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Dizionario biografico: Adam Ognibene-Adorno

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ADAM OGNIBENE
Parma 9 ottobre 1221-Montefalcone giugno 1288/dicembre 1289
Figlio di Guido e di Iumelda de Cassio. Entrato nell’Ordine francescano il 4 febbraio 1238, a Parma, venne accolto dallo stesso generale, frate Elia, che riuscì a sventare i numerosi tentativi paterni di riportare il figlio nella famiglia. Trasferitosi a Fano, vi continuò gli studi, già iniziati mentre era ancora laico, sotto la guida di fra’ Umile da Milano, scolaro di fra’ Aimone di Favesham. Sempre per sottrarsi agli interventi del padre, si portò poi a Iesi, dove si fermò nella quaresima del 1239, per raggiungere poi Lucca, sua nuova residenza. Durante il viaggio a Città di Castello l’Adam incontrò l’ultimo (ma se ne ignora il nome) dei frati accolti nell’Ordine direttamente da Francesco, che gli rimproverò l’ambizioso nome Ognibene proponendogli di mutarlo nell’altro, più umile e più augurale di Salimbene, che da allora in poi adoperò fino alla morte. A Lucca, ove rimase dalla metà del 1239 ai primi mesi del 1241, continuò i suoi studi di sacra scrittura e di teologia, a cui unì quello del canto sacro, in cui gli fu guida fra’ Vita da Lucca. Vi si fece molti amici e vi incontrò l’imperatore Federico II. Mandato a Siena nel 1241, vi conseguì il suddiaconato. Allargò inoltre il suo mondo spirituale e culturale, perché vi conobbe il primo seguace di Francesco, Bernardo di Quintavalle e Ugo di Digne, dal quale udì, forse per la prima volta, parlare delle dottrine gioachimitiche. Da Siena passò a Pisa, ove nel 1243 dovette vincere l’ultimo tentativo del padre di riportarlo in seno alla famiglia con l’appoggio del pontefice Innocenzo IV, da poco eletto, che era imparentato con gli Adam. Ma proprio durante questi maneggi il padre morì, nel 1244. Il soggiorno pisano ebbe molta importanza per la formazione culturale dell’Adam, perché vi acquistò, sotto la guida di Rodolfo di Sassonia, maximum Ioachista, un’ampia e precisa conoscenza degli scritti di Gioacchino da Fiore, da quelli autentici ai meno certi, come il Liber figurarum, e ai sicuramente falsi commentari ad Isaia e Geremia. Nel 1247 fu a Cremona e poi a Parma, ove fu spettatore dell’eroica resistenza della città natia alle forze di Federico II. Mentre ancora durava l’assedio, fu inviato in Francia per chiedere aiuto e informare il Pontefice. Partito tra il settembre e l’ottobre, a Lione fu ricevuto dal Papa il 1° novembre 1247. Quindi iniziò, per tornare in patria, una serie di spostamenti di città in città, di cui restano vividi ricordi nella Cronica, come a Villefranche, ove incontrò Giovanni da Pian dei Carpini, che gli riferì molte notizie sui suoi viaggi tra i Tatari, a Troyes, a Provins, ove restò dal 13 dicembre 1247 al 2 febbraio 1248 ed ebbe occasione di approfondire ancora le sue conoscenze gioachimitiche, a Parigi, a Sens, incontrandovi ancora Giovanni da Pian dei Carpini, e infine ad Auxerre, che doveva essere la sua nuova residenza. Qui incontrò il re Luigi IX del quale scrive un ritratto in cui risulta, vivacemente, più l’uomo e il credente che il sovrano. Trasferito in Provenza, dopo il capitolo provinciale della Pentecoste del 1248, raggiunse Arles il 21 giugno 1248 recandosi poi ad Aix-en-Provence e infine, per Hyères e Marsiglia, a Tarasconne, a incontrarvi il generale dell’Ordine e suo concittadino Giovanni da Parma. In tale occasione superò l’esame necessario per poter predicare in pubblico ma ricevette anche l’ordine di prendere stabile residenza in Genova, poiché il generale era malcontento di quel continuo peregrinare. Sia nel viaggio a Tarasconne sia in quello a Genova, l’Adam incontrò a Hyères (ove nel 1248, al secondo viaggio, si trattenne dal 5 ottobre al 1° novembre) il suo confratello Ugo di Digne, col quale si intrattenne lungamente a parlare delle idee gioachimitiche, come riferisce distesamente nella Cronica. Poté anche assistere a vivaci discussioni tra Ugo e gli avversari delle idee di Gioacchino. A Genova, ove era ai primi di dicembre 1248, l’Adam fu ordinato sacerdote. Poco dopo ripartì per la Francia (il 28 febbraio 1249 fu per la terza volta a Hyères), incontrandosi ad Avignone con Giovanni da Parma, che lo portò con sé a Lione, ove però il provinciale di Bologna ne chiese il ritorno alla provincia d’origine. Dalla Francia ancora una volta tornò in Italia attraverso la Savoia, puntando su Genova e di lì, per Bobbio, su Parma, ove incontrò fra’ Giovanni che era sul punto di partire per la Grecia. Ebbe allora fissata la sua residenza a Ferrara, ove restò sette interi anni che furono in molta parte dedicati alla sua attività di scrittore e di uomo di chiesa. Per circa due anni, tra il 1256 e il 1258, fu poi a Reggio Emilia, ove conobbe Gerardo da Borgo San Donnino, con il quale si trattenne a discutere di gioachimismo, a cui continuava ad aderire sempre fervidamente. Nel 1260 (egli è anche uno dei più vivaci ed efficaci testimoni del moto dei flagellanti a Modena) maturò la crisi che doveva sconvolgere la sua coscienza religiosa: avendo visto cadere nel vuoto le profezie di Gioacchino, se ne distaccò decisamente e definitivamente. Dopo questi anni è difficile seguire i movimenti dell’Adam: le testimonianze che egli ha lasciato, non sistemate come la prima parte della sua vita in un ricordo organico e coerente (frutto forse anche di una stesura tranquilla, quale gli fu possibile solo nei sette anni di residenza ferrarese), danno molte notizie ma in gran disordine cronologico, da cui emergono solo alcuni dati sicuri. Si sa che nel 1261, dopo il marzo, fu a Bologna e che visse, a intervalli, cinque anni a Rimini. Ma nel 1265 era a Faenza per il Natale, nel 1265-1266 a Ravenna, ove fu spettatore dell’episodio della falsa figlia di Paolo Traversari. Fu poi, in data imprecisabile, ad Assisi, a Perugia, alla Verna, nel 1270 a Imola, alla fine del 1273 e nel 1274 a Faenza. Per otto anni (1275-1283) non è possibile precisare i suoi spostamenti. Sola data sicura è che nel 1283-1284 era di nuovo a Reggio, poi fino all’8 settembre 1287 si trovava al convento di Montefalcone. Si ignora l’anno preciso della sua morte, che però può fissarsi a dopo il 1288. Alla data del 1288, come ultima della Cronica e quindi termine post quem per la morte dell’Adam, si è giunti con un calcolo di approssimazione che, sulla base dei fogli mancanti (di cui è possibile conoscere il numero dall’indice del codice), ha cercato di determinare il numero degli anni che potevano essere stati oggetto del racconto. Una così larga esperienza di vita fu accompagnata da una formazione culturale non meno complessa, sebbene non maturata e organizzata in un approfondito ripensamento: certo l’Adam nella sua Cronica mostra conoscenza vasta, pronta e precisa della Scrittura, che cita a ogni possibile occasione, anche per solo sfoggio di dottrina, e ampie e articolate dovettero essere anche le sue conoscenze di teologia, se compose un trattato scolastico sulla Trinità, entrando nella polemica relativa alla dottrina trinitaria di Gioacchino da Fiore. In stretta connessione con i suoi studi di Scrittura e di teologia è anche il suo confessato, lungo studio delle opere di Gioacchino da Fiore, di cui accettò l’interpretazione diffusa in seno all’Ordine francescano. A questi studi, che ben si inquadrano nella sua preparazione di uomo di chiesa, vanno aggiunte conoscenze (non scarse né comuni) di diritto, di letteratura e di poesia. In conclusione, la valutazione frequentemente restrittiva della sua cultura è certo solo conseguenza del fatto che l’unica sua opera sopravvissuta, la Cronica, secondo quanto egli stesso dice, fu scritta a diletto e informazione d’una sua nipote monaca. Però la Cronica stessa, al di là di certe apparenze estrinseche, come la sciattezza del latino, intriso di elementi volgari, è fondata su buone cronache anteriori per le parti in cui l’Adam racconta fatti e vicende a cui non ha personalmente partecipato. Adopera infatti una redazione, andata perduta, della cronaca di Sicardo di Cremona e, pare, quella di Alberto Milioli da Reggio. Si discute, invece, tra i critici, sui modi e le forme con cui sono state usate dall’Adam nella sua opera. L’Adam inserisce la lettera del khan dei Tatari al Papa, che viene trascritta immediatamente dall’esemplare nelle mani di Giovanni di Pian dei Carpini, il decreto di condanna della dottrina trinitaria di Gioacchino da Fiore che è ripreso da qualche circolare, allora in giro nell’Ordine francescano, e poi testi di poesie in latino e in volgare, trascritte di volta in volta, durante i suoi viaggi, come quella di Ugo d’Orléans e di Gherardo Patecchio. Ma la fonte principale della Cronica è l’Adam stesso, che con franchezza dà le notizie della sua esperienza diretta, colte da una personalità pronta e recettiva, senza troppo preoccuparsi della propria coerenza interiore. In forma annalistica, le anima spesso della sua speranza gioachimita, fino al 1260, poi, deluso, si lascia andare più che mai al gusto del racconto e al piacere del ricordo esprimendo, senza preoccupazioni periodizzatrici, i sentimenti di un francescano, di parte guelfa, parmense, parente di un papa, al di là dell’ossequio sincero ma formale verso i supremi poteri universali, nei limiti e nel travaglio della borghesia della città italiana del secolo XIII. Lo stesso Adam parla di altre sue opere, come i Duodecim scelera Friderici (forse la Cronica brevior a cui attinse per le sue Historiarum decades l’umanista Flavio Biondo), il Tractatus de Heliseo, il Tractatus papae Gregorii decimi, il Liber tediorum composto sul modello delle Noie di Gherardo Patecchio, mentre era a Borgo San Donnino, e un trattatello sulla Trinità. Ma di tutte queste opere nulla è soppravvissuto. La Cronica, conservata acefala e mutila nel Codice Vaticano latino 7260 (mancante di alcune pagine nell’interno dell’opera) è quasi certamente autografa. Fu pubblicata, con molti errori, da una copia, a cura del parmense Antonio Bertani per la prima volta nel 1857: Chronica fr. Salimbene Parmensis Ordinis Minorum ex codice Biblioúthecae Vaticanae nunc primum edita, in Monuúmenta Historica ad provincias Parmensem et Placentinam pertinentia, Parmae, 1857. Altre edizioni: Chronica fratris Salimbene de Adam Ordinis Minorum, a cura di O. Holder-Egger, in Monumenta Germ. Hist., Scriptores, XXXII, Hannoverae et Lipsiae, 1905-1913; Salimbene de Adam, Cronica, a cura di F. Bernini, 2 volumi, Bari, 1942; e altre ancora.

FONTI E BIBL.: La bibliografia sull’Adam fino al 1931 è riunita da F. Bernini, Bibliografia Salimúbeúniana, in Studi Francescani s. 3, IV 1932, 80-85. Per la bibliografia successiva si veda G. Prezzolini, Repertorio bibliografico della storia e della critica della letteratura italiana dal 1902 al 1932, II, Roma, 1939, 911 s.; G. Prezzolini, Repertorio bibliografico della storia e della critica della letteratura italiana dal 1933 al 1942, New York, 1948, 198. In generale su di lui si veda: E. Michael, Salimbene und sein Chronik, Innsbruck, 1889; P.M. Bizilli, Salimbene. Episodi della vita italiana del secolo XIII, Odessa, 1916, introvabile in Italia, per cui si veda la notizia che ne dà V. Zabughin, in Giornale Storico della Letteratura Italiana LXXII 1918, 133-142, e in Archivio Storico per le Province Parmensi, n. s., XIX 1919, 253-261. Sulla famiglia dell’Adam sono importanti e decisivi i documenti raccolti da F. Bernini, Il parentado e l’ambiente familiare del cronista fra’ Salimbene da Parma secondo nuovi documenti, in Archivum Francisc. Hist. XX 1935, 345-373; F. Bernini, Nuovi documenti sulla famiglia del cronista frate Salimbene, in Archivium Francisc. Hist. XXXI 1938, 198-201. Si veda inoltre: I. Affò, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, I, Parma, 1789, 208-233; M. Tabarrini, Della Cronaca di fra Salimbene, in Archivio Storico Italiano XVI 1862, 25-69 e XVIII 1863, 42-89; A. Dove, Die Doppelúchronick von Reggio und die Quellen Salimbene’s, Leipzig, 1873; L. Clédat, De fratre Salimbene et de eius Chronicae auctoritate, Parisiis, 1878; F. Novati, La Cronaca di Salimbene, in Giornale Storico della Letteratura Italiana I 1883, 384-388; L. Clédat, La Chronique de Salimbene, in Annuaire de la Faculté des Lettres de Lyon I 1833, 201-214; O. Holder-Egger, Reise nach Italien 1884, in Neues Archiv X 1885, 222-224; P. Scheffer-Boichorst, Salimbene und Biondo, in Zur Geschichte des XII. und XIII. Jahrhunderts, Berlin, 1897, 284-289; O. Holder-Egger, Salimbene und Albert Milioli, in Historische Aufsätze Karl Zeumer zum sechzigsten Geburtstag als Festgabe dargebracht von Freunden und Schülern, Weimar, 1910, 451-482; O. Holder-Egger, Zur Lebensgeschichte des Bruders Salimbene de Adam, in Neues Archiv XXXVII 1912, 163-218 e XXVIII 1913, 469-481 (postumo); F. Bernini, Noterelle in margine a Salimbene, in Archivio Storico per le Province Parmensi XXVIII 1928, 35-41; F. Bernini, Che cosa vide e raccontò di Ferrara il cronista Salimbene da Parma, in Riv. di Ferrara, 1934 (estratto). Per un giudizio letterario sull’Adam si veda specialmente A. Momigliano, Motivi e forme della Cronica di Salimbene, in Cinque Saggi, Firenze, 1945, 71-108, con la discussione di F. Bernini, Di un recente giudizio critico su Salimbene, in Belfagor II 1947, 588-591. Un inserimento dell’Adam nel mondo culturale del suo tempo è tentato da G. Toffanin, Il secolo senza Roma, Bologna, 1942, 147-165 e, con molto maggiore aderenza storica, da C. Violante, Motivi e carattere della Cronica di Salimbene, in Annali della Scuola Normale Superiore, s. 2, XXII 1953, 108-154, che completa e arricchisce i dati di N. Scivoletto, Fra’ Salimbene da Parma, Bari, 1953. Sui rapporti tra gioachinismo e l’Adam si veda, oltre alle notizie generali di G. Bondatti, Gioachinismo e francescanesimo nel Dugento, Santa Maria degli Angeli, 1924, in particolare: E. Benz, Ecclesia Spiritualis, Stuttgart, 1934, 175 ss., 182, 191 ss., 199 e 205 ss. La fortuna dell’Adam infine è stata oggetto di un apposito studio di F. Bernini e di A. Boselli, La fortuna della Cronica di Salimbene, in Bullettino dell’Istituto storico italiano per il Medio Evo e Archivio Muratoriano, LII (1937), 265-281; R. Manselli, in Dizionario biografico degli Italiani, I, 1960, 228; F. Bernini, L’unico documento originale relativo a Salimbene, Parma, 1948; N. Scivoletto, Fra Salimbene da Parma e la storia politica e religiosa del secolo decimoterzo, Bari, 1950; A. Cerlini, Fra Salimbene e le cronache attribuite ad Alberto Milioli, in Archivio Muratoriano 8 1910, 383-409; Frammenti della Cronaca di Salimbene, in Aurea Parma 44 1960, 171-175; A. Zamboni, L’eremo di fra Salimbene, in Gazzetta di Parma 15 luglio 1960, 3; G. Miazzi, Salimbene, i vini e le pietanze del suo tempo, in Gazzetta di Parma 17 gennaio 1965; Stanislao da Campagnola, Orientamenti critici interpretativi intorno alla Cronaca di Salimbene de Adam, in Laurentianum 6 1965, 461-491; G. Gonizzi, Cremona vista da Fra Salimbene, in Gazzetta di Parma 5 aprile 1966; Stanislao da Campagnola, Intuito storiografico e rilievo letterario nella Cronaca di Salimbene, in Laurentianum 7 1966, 486-495; M. Turchi, La Cronica di Salimbene, in Letteratura 88-89 1967, 297-305; M. Turchi, Salimbene o la ricerca dell’umano nella storia, in Aurea Parma 51 1967, 79-93; Stanislao da Campagnola, La Cronica di Salimbene de Adam davanti alla critica, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1967, 329-369; P. Jacques, L’eloge des personnes et l’ideal humain au XIII siecle d’apres la Chronique de Fra Salimbene, in Le Moyen Age 22 1967, 403-430; M. Turchi, L’intuizione parmigiana della Cronica di Salimbene, in Parma Economica 4 1967, 13-17; M. Turchi, Le biz zarie del Duecento dalla Cronica di Salimbene, in Gazzetta di Parma 2 luglio 1967; M. Turchi, Una storia romanzesca dalla Cronica di Salimbene, in Gazzetta di Parma 5 luglio 1967; M. Turchi, Sfondi e figure della Cronica di Salimbene, in La Stagione luglio-agosto 1969, 15-21; G. Balzani Ripamonti, La donna nella Cronica di Salimbene de Adam, in Italia Francescana 45 1970, 125-169; G. Capelli, Fra Salimbene geniale interprete del suo tempo, in Parma Economica 4 1970, 31-37; Mariano da Alatri, Il vescovo nella Cronica di Salimbene, in Collectanea Franciscana 42 1972, 5-38; Stanislao da Campaúgnola, L’Ordo poenitentium nella Cronica di Salimbene de Adam, in L’ordine della Penitenza di San Francesco d’Assisi nel secolo XIII, Roma, 1973, 165-177; Salimbene de Adam, Cronica, nuova edizione critica a cura di Giuseppe Scalia, Bari, Laterza, 1966, 2 volumi. La bibliografia salimbeniana essenziale fino al 1912 si trova raccolta in O. Holder-Egger, a pp. XXXI-XXXII della Prefazione, oltre che nelle note della medesima. Per gli anni successivi, fino al 1941, l’aggiornamento è stato compiuto dal Bernini, sia nella Bibliografia Salimbeniana pubblicata in Studi francescani, serie 3a, IV 1932, 80-85, sia nell’edizione della Cronica dallo stesso curata, a p. 955 s. La prima è divisa in due paragrafi: La fortuna della Cronica di frate Salimbene (80-82) e Bibliografia (82-85), quest’ultimo a sua volta suddiviso in: Edizioni, Traduzioni e Opere critiche. Nell’edizione della Croúnica, con la stessa suddivisione del predetto paragrafo, è data una bibliografia essenziale. L’aggiornaúmento del Bernini è stato eseguito con poca cura e abbonda, quindi, di omissioni, approssimazioni e inesattezze. Così, per esempio, di numerosi articoli è fornita solo l’indicazione dell’annata della rivista in cui sono apparsi, e non quella delle pagine, o l’indicazione è errata. Mancano poi nella Bibliografia del 1932, solo per citare qualche caso tra i tanti: G.L. Bertolini, Criteri geografici nella Cronaca di Fra Salimbene, in Rivista geografica italiana XXIX 1922, 32-40; A. Callebaut, Le Joachimite Benoît, abbé de Camajore et Fra Salimbene, in Archivium Franciúscanum Historicum XX 1927, 219-222, di notevole interesse per la formazione gioachimita di Salimúbene; F.M. Delorme, Élévations; P. Pelliot, Les Mongols et la Papauté. La lettre du gran khan Güiük à Innocent IV (1246), in Revue de l’Orient chrétien XXIII 1922-1923, 3-30, dove è pubblicata, dall’originale ritrovato nel 1920, e illustrata la redazione persiana della lettera indirizzata al papa Innocenzo IV dal Khan dei Tartari, trascritta, nella versione latina, nella Cronica, a pagina 298 s. Notizie bibliografiche, anche per gli anni successivi al 1941, sono nel volumetto di N. Scivoletto, a pp. 55- 57, 69 e altrove. Data la considerevole quantità di materiale che, per la vastità e l’importanza dei riflessi della Cronica in vari campi di studio, si è venuto accumulando, sarebbe utile e opportuno condurre una indagine bibliografica sistematica, il più possibile estesa e approfondita, e riunire insieme i risultati già conseguiti dai singoli studiosi. Ricerche in tal senso sono state compiute da un allievo della Scuola di Biblioteúconomia annessa alla Biblioteca Apostolica Vaticana, L. Bussi, ma con esiti parziali e approssimativi. La Cronica è stata ripetutamente tradotta in più lingue, ma solo parzialmente e non con intento scientifico. Migliore tra tutte è quella tedesca di A. Doren, Die Chronik des Salimbene von Parma, Leipzig, 1914, voll. 2 (Die Geschichtschreiber der deutschen Vorzeit, 93-94), fondata sul testo di O. Holder-Egger, con esclusione della parte derivata, per dichiarazione del cronista, della cronaca di Sicardo, di quasi tutte le citazioni bibliche e dei brani discesi, a giudizio dell’editore tedesco, dal Liber de temporibus. Le principali traduzioni italiane sono: Cronaca di Fra Salimbene Parmigiano, volgarizzata da C. Cantarelli sull’edizione unica del 1857, Parma, 1882-1883, voll. 2: completa, ma fondata sulla lacunosa e mendosissima edizione Parmense; La bizzarra Cronaca di frate Salimbene, traduzione di F. Bernini, Lanciano, 1926 (Collana Scrittori Italiani e Stranieri della Casa editrice G. Carabba): scelta di brani di O. Holder-Egger, suddivisi in paragrafetti, preceduta da una Introduzione (I-XXIV) su Salimbene e la sua opera; Fra’ Salimbene, La Cronaca, a cura di G. Pochettino, Sancasciano Val di Pesa, 1926: La traduzione che qui presento non è assolutamente originale, perchè l’ho fatta con l’occhio a quella pubblicata dal Cantarelli nel 1882. E non riproduce nemmeno tutta la Cronaca. Arbitraria quindi è risultata la scelta dei brani, la loro disposizione e talora anche la loro connessione; Salimbene de Adam, La Cronaca, versione di G. Tonna, Milano, 1964: brani scelti dell’edizione Bernini, raggruppati per argomento e tradotti in un italiano con coloriture arcaiche e dialettali. Traduzioni francesi: Pacifique M. d’Aincreville, Voyage de Fra Salimbene en France (1247-1249), in La France franciscaine I 1912, 21-75: traduzione, a pp. 25-75, della sola parte della Cronica concernente i viaggi di Salimbene in Francia; Jourdain de Giano, Thomas d’Eccleston et Salimbene d’Adam, Sur les routes d’Europe au XIIIe siècle - Chroniques, traduites et commentées par M.-Th. laureilhe, Paris, 1959: a pp. 161-218 è la traduzione della descrizione dei due viaggi in Francia, preceduta da una breve nota intorduttiva (147-160). Traduzioni inglesi: From St. Francis to Dante - Translations from the Chronicle of the Franciscan Salimbene (1221-1288) with notes and illustrations from other medieval sources. By G.G. Coulton, London, 1907: traduzione di parti della Cronica tendenziosamente scelte (cfr. recensione di M. Bihil, in Historisches Jahrbuch XXIX 1908, 922 s.); Jordan of Giano, Thomas of Eccleston, Salimbene degli Adami, XIIIth Century Chronicles translated from the Latin by P. Hermann, with introduction and notes by M.-Th. Laureilhe, Chicago, 1961: traduzione inglese parallela a quella francese del 1959. La bibliografia salimbeniana successiva all’edizione del Bernini è abbastanza ricca e interessante. Senza pretesa di completezza, diamo di seguito, in ordine cronologico, i principali studi di carattere monografico: A. Momigliano, Motivi e forme della Cronica di Salimbene, apparso prima, con lo pseudonimo Giorgio Flores, in Leonardo XIV 1943, 47-55, ripubblicato in Cinque saggi, Firenze, 1945: analisi critica, acuta e sensibile, di taluni aspetti e caratteri della Cronica, con attenzione rivolta esclusivamente a questioni stilistiche. Il saggio è stato recensito da F. Bernini, in Belfagor II 1947, 588-591, ma ingenerosamente: tra le considerazioni di quest’ultimo sono quelle concernenti il carattere domestico della Cronica (a p. 589, in armonia col Momigliano, che aveva ravvisato nell’opera un colore simpatico d’intimità, il carattere di modesta rievocazione famigliare o municipale) e la struttura sintattica del linguaggio salimbeniano; L. Messedaglia, Legúgendo la Cronica di frate Salimbene da Parma. Note per la storia della vita economica e del costume nel secolo XIII, in Atti dell’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti 1943-1944, tomo CIII, parte II: Classe di Scienze morali e lettere, 352-426 (+ XVII di Indice): esame accurato della Cronica, con l’intento di evidenziarne tutto ciò che ha attinenza con l’economia agricola del tempo e quindi con le condizioni meteorologiche, le inondazioni, le carestie, i terremoti, le guerre, le epidemie, le epizoozie e i prezzi delle derrate; numerose e interessanti sono le considerazioni su particolari aspetti del costume e opportune talune precisazioni semantiche; N. Scivoletto, Fra Salimúbene da Parma e la storia politica e reigiosa del secolo decimoterzo, Bari, 1950, recensito tra l’altro da N. Valeri, G. Pepe (cfr. Bibliografia storica nazionale, XVII, 1950, 54), F. Bernini, L. Cellucci (Bibliografia storica nazionale, XIII, 1951, 54), M.C. Daviso (Bibliografia storica nazionale, XIV, 1952, 54), R. Manselli, C. Violante (Bibliografia storica nazionale, XV, 1953, 70), R. Pratesi (Bibliografia storica nazionale, XVII, 1955, 77): il volumetto, in tre lunghi capitoli, tratta rispettivamentente di questioni bio-bibliografiche e dei principali spunti offerti dalla Cronica per una indagine sulla vita politica e sulla vita religiosa del tempo di Salimbene; in un quarto capitolo è tracciato un ritratto del frate, in quanto tale e come cronista. La questione delle fonti reggiane della Cronica, è esaminata dallo Scivoletto con impengo ma con impostazione esclusivamente contenutistica. Una breve appendice tratta dell’importanza di Salimbene per la storia della letteratura italiana; L. Cellucci, Storie della vita religiosa in Salimbene, in Arcadia - Atti e memorie, serie III, volume II, 3 1950, 95-105, articolo pubblicato come parziale anticipazione del V capitolo della seconda edizione, riveduta e corretta, dell’opera Le leggende francescane del secolo XIII nel loro aspetto artistico dello stesso Cellucci (Modena, 1958), dedicato in gran parte (pp. 175-206) a Salimbene: l’autore si sofferma a illustrare taluni aspetti del temperamento del frate alla luce dell’esperienza religiosa riflessa nell’opera; l’ampia conoscenza della leteratura francescana gli consente di stabilire qualche interessante parallelo; C. Violante, Motivi e caratteri della Cronica di Salimbene, in Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa - Lettere, storia e filosofia, serie II, XXII 1953, 108-154: studio critico e interessante in cui l’autore, attraverso una acuta analisi del testo della Cronica, mette a fuoco la posizione spirituale del frate , definibile, a suo giudizio, aristocratica, cortese, mondana, e, in un certo senso, laica:l’atteggiamento culto del letterato che vagheggia l’ideale cortese e si rifugia nella sua arte; il venir meno di intimi profondi tormentati interessi religiosi; la stanchezza per le lotte comunali; lo scetticismo verso le forze politiche e gli ideali politico-religiosi rappresentati da Chiesa e Impero (p. 109). Da ricordare inoltre: G. Toffanin, Il secolo senza Roma (Il Rinascimento del secolo XIII), Bologna, 1943, 147 ss. (nell’ambito di tre brevi capitoli intitolati rispettivamente: Da San Francesco a Salimbene, La Cronaca di Salimbene: il libro del secolo, L’altro gioachimismo, ove sono appena accennati argomenti che meriterebbero una ben più ampia esposizione); M. Apollonio, Uomini e forme nella cultura italiana delle Origini - Storia letteraria del Duecento, Firenze, 1943, 103-113 (paragrafo 7 del capitolo III, intitolato: Fra salimbene da Parma); G. Pepe, La Cronaca di fra Salimbene da Parma, in Annali della Facoltà di lettere e filosofia dell’Univerúsità di bari III 1957, 95-112 (ma già pubblicato in XX Secolo del settembre 1943, che, a causa degli eventi bellici, non ebbe diffusione); G. Musetti, Fra’ Salimbene da Parma, Tipografia Grafica Nocetana di Castelli Ausonio, 1954: nel volumetto, scritto senza pretese critiche, è fatto tra l’altro l’accostamento Dante-Salimbene. Da ricordare infine per la acuta ed efficace presentazione dei caratteri preminenti della Cronica e della personalità di Salimbene, le pagine 69-71 (paragrafo 8 del capitlo III) del I volume (Da Francesco d’Assisi a Girolamo Savonarola) della Storia della letteratura italiana di L. Russo (Firenze, 1957).

ADAM SALIMBENE, vedi ADAM OGNIBENE

ADAMANTI LUDOVICO
Parma XV-XVI secolo
Fu Dottore dei canoni a Parma nel secolo XV.
FONTI E BIBL.: R. Pico, Catalogo de’ dottori di Parma. Appendice, 27; L. Caetani, Dizionario Bio-Bibliografico, 1924, 267.

ADAMI GUIDO, vedi ADAM GUIDO

ADAMI ROMUALDO
novembre 1914-Noceto 14 ottobre 1986
Figlio di Francesco. Alpino caporale maggiore della gloriosa Julia, combattè sul fronte greco-albanese, dove fu fatto prigioniero. Succesúsivamente partecipò alla campagna di Russia, e nella battaglia di Nikolajewka del gennaio 1943 per rompere l’accerchiamento nemico, l’Adami si meritò la medaglia d’argento al valor militare, con la seguente motivazione: In aspro combattimento, caduto il comandante di plotone si metteva alla testa degli elementi più avanzati e, con pronta decisione, li guidava all’assalto di munita posizione nemica, riuscendo a conquistarla. Contrattaccato, manteneva la posizione dopo aver ricacciato in lotta corpo a corpo il nemico, cui infliggeva gravi perdite. Già distintosi in precedenti azioni per ardimento, coraggio e noncuranza del pericolo. Nel dopoguerra, l’Adami, che era di origine montanara, si ritrovò piccolo agricoltore sul podere I Casoni a Sanguinaro di Noceto.
FONTI E BIBL.: G.M., in Gazzetta di Parma 15 ottobre 1986, 18.

ADANI ARTURO
Traversetolo 20 marzo 1910-
Figlio di Giuseppe e di Maria Ferrari, fu decorato con medaglia d’argento al valor militare, con la seguente motivazione: Lanciafiamme, benché ferito al braccio sinistro da pallottola, proseguiva col suo pesante apparecchio verso le linee nemiche; avuto in seguito l’apparecchio inutilizzato, volontariamente si univa ai fucilieri e con essi continuava nella lotta finché non fu ferito una seconda volta (Passo dell’Escudo, 14, 15 e16 agosto 1937).
FONTI E BIBL.: G. Sitti, Eroismo dei legionari, 1940.

ADANI GIOVANNI
San Martino Sinzano-Parma 3 giugno 1695
Di lui si legge nel libro dei giustiziati della Compagnia di San Giovanni Decollato, in data 3 giugno 1695: È stato tirato a coda di cavallo et al piede della forca gli è stata tagliata la mano destra dal carnefice dal quale poscia è stato impiccato in pubblica piazza e in detto giorno è stato seppellito con la mano recisa nella solita sepoltura. Costui, soldato di fortuna alla porta di S. Francesco è stato giustiziato per aver ammazzato nel letto un soldato suo compagno per levargli i denari e poi seppellito in un orto.
FONTI E BIBL.: U. Delsante, Dizionario dei Collecchiesi, in Gazzetta di Parma 11 gennaio 1960, 3.

ADANI RENZO
Felino-Sala Baganza 8 aprile 1945
Fu valoroso partigiano, col nome di battaglia Barba.
FONTI E BIBL.: Ufficio toponomastica del Comune di Felino.

ADEGARI ROBERTO
Parma 1224
Fu Giudice del Podestà di Parma nell’anno 1224.
FONTI E BIBL.: F. da Mareto, Indici, 1967, 8.

ADELBERTO
Parma IX secolo
È considerato il capostipite della scuola notarile parmense del IX secolo, cresciuta all’ombra dell’episcopio.
FONTI E BIBL.: Enciclopedia di Parma, 1998, 55.

ADELFO FIDENTINO, vedi FOSCHIERI GIOSEFFANTONIO

ADEODATO
-Parma 960 o 962
Undicesimo dei vescovi parmensi. Succedette a Sigifredo I nell’anno 946, regnante il pontefice Agapito II. Nel 952 intervenne alla dieta di Augusta, e morì, secondo il Cherbi, (Le grandi Epoche Parmensi) nell’anno 962.
FONTI E BIBL.: G. Negri, Biografia Universale, 1842, 3; G.M. Allodi, Serie cronologica dei Vescovi, 1856, 53-55; N. Pelicelli, I vescovi della Chiesa parmense, 1936, 85-92.

ADEODATO DA BIANCONESE
Bianconese 949
Notaio attivo in Parma nell’anno 949.
FONTI E BIBL.: F. da Mareto, Indici, 1967, 9

ADEODATO DA PARMA, vedi LABBADINI BENEDETTO

ADIGERI UGOLINO
Parma ante 1332-post 1348
Scolaro in Padova, nel 1332 fu Vescovo di Cremona. Viveva nel 1348.
FONTI E BIBL.: Gloria, Monumenti, I, 493; Pico, Catalogo de’ dottori di Parma; Caetani, Dizionario bio-bibliografico, 1924, 297; M. De Meo, in Gazzetta di Parma 6 ottobre 1997, 5.

ADIGHERO
Parma 1307
Fu Anziano dell’Arte della Lana di Parma nell’anno 1307.
FONTI E BIBL.: F. da Mareto, Indici, 1967, 9.

ADO
Parma 1053/1096
Fu chierico e prevosto della Chiesa di Parma dal 1053 al 1096.
FONTI E BIBL.: F. da Mareto, Indici, 1967, 9.

ADOBATO
Parma 1183
Giudice, fu Nunzio della città di Parma per giurare e accettare la Pace di Costanza (25 maggio 1183).
FONTI E BIBL.: R. Pico, Appendice, 1642, 144.

ADONE
Parma1058/1068
Fu diacono e preposto del Capitolo della Chiesa di Parma dal 1058 al 1068.
FONTI E BIBL.: F. da Mareto, Indici, 1967, 9.

ADORNI AMONASRO
Parma 21 maggio 1902-Parma 10 aprile 1977
Tenore, debuttò il 14 novembre 1929 al Teatro Reinach di Parma come Arturo nella Lucia. Il Corriere Emiliano scrisse: Se l’è cavata con onore A. A. un tenorino principiante dalla voce ben timbrata e simpatica. La carriera si svolse come comprimario in un gran numero di opere e di teatri. In mancanza di contratti, faceva parte del coro e dava lezioni di canto.
FONTI E BIBL.: Leoni; G.N. Vetro, Reinach, 532, 546; G.N. Vetro, Dizionario, 1998.


ADORNI ANGELO
Parma 19 febbraio 1890
Nel 1859 fu soldato del 10° Reggimento Regina. Nel 1860 prese parte alla spedizione dei Mille, nel 1861 fece la campagna contro il brigantaggio e nel 1866 combatté nel Tirolo, ancora nelle file garibaldine. Prese pure parte alla campagna dei Vosgi nel 1870.

FONTI E BIBL.: Il Presente 20 febbraio 1890, n. 6; G. Sitti, il Risorgimento italiano, 1915, 397.

ADORNI ANGELO
Parma 12 aprile 1875-Roma 12 febbraio 1963
Figlio di Giovanni e di Angela Massari. Generale, decorato di medaglia d’argento al valor militare, fu combattente in aspre battaglie nella foresta somala, sul Gebel Cirenaico, sui monti del Trentino e della Macedonia Serba e, infine, nell’ultima disperata difesa di Gondar. Il 27 novembre 1892, realizzando un sogno lungamente accarezzato nella sua prima giovinezza, l’Adorni entrò come volontario al 28° Reggimento Fanteria, con ferma di cinque anni. Dopo una lunga e faticosa trafila, nel 1899 fu promosso sottotenente e iniziò la vita di guarnigione. Il 23 agosto 1904, in Catania, il Ministero dell’Interno gli conferì l’attestato di pubblica benemerenza per aver salvato, con l’aiuto di altre persone, cinque operai travolti da una frana ancora pericolante. Nel 1896 chiese invano di andare volontario in Africa con lo scaglione del 28° Fanteria. Solo il 4 ottobre 1904, con l’imbarco a Napoli, iniziò la pluridecennale avventura dell’Adorni in Africa, spesso illuminata da sprazzi di vera gloria. A Danàne il 9 e 10 febbraio 1907 duecento Ascari con l’Adorni e i tenenti Taramaso, Pesenti e Hercolani-Gaddi furono assaliti da oltre duemila Somali. Nell’impossibilità di comunicare e di ricevere rinforzi dalle basi, l’esigua colonna si rafforzò in una zeriba e diede luogo a una epica difesa. Pesenti fu gravemente ferito al collo, l’attendente dell’Adorni e il suo muletto furono fulminati dal veleno di due frecce, ma la resistenza si protrasse per due giorni, fino a quando i Somali abbandonaronno il campo. L’Adorni si dedicò allora alla riorganizzazione del reparto e alla cura dei feriti e salvò la vita a Pesenti. Per questo episodio l’Adorni ricevette la medaglia d’argento al valor militare. Questa la motivazione: Dette prova di singolare coraggio e sangue freddo, animando colla voce e con l’esempio le truppe, fino ad ottenere vittoria sul numero soverchiante di nemici nel combattimento notturno avvenuto dal 9 al 10 febbraio 1907, con bande del Benadir (Somalia Italiana). L’Adorni combatté ancora a Dongab (2 marzo 1908), a Mellet (11-12 luglio 1908) e a Merere (30 agosto 1908). All’Adorni venne conferita la croce al valore militare con la seguente motivazione: In due successivi combattimenti contro un forte nucleo di ribelli armati di fucile, di lance e frecce, con coraggio, calma e sangue freddo conduceva all’assalto dei trinceramenti nemici i propri reparti, che per la prima volta si trovavano contro un avversario provvisto d’armi da fuoco, guidato da capi esperti ed abilmente appostato dietro ottimi ripari (Dongab, 7 marzo 1908). Dopo una parentesi di due anni durante i quali l’Adorni fu capo dell’ufficio politico della piazza di Tobruk, fu inviato con la sua compagnia, la 4a del 61° Reggimento Fanteria, sulle pendici del Monte Mascio, alla destra di Cima Palone. Il 13 dicembre 1915 da uno shrapnel si abbatté violenta sulla compagnia una grandinata di pallette di piombo che seminarono morte e ferite. L’Adorni ebbe un piede frantumato. Non appena guarito fu inviato al comando del Quartier generale del XXVII Corpo d’Armata ove lo raggiunse la promozione a Maggiore. Fu poi Comandante del III Battaglione del 62° Reggimento fanteria, sulle posizioni di quota 1050 nella Macedonia Serba. Nell’agosto 1917 assunse a Mogadisco il comando del Regio Corpo truppe coloniali della Somalia. Per cinque anni svolse un complesso lavoro politico e organizzativo, tra difficoltà di ogni genere. Nel 1922 raggiunse a Parma il 62° Reggimento Fanteria. Nel 1927 venne collocato a riposo per raggiunti limiti di età. Nel maggio del 1939, l’Adorni, col grado di Colonnello e alla rispettabile età di 64 anni si imbarcò a Napoli diretto in Africa Orientale, chiamatovi per cooperare alla organizzazione dell’Impero coloniale di recente conquista. Il 15 settembre 1941 gli venne ufficialmente comunicata la promozione, per merito di guerra, a Generale di Brigata. Il 27 novembre 1941 il Campo trincerato di Gondar, ormai senza munizioni né viveri, fu sommerso dalle forze nemiche, e l’Adorni fu fatto prigioniero. Riottenne la libertà solo nell’ottobre 1945.
FONTI E BIBL.: Parmensi nella conquista dell’Impero, 1937, 187; G. Liberti, in Gazzetta di Parma 12 febbraio 1964, 3; M. Bonati, Vittorio Bottego, 1997, 252.

ADORNI ANNA MARIA CAROLINA
Fivizzano 19 giugno 1805-Parma 7 febbraio 1893
Nacque da Matteo e da Antonia Zanetti, ricevendo nel battesimo i nomi di Anna, Maria, Carolina, Emilia. Fin dall’infanzia, cristianamente allevata dai pii genitori, diede notevoli prove delle sue egregie disposizioni, dimostrate tra l’altro quando ad appena sette anni, imitando la riformatrice del Carmelo, fece il tentativo di fuggire dalla casa paterna con una piccola amica per andare a convertire gli infedeli. Morto il padre nel 1820 e ridotta la famiglia in povertà, si recò con la madre a Parma, dove assunse l’incarico dell’educazione delle figlie della famiglia Ortalli. Malgrado si sentisse attratta dalla vita religiosa, il 19 ottobre 1826 si unì in matrimonio con Antonio Domenico Botti, impiegato presso la Corte ducale, per aderire al consiglio della madre e del proprio direttore spirituale. Da questa unione nacquero sei figli, che l’Adorni riuscì ad allevare tutti cristianamente. Nel 1844, dopo breve malattia, le morì il marito. Rimase vedova con cinque figli e una pensione ridotta a 433 lire e 35 centesimi all’anno. Fu come cadere dall’agiatezza nella povertà. Avrebbe desiderato entrare in un istituto religioso ma ne fu trattenuta dal suo confessore. Intanto cominciò a visitare le carceri, su consiglio del monaco benedettino Attiliano Oliveros, seguita e accompagnata in questa opera benefica da altre pie donne. Ne parlò alla nobildonna Teresa Botteri Lusardi, e insieme si recarono presso le famiglie distinte della città a sollecitare un’opera di misericordia tanto grande: visitare le carcerate, istruirle nella dottrina cristiana, condurle al ravvedimento. Sorse così, nel 1847, la Società di pie Signore per l’assistenza spirituale delle detenute, approvata con decreto di Maria Luigia d’Austria del 27 luglio di quell’anno. È un caso di volontariato organizzato, che fu accolto con gratitudine dalle autorità, e che continuò facendo del bene fino all’avvento del Regno d’Italia. Nel 1860 fu interdetta la visita al carcere sia alla Adorni che alle visitatrici. Ma qualche anno dopo l’attività fu ripresa per richiesta delle detenute e della stessa direzione del carcere. Per completare l’opera intrapresa, l’Adorni radunò le donne dimesse dal carcere per evitare loro ricadute. A vigilare sulle detenute trovò la maestra d’asilo Pietrina Bergamaschi, che poi rimase sempre con lei. L’Adorni vi si recava ogni giorno, passandovi il pomeriggio e parte della sera, dopo essersi recata al mattino nelle prigioni. Questo ritmo dovette interrompersi per qualche mese, nel 1850, per la malattia e la morte del figlioletto Guido di dieci anni. Il fratellino Alberto era pure morto, decenne, nel 1847. L’Adorni restava con il figlio Leopoldo e la figlioletta Celestina, di sette anni, che morì qualche anno dopo, a tredici anni. Le richieste di ricovero di ex carcerate si fecero più urgenti, e fu necessaria una casa più ampia. L’Adorni chiese al Podestà di Parma l’uso del convento di Sant’Antonio, ma non le fu concesso. Allora si decise a prendere in affitto una casa più ampia in borgo della Canadella. Furono accolte sette o otto ex detenute, a partire dal novembre 1852. Nel frattempo, per iniziativa di Giacomo Lombardini, Vicario capitolare della Diocesi, fu ottenuta dal duca Carlo di Borbone, in data 7 giugno 1853, l’autorizzazione a istituire una Casa di ricovero e di educazione per le femmine ravvedute. Dopo qualche tempo, l’Adorni decise di trasferirsi in quella casa con la figlia. La casa ebbe il nome di Conservatorio, ossia istituto di educazione, ma ben presto se ne venne a conoscere la vera identità: una casa di riabilitazione per ex carcerate ed ex prostitute. Si levarono critiche da ogni parte. Ma in breve la fama delle trasformazioni avvenute in quella casa si diffuse per la città, e le critiche si mutarono in elogi. Da questi inizi prese la sua caratteristica fisionomia l’Istituto del Buon Pastore, fondato con regole proprie dalla Adorni a Parma nel 1857, a somiglianza di quello omonimo di Angers, fondato da Eufrasia Pelletier. Per assicurare perpetuità e provvido governo all’Istituzione l’Adorni fondò pure le Ancelle dell’Immacolata Concezione con il compito specifico di impartire una cristiana educazione alle fanciulle, di preferenza povere e pericolanti. Già sulla fine d’aprile del 1854, l’Adorni si era recata dalla duchessa Luisa Maria di Borbone, divenuta Reggente per il figlio Roberto, dopo che Carlo di Borbone era stato ucciso il 26 marzo di quell’anno. Le aveva chiesto anzitutto di autorizzare la fondazione di una Istituzione religiosa che attendesse alla cura e rieducazione delle ravvedute. Le aveva chiesto poi l’ex convento di San Cristoforo, perché la casa della Canadella non bastava più. Il convento le era stato concesso ma rimase in un primo tempo occupato dai militari e poi adibito a lazzaretto per l’epidemia di colera che afflisse Parma a partire dal luglio 1855. Solo nel gennaio 1856 le erano state date le chiavi. Alla ristrutturazione pensò l’abate benedettino Gianbenedetto Bottamini. Il locale fu diviso in tre reparti: uno per le suore, uno per le ravvedute e uno per la bambine. Vi entrarono sette giovani ex carcerate e nove orfane. Il primo maggio 1857 vi entrarono anche le prime sette giovani desiderose di seguire l’Adorni nel suo spirito e nella sua opera: In questo giorno, primo maggio (scrisse l’Adorni) si diede principio alla Congregazione religiosa, con otto individui per sostenere questa santa istituzione. La Congregazione dell’Adorni non ebbe l’approvazione definitiva da parte del Vescovo se non il 28 gennaio 1893, quasi alla vigilia della morte della Adorni. Nel 1859, appena dopo l’annessione di Parma al Regno d’Italia, si rese necessario un ambiente per stanziarvi le truppe governative che affluivano dal Piemonte e dalle altre regioni del Regno. Il Governatore decise di requisire il convento di San Cristoforo. L’Adorni e il Vescovo si adoperarono per scongiurare la requisizione che avrebbe gettato sulla strada le orfane e le rieducande. Si arrivò a un compromesso: metà del convento fu adibita a caserma e metà lasciata all’Adorni. Le truppe lasciarono il Convento nel 1863. L’anno seguente il Governo ridiede il permesso alle dame visitatrici di riprendere l’opera di volontariato e istituì una Commissione che ne regolasse l’attività: vi fecero parte due suore dell’Adorni. Nello stesso anno fu eretto presso il carcere di Sant’Elisabetta un ospizio per prostitute ammalate di sifilide: l’Adorni e le sue Ancelle continuarono le visite a queste malate come avevano già fatto nel reparto esistente antecedentemente nelle carceri. Nel 1867 scoppiò di nuovo il colera a Parma, e il Comune intimò all’Adorni di sgomberare l’edificio di San Cristoforo, da adibire a lazzaretto, nello spazio di tre giorni. Alle angustie di quei momenti, si fece incontro Mattia Ortalli, che offrì una sua villa in zona San Lazzaro. Qui, per oltre due anni, l’Adorni ebbe occasione di esercitare la sua carità in modi talvolta nuovi, come per esempio l’insegnamento del catechismo e la preparazione alla prima comunione dei bambini o come la visita e l’assistenza ai malati, specie a quelli terminali, portandoli spesso alla conversione e ai sacramenti. Non mancò di interessarsi delle fanciulle della parrocchia, organizzando per loro corsi di economia domestica: di cucito, di ricamo, ecc. Il 15 dicembre 1869 l’Adorni e le sue Ancelle rientrarono in San Cristoforo, ridotto ancora una volta in condizioni disastrose. Finché ebbe forze l’Adorni non si risparmiò. Verso i 70 anni iniziò una artrosi che le deformò le mani e le rese difficile reggersi a lungo in piedi. Si aggiunse poi una progressiva obesità dovuta a disfunzioni delle ghiandole endocrine. Cominciò ad uscire raramente di casa, e finalmente fu ridotta al seggiolone. Nel gennaio 1893 fu colpita da apoplessia con paralisi al lato sinistro, che ne causò infine la morte. In base alla fama di santità, furono fatti da monsignor Evasio Colli, vescovo di Parma, i processi ordinari nel 1940. La causa fu introdotta l’11 gennaio 1952. La Chiesa l’ha proclamata Venerabile il 6 febbraio 1978 e si appresta a elevarla agli onori degli Altari.
FONTI E BIBL.: AAS XLIV 1952, 636; R. Simonazzi, Un Apostolo di Carità. La Serva di Dio Anna Maria Adorni, Parma, 1939; S. Mattei, in Enciclopedia Cattolica, I, 1949, col. 325; F. Baumann, in LThK, I, Friburgo, 1957, col. 157; Raimondo della Purificazione, in Bibliotheca Sanctorum, I, 1961, 266; Dizionario Ecclesiastico, III, 1958, 1411; R. Simonazzi, La vita e le opere di Anna Maria Adorni, Parma, 1894; R. Cioni, Anna Maria Adorni, fondatrice delle Ancelle dell’Immacolata e dell’Istituto del Buon Pastore di Parma, Parma, 1953; D.M. Montagna, in Dizionario Istituti di Perfezione, I, 1974, 125; R. Lecchini, Suor Maria Eletta, 1984; A. Luca, in Gazzetta di Parma 6 febbraio 1986; T. Marcheselli, Strade di Parma, I, 1988, 11; Grandi di Parma, 1991, 6; M. Montani, in Gazzetta di Parma 7 febbraio 1992, 5; A. Luca, Far rifiorire la speranza. Anna Maria Adorni, 1982; P. Bonardi-U. Delsante, Anna Maria Adorni e il suo tempo, 1993; M.P. Cesareo, Anna Maria Adorni e l’Istituto Buon Pastore in Parma. La rieducazione delle ragazze traviate, tesi di laurea, Università cattolica del Sacro Cuore, Milano, 1952; Parmensis Beatificationis et Canoúúnizationis Servae Dei Annae Mariae Adorni, Fundatricis Congregationis Ancillarum Beatissimae Mariae Immaculate, necnon Parmensis Instituti a Bono Pastore - Processus Ordinarii Positio et Sumúmarium, Roma, 1970; A.M. Adorni, Al servizio dei più deboli. Scritti spirituali, a cura di Damiana Passarotti, Città Nuova, Roma, 1983; M. Macúchiavelli Verdelli, Anna Maria Adorni e le città di Parma, Istituto di Scienze Religiose S. Ilario di Poitiers, Parma, 1992-1993; M. Longhi Mazza, Madre Adorni e il volontariato ecclesiale nella seconda metà dell’Ottocento, Istituto superiore di Scienze religiose Santi Vitale e Agricola, Bologna, 1993; F. Magnani, Anna Maria Adorni. Vita e opere, Istituto di Scienze religiose Nicolò V, La Spezia, 1993; A. Bussoni, I cento anni del Buon Pastore, in Gazzetta di Parma; M. Montani, Aperte dal Vescovo le celebrazioni nel centenario della morte. Madre Adorni, eroina tra i miserabili, in Gazzetta di Parma; M. Montani, L’opera di Madre Adorni, in Gazzetta di Parma; M. Montani, Madre Maria Adorni, a cent’anni della morte. Quando il carcere è terra di missione, in Gazzetta di Parma; P. Bonardi-U. Delsante, Anna Maria Adorni e il suo tempo, Parma, 1994; Anna Maria Adorni, 1994, 23-38; Gazzetta di Parma 6 febbraio 1999, 13.

ADORNI CAROLINA, vedi ADORNI ANNA MARIA CAROLINA

ADORNI CIRILLO
Ozzano 1827-Parma 5 agosto 1854
Guardia di finanza, partecipò, secondo alcuni suoi accusatori, alla congiura contro Carlo di Borbone, e fu uno dei sicari. Avendo preso parte al moto del 22 luglio 1854, fu arrestato e, perché armato di carabina e cinto di fascia rossa sottoposto al Consiglio di guerra e condannato a morte. Fu fucilato il 5 agosto 1854.
FONTI E BIBL.: G. Scaramella, in Dizionario del Risorgimento Nazionale, Milano, 1930; Ercole, Martiri, 1939, 15.

ADORNI ENRICO
Parma 4 luglio 1806-Parma 18 maggio 1858
Figlio di Giuseppe. Laureatosi in legge, esercitò il notariato in patria, guadagnandosi ben presto la stima e la considerazione dei suoi concittadini, tanto da essere eletto, durante la rivoluzione del 1848 e dopo la cacciata del duca di Modena, membro del consiglio degli Anziani. L’Adorni ebbe buona cultura storico-antiquaria e letteraria, fece parte di numerose accademie e fu amico di noti letterati del tempo a cominciare da Tommaso Grossi (ma fu anche in relazioni epistolari col conte Jacopo Sanvitale, con l’abate Luigi Manuzzi e con Angelo Pezzana). Letterato di buona vena, l’Adorni scrisse molti versi di occasione e prose di circostanza come Per Fanny Cerrito in Parma, Parma, 1844, Ricordanze intorno ai meriti e la persona di Nicola Pellegrini notaio parmense, Milano, 1846, Notizie intorno a Luigi Raballia avvocato, Parma, 1857. Scrisse anche alcuni studi epigrafici: Saggio d’iscrizioni, Milano, 1846, Iscrizioni, Parma, 1848, Altre iscrizioni, Parma, 1851, Nuove iscrizioni, Parma, 1857. Dalla sua esperienza professionale trasse spunto per un libretto che ebbe una certa fortuna e gli guadagnò anche le lodi di Tommaso Grossi: Il notaio, Parma 1842, un rapido compendio di storia e diritto notarile contenente anche dei consigli sulla lingua da usare nella redazione degli atti.
FONTI E BIBL.: G.B. Janelli, Dizionario biografico dei parmigiani illustri e benemeriti, Genova 1877, 2; S. Lottici-G. Sitti, Bibliografia generale per la storia parmigiana, Parma, 1904, nn. 4815-4818; G. Micheli, Una lettera di Angelo Pezzana a Enrico Adorni, Parma, 1926; Il Notariato, 1961, 6.


ADORNI FRANCESCO
Parma 1627
Pittore attivo nella prima metà del secolo XVII. Allievo di G. Lanfranco, avrebbe dipinto, secondo il Sanseverino, nella chiesa poi soppressa di Santa Caterina, un Sacrificio e una Santa Marta moribonda. Nel 1627, secondo memorie manoscritte del Sanseverino, riportate da E. Scarabelli Zunti, un Adorni senza indicazione del nome avrebbe fatto lavori di decorazioni pittoriche per le feste in occasione del matrimonio tra Margherita de’ Medici e Odoardo Farnese. E il Buttigli specifica che l’Adorno, alunno del cavalier Lanfranchi, aveva, nel mezzo della facciata del Duomo, dipinto a bronzo quando Papa Pasquale II consacrò il Duomo con una comitiva di Vescovi.
FONTI E BIBL.: Parma, Museo Nazionale di Antichità ms. 12, E. Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, 1601-1650, 6; M. Buttigli, Descrizione dell’apparato per le nozze di Odoardo Farnese, Parma, 1628; A. Sanseverino, Il Parmigiano istruito, parte II, Casalmaggiore, 1778, 148; P. Zani, Enciclopedia metodica delle Belle Arti, I, Parma 1819, 310; M. Allodi, Serie cronologica dei vescovi di Parma, II, Parma 1856, 193; U. Thieme-F. Becker, Allgemeines Lexikon der bildenden Künstler, I, 88-89; A. Ghidiglia Quintavalle, in Dizionario biografico degli Italiani, I, 1960, 285.

ADORNI FRANCESCO
Parma 31 luglio 1606-Bologna 16 settembre 1688
Gesuita, fu professore, e poi rettore nel Collegio dei Nobili di Parma dal 12 agosto 1646 al febbraio 1650.
FONTI E BIBL.: Sommervogel, Bibliographie de la Compagnie de Jésus, parte I, t. I, col 55; t. VIII, suppl. colonna 1571; L. Caetani, Dizionario Bio-Biblioúgraúfico, 1924, 354.

ADORNI FRANCESCO
Parma 1681/1741
Intagliatore in legno, del quale si conosce la seguente attività: 1681-1690 credenzone nella Parrocchiale di Sant’Ilario Baganza, in collaborazione col falegname Cristiano Sani; 1710 intagli al Lotto di fortuna eretto per il Carnevale, in collaborazione con l’intagliatore Alessandro Manzi; 1719-1720 quattro confessionali in Steccata, in collaborazione col falegname Francesco Sovrani, ambientati dall’architetto Pietro Abbati; commissione per un piccolo Pulpito portatile; 1727 saldo del catafalco per il duca Francesco Farnese; 1741 pagamento per una impugnatura da spada stragrande e cinque scettri occorsi nel catafalco per l’Imperatore Carlo VI.
FONTI E BIBL.: E. Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, v. VII, p. 1; L. Testi, 1922, 216 nota 62; Santangelo, 1934, 225; Scheda ds. in Soprintendenza Beni Artistici e Storici di Parma, S. Ilario Baganza; U. Thieme-F. Becker; L. Caetani, Dizionario Bio-Bibliografico, 1924, 329; Il Mobile a Parma, 1983, 256.

ADORNI GIOVANNI
Parma 1627
Mastro lignario. Insieme con Giovan Francesco Frambati fu chiamato, nell’occasione delle nozze tra Odoardo Farnese e Margherita de’ Medici, per ornare la facciata del Duomo di Parma di assi e altre sorte di legname lavorati, su disegno dell’architetto Giovan Battista Magnani.
FONTI E BIBL.: Il mobile a Parma, 1983, 253.

ADORNI GIOVANNI
Felino 1806-Parma 14 ottobre 1877
A quindici anni fu mandato alle scuole in Parma. Nel 1829 scrisse intorno alle scuole domenicali, e, poco dopo, pubblicò i libri intitolati Guida ai giovinetti, Vita del conte Stefano Sanvitale, e vari opuscoli e articoli di educazione, di economia, di critica e di filologia. Nel 1831 fu, con Macedonio Melloni e altri, tra i venti aggiunti al Consesso Civico di Parma. A trentacinque anni fu colpito da una grave malattia che per tre anni lo tenne nella impossibilità di darsi ad ogni benché piccola occupazione. In seguito si riebbe, e fondò il giornale La Lettura (Parma, 1843-1844), mensile di argomento letterario. Iniziò poi la compilazione della Strenna, periodico che, col pretesto della letteratura, diffondeva idee e principii di patria indipendenza. Venne allora in sospetto al governo di Carlo di Borbone, che gli tolse l’impiego di professore di belle lettere della Scuola militare e gli vietò di esercitare l’insegnamento. Intraprese allora con due soci, gli operai Demetrio e Carlo Ferrari (legatori di libri), un piccolo commercio di libri e un laboratorio di rilegatura. Nel 1855 l’Adorni fu nominato dalla reggente Luisa Maria di Berry professore di alta eloquenza nell’Università di Parma, ma vi rinunziò nell’anno 1859: fondò e diresse L’annotatore (Parma, 1857 - 31 marzo 1860) che il Bocchia giudica organo molto grave e cattedratico, dei liberali dottrinarii. Qualche collaborazione diede anche ad altri giornali e in particolare alla Gazzetta di Parma e alla Sveglia cittadina di Caserta. Instaurato il governo nazionale, venne scelto quale Direttore della tipografia governativa, nominato Ispettore scolastico di prima classe, e chiamato a dirigere la nascente Scuola Normale Femminile di Parma. Nella sua qualità di Direttore della Tipografia del Governo, il 1° gennaio 1861 gli fu affidata la direzione (in effetti solo formale) della Gazzetta di Parma. Costituì in Parma una Società per la distribuzione di libri ai fanciulli poveri, e un’altra per redimere i pegni dal Monte di Pietà. Iniziò inoltre una società di patronato per i figli dei poveri, fu membro e quindi presidente della Camera di Comúmercio, promosse e presiedette nel 1864 l’esposizione industriale. Morì a 71 anni per una crisi cardiaca.
FONTI E BIBL.: Cenno Necrologico, in Gazzetta di Parma 16 ottobre 1877, n. 280; A. Bellentani, in Sveglia Cittadina, 4 febbraio 1877; D’Ayala, Bibliografia militare, 218; G.B. Janelli, Dizionario biografico dei Parmigiani illustri, Appendice, Parma, 1880, 13-18; A. Bellentani, Lettera a G.A. Franceschi intorno a Giovanni Adorni suo amico, Napoli, 1869, 8; G. Sitti, Il Risorgimento italiano, 1915, 397; L. Caetani, Dizionario Bio-Bibliografico, 1924, 329 e 359; E. Bocchia, Giornali Parmensi prima del 1860, in Aurea Parma, a. X (1926); G. Scaramella, in Dizionario del Risorgimento Nazionale, Milano, 1930; G. Mariotti, L’università di Parma e i moti del 1831, in Archivio Storico per le Province Parmensi, s. 2°, vol. 33°, 1933, 67; F. Ercole, Uomini politici, 1941, 21; L. Gambara, Le ville parmensi, Parma, 1966, 292; M. De Grazia, Lettera di Carlo III, in Archivio Storico per le Province Parmensi, 1969, 258; Parma, vicende e protagonisti, 1978, II, 192; Storia del Giornalismo, VIII, 1980, 426.

ADORNI GIROLAMO
Parma-Parma 1649
Fu Legista dell’Università di Parma. Nell’Archivio di Stato di Parma (in Mandati 1631-1658) è ricordato nel Luglio 1641 come Lettore d’Instituta. Continuò nell’insegnamento fino al 1649.
FONTI E BIBL.: F. Rizzi, Professori, 1953, 157.

ADORNI GISELLA 
Parma 7 marzo 1878-Bologna 16 gennaio 1967
Corista e comprimaria. Suo padre, suo nonno, i suoi fratelli Augusto (chiamato il re dei coristi) e Roberto, sua sorella Gemma erano tutti coristi. L’Adorni debuttò a quindici anni nei cori di Traviata e di Faust, ma soltanto più tardi, durante una prova in cui teneva lo spartito alla rovescia, i suoi compagni e i maestri si accorsero che non conosceva nemmeno le note e che tutta la sua perfetta intonazione era dovuta all’orecchio finissimo. Istruita dai maestri di canto e apprese le nozioni musicali, nel 1906 l’Adorni si staccò di colpo dalle masse corali per balzare in primo piano: si era ammalata la cantante che ricopriva il ruolo di Loia nella Cavalleria rusticana e il maestro Mugnone propose l’Adorni a sostituirla poche ore prima dell’andata in scena. L’Adorni, notata non solo per la sua straordinaria voce, ma anche per la sua bellezza, ebbe calorosissimi applausi al Teatro Regio di Parma. Per lei cominciò una lunga carriera di corista e comprimaria che per cinquant’anni l’avrebbe portata per tutti i maggiori teatri lirici del mondo, sotto la direzione dei più eccelsi maestri, tra i quali anche Cleofonte Campanini e Arturo Toscanini. Per ben ventiquattro volte l’Adorni attraversò l’oceano per partecipare a mesi di spettacoli lirici nell’America del Nord e del Sud, al Metropoúlitan di New York, al Colon di Buenos Aires (1910 e 1914), a Chicago, a San Francisco, con compagni di viaggio illustri come Caruso, Pertile, Caleffi, Toti Dal Monte, Maria Caniglia, Gino Bechi e la Tetrazzini. In Europa non si contano le sue tournée. In Italia cantò nelle maggiori città: alla Pergola di Firenze, alla Scala di Milano, al Carlo Felice di Genova (1913 e 1914) sotto il maestro Gaetano Bavagnoli, al San Carlo di Napoli. L’Adorni conobbe Arturo Toscanini nel primo decennio del secolo, durante una audizione alla Scala per una comprimaria. Da allora, Toscanini la volle con sé per numerosi altri spettacoli, comprese le celebrazioni verdiane a Busseto nel 1913, per l’arco di circa vent’anni. Al rientro in Italia, dopo la fine della seconda guerra mondiale, Toscanini fu intervistato da un giornale di Torino e disse, tra l’altro: Portai per il mondo Gisella Adorni, la principessa delle comprimarie. La carriera artistica dell’Adorni: si concluse nel 1946, quando la cantante aveva già sessantotto anni, a Rimini dove per l’ultima volta impersonò Madlon in Andrea Chénier. Gli ultimi vent’anni, l’Adorni li visse a Bologna, in casa della figlia Elettra. Morì a causa di una crisi cardiaca.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 17 gennaio 1967, 4.

ADORNI GIUSEPPE
 Parma-13 novembre 1803
Figlio di Tommaso, fu dottore e poeta.
FONTI E BIBL.: L. Cicognara, Catalogo dei libri d’arte, n. 972; Melzi, Dizionario di opere anonime e pseudonime, II, 253; L. Caetani, Dizionario Bio-Biblioúgraúfico, 1924, 329.

Limido di San Vitale Baganza 17 gennaio 1774-Parma 26 maggio 1851
Nato da una famiglia non ricca e quindi fatto studiare a Parma da un parente, laureatosi in giurisprudenza nel 1797, l’Adorni conservò sempre un maggior interesse per la letteratura italiana e latina che per la giurisprudenza, dedicandosi all’insegnamento privato come prima occupazione. Richiamato in famiglia, per diversi anni tornò ad abitare a San Vitale. Fu consigliere comunale a Sala durante la dominazione francese e durante il ducato di Maria Luigia d’Austria. Ricoprì inoltre l’incarico di Ispettore delle scuole del Comune di Sala. Dal 1811 al 1833 fu segretario dell’Opera Parrocchiale di San Bartolomeo a Parma. A quarant’anni venne chiamato a dirigere la Gazzetta di Parma (26 agosto 1814, cinque mesi dopo che i Francesi avevano lasciato definitivamente la città e al Giornale del Taro era stata sostituita la vecchia testata): evidentemente il brusco passaggio dalla caduta del governo francese all’entrata degli Austriaci in Parma aveva richiesto, oltre al nome, un cambio anche alla direzione, fin allora retta da Domenico Rossetti. Quando il conte Filippo Francesco Magawli-Cerati gli conferì il privilegio esclusivo di compilare la Gazzetta nel 1814, l’Adorni era già da gran tempo, del resto, correttore di bozze della tipografia Carmignani. Abbandonò definitivamente l’incarico alla Gazzetta di Parma nell’ottobre del 1820 perché venne chiamato alla Cattedra di Poetica della Facoltà filosofica della ducale Università di Parma. Nello stesso tempo gli venne affidata anche l’ispezione delle scuole del Ducato e la censura dei libri scolastici. Durante la carriera accademica (1820-1849) pubblicò numerose opere in cui spicca particolarmente il suo interesse verso le traduzioni sia dallo spagnolo (Colomba di Fille di Melendez Valdes e Favole letterarie di Tomaso de Yriarte) che dal latino. Soprattutto rilevanti sono le sue traduzioni italiane in poesia della prima e quarta Egloga di Virgilio e della Chioma di Berenice di Catullo, in cui appare con evidenza la passione e l’amore per la letteratura greco-romana. Fu inoltre attento correttore degli scritti di Zani. E non è un caso, quindi, che durante la sua direzione sia più regolare e articolata la presenza della cultura classica e del mondo antico nella Gazzetta di Parma, che proprio in quegli anni sembrò assumere anche a Parma, sia pure effimeramente, quel profondo e vivo significato civico, e non solo antiquario e collezionistico, proposto dalla cultura europea del primo Ottocento. L’Adorni scrisse le parole per L’addio della sposa alle sorelle, la prima delle due cantate musicate da Ferdinando Simonis in occasione delle faustissime nozze della signora M. Marianna Boscoli col signore M. Giacomo Zambeccari (Parma, 1813).
FONTI E BIBL.: Strenna Parmense, 1842, 179; G.B. Janelli, Dizionario biografico dei Parmigiani illustri, Genova, 1877, 483-485 (la biografia è scritta da Giovanni Adorni); F. Rizzi, I Professori dell’Università di Parma attraverso i secoli, Parma, 1953, 120; P. Bonardi, Sala Baganza: cronache del passato, Parma 1979, 14, 124, 125, 127 e 137; Archivio Parrocchiale di San Bartolomeo (Parma), Deliberazioni dell’Opera Parrocchiale di San Bartolomeo (1811-1833); Caetani, Dizionario Bio-Bibliografico, 1924, 329; Parma. Vicende e protagonisti, 1978, II, 191; Per la Val Baganza 5 1981, 80; Arrigoni, Lettere di Pietro de Lama, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1986, 349; Aurea Parma 2 1991, 127-129.

ADORNI GIUSEPPE
Parma 1873 c.-1948 c.
Comprimario e corista, è così definito dal Sacchi: Celebre tra tutti i coristi, uscito da una famiglia di coristi e comprimari, un uomo ignorantissimo, che non sapeva né leggere né scrivere, ma formidabile nel suo mestiere, ferrato nelle partiture più di un direttore d’orchestra. Faceva anche Marullo e il messaggero nell’Aida. Andava a fare stagioni d’opera persino in America: aveva traversato 28 volte l’oceano. A Parma lo chiamavano il Bersagliere. Seguitò a cantare sino al 1947, cioè a 74 anni. E quando l’anno seguente smise definitivamente di cantare, subito morì.
FONTI E BIBL.: G.N. Vetro, Dizionario, 1998.

ADORNI IGNAZIO
Parma 29 maggio 1820-San Remo 20 marzo 1903
Generale. Cadetto di Linea nelle truppe Parmensi dal 16 dicembre 1839, fu promosso sottotenente il 16 ottobre 1841, tenente il 1° marzo 1845, capitano del 1° Battaglione di Linea del Governo provvisorio il 15 giugno 1848. In data 11 novembre 1848 passò al servizio dell’Esercito Sardo, dapprima al 23° di fanteria e poi, il 14 dicembre dello stesso anno, al 18° di fanteria, partecipando alle campagne del 1848 e 1849 contro l’Austria e distinguendosi nei fatti d’arme della Sforzesca e di Novara. Fece da Maggiore (nel 2° granatieri dal 15 agosto 1858, e nel 4° granatieri dal 1° novembre 1859) le campagne del 1859 e 1860, guadagnandosi la medaglia di bronzo all’attacco di Porto Farina e quella d’argento all’assedio di Capua. Fu promosso tenente colonnello comandante del 2° reggimento granatieri il 17 novembre 1860, e colonnello il 1° dicembre 1861. Nella campagna del 1866 ebbe col grado di colonnello, il comando della Brigata Calabria (3 maggio 1866). Lasciò il servizio attivo il 1° agosto 1871 e raggiunse il grado di Tenente Generale nella riserva nel 1893.
FONTI E BIBL.: D. Guerrini, Brigata Granatieri Sardegna, 1902, 772; G. Sitti, Il Risorgimento italiano, 1915, 397; Enciclopedia Militare, 1923, I, 126; M. Rosi, in Dizionario del Risorgimento Italiano, Milano, 1930; A. Ribera, Combattenti, 1943, 13-14.

ADORNI LORENZO
Parma 1635
Religioso, fu cantore della Cattedrale di Parma nel 1635.
FONTI E BIBL.: N. Pelicelli, Musica in Parma, 1936.

ADORNI MARIANO
Parma 1848
Fu membro del Governo provvisorio parmense del 1848.
FONTI E BIBL.: F. da Mareto, Indici, 1967, 10.

ADORNI MICHELE
Parma 1892
Giovanetto fu messo garzone presso l’antica tipografia Carmignani e in brevissimo tempo, animato da ferrea volontà, si fece uno dei migliori impressori d’allora. Sebbene fosse di un’età abbastanza matura, pure, anche come compositore, diede non dubbie prove di aver appreso l’arte sua. Dopo vari anni divenne proto, e anche in questa carica si dimostrò capacissimo. In seguito, nel 1871, per cessione degli antichi proprietari, rilevò per suo conto la vecchia tipografia. L’Adorni diede alla sua stampa un nuovo indirizzo, l’arricchì di uno svariato assortimento di nuovi caratteri e in posto dei torchi collocò macchine modernissime. Ben presto si videro gli effetti dell’impulso da lui dato alla sua officina nella larga clientela che seppe formarsi: in breve, da sei operai che occupava arrivò ad averne una quarantina. La tipografia Adorni fornì gli stampati alle principali e più importanti amministrazioni cittadine di Parma, e per la prontezza, nitidezza e perfetta esecuzione dei lavori fu citata come una specialista del genere. Pubblicò anche opere pregevoli, tra le quali merita una speciale menzione per il formato, la disposizione delle tabelle, l’intonazione dei caratteri (in puro elzevir) e l’esecuzione accurata della stampa, il volume del Ferrari sugli Spettacoli melodrammatici dati in Parma, e il Compendio di Analisi Chimica-Medica del Krukenberg, tradotto dal professor Gibertini, lavoro rimarchevole per la somma difficoltà nella composizione, e per la proprietà e nitidezza colle quali venne stampato.

FONTI E BIBL.: Bollettino del Museo Bodoniano 6 1992, 145.

ADORNI ODOARDO
Parma 11 aprile 1853-1926
Figlio di Pietro e di Maria Cavalca. Classico esempio di self-made-man, per cinquant’anni lavorò alla Gazzetta di Parma e per quasi un trentennio ne fu l’amministratore. Alla Gazzetta l’Adorni entrò all’età di nove anni, nel 1862, quando ancora il giornale aveva sede presso il vecchio Ponte Verde, nella Tipografia Ducale che fu di Bodoni, e direttore ne era Davide Rabbeno. Cominciò come garzone di tipografia, e poi fu prima apprendista, poi operaio compositore e proto. Per vari anni fu anche gerente responsabile del giornale e in tale veste dovette rispondere di una querela spiccata da Luigi Musini, il primo deputato socialista del Parmense. Nel 1894, sotto la direzione di Pellegrino Molossi, cui l’Adorni era legato da profonda e leale amicizia, fu nominato direttore amministrativo della Gazzetta la quale versava in quel tempo in cattive acque. L’Adorni, con un’amministrazione oculata e sagace, superò la grave crisi finanziaria e diede al giornale un solido assetto economico. Per ottenere questo risultato, in seguito fu uno dei promotori della costituzione della tipografia Adorni-Ugolotti che stampò la Gazzetta dal 1902 al 1923.
FONTI E BIBL.: B. Molossi, Dizionario biografico, 1957, 9.

ADORNI PELLEGRINO, vedi ADORNI GIUSEPPE

ADORNI ULISSEParma 1942-1991
Maestro elementare, sceneggiatore e narratore, fu protagonista nelle vesti di assessore comunale di Parma di numerose battaglie a favore dei giovani. Ideò il premio di poesia Fabio Scovenna. In due volumi, il secondo dei quali intitolato Giovanen dal bastonsen (1985), raccolse e trascrisse, recuperandole attraverso gli anziani scovati nella Bassa o in qualche sperduto paese delle montagne del Parmense, una miniera di fole e di fiabe che venivano raccolte nelle aie o nelle notti invernali trascorse nelle stalle o accanto al camino.
FONTI E BIBL.: Enciclopedia di Parma, 1998, 56.

ADORNO, vedi ADORNI

Teca Digitale Biblioteche del Comune di Parma - V.lo Santa Maria 5, 43125 Parma (PR)

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