza, Tagliaferri, 1842), ricca di notizie storiche, topografiche e statistiche, e del Dizionario Corografico dei Ducati di Parma, Piacenza ed annessi (Milano, Civelli, 1854).
FONTI E BIBL.: G.B. Janelli, Dizionario biografico dei parmigiani illustri, seconda appendice, Parma, 1884, 9-10; L. Mensi, alla voce; C.E. Manfredi, in Dizionario biografico piacentino, 1987, 58.
Parma 1799/1835
Intagliatore, realizzò nel 1799 un candeliere in San Giuseppe a Parma e nel 1835 sei sedie per la Sala da ricevere in Palazzo ducale.
FONTI E BIBL.: Archivio di Stato di Parma, Casa e Corte di Maria Luigia d’Austria, busta 213; Il mobile a Parma, 1983, 262.
BUTTIO NICOLÒ, vedi BURZIO NICOLÒ
Castenedolo 1915 - Parma 22 ottobre 1998
Figlio di un medico condotto, il Butturini decise di seguire le orme paterne iscrivendosi alla facoltà di Medicina dell’Università di Parma dove si laureò nel 1940. Agli anni dello studio risale dunque il suo primo contatto con la città che divenne poi la sua patria adottiva e nella quale trascorse quasi per intero la sua carriera medica e accademica. Dopo il secondo conflitto mondiale, il Butturini iniziò a lavorare all’interno dell’Ospedale di Parma in un’epoca ancora pionieristica della medicina: fu incaricato, unico medico, di seguire le decine di malati che erano ricoverati al reparto Infettivi col solo ausilio di strumenti ancora rudimentali. Agli anni Cinquanta risale l’unico suo trasferimento al di fuori di Parma: dal 1953 al 1959, infatti, seguì il suo maestro, Domenico Campanacci, diventandone l’aiuto all’istituto di Patologia medica dell’Università di Bologna. Poi, nel 1959, fece ritorno all’Università e all’Ospedale di Parma con l’incarico di professore straordinario. Quindi, dal 1962 fu professore ordinario di Semeiotica medica, dal 1970 al 1978 di Patologia speciale medica e Metodologia clinica e infine di clinica medica generale dal 1978 al 1985, mantenendo poi l’incarico di direttore della Clinica medica fino al 1990, anno del suo pensionamento. Inoltre fondò e diresse quattro scuole di specializzazione (Geriatria, Diabetologia, Ematologia e Oncologia clinica), e fu direttore degli istituti di Semeiotica medica, Patologia medica e Clinica medica generale. In campo nazionale fu presidente delle società di Gerontologia, Diabetologia, Obesità e di riabilitazione medico chirurgica in vari momenti, tra il 1973 e il 1989. Il Butturini fu inoltre direttore scientifico per nomina ministeriale del Centro studi e ricerche sulla nutrizione e gli alimenti dell’Università di Parma e ricevette anche l’onorificenza della medaglia d’oro al merito di Sanità pubblica. Numerosissimi suoi allievi furono titolari di cattedre e primariati a Parma e in tutta Italia: tra gli altri, a Parma i professori ordinari universitari Del Signore, Gnudi, Passeri, Rizzoli e Valenti, e tra i primari, Coscelli a Parma, Lucarelli a Pesaro, Ferrari a Cremona, Sartori a Cesena e Bellodi a Guastalla. Tra i suoi studi figurano oltre 500 pubblicazioni scientifiche sulle più importanti riviste nazionali e internazionali.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 23 ottobre 1998, 6.
BUZZETTI PIER FRANCESCO, vedi BUSSETTI PIER FRANCESCO
Parma 1894/1912
Soldato del 26° Reggimento Fanteria, fu decorato di medaglia di bronzo al valor militare, con la seguente motivazione: In difficili condizioni di combattimento, dava prova esemplare di coraggio e noncuranza del pericolo, esponendosi continuamente al fuoco per ben disimpegnare le mansioni di serventi alle mitragliatrici (Derna, 3 marzo 1912).
FONTI E BIBL.: G.S. Corradi-G. Sitti, Glorie alla conquista dell’Impero, 1937.
-Parma 16 ottobre 1898
Nel 1854, quando la polizia borbonico-austriaca soffocò nel sangue un audace tentativo di rivolta di generosi parmigiani, il Buzzi fu preso a fucilate sulla gradinata della chiesa di San Pietro. Riportò solo alcune ferite ma dovette subire una lunga prigionia.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 17 ottobre 1898, n. 302; G. Sitti, Il Risorgimento Italiano, 1915, 401.
Parma 1563/1575
Sacerdote, fu vicemaestro di cappella nella chiesa della Steccata in Parma. Il Buzzi fu dal 29 aprile 1563 sagrista della Cattedrale di Parma, finché passò alla Steccata, eletto come cantore il 16 marzo 1568. Il Buzzi dovette avere un carattere difficile, poiché fu sospeso per degni rispetti il 3 maggio 1570. Fu riammesso come residente di canto fermo il 18 novembre e per il canto figurato il 29 febbraio 1572. A. Crivelli lasciò la direzione della cappella corale il 27 agosto 1574, e in quella occasione la Compagnia della Steccata nominò il Buzzi vicemaestro di cappella il 1° marzo 1575. In tale ufficio rimase sino al 1° settembre, cioè fino a che la cappella corale venne sciolta.
FONTI E BIBL.: N. Pelicelli, La cappella corale della Steccata nel secolo XVI, 25-26; N. Pelicelli, Musica in Parma, 1936, 20.
Parma 1750-1811
Fu chirurgo all’Ospedale di Borgo Taro. Nel 1809 chiese alla Commissione Amministrativa dell’Ospedale che fosse estinto un suo debito verso la soppressa Spezieria del Convento di San Domenico di Borgotaro affermando che era nei patti con i frati che egli avrebbe prestato opera gratuita in cambio di certi medicinali. La Commissione non ritenne giustificata la richiesta del Buzzoli.
FONTI E BIBL.: U.A. Pini, Vecchi medici, 1960, 28.