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Dizionario dei parmigiani: Maberini-Manazzi

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MABERINI - MANAZZI

MABERINI GIUSEPPE
Parma 1866
Fu volontario nelle battaglie risorgimentali del 1866.
FONTI E BIBL.: F. da Mareto, Indice, 1967, 542.

MABERINI VITTORIO
-Parma 19 settembre 1861
Fu tra i più operosi promotori dell’arruolamento dei volontari. Molti di loro trasportò in Piemonte e molti soccorse economicamente. Per la sua attività, da parte delle milizie borboniche subì molteplici vessazioni, che sopportò dignitosamente.
FONTI E BIBL.: Il Patriota 23 settembre 1861, n. 300; G. Sitti, Il Risorgimento italiano, 1915, 411.

MACCABEO PIER ANTONIO, vedi BERNABEI PIER ANTONIO

MACCAGNI LUIGI 
Parma-post 1893
Soprano, nel novembre 1886 debuttò al Teatro Reinach di Parma sostituendo nel Nabucodonosor una fischiatissima Ferena: anche se non era troppo preparata fu favorevolmente conosciuta. Nel gennaio 1887 cantò al Teatro Contavalli di Bologna nel Barbiere di Siviglia (Berta). Il 22 maggio fu inaugurato a Casalmaggiore il ponte sul Po: l’impresario Virginio Bavagnoli allestì un Barbiere, nel quale la Maccagni interpretò la parte di Berta, mentre Rosina fu Adelina Piave, figlia del famoso librettista. Ritornò a Casalmaggiore nella Fiera del 1893 come Milady in Fra Diavolo.
FONTI E BIBL.: G.N. Vetro, Reinach, 129.

MACCANELLI ANTONIO 
Parma 1734/1759
Fu violinista alla chiesa della Steccata di Parma dal 1734 al 1759 e alla Cattedrale di Parma il 25 dicembre 1746. Suonò nel Teatro ducale di Colorno nelle opere giocose date nell’autunno del 1752.
FONTI E BIBL.: N. Pelicelli, Musica in Parma, 1936, 180 e 191.

MACCANELLI BARTOLOMEO
Parma 1575/1585
Si laureò in Teologia e in Legge. Fu Rettore della chiesa parrocchiale di Sant’Ambrogio di Parma.Considerato il maggior letterato che avesse allora il clero di Parma, fu ammirato soprattutto per la facilità e la chiarezza di esposizione. Fu accusato dal Sant’Uffizio dell’Inquisizione di tenere libri proibiti nella sua grande biblioteca ma con l’aiuto del cardinale Ludovico Ludovisi, che aveva conosciuto quando era venuto a studiare a Parma, riuscì a sottrarsi a questa accusa. Fu anche a Bologna. Morì in ancora giovane età.
FONTI E BIBL.: R.Pico, Appendice, 1642, 203-205.

MACCARI CESARE
Bologna 6 giugno 1899-Parma 8 agosto 1992
Partì diciottenne come volontario per il fronte della prima guerra mondiale. Durante il conflitto ricevette un encomio sul campo al termine della battaglia del Piave e fu congedato con il grado di tenente. Iniziò l’attività giornalistica come corrispondente dalle Marche del Corriere Italiano, quotidiano fascista della capitale. Ma contrasti insanabili con la direzione del giornale, che mise a disposizione delle camicie nere l’automobile in cui fu ucciso Giacomo Matteotti, lo costrinsero a rifugiarsi in Francia. A Parigi conobbe e frequentò intensamente Filippo De Pisis, Massimo Campigli e Orfeo Tamburi che collaborarono, come illustratori, alla Comèdie Italienne, rivista di teatro collegata alla omonima compagnia teatrale di cui fu, a cavallo tra il 1926 e il 1928, produttore ed editore. Dopo un breve soggiorno nella natia Bologna, ripartì alla volta degli Stati Uniti dove proseguì la propria vocazione per il giornalismo e l’editoria pubblicando alcuni periodici dedicati alle comunità italiane emigrate e dove organizzò la campagna elettorale per il Partito Democratico in occasione delle elezioni presidenziali del 1929. L’anno successivo e fino al 1933 si recò in numerosi paesi dell’America Latina, dal Venezuela al Cile e fino all’Argentina, paese in cui suo padre risiedeva da molti anni. Rientrato in Italia, si laureò nel 1935 in filosofia a Bologna e si dedicò all’insegnamento a Fano, a Pesaro e a Rimini dove, presso il locale liceo classico, tenne per qualche anno la cattedra di filosofia. Tra i suoi numerosi allievi, vi fu Federico Fellini. Nel 1940, poco prima dell’entrata in guerra dell’Italia, fu inviato dal ministero a Parma per aprire scuole medie inferiori nei comuni che ancora ne erano sprovvisti.Dopo l’armistizio fu staffetta dei partigiani nella zona di Lagrimone e al termine delle ostilità si trasferì a Parma. Nel 1946 iniziò l’attività di editore con pubblicazioni medico-scientifiche curate da alcuni tra i più illustri nomi della medicina italiana. Nello stesso anno fu professore supplente di storia e filosofia al liceo classico Romagnosi, dove, tra gli altri, ebbe allievi Baldassarre Molossi, Alfonso Madeo, Giorgio Torelli, Luca Goldoni e Luigi Bonardi (Malerba). Con la propria casa editrice pubblicò la rivista di critica cinematografica Sequenze, diretta da Luigi Bonardi, che annoverò tra i propri collaboratori firme illustri come Cesare Zavattini e Mario Verdone. Fedele al proprio stereotipo di personaggio irrequieto, il Maccari si dedicò poi alla pittura e alla poesia, che divennero le sue principali occupazioni a partire dal 1963, quando lasciò la conduzione della casa editrice alla moglie Maria Pia, sposata nel 1955. Aprì una galleria d’arte, La stagione delle arti, collegata a un periodico di critica d’arte: furono attivi per oltre un decennio. Parlava correttamente inglese, francese e spagnolo e ancora nel 1986, nonostante l’età avanzata, tenne un ciclo di conferenze in numerose università statunitensi su Dante Alighieri e le sue opere. Giornalista pubblicista, collaborò per un trentennio anche con la Gazzetta di Parma e nel gennaio 1991 ricevette dall’Ordine dei giornalisti la medaglia d’oro per i quarant’anni di iscrizione come pubblicista.Il premio fu ritirato a Bologna dalla moglie in quanto già da qualche tempo le sue condizioni di salute non erano buone.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 9 agosto 1992, 8; R.C., in Gazzetta di Parma 9 giugno 1999, 13.

MACCARI DANTE 
Noceto 21 aprile 1882-17 febbraio 1957
Soldato, fu decorato di medaglia d’argento al valor militare. Le truppe italiane dislocate nelle vicinanze del Monte Rasta avevano ricevuto l’ordine di passare alla conquista di tale posizione ma tutti gli attacchi vennero respinti con perdite gravissime. Il comando decise allora di mandare una pattuglia che sorprendesse le vedette nemiche in modo da poter passare all’attacco di sorpresa e conquistare la posizione. Il Maccari si offerse volontario e guidò la missione che impiegò due giorni (18-20 giugno 1917) per percorrere il breve spazio che divideva le due linee.L’obiettivo fu raggiunto: le vedette, colte di sorpresa, vennero fatte prigioniere e le truppe d’assalto conquistarono il monte ritenuto imprendibile.
FONTI E BIBL.: G.Rossetti, Noceto e la sua gente, 1977, 303-304.

MACCHIATI CARLO
Parma 1648/1656
Fu contralto, castrato, della chiesa della Steccata di Parma dal 1° gennaio 1648 all’8 agosto 1656.Lo si trova a cantare in Cattedrale a Parma la festa dell’Assunta dell’anno 1649.
FONTI E BIBL.: N. Pelicelli, Musica in Parma, 1936, 97.

MACCHIAVELLI FRANCESCO 
Soragna 1726
Falegname artefice nel 1726 dell’organo in San Giacomo a Soragna, in collaborazione con l’intagliatore Vincenzo Biazzi.
FONTI E BIBL.: B.Colombi, 1975, 45; Il mobile a Parma, 1983, 257.

MACCIOCCHI ANTON MARIO, vedi MAZZOCCHI ANTONIO MARIO

MACCOLINI EMILIO
Busseto 29 novembre 1908-Galaminò Debrì 21 gennaio 1936
Nato da Giuseppe e da Adelaide Viola. Trascorse l’adolescenza in Romagna, frequentando il liceo di Faenza. Iscritto al partito fascista dal 1926, conseguì a Bologna la laurea in chimica e farmacia e successivamente partecipò alla vita politica, ricoprendo posti di responsabilità. Si impiegò farmacista nell’Ospedale di Prato e fu anche giornalista, corrispondente de La Nazione. Stabilitosi con la famiglia a Mercatale di Vernio (la madre fu segretaria del Fascio Femminile di Vernio), il Maccolini fu Comandante dei Fasci Giovanili, Direttore dei corsi premilitari e membro del Direttorio del Fascio di Combattimento. Nel 1930 frequentò la Scuola allievi ufficiali di complemento di Lucca, uscendone sottotenente di artiglieria nel giugno del 1931, assegnato al 26° reggimento da campagna. Collocato in congedo nell’aprile 1932 e passato nella M.V.S.N., fu incaricato dell’istruzione premilitare col grado di capomanipolo.Nell’aprile 1935 fu mobilitato per esigenze in Africa Orientale nella 129a legione Camicie Nere della 1a Divisione 23 marzo.Sbarcò a Massaua nel settembre successivo. Essendo stato collocato, per i suoi titoli di studio, presso il Comando Divisionale, dopo breve periodo chiese di essere inviato in prima linea. Ottenne di essere assegnato alla Compagnia Comando del 1° Battaglione e alla testa dei suoi legionari poté partecipare al grande combattimento impegnato il 21 gennaio 1936 dalla Ferruccio Ferrucci nella Valle del Gabat.Ricevuto l’ordine, il Maccolini si portò con la sua pattuglia oltre le linee e sul fianco destro della 2a Compagnia, dopo aver accettato per guide due camicie nere della medesima e presi accordi per la protezione del fuoco di una mitragliatrice leggera.Individuata la posizione avversaria, vi si portò sotto con i suoi uomini compiendo audaci sbalzi sul terreno intensamente battuto.Riuscì con intelligente impiego di fuoco a penetrare nel sistema difensivo dell’avversario e a guadagnare l’entrata di una caverna.L’accesso a questa era protetto da due successivi trinceramenti di pietra, muniti di feritoie a più ordini, e il tutto era abilmente mascherato da frasche. Rinvenuti sul posto vari cadaveri nemici disarmati, il Maccolini ritenne opportuno, al fine di assolvere completamente al proprio compito, di procedere oltre per la perlustrazione della posizione nemica costituita da intricate caverne e trinceramenti.Mentre procedeva con i suoi uomini a tale operazione, si sentirono provenire dalla direzione della caverna precedentemente occupata e trovata sgombra di nemici, alcuni colpi di fucile e grida.Come risultò dopo, la caverna in questione aveva comunicazione interna che la allacciava con altra caverna più a nord, munitissima di nemici.Il Maccolini, malgrado gli avvertimenti di cautela, si precipitò a soccorso del soldato Benigno Zedda, caduto vittima del nemico all’imbocco della caverna. Giunto al ferito, il cui stato era gravissimo, si chinò su di lui sollevandolo, ma una pallottola colpì al cuore il Maccolini. Fu decorato di medaglia d’oro al valor militare alla memoria, con la seguente motivazione: Comandante del plotone collegamenti di un battaglione impegnato in aspra azione, si offriva volontariamente per comandare una pattuglia ardita, e con decisivo colpo di mano, dopo aver attraversato un largo tratto di terreno scoperto intensamente battuto dal fuoco avversario, esaltando con l’esempio i suoi uomini, riusciva a scacciare da una caverna protetta da due ordini di trinceramenti abilmente mascherati, forti nuclei nemici che da tempo ostacolavano seriamente, col fuoco, il movimento di una compagnia, colonna centrale d’attacco del battaglione.Mentre completava la rischiosa operazione nell’intricato sistema di caverne intercomunicanti, udiva tra la fucileria nemica l’invocazione mamma, mamma di una camicia nera, in soccorso della quale egli, benché avvertito del rischio mortale, si lanciava animosamente riuscendo a raggiungere il ferito, ma veniva colpito a morte, spirando nell’abbraccio del proprio dipendente che egli aveva voluto salvare a prezzo della vita.Magnifico esempio di sereno coraggio e di generoso cameratismo.
FONTI E BIBL.: D.Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 233-234; Decorati al valore, 1964, 29; G.Carolei, Medaglie d’oro, 1965, I, 143-144; F.Morini, Parma in Camicia Nera, 1987, 164; Gazzetta di Parma 10 marzo 1987, 18.

MACERI GENESIO 
Parma prima metà del XVI secolo
Ingegnere idraulico attivo nella prima metà del XVI secolo.
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, III, 244.

MACERIO SIMONE, vedi MAZZIERA SIMONE

MACH PAOLO
 
Parma 20 luglio 1870-
 
Fu autore della Aggiunta alla flora algologica italiana (gennaio 1893, Malp.) e dei Materiali per la ficologia parmense (Parma, 1893, Bullettino Istituto Botanico Parma).

FONTI E BIBL.: P.A.Saccardo, Botanica in Italia, 1895, 99.

MACINI, vedi MAZZINI

MACROBIO, vedi DONATI VITTORIO  e MONTANARI GIUSEPPE

MACROBIUS 
Parma IV/V secolo d.C.
Di condizione libera, dedicò, ancora in vita, per sé e per la coniunx opt(ima) Theodosia, una grande epigrafe databile al periodo tardo imperiale. Macrobius, nome di origine greca indicante longevità, è documentato dal IV secolo d.C. e non si riscontra che in questo caso in tutta la Cisalpina. La supposizione degli umanisti che il famoso autore dei Saturnalia fosse di origine parmense o veronese e che in esso fosse da identificare il Macrobius di questa epigrafe appare priva di ogni fondamento.Da notare la coincidenza per cui la coniunx di Macrobius porta il nome Theodosia, che fa parte della denominazione dell’autore dei Saturnalia.
FONTI E BIBL.: M.G.Arrigoni, Parmenses, 1986, 116.

MACULANI CESARE 
Parma prima metà del XVI secolo
Ingegnere attivo nella prima metà del XVI secolo.
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, III, 245.

MACULANI CESARE
Parma seconda metà del XVII secolo
Ingegnere militare attivo nella seconda metà del XVII secolo.
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, VI, 152.

MACULANI FERRANTE 
Roncopascolo di Golese 1894/1912
Capitano del 57° Reggimento Fanteria, fu decorato di medaglia d’argento al valor militare, con la seguente motivazione: Condusse la sua compagnia con energia e valore in varie fasi del combattimento.A stretto contatto col nemico, non esitò di attaccarlo alla baionetta, con grande slancio, respingendolo e facendogli dei prigionieri.Già comportatosi lodevolmente nella giornata delle Due Palme (Rodi, 4 maggio 1912).
FONTI E BIBL.: G.Corradi-G. Sitti, Glorie alla conquista dell’Impero, 1937.

MADDALENI FELICE, vedi MADDALENI FILIPPO

MADDALENI FILIPPO
 
Parmigiano-Parma post 1575 Fu istruito nelle belle lettere, specialmente nella poesia in volgare.Fu aggregato agli arcadi Innominati col nome di Incauto.Cantò le lodi del cardinale Alessandro Farnese, fratello del duca Ottavio.

FONTI E BIBL.: Aurea Parma 2 1958, 112, e 3/4 1959, 197.

MADOI CORILDO
Cortile San Martino 3 ottobre 1912-Colorno 9 febbraio 1983
Figlio di Medardo e di Ida Carnevali. Camicia Nera dell’851a Bandera Vampa, fu decorato di medaglia d’argento al valor militare, con la seguente motivazione: Porta arma automatica, volontariamente si offerse di far parte di un reparto esploratori.Nell’attacco di forte posizione nemica si portava avanti con slancio e coraggio non comune, giungendo primo sulla posizione, pur essendo seriamente ferito (Zona Sancillo, Quota 1063, 14 agosto 1937).
FONTI E BIBL.: G.Sitti, Eroismo dei legionari, 1940.

MADOI WALTER 
Collecchio 26 aprile 1925-Milano 13 marzo 1976
Terzogenito di una famiglia antifascista (il padre fu un socialista perseguitato dal regime), passò l’infanzia tra Parma (dove, nel frattempo, si erano trasferiti i genitori) e Pieve Ottoville, ospite estivo di alcuni parenti.Studiò nei licei artistici di Parma e di Bologna e frequentò l’Accademia di Brera.A quattordici anni vinse un premio nazionale di pittura e tre anni dopo allestì la sua prima mostra personale.Nel 1943 aderì alla Resistenza e prese la via dei monti, con il fratello Giovanni: l’esperienza partigiana, condotta sul Monte Penna e nel Tizzanese, solcò profondamente la sua esistenza e lasciò tracce indelebili anche nella sua sensibilità di artista (le opere posteriori contengono tutte un pathos fino allora sconosciuto).Nel 1945, poco prima di trasferirsi a Milano, affrescò la volta della sala consiliare del Comune di Parma, che venne inaugurata dal presidente della Repubblica De Nicola.Insegnò per anni educazione artistica in vari istituti lombardi, aprì una modesta fabbrica di ceramiche e divenne prima direttore artistico della Motta e poi dirigente di un affermato ufficio di pubblicità, ma non smise mai di dipingere.All’inizio degli anni Sessanta cominciò a frequentare le zone dell’Alta Val Parma.In particolare, si affezionò al piccolo borgo di Sesta Inferiore, nel Cornigliese, dove costruì la sua dimora e affrescò la chiesetta e i muri esterni delle case, riprendendo un’antica consuetudine della Brianza.In quegli anni decise di dedicarsi esclusivamente all’arte: aprì uno studio a Parma e poi, nel 1970, tornò a Milano, dove ottenne successi e riconoscimenti per meriti artistici (nel 1971 venne invitato dal Comune ad allestire mostre all’Arengario di piazza Duomo e al Giorno di Corso Vittorio Emanuele, nell’ambito delle quali il Madoi ottenne il conferimento della cittadinanza onoraria e l’assegnazione di un nuovo studio alle Colonne di SanLorenzo). Nell’autunno del 1974 avvertì i primi sintomi del male che poi lo stroncò.Nonostante la malattia, sopportata stoicamente, trovò la forza di intensificare l’attività artistica: realizzò il monumento in bronzo, dedicato alla sofferenza, eretto nella piazza di San Donato Milanese e inaugurato il 25 aprile 1975, compì studi per un ulteriore monumento, rimasto incompiuto, dedicato alla Resistenza e destinato alla piazza XX Settembre di Genova, affrescò l’abside della chiesa di Costa Sant’Abramo di Cremona e scolpì quello che fu poi il suo monumento funebre.Fu sepolto nel minuscolo camposanto di Sesta.Suoi dipinti fanno parte di collezioni pubbliche e private, in Italia e all’estero (soprattutto in Francia, Inghilterra, Polonia, Stati Uniti, Giappone e Cina).Oltre alle opere già citate, si ricordano, per quanto riguarda la pittura, le vetrate della chiesa Le Vallette di Torino e quelle della cappella del collegio delle maestre Luigine di Parma, gli affreschi nelle chiese del Corpus Domini di Parma e dei Cappuccini di Busto Arsizio e gli studi per affrescare il muro di Berlino e, per quanto concerne la scultura, i monumenti posti nel cimitero di Busto Arsizio. Oltre che nella metropoli lombarda, espose con mostre personali a Zurigo, Bergamo, Lecce, Bari, Busto Arsizio, Bologna, Parma, Roma, Montecarlo e Ferrara.La prima mostra antologica fu promossa dal Comune di Parma una settimana dopo la morte del Madoi.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 31 agosto 1979, 10; T. Marcheselli, Strade di Parma, III, 1990, 256; R. Lasagni, Bibliografiaparmigiana, 1991, 197.

MADONE NELLO
Parma 1879/1899
Decoratore.Collaborò insieme a Lamberto Cusani alla decorazione della cupola della chiesa parrocchiale di Noceto (1899).
FONTI E BIBL.: Gli anni del liberty, 1993, 156.

MADONI ALFREDO 
Noceto 12 maggio 1892-25 luglio 1915
Figlio di Filippo e Desolina Merli.Soldato nel 61° Reggimento Fanteria, morì in combattimento mentre col proprio reparto correva all’assalto.
FONTI E BIBL.: Caduti di Noceto, 1924, 35.

MADONI ANTONIO 
Parma 1866
Capitano, fu decorato con medaglia d’argento al valore militare dopo la battaglia di Custoza del 24 giugno 1866.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 25 agosto 1980, 3.

MADRI GIOVANNI 
Collecchio 1520
Fu priore della chiesa di Sant’Agnese in Collecchio, della quale ricevette l’investitura dal vescovo Alessandro Farnese nell’anno 1520.Ogni traccia di questa chiesa è completamente scomparsa e di essa non si sa nulla.
FONTI E BIBL.: U. Delsante, Dizionari Collecchiesi, in Gazzetta di Parma 8 febbraio 1960, 3.

MAESIA CHRYSIS 
Parma II/III secolo d.C.
Liberta, mater pientissima di C.Maesius Grysogonus e di C.Cassius Maesianus, che le dedicarono un’epigrafe funeraria documentata a Parma, poi perduta.Maesia (o Maesias) è nomen di gens romana, diffuso soprattutto in Italia.Usato tuttavia anche come nome schiavile, potrebbe indicare un’origine etnica remota.È documentato, anche se con scarsa frequenza, in Transpadana.Nella regio VIII è presente a Parma, oltre che in questa, in una seconda epigrafe, considerata contemporanea a questa e datata al II-III secolo d.C. e in una iscrizione di Rimini.Chrysis, documentato sporadicamente in tutta la Cisalpina, è cognomen grecanico diffuso soprattutto tra i liberti.A Parma è documentato un altro personaggio con tale cognomen.
FONTI E BIBL.: M.G.Arrigoni, Parmenses, 1986, 117.

MAESIA CLAUDIANE
Parma II/III secolo d.C.
Di condizione incerta, dedicante (cum suis) per la filia carissima Virria Faustina e anche per la madre Bagennia Cleonis e la sorella (Maesia) Secunda di un’epigrafe rinvenuta a occidente di Parma.Maesius è nomen gentilizio romano, diffuso soprattutto in Italia.Usato tuttavia anche come nome schiavile, potrebbe indicare un’origine etnica remota.È documentato, anche se con scarsa frequenza, nelle regioni transpadane: nella regio VIII è presente a Parma, oltre che in questa, in una seconda epigrafe contemporanea a questa, e in un’epigrafe di Rimini.Da notare che nell’epigrafe, il nome della dedicante è inciso in caratteri più grandi della denominazione di tutti gli altri personaggi.Claudianus è cognomen di adozione tra i più comuni, molto diffuso anche in Oriente.Da notare la desinenza alla greca.
FONTI E BIBL.: M.G.Arrigoni, Parmenses, 1986, 118.

MAESIA SECUNDA
Parma II/III secolo d.C.
Di condizione incerta, figlia di Bagienna Cleonis matertera (zia materna) di Virria Faustina e sorella di Maesia Claudiane, dedicante, quest’ultima, dell’epigrafe ritrovata a occidente di Parma.Il nomen sottinteso, con ogni probabilità Maesia, si ricava da quello della sorella Maesia Claudiane.Secunda è cognomen comunissimo, ovunque diffuso, documentato anche in una seconda epigrafe parmense.
FONTI E BIBL.: M.G.Arrigoni, Parmenses, 1986, 119.

MAESIUS CAIUS
Parma II/III secolo d.C.
Patronus di Maesia Chrysis e forse anche di C.Maesius Grisogonus, in epigrafe funebre documentata a Parma, ma poi perduta.
FONTI E BIBL.: M.G.Arrigoni, Parmenses, 1986, 119.

MAESIUS CAIUS GHRYSOGONUS
Parma II/III secolo d.C.
Fu probabilmente liberto, figlio naturale e primogenito di Maesia Chrysis e fratello di C. Cassius Maesianus.Compare in epigrafe funebre dedicata alla madre, documentata a Parma, ma poi perduta.Grysogonus, cognomen grecanico molto diffuso tra i liberti, è sporadicamente documentato in Cisalpina, per lo più nella forma Chrysogonus come in questo caso.
FONTI E BIBL.: M.G.Arrigoni, Parmenses, 1986, 120.

MAESTRI ADELAIDE, vedi TOMMASINI ADELAIDE

MAESTRI ALBERTO 
Parma 1 marzo 1853-1923
Figlio di ferdinando e Anna Turchi. Fu appassionato pioniere e promotore dell’apicoltura nella provincia di Parma.Dopo trentasette anni di assidua attività, in due articoli pubblicati sulla Gazzetta di Parma del marzo 1906 valorizzò con grande competenza il comportamento e il prezioso prodotto degli industri insetti.La sua attività e i suoi sforzi vennero più volte frustrati da ordini di sfratto, presi a motivo della salvaguardia dell’incolumità dei cittadini.
FONTI E BIBL.: B.Molossi, Dizionario biografico, 1957, 89; A.De Marchi, Guida naturalistica, 1980, 171.

MAESTRI ALESSANDRO
ante 1787-Parma 6 ottobre 1801
Dottore in legge, fu archivista dell’Ordine Costantiniano.Fu inoltre archivista coadiutore (1787) e vicecancelliere (1789) del Comune di Parma.
FONTI E BIBL.: F.da Mareto, Indice, 1967, 545.

MAESTRI ATHOS ELIGIO ANGELO 
Talignano 14 aprile 1913-Alessandria d’Egitto 1 agosto 1942
Figlio di Mario e di Angiolina Bontempi. Poco portato per gli studi, mentre si trovava con i genitori in Abruzzo (1926) lavorò come garzone di muratore presso un imprenditore locale.Ripresi gli studi come privatista, nel 1932 riuscì a iscriversi alla Facoltà di Fisica e Matematica presso l’Università Bocconi di Milano.Ma la sua passione era il volo e pertanto, appena acquisiti i titoli necessari (mentre la famiglia aveva fatto ritorno a Sala Baganza), si iscrisse al corso per allievo pilota (febbraio 1933).Inviato al Campo scuola Breda di Sesto San Giovanni, conseguì il brevetto civile prima e, di lì a poco, a Grottaglie quello militare.Nell’ottobre 1933, nominato sottotenente, prestò il servizio di prima nomina a Lonato Pozzolo (Varese) su apparecchi da bombardamento. Collocato in congedo nell’ottobre 1934, fu richiamato a domanda nel febbraio 1935.Il suo battesimo del fuoco avvenne in Etiopia, durante la campagna di conquista (1935-1936), dove aveva chiesto di essere inviato e dove arrivò nel febbraio del 1936, destinato all’aeroporto di Gura (7° stormo. Due mesi dopo (6 aprile 1936) si guadagnò la prima di quattro medaglie d’argento, con una coraggiosa azione nella quale rimase ferito: Ardito pilota di apparecchio da bombardamento, dimostrava in ogni impresa bellica entusiasmo, sangue freddo e alto senso del dovere.Durante un’azione sulla carovaniera Lag Muggia rimasto ferito alla gamba destra da proiettili di mitragliatrice, non curante del dolore e celando con eccezionale forza d’animo il suo stato al capo equipaggio continuava la propria missione fino al completo scarico delle bombe su un importante nucleo di armati(Cielo di Muggia, 6 aprile 1936). Passato in servizio permanente effettivo per meriti di guerra, fu promosso tenente.Il Maestri rimase in terra etiopica impegnato nel servizio di polizia coloniale e rifornimento ai posti avanzati.Nella motivazione per una croce di guerra al valor militare da lui ottenuta, nel bollettino ufficiale dell’8 marzo 1937 è detto: Abile ed audace capo equipaggio di apparecchio da bombardamento pesante, volatore entusiasta ed infaticabile, durante un lungo operativo svolgeva intensa e brillante attività dimostrando in ogni circostanza eccezionale sangue freddo, sprezzo del pericolo, spirito del dovere.Incurante della reazione avversaria che colpiva più volte l’apparecchio, continuava arditamente a bombardare a bassa quota nuclei ribelli fino a completo esaurimento del carico delle bombe, esempio costante di fede e coraggio.Nel rapporto personale sull’attività svolta dal Maestri per la proposta del passaggio in servizio permanente effettivo (bollettino ufficiale del 22 gennaio 1938) è magnificata la sua rara abilità, la ragionata audacia, la grande volontà per le quali riusciva sempre a compiere la propria missione.In un bombardamento sul Monte Jerer dove erano annidati numerosi nuclei ribelli, nonostante fosse stato colpito undici volte in vari punti dell’apparecchio egli persistette con grande sprezzo del pericolo oltre mezz’ora sul nemico, che individuò e batté. Nel giugno 1938, durante un’operazione di soccorso al presidio di Uomberà, per un’avaria ai motori fu costretto ad atterrare in una zona accidentata: isolato per quattordici giorni, riuscì a rimettere in sesto l’apparecchio, a ripianare l’impervio terreno e a ritornare alla base.Il tutto gli valse la seconda medaglia d’argento al valor militare. Nel 1938, ferito (durante un’ennesima operazione) da pallottola al piede, fu ricoverato all’ospedale di Asmara e dovette essere rimpatriato in gravissime condizioni: lo colpì una forma di setticemia.Subì la mutilazione dell’astragalo, dopo di che fu mandato all’Ospedale Rizzoli di Bologna.Dopo tredici mesi di cura fu inviato in licenza per un lungo periodo.Nel 1939 a Felino si sposò con Concetta Branchi, dalla quale nel 1941 ebbe la primogenita Annarita.Sempre nel 1939 ottenne la promozione a capitano.Il suo desiderio era quello di ritornare, benché mutilato, in Africa. Si portò quindi in Eritrea (all’Asmara) con la sposa ma di lì a poco ricevette l’ordine, da Roma, di rientrare perché inabile per ferita al servizio di guerra, con destinazione al ruolo sedentario.Il Maestri si recò allora dal vicerè, il Duca d’Aosta, raccomandandogli di interessarsi al suo caso.Il Duca, che conosceva il valore del Maestri, ottenne, con decreto reale, la sua riammissione in servizio di guerra.Lo scoppio del conflitto 1940-1945 trovò quindi il Maestri in Africa Orientale (giugno 1940), impegnato in moltissime azioni nel Sudan anglo-egiziano e in bombardamenti su navi e convogli nel Mar Rosso.Proposto per la promozione a maggiore, la richiesta non poté essere accolta perché il Maestri non aveva ancora raggiungo l’età per diventare ufficiale superiore.Trascorsa una vacanza a Parma, nel giugno del 1941 prese il comando della 261a Squadriglia del 47° Stormo di stanza a Grottaglie, prima di trasferirsi a Rodi, nell’Egeo.Il 10settembre, colpito in combattimento dalla caccia nemica su Famagosta, riportò la terza ferita (al capo, non grave, per cui poté riprendere il volo poco dopo).Nel gennaio 1942 ricevette un’altra medaglia d’argento e nel febbraio venne citato nel Bollettino di guerra n.625 per azioni di bombardamento compiute contro la flotta inglese proveniente da Alessandria d’Egitto.Nella notte tra il 31 luglio e il 1°agosto 1942, alla vigilia del rimpatrio, chiese insistentemente di partecipare ancora ad azioni di bombardamento che dovevano effettuarsi sulle basi aeronavali di Alessandria d’Egitto.Trovò la morte a soli  29 anni d’età in quel violento combattimento aereo: colpito dalla difesa antiaerea, precipitò con il suo apparecchio nella baia di Alessandria d’Egitto, mentre l’equipaggio poté lanciarsi con il paracadute. Venne successivamente decorato della quarta medaglia d’argento, poi tramutata in medaglia d’oro, al valor militare alla memoria, con la seguente motivazione: Ardimentoso comandante di squadriglia, volontario nella guerra d’Etiopia, riportava per ben due volte, sul corpo, i segni gloriosi dei duri combattimenti sostenuti e sul petto le insegne di quattro ricompense al valore.Affrontava l’attuale conflitto, benché già mutilato di guerra, con identico entusiasmo e superba infaticabile operosità, trascinando il suo reparto al conseguimento di continui brillanti successi in un’aura di epico eroismo coronato da duri, cruenti sacrifici.Primo e volontario sempre nelle più rischiose azioni, recava al nemico considerevoli accertati danni, sia che ne attaccasse le navi rabbiosamente difese, che le basi aereo-navali più munite e lontane.Ferito per la terza volta in seguito a combattimento con la caccia avversaria notturna, riprendeva non ancora completamente ristabilito, con immutata lena ed entusiasmo, il comando del suo reparto che, dal suo indomito esempio, traeva lo spirito e la volontà per perseverare, durante tutto un anno, in una lotta senza soste contro un nemico invano annidato al di là di un mare.Da una difficile e pericolosa azione, alla quale aveva chiesto insistentemente di partecipare, condotta sugli apprestamenti aereoportuali posti a difesa della munitissima base di Alessandria, non faceva ritorno.Ma rimane indelebile il luminoso ricordo di un puro eroismo spinto oltre ogni limite.Dopo la sua morte gli venne conferita dall’Università di Milano la laurea ad honorem in fisico-matematica.
FONTI E BIBL.: G.Corradi-G. Sitti, Glorie alla conquista dell’Impero, 1937; U. Delsante, Dizionario Collecchiesi, in Gazzetta di Parma 15 febbraio 1960, 3; Decorati al valore, 1964, 109; G.Carolei, Medaglie d’oro, 1965, II, 58-59; F.Botti, Talignano, 1973, 83-87; Per la Val Baganza 8 1986, 223; Gazzetta di Parma 16 marzo 1987, 10; Per la Val Baganza 10 1991, 354-355.

MAESTRI CARLO
Borgo San Donnino 1645-Piacenza 28 febbraio 1721
Frate cappuccino laico, per molti anni fu maestro o capo dei lanini, di maturo giudizio, di savio discorso.Compì la professione solenne a Modena il 12 gennaio 1664.
FONTI E BIBL.: F.da Mareto, Necrologio Cappuccini, 1963, 156.

MAESTRI CRISTOFORO 
Parma 1522
Fu inviato quale ambasciatore dei Parmigiani a papa Adriano VI nel 1522.
FONTI E BIBL.: F.da Mareto, Indice, 1967, 544.

MAESTRI FERDINANDO 
Gaiano 1836-13 marzo 1893
Figlio di Pietro.Laureato.Fu volontario nel 1859 nel 17° Reggimento dell’esercito piemontese.Fu decorato della medaglia francese al valore militare per la sua brillante condotta alla battaglia di San Martino.
FONTI E BIBL.: Corriere di Parma 14 marzo 1893, n. 71; Gazzetta di Parma 15 marzo 1893, n. 72; G. Sitti, Il Risorgimento Italiano, 1915, 411; A.Micheli, Rocca Sanvitale, 1922, 126.

MAESTRI FERDINANDO, vedi anche MAESTRI PIETRO AGOSTINO FERDINANDO

MAESTRI LUIGI 
-Sala 1877
Addetto al 50° fanteria, 14a compagnia, intervenne a Custoza e il 24 giugno 1866 fece parte del famoso quadrato di Villafranca, al fianco di Vittorio Emanuele di Savoja, che decimò la prima e seconda linea nemica.
FONTI E BIBL.: A.Micheli, Rocca Sanvitale, 1922, 126; E.Massa, in Corriere Emiliano 22 dicembre 1925.

MAESTRI ORESTE
Parma 1899/1917
Caporale maggiore della 14a Compagnia, durante la prima guerra mondiale, sul fronte austriaco, fu decorato di medaglia d’argento al valor militare, con la seguente motivazione: Durante tutta l’azione diede prova di coraggio e di disciplina, instancabile nel radunare le truppe disperse, per incitarle al dovere nelle posizioni allora conquistate; per più volte si recava volontario di pattuglia, ritornando sempre con preziose informazioni e fu vero mirabile esempio per i suoi inferiori (Selo, 19-22 agosto 1917).
FONTI E BIBL.: Libro d’oro Reggimento granatieri, 1922, 207.

MAESTRI PIETRO AGOSTINO FERDINANDO
Sala 6 luglio 1786-Torino 10 novembre 1860
Figlio di Giuseppe e Onorata Gerboni, fu battezzato il giorno successivo a quello di nascita: Anno Domini Millesimo Septingentesimo Octogesimo sexto die septimo Mensis Julij.Petrus Augustinus Ferdinandus Maestri filius Joseph et Onorata Gerboni jugalium natus heri mane et baptizatus fuit a me infrascripto in hac Plebe Salae.Patrini fuere Patrus Borzani nomine Augustini Bianchi a Vicinia S.i Spiritus et M.a Joanna Pedrazzi Cortesi a Vicinia S.e e M.e Magdalene Civitatis Parme.In quorum fide.Ego D.nus Antonius Silva Arcip.Salae ac sub. (Bonardi, Sala 1800-1900, 572).Si trattava indubbiamente di una famiglia dalle risorse modeste ma saggia nell’amministrazione e decisa al sacrificio per il bene dei sette figli.Il Maestri iniziò gli studi presso il Seminario di Parma: in un elenco dell’anno 1802 che riporta i primi due ordini minori (ostiariato e lettorato) si trova ricordato Ferdinando Maestri di Sala (Archivio della Curia di Parma).Si laureò a Genova nel 1812, ma si era già messo in bella luce poetica nell’ambito della Società de’ Filomati nel 1811 quando aveva offerto ripetute prove di abilità metrica nel celebrare la nascita del Re di Roma: il Giornale del Taro del 13 aprile 1811 riporta (p. 71-72) una sua lunga canzone pastorale.Ritornò sull’argomento nella Selva recintata nella Sessione dei Filomati del giorno 8 giugno (Giornale del Taro, 22 giugno 1811, 175-177; notizia della Selva era già stata data l’11 giugno 1811, 162). Nel 1812 invece il Maestri fu impegnato in argomento a lui più vicino ma sempre clientelare: è un soggetto per la recuperata sanità della moglie del prefetto Dupont Delporte (Giornale del Taro, 26 settembre 1812, 272). Iniziò la carriera accademica nel 1816 come professore di Economia Politica (lo fu poi anche di Diritto Civile) e nello stesso anno sposò la diciottenne Adelaide Tommasini, figlia di Giacomo Tommasini e Antonietta Ferroni, dalla quel ebbe i figli Clelia e Tullio.L’ammirazione che aveva avuto per Napoleone Bonaparte e per le idee proclamate nei suoi programmi lo portarono a guardare con moderata simpatia ai nuovi movimenti carbonari che si andavano diffondendo tra gli intellettuali.A Parma si costituì una chiesa, affiliata alla chiesa centrale di Torino (Bernini, Storia di Parma, 161), detta dei Sublimi Maestri Perfetti, il cui motto era oteroba, cioè occide tirannum et recupera omnia bona antiqua (Emilio Casa, I Carbonari parmigiani e guastallesi cospiratori nel 1821 e la Duchessa Maria Luigia Imperiale, Parma, 1904). Erano tutti professori, professionisti o militari, evidentemente poco convinti della necessità di un moto cruento, per cui non si mossero quando ad Alessandria e Torino si ebbero le insurrezioni che portarono alla costituzione emanata da Carlo Alberto di Savoja il 14 marzo 1821. Si fece qualche riunione e si emanò un proclama in latino per le truppe ungheresi di passaggio da Parma e dirette a Napoli per cancellare gli effetti della costituzione giurata da Ferdinando di Borbone nel luglio 1820, ma nessun altro sintomo esteriore diede alla polizia la sensazione che qualcosa di minaccioso si preparasse.A mettere in movimento la macchina della repressione fu il duca di Modena Francesco d’Este, cugino di Maria Luigia d’Austria, che, imprigionando i carbonari modenesi, estorse loro confessioni compromettenti anche per i carbonari di Parma.Vennero così fuori i nomi di dodici affiliati, tra i quali il Maestri.Il 24 aprile 1822 venne ordinata l’incarcerazione del conte Jacopo Sanvitale, del Maestri e dei farmacisti Lodovico e Ferdinando Gardoni (E.Casa, I carbonari, 89).Il Maestri si consegnò spontaneamente dopo che i gendarmi non lo avevano trovato a casa e scrisse il 28aprile una lettera a Maria Luigia d’Austria protestando la sua assoluta innocenza e la sua ininterrotta fedeltà alla Duchessa: Il costituirmi in carcere equivale per me ad una confisca del mio patrimonio.Pure soffrirò tutto con rassegnato animo se V.M. lo accoglie come il tributo della mia fedeltà e devozione, e se varrà a purgarmi da ogni sospetto (E.Casa, 92).Il 13 ottobre 1822 venne concretizzato l’atto di accusa: L’Avvocato Ferdinando Maestri apparteneva, per manifestazione di soci, ai Sublimi Maestri Perfetti e, giusta qualche testimonianza, ebbe parte egli pure unitamente al Sanvitale, alla compilazione del proclama agli Ungheresi.Sul finire del Carnevale del 1821 recossi a Torino per esplorarvi, al deporre di taluno, l’andamento degli affari politici, dando in seguito alla Società un conto di Seicento franchi per indennità di spese di viaggio.Verso la metà del marzo del 1821, e così appena insorto il Piemonte, spedito venne a Reggio dalla Chiesa di Parma uno dei soci per disporre i Capi settarii di colà a sollecitare i loro movimenti di concerto con quelli del Piemonte.All’indomani mandati furono a Parma dalla Chiesa di Reggio due Deputati, i quali, secondo le ricevute istruzioni, recaronsi alla Casa dell’Avvocato Maestri, per trattare di un argomento così interessante. Si radunarono in casa Maestri, il Martini, il Sanvitale e il Micali, come quelli che solevano avere maggiore ingerenza in affari di simile natura; ma ebbe forte contrasto per decidere se era ancor giunto il momento di insorgere, e quale dei due paesi dovesse essere il primo a darne l’esempio.Il Martini fu quello che parlò con maggior calore degli altri, pretendendo pure che non si dovesse più esitare a mettere in essere la meditata rivolta, e adirandosi fortemente coi deputati reggiani, come che soliti erano alle lentezze nel risolversi. Senza l’interposizione di qualcuno dei Soci, la disputa avrebbe avuto forse dispiacevoli conseguenze.Il Micali insisteva perché i Deputati Reggiani, o almeno uno di essi protraesse la sua partenza al giorno dopo, dovendo farsi nello stesso luogo e nella vegnente serata, altra adunanza di soci, alla quale sarebbero intervenuti dei Deputati della Chiesa di Mantova; ma i Reggiani furono fermi nella determinazione di partire, temendo da un momento all’altro di rimanere involti in qualche popolare disordine.Interrogato giudizialmente il Maestri, ha sempre negato di aver appartenuto a qualsivoglia Società segreta, di avere tenuta la mentovata unione in sua casa, ad onta che i testimoni estensi glielo abbiano sostenuto con fermezza in sua presenza.Conviene di essere stato a Torino all’epoca sopra indicata, ma sostiene di essersi recato per tutt’altro plausibile motivo da lui indicato; e di non avere mai chiesto a chicchessia veruna indennità per questo viaggio (E.Casa, 129-131).La linea di difesa del Maestri volle evidentemente assicurare la totale estraneità a ogni tentativo sedizioso e si può ritenere che, almeno in parte, il suo atteggiamento non fosse del tutto difforme dalla realtà: in lui, che indubbiamente nutrì solidi sentimenti patriottici come dimostrerà nel 1831 e nel 1848, non dovettero albergare sentimenti di violenza e tanto meno di odio verso la Duchessa, ma solo il desiderio di portare anche a Parma un governo di tipo costituzionale.d’altra parte Maria Luigia d’Austria, che si piegò a quel processo solo per mettere a tacere le insistenti richieste del cugino Duca di Modena, cercò in ogni modo di sdrammatizzare, concedendo agli imputati le più ampie possibilità di difesa: il Maestri ebbe come avvocato difensore Giuseppe Bertani, consigliere di Stato, insieme coi coadiutori, il conte G.B. Politi, l’assessore Sante Fochi e il causidico Angelo Rocca (E.Casa, 142).La sentenza del 29aprile 1823 mandò assolto, tra gli altri, anche il Maestri.Il pubblico ministero fece ricorso il 31 aprile ma il 20maggio 1823 il supremo Tribunale di Revisione ribadì l’assoluzione perché gli imputati non furono convinti dei fatti criminosi per cui vennero posti in causa e perché  nessun vizio di forma aveva in sé la sentenza assolutoria (E.Casa, 145, 155 e 158).Il Maestri fu dunque liberato, ma sottoposto ai precetti vessatori della polizia (E.Casa, 232).Da quando aveva perso la cattedra, la Duchessa aveva provveduto a far avere alla moglie una pensione prelevando i fondi dalla cassa della Corte e la sospese quando il Maestri fu reintegrato nelle sue funzioni accademiche colla nomina a professore di Diritto Civile (settembre 1825; E.Casa, 238).Trascurabile fu la presenza del Maestri nei moti del 1831: la Duchessa abbandonò Parma la notte del 14 febbraio e il 15 si riunì il Consesso Civico, nel quale, tra gli Aggiunti, figurò anche il Maestri (A.Del Prato, L’anno 1831 negli ex Ducati di Parma, Piacenza e Guastalla, Parma, 1919, 46 e 141).Al momento della reazione il suo nome fu compreso tra quelli per i quali non si usò generosità, perché, dopo aver avuto sospeso lo stipendio il 29marzo 1831, venne escluso dal condono della pena concesso agli individui che fecer parte del Consesso Civico di Parma nelle giornate di svolgimento, per cui vennero dichiarati vacanti in tra gli altri, i posti di Professore della 2a parte del Codice civile, e Professore supplente alle Cattedre di Terapia speciale e Clinica medica, posti di contro rispettivamente occupati dai S.ri Avv. Ferdinando Maestri e D.r Salvatore Riva, pei quali lo stipendio non solo non è rimesso in corso ma cessa totalmente (A.Del Prato, 107; G.Mariotti, L’Università di Parma e i moti del 1831, in I moti del 1831 nelle Province Parmensi, Parma, 1933, vol.III, 85-86).Secondo il Mariotti, dopo questa destituzione il Maestri andò in esilio in Piemonte (G.Mariotti, 97) ma più probabilmente restò a Parma a esercitare la professione d’avvocato ed ebbe, libero dall’insegnamento, la possibilità di muoversi per l’Italia a tenere discorsi ai Congressi delle Scienze che si tennero in varie città italiane (Micheli, La Rocca, 132).A Parma continuò a frequentare gli ambienti letterari: ne è prova una lunga ode a Cristoforo Colombo pubblicata in una Strenna del 1842 unitamente alla traduzione dell’orazione di laurea che il suocero Giacomo Tommasini aveva tenuto in latino nell’Università di Parma nel 1799 (Strenna Parmense a benefizio degli Asili per l’infanzia, Parma 1842, l’ode a Colombo è alle pagine 59-65, la traduzione alle pagine 42-51).Coltivò l’amicizia con il Leopardi, legato affettivamente alla famiglia Tommasini.La corrispondenza con Antonietta Tommasini, moglie di Giacomo, iniziò nel 1827 e si diresse anche ad Adelaide, moglie del Maestri, per poi riguardare direttamente anche il Maestri. È proprio indirizzandosi ad Adelaide Tommasini che Leopardi, il 31 dicembre 1828 scrive: Ditemi una cosa.Credereste voi che si potesse trovare cosà in Parma un impiego letterario onorevole, e di non troppa fatica, tale che si potesse accordare colla mia salute?Fatemi la grazia d’informarvene, pienamente, e senza mettere innanzi il mio nome, se non quanto portasse la necessità (G.Leopardi, Lettere, commentate da Martino Capucci, Firenze, 1958, 611).Adelaide Tommasini evidentemente girò la richiesta al Maestri il quale già il 22 gennaio 1829 fu in grado di informare Leopardi che a Parma era vacante una cattedra di mineralogia e zoologia, che comportava solo tre ore di lezione settimanali.Ma alla fine non se ne fece nulla. L’amicizia tuttavia continuò e si esplicò da parte dei Maestri nell’invio di tabacco e da parte di Leopardi nell’esaltazione dei prodotti oratori del Maestri encomiandogli, tra l’altro, l’Elogio composto per la morte di Alberto Adamo di Neipperg.Scrivendo ad Antonietta Tommasini, afferma infatti: L’Orazione di Ferdinando, per quanto ho potuto sentirla leggere, mi riesce veramente una cosa bella.E inviando una lettera ad Adelaide Tommasini (22 luglio 1829): Dite a Ferdinando che la sua Orazione mi è sembrata di bellissimo stile, e piena di vero affetto, che gliene scriverò subito ch’io possa.Si trattava dell’Elogio di S.E. il Conte Alberto Adamo di Neipperg letto da Ferdinando Maestri agli uffici funebri celebrati nell’oratorio di San Quirino dalla Ducale Accademia de’ Filarmonici il 27marzo 1829 (Parma, co’ tipi bodoniani, MDCCCXXIX).Il sincero vincolo di affettuosa ammirazione reciproca non si sciolse nemmeno quando il Leopardi abbandonò Recanati.Il Maestri lo incontrò a Firenze nel 1833 e ne lasciò un’angosciata descrizione presentandolo su un letticciuolo cinto da un denso cortinaggio che non lasciasse valico a fil di luce: quivi lo tenea, per giunta alle abituali infermità, un fiero mal d’occhi (G.P.Clerici, Dalle carte Tommasini: raspollatura da servire alla biografia  del Leopardi, in Archivio Storico per le Province ParmensiXXI 1921, 97).Una delle ultime lettere del Leopardi da Napoli, del 15maggio 1837, è proprio indirizzata al Maestri per esortarlo, tra l’altro, a dare alla luce i suoi pensieri sul debito pubblico e per avere notizie di Adelaide Tommasini (G.Leopardi, 757-758).La morte del recanatese (14 giugno 1837) trovò il primo cantore nel Maestri, che in proposito scrisse e divulgò un sonetto (G.P.Clerici, 91).Gli avvenimenti del 1848 riportarono il Maestri in primo piano anche politicamente.Quando Carlo di Borbone, non ritenendo più sicura la sua permanenza in Parma, progettò di partire, emanò questo decreto: Noi Carlo II di Borbone, desiderando di allontanarci da questi Stati, unitamente alla Nostra Reale Famiglia Nominiamo il Conte Luigi Sanvitali, il Conte Girolamo Cantelli, l’Avvocato Ferdinando Maestri, l’Avvocato Pietro Gioja, il prof. Pietro Pellegrini, a Membri di una Reggenza, alla quale trasferiamo il Supremo Potere, con falcoltà di dare quelle istituzioni e provvedimenti, che nell’attuale condizione delle cose crederà necessarii.Dal Nostro Regio Palazzo di Parma questo giorno 20marzo 1878.Carlo (Guido Dalla Rosa, Alcune pagine di Storia Parmense, Parma, 1878,   vol.I, 94).Il 29 marzo Carlo di Borbone promise di giurare lo Statuto e di inviare un battaglione in aiuto alle truppe di Carlo Alberto di Savoja: la Reggenza accompagnò la promessa del Sovrano con un breve comunicato alla cittadinanza in cui si esaltano le più larghe garanzie che possano ripromettersi da un Governo Monarchico Costituzionale (F. Udeschini, D.Reverberi, Parma dai Farnesi a Vittorio Emanuele II, Parma, 1935, 31).L’11 aprile la Reggenza si tramutò in Governo Provvisorio eletto dal Consesso degli Anziani e tra i membri di quel governo figurò ancora il Maestri.Subito si mise in atto il meccanismo delle elezioni per il plebiscito (il decreto è dell’8 maggio).La proclamazione del risultato venne fatta in Cattedrale a Parma il 25maggio: la cerimonia si svolse tra l’entusiasmo generale e fu accompagnata da ripetuti scroscianti applausi, cessati i quali il sig.Avv. Maestri salito sul pergamo lesse un breve discorso voluto dall’occasione che fu cagione di nuovi applausi ed evviva al sentimento degli affetti più sacri di Patria (Descrizione della solennità della proclamazione dei voti del popolo dello Stato Parmense per la riunione del Regno Sardo, in F.Udeschini, D.Reverberi, 41; Angelo Pescatori, Il Declino di un Ducato, Parma, 1974, 103).Al Maestri toccò l’onorifico compito di portare a Carlo Alberto di Savoja i risultati del plebiscito e fu nominato senatore del Regno il 6 giugno 1848 insieme con Luigi Sanvitale e Giambattista Niccolosi.Nel 1848 fu eloquente difensore dei diritti del Regno di Sardegna al Congresso di Bruxelles, ove fu delegato di Carlo Alberto di Savoja. Fu eletto deputato anche nel collegio di Busseto il 12 febbraio 1849 ma l’elezione fu annullata perché già investito del titolo senatoriale (G.Micheli, La Rocca, 130-131).Il fallimento della Iguerra d’Indipendenza segnò per il Maestri la fine di ogni diretto rapporto con Parma, perché al ritorno dei Borbone fu condannato insieme con molti altri membri della Reggenza e del Governo Provvisorio a rimborsare alle casse ducali le somme spese dal 20marzo al 10aprile 1848 e dall’11 aprile al 30giugno 1848 (G.dalla Rosa, vol.II, 81).Nel 1845 perse la moglie, per cui passò a seconde nozze con la nobildonna Amalia Appiani d’Aragona, dividendo il proprio impegno tra l’ufficio di senatore e la partecipazione a importanti congressi nazionali e internazionali. Ritornò a Parma, per visitarla, soltanto dopo il 1859, ricevendo straordinarie accoglienze.Il Maestri prese parte assidua ai lavori della Camera Alta, che lo elesse segretario dal 1849 al 1852, e vi pronunciò importanti discorsi.Divenne Consigliere di Stato (carica che abbandonò per ragioni di salute nel luglio 1860, ricevendo il titolo di Consigliere di Stato Onorario) e Commendatore Mauriziano.Fu nobile di San Martino e Cavaliere di San Ludovico di Lucca. Fu inoltre Consultore delle Finanze e Priore dell’Ordine degli Avvocati di Parma.Oltre che di Tommasini e Leopardi, fu grande amico di Pietro Giordani, Felice Romani e Silvio Pellico.Il Maestri fu deputato alla I, III e V riunione degli Scienziati italiani.Le opere del Maestri abbracciarono diverse parti dello scibile umano: giurisprudenza, filosofia, economia e letteratura, benché occupato dalle incombenze di sostituto della facoltà legale (1814), di consultore e segretario della camera di commercio (1814), di professore effettivo di economia politica all’Università parmense (1818), di storia e statistica particolare d’Italia e universale d’Europa (1821), di diritto civile (1825) e di consultore della finanza (1826).Fin dalla giovinezza fu ascritto al Collegio degli avvocati, nel 1808 fu uno dei fondatori dell’Accademia parmense de’ Filomati, successivamente fu ascritto all’Ateneo italiano di Firenze, all’Accademia della Valle Tiberina, alla Regia di Lucca e di Pistoia, alla Tegea di Siena e Labronica di Livorno, alla Regia società aretina e Agraria torinese.Scrisse dieci arringhe civili in cause molto importanti (pubblicate a Parma dal 1818 al 1826), quattro Difese criminali che videro la luce a Parma dal 1829 al 1841, l’Elogio del cavaliere avvocato Giuseppe Bertani, letto come prolusione alla scuola di codice civile nell’Università di Parma (1825, stampato a Parma nel 1828), l’Elogio del cavaliere avvocato Francesco Mazza, letto alle solenni esequie nella Cattedrale l’8 gennaio 1834 (Parma, 1834), l’Elogio di Michele Colombo, letto al congresso di Lucca e pubblicato dal Bertini, alcune orazioni (Della Comune origine o parentela delle scienze e delle arti,Del modo d’istituire scuole tecniche in Italia, letta al congresso di Firenze, Della Legge e della morale, recitata all’Ateneo italiano, Parma, 1842).Intervenendo ai congressi degli Scienziati italiani, prese spesso la parola.A Pisa parlò sulla necessità e utilità delle leggi rurali e delle società agrarie e fece appunti filologici alla nuova nomenclatura chimica proposta dal  principe Luigi Bonaparte, a Torino parlò sulla fratellanza delle scienze e sulla formazione della grandine nelle basse regioni dell’atmosfera, fu membro delle commissioni per le arti e manifatture per le tavole statistiche agrarie e deputato col principe Carlo Bonaparte, cavaliere Marianini e dottor Gera a ringraziare il Re del trattato concluso coll’Austria a garanzia della proprietà letteraria, a Firenze parlò sull’utilità delle macchine anche per interesse degli artigiani e sulle scuole tecniche e fece parte della commissione che andò a Prato a visitare l’istituto tecnico Magnolfi, a Lucca ragionò sui sistemi penitenziali, sulle società di mutuo soccorso degli artigiani, sui premi di virtù, sugli orfanotrofi, sulle società enologiche ed ebbe varie commissioni.Tra i discorsi da lui pronunciati è importante quello nella circostanza della proclamazione seguita nella Cattedrale di Parma dell’atto solenne per l’unione di Parma al Regno Subalpino (1848), che ebbe le lodi di Cavour.Tra gli scritti, notevole quello in difesa di Carlo Alberto di Savoja, dopo i casi di Milano dell’agosto 1848, e lo studio del debito pubblico elogiato dal Leopardi.Pregevolissime sono le commemorazioni di illustri uomini parmensi tra cui l’abate Colombo e Giuseppe Bertani, suoi maestri, il Neipperg, Francesco Mazza e Angelo Mazza.Fu prescelto arbitro di moltissime cause.Il Collegio degli Avvocati in Parma lo elesse per nove volte Priore.In Parma e in altre importanti città venne eletto a giudice e relatore delle condizioni industriali, artistiche e letterarie.Tra le sue arringhe andarono famose quelle per Pescatore, accusato di assassinio (1831), per i due Piccoli, barcaioli luzzaresi accusati del delitto di furto violento e che egli difese con infiammata eloquenza (1841), e per Pietro Schizzati, fratello dell’insigne magistrato Filippo, imputato di assassinio, di cui sostenne l’infermità mentale.Tra le orazioni rimase famosa quella sulla legge e sulla morale da lui recitata a Firenze nel Regio Ateneo Italiano (1841), encomiata dal Leopardi e dal Pellegrini.Prese parte eminente a tutti i Congressi degli Scienziati italiani, che furono strumento efficacissimo di diffusione del pensiero italiano e di propaganda nazionale.In essi perorò, oltre ai temi di cui già si è detto, l’istituzione di scuole tecniche e la necessità di associare le arti alle scienze (Torino, 1840), la necessità di leggi e scuole rurali e delle società agrarie (Pisa, 1839), la riforma delle carceri in generale e l’istituzione delle Penitenziarie perché piuttosto che alla vendetta della colpa intendono provvedere con mezzi acconci alla conversione dei colpevoli (Firenze), per gli Asili d’Infanzia (Napoli, 1843), sulla libera concorrenza (Genova, gennaio 1847), sulla abolizione della schiavitù (Torino), sulle arti e sulle industrie della città di Napoli (7° congresso, Napoli) e sulle arti e manifatture genovesi (8° congresso, Genova).Godette l’affetto e l’estimazione del Pezzana che lo disse di carità esimia e di fede sicura, del Giordani, del celebre librettista Felice Romani, che pubblicò in suo onore un necrologio sulla Gazzetta Ufficiale, del Pellico, dell’abate Taverna, del Leopardi e del Galluppi.Fu socio onorario del Regio Ateneo Italiano e membro dell’Accademia di Belle Arti di Parma.Dettò anche numerose epigrafi, tra le quali quelle per Napoleone I e III.
FONTI E BIBL.: I.Cantù, Italia scientifica, 1844, 277-279; G.B. Janelli, Dizionario biografico dei Parmigiani, 1877, 228-230, 523 e 1880, 176; T. Sarti, Rappresentanti Legislature Regno, 1880, 501; Assemblee del Risorgimento, Roma, 1911; E.Casa, Imoti rivoluzionari accaduti in Parma nel 1831, Parma, 1895; F.Ercole, Uomini politici, 1942, 236; Rosi, Italia Odierna, vol.I, Utet, Torino, 1926; M.A.Giampaolo, in Dizionario Risorgimento, 3, 1933, 411; Gazzetta di Parma 15 ottobre 1920, 1; A.Micheli, Rocca Sanvitale, 1922, 129-133; T.Sarti, Il Parlamento Subalpino e Italiano,due volumi, Roma, 1896 e 1898; A.Malatesta, Ministri, deputati, senatori, 1941, II, 127; Senatori parmigiani, in Gazzetta di Parma 16 ottobre 1924, 3; O.Masnovo, Patrioti del 1831, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1937, 182; Gazzetta di Parma 24 gennaio 1962, 4; Aurea Parma 3 1970, 178; Collecchio e Sala Baganza, 1979, 266-272.

MAESTRI TULLIO 
Albareto 1875-Borgo Val di Taro 1940
Laureato in giurisprudenza all’Università di Parma nel 1899, fu la figura di maggior spicco del Movimento Cattolico valtarese.Nel 1902 fu eletto consigliere provinciale e l’anno seguente divenne assessore comunale di Borgo Taro, rimanendo ininterrottamente nell’Amministrazione per un ventennio.Dal 1905 al 1914 fu membro effettivo della Deputazione provinciale e dal 1920 al 1922 presidente della stessa.Nel 1919 e nel 1921 si presentò candidato alle elezioni politiche nella lista del Partito Popolare Italiano senza però essere eletto.Fu animatore di numerose iniziative economiche: nel 1902 fondò il Consorzio agrario valtarese, nel 1907 impiantò un grande stabilimento per la produzione del cemento e inoltre per suo impulso sorsero la Banca valtarese nonché una società per lo sfruttamento minerario della valle.
FONTI E BIBL.: T.Maestri, Il Castello di Borgotaro, in La Giovane Montagna 1939, 9; B.Molossi, Dizionario biografico, 1957, 89; F.Canali, in Dizionario storico del Movimento cattolico, III/2, 1984, 488-489.

MAFFACINI ENRICO 
Fontanellato 24 settembre 1902-Fidenza 1 aprile 1956
Compì gli studi nel Seminario diocesano di Borgo San Donnino e fu ordinato sacerdote il 3 luglio 1927.Nominato il 1°settembre dello stesso anno parroco di Coduro, nell’ottobre successivo fu dapprima preposto in seminario all’insegnamento delle materie letterarie nel ginnasio e al liceo poi.Il 27 aprile 1938 venne annoverato tra i canonici della Cattedrale e, dopo che ebbe conseguito a pieni voti la laurea in belle lettere, ottenne la nomina a professore nelle scuole medie di Stato di Fidenza.Insegnò pure a Parma al Liceo scientifico e, per la sua profonda conoscenza del latino, fu chiamato in Vaticano a comporre documenti nella lingua ufficiale della Chiesa.Ma la nostalgia per la sua Diocesi e la tendenza insita in lui alla libera attività gli fecero abbandonare, dopo breve tempo, una carriera che si prospettava oltremodo promettente, per riprendere a Fidenza l’interrotta attività di insegnante.Sfollato nel 1944 a Noceto per sottrarsi al pericolo dei bombardamenti aerei anglo-americani che si accanirono sulla città in quel periodo di guerra, condusse a termine la traduzione in latino classico del celebre Pinocchio collodiano, con lo scopo prefisso di richiamare l’attenzione del mondo educativo su una riforma della scuola, che, attribuendo una parte preponderante alla versione dal latino, contribuisse alla migliore formazione intellettuale dei discenti, avviandoli, inoltre, a una più profonda conoscenza del mondo romano.L’intendimento trovò fautori anche all’estero: il belga K.Vangenechten pubblicò nella rivista Nova et Vetera brani del tradotto capolavoro del Collodi e altrettanto fecero Octavio M.Cuellar, direttore della più importante rivista della Colombia, e Raymundo Cadwalledere, preside dell’Università Duquesne di Pittsburg.In Italia i primi giudizi sul valore e sull’importanza dell’opera, ispirata al Maffacini della lettura poetica in versi esametri della notissima fiaba perroltiana di Cappuccetto Rosso, furono pronunciati da monsignor Antonio Bacci, primo latinista del Vaticano, dai professori universitari G.B. Pighi, Cataudella e Bendetto Riposati, da Alberto Costa, vescovo di Lecce, e dall’onorevole Ferdinando Bernini, e all’estero da William Schultz, direttore di un importante istituto culturale di New Orléans.Già però i giornali di gran parte del mondo avevano diffuso ed esaltato il paziente lavoro del Maffacini e Pinocolus, pubblicato dalla Casa Editrice Marzocco di Firenze (1950), entrò nell’austero mondo degli studiosi, consigliato e adottato anche nelle scuole.Alla conoscenza dell’opera, che solo in Italia raggiunse sette edizioni, contribuì nel 1953 l’editore S.F. Vanni di New York, che la pose in commercio con note in inglese.Il Maffacini intraprese anche la versione latina dell’altrettanto celebre Cuore deamicisiano (rimasta incompiuta) e a questo proposito merita di essere ricordato l’incontro a Torino del Maffacini con il figlio dell’autore, Ugo De Amicis, il quale, nel suo giudizio su questa opera, dichiarò che essa rappresentava il più geniale aiuto ai giovani dediti allo studio del latino.Il Maffacini non si limitò alla prosa, occupandosi anche della versione in perfetta metrica delle poesie La cavallina storna e L’aquilone di Giovanni Pascoli e Davanti a San Guido e Piemonte del Carducci. La lingua greca e la letteratura italiana completarono il corredo della sua vasta cultura.Fu inoltre poeta ispirato e dotato di fervida immaginazione.Da citare, tra i molti i componimenti, Saluto serale e Il canto notturno di un grillo.I concetti profondi assumono, nel ritmo dei suoi versi, accenti armoniosi e liberi da retorica. Con provvedimento del 2giugno 1957, su proposta del ministero della Pubblica Istruzione, il Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi gli conferì alla memoria la medaglia d’oro dei benemeriti della cultura.
FONTI E BIBL.: B.Molossi, Dizionario biografico, 1957, 89; D.Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 234-237.

MAFFEI GIULIO
1838-Parma 31 agosto 1897
Maggiore dei bersaglieri, fu tra i prodi dell’indipendenza d’Italia nelle campagne del 1859, 1860-1861 e 1866.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 2 settembre 1897, n. 241; G. Sitti, Il Risorgimento Italiano, 1915, 123.

MAFFEI MASSIMO 
Parma ante 1888-post 1924
Ingegnere operante a Parma, con studio professionale in via Farini, rappresenta una delle figure più interessanti ma meno note tra i progettisti locali. Nel 1908, in qualità di assessore comunale, realizzò due progetti con l’Ufficio d’Arte per la sistemazione dei terreni attorno ai bastioni della Cittadella da sottoporre alla Commissione per lo Studio del Piano Regolatore.Nel 1909 progettò un palazzo d’abitazione nella zona d’espansione fuori barriera Garibaldi per Odoardo Poli.L’edificio, di notevoli dimensioni, rappresenta uno dei primi interventi rilevanti fuori dalla cerchia murata di Parma e si caratterizza per le marcate decorazioni con riferimenti al Liberty. Negli anni tra il 1910 e il 1913 si assiste al periodo più prolifico della sua attività professionale, con la realizzazione di numerosi progetti, tra i quali il restauro di palazzo Melli tra via XXII Luglio e borgo Riccio, casa Cardinali fuori barriera Bixio e il restauro di facciata di Palazzo Medioli tra le vie Cavour e Dante.Con il costruttore Zanchi, capomastro, ebbe uno stretto rapporto professionale che lo portò a realizzare un palazzo d’abitazione a barriera Vittorio Emanuele nel 1911, una casa d’abitazione tra viale Tanara e viale Veneto nel 1913, una villa urbana su via Emilia Est, sempre nei pressi di barriera Vittorio Emanuele sui terreni di proprietà Zanchi. Nel 1912 realizzò la vetrina e gli interni della Birreria Tedesca in piazza Garibaldi al civico 6. Nel 1914 la sua attività professionale si interruppe, probabilmente per la sua diretta presenza nel primo conflitto mondiale.Solo nel 1920 riprese la pratica professionale con un progetto urbano sul terreno a sud della Cittadella, commissionato dalla Società Anonima Cooperativa La Casa, riguardante l’inserimento di case civili in un unico comparto composto da tre tipologie edilizie: l’intervento risulta realizzato solo in parte sull’attuale via Guicciardini.Due importanti interventi di restauro lo videro impegnato negli anni successivi: palazzo Sanvitale in borgo Leon d’oro e palazzo Tarasconi di proprietà Meli Lupi in via Farini. Nel 1923 progettò l’abitazione di Arturo Mora in viale Campanini, sulla base di un precedente progetto dell’ingegnere Botteri.Datato giugno 1924 è il progetto per la risistemazione di palazzo Poli in via Trento, primo edifico da lui progettato quindici anni prima. Dello stesso anno è il progetto di restauro di Villa Carona, situata su un colle sopra Fornovo Taro, danneggiata a seguito degli eventi bellici.
FONTI E BIBL.: Gli anni del Liberty, 1993, 115.

MAFFINI ALDO 
Pieve Ottoville 1899/1917
Caporale maggiore, durante la prima guerra mondiale fu decorato di medaglia di bronzo al valor militare, con la seguente motivazione: Addetto al comando di battaglione, con devozione, intrepidezza ed energia, coadiuvava i propri ufficiali nel contenere reparti nostri che ripiegavano dinanzi a violento contrattacco nemico, e, in un difficile momento, incoraggiando i compagni con la parola e con l’esempio, si opponeva valorosamente al nemico irruente, e rimaneva ferito (Quote 241-235, Carso, 24 maggio 1917).
FONTI E BIBL.: Libro d’oro Reggimento granatieri, 1922, 177.

MAFFIOLETTI PIETRO 
Parma 1777/1778
Argentiere. Il 19 gennaio 1778, assieme alla relativa navicella e al cucchiaino per l’incenso, un turibolo in argento sbalzato e cesellato, alto cm30 e di diametro di cm14, realizzato per la chiesa di San Giacomo di Soragna, fruttò al Maffioletti, oltre a vario metallo di recupero impiegato, di cui restituì l’eccedenza ai commissionatori, 650 lire.Sulle tre cartelle si trova inciso Vend.Soc. SS. Sacr.to Soranee 1777.Nel risguardo interno della base sono tre punzoni con una V maiuscola e altri quattro con PM maiuscolo, sul bordo del coperchio un altro V e un PM. La base è lievemente rilevata da baccelli.Appena sopra cinge l’ansa del contenitore una coroncina di nubi sulla quale poggiano tre teste di cherubini applicate e altrettanti cartigli con motivi vegetali.Il coperchio piramidale viene poi traforato da volute e unghiature intervallate a registri sino alla cima conclusa da un pomolo tornito.La squisita opera rivela appieno il gusto stilistico Luigi XV del Maffioletti, raffinato sia nel disegno che nei minuti particolari decorativi, indecisi tra forme del più tipico barocchetto che si avvicinano al nascente neoclassicismo.
FONTI E BIBL.: G.Godi, Soragna: l’arte dal XIV al XIX secolo, 1975, 159.

MAFFONI LODOVICA
Borgo Taro 24 agosto 1856-
Studiò canto (mezzosoprano) alla Regia Scuola di musica di Parma dal 1871 al 1875. Lasciò l’istituto per recarsi a Milano per perfezionarsi.
FONTI E BIBL.: G.N. Vetro, Dizionario. Addenda, 1999.

MAGANI FRANCESCO 
Pavia 28 dicembre 1828-Parma 12 dicembre 1907
Compì gli studi nel Seminario di Pavia.Fu ordinato presbitero il 14 aprile 1852.Si laureò in Scienze e poi, con splendida votazione, in Sacra Teologia e fu insegnante nel Seminario di Pavia di lettere, di Scienze Naturali, di Liturgia e di Diritto Canonico, dimostrando, in così diverse branche dello scibile, tutta la sua cultura e il suo eclettico intelletto.Fu inoltre membro del Collegio Teologico di Genova, del Circolo Romano dei cultori di Apologetica, dell’Accademia di Storia Pontificia, della Società Romana di Studi Biblici e dell’Accademia di San Tommaso.Approfondì gli studi storici e patristici.Fu apprezzato articolista e anche temuto polemista.Nel 1871 fu nominato prevosto di San Francesco in Pavia. Il 12 giugno 1893 fu nominato Vescovo di Parma. Consacrato in Roma il 18 giugno 1893, prese possesso per procuratore il 20 settembre 1894 e fece il solenne ingresso solo il 26 settembre 1894: fino ad allora infatti non gli fu concesso il regio exequatur.Al Ministero si tentennò e non si volle sottoporre l’exequatur della Bolla Pontificia al ministro Crispi, presidente del Consiglio, poiché il Magani aveva apertamente criticato con qualche articolo l’operato del ministro stesso.Per interposizione di Isidoro Carini, insigne paleografo e archeologo nonché bibliotecario della Vaticana, Francesco Crispi venne alfine edotto della cosa. Il Magani incontrò altre contrarietà che perdurarono a lungo e amareggiarono tutto il suo episcopato, causate in parte dal vicario capitolare Pietro Tonarelli.Durante la sede vacante, questi accettò, come intestata al suo nome, una cospicua eredità fiduciaria destinata al Vescovo di Parma a scopi benefici e della quale si ritenne libero di disporre e di fruire a suo piacimento.Le generose elargizioni a vari istituti, conventi e ordini religiosi, gli procurarono molte riconoscenti simpatie e un evidente prestigio, sì che la sua personalità fronteggiò, in certo qual modo, quella del Magani, che dovette affrontare senza deflettere tale situazione, nella quale percepì una latente e architettata opposizione.La visita pastorale fu senza dubbio uno degli uffici più importanti e faticosi del ministero episcopale del Magani che non tardò a indirla e in due anni si recò in ogni angolo della sua vasta Diocesi, malgrado l’età avanzata e i limitati mezzi di viabilità, visitando chiese, oratori, cimiteri, benefici, confraternite, ospedali, enti morali di culto e di beneficenza e monasteri e scrivendo una dettagliata relazione e dando ovunque ordini severi e dispositivi perentori. Proseguì nel processo di potenziamento e di adeguamento ai tempi del seminario, già proficuamente avviato dal suo antecessore Miotti.Ritenendo indispensabile la fioritura del seminario per la crescita della fede nella Diocesi, promosse la formazione spirituale dei chierici, la disciplina e gli studi.Aperto alla cultura come nessun altro vescovo prima di lui, aggiunse nuove materie di insegnamento: la teologia pastorale e il diritto ecclesiastico nella teologia e la religione nei corsi del ginnasio e del liceo.Emanò anche un nuovo regolamento, prescrivendo ai chierici l’obbligo di risiedere in seminario.I migliori volle che continuassero gli studi a Roma presso l’Università gregoriana, ad altri diede la possibilità di accedere al Conservatorio di musica di Parma, ad altri ancora di portarsi all’estero per lo studio delle lingue straniere.Così in pochi anni il seminario di Parma ebbe illustri professori di filosofia e di dogmatica (Masnovo e Quaretti), di diritto canonico (Delsoldato), di lingue orientali (Emilio Tonelli), di lettere (Foglia), di fisica e matematica (Caselli), di storia ecclesiastica (Delmonte) e di musica (Arnando Furlotti).Fiorirono anche le vocazioni ecclesiastiche e si ebbero numerose ordinazioni di sacerdoti. A parte brevi studi e piccole ma preziose monografie (tra le quali va ricordato uno studio sul Sodalizio dell’Immacolata nella chiesa di San Francesco (1876) che gli meritò molta stima dai Pavesi e perfino un breve di papa Pio IX che si complimentò con lui), tre opere si devono ricordare che testimoniano la taglia del Magani, acuto studioso e del colto sacerdote. Sant’Ennodio, in tre volumi, pubblicato a Pavia nel 1886, è uno studio ampio e profondo di Ennodio, vescovo di Pavia nel primo quarto del secolo VI, personalità poliedrica, prosatore, poeta, rétore, teologo, pubblicista, strenuo difensore del Papa, padre della Chiesa e santo.Con quest’opera, che fu lodata in Italia, Francia e Germania, il Magani si guadagnò un posto di rilievo tra gli storici contemporanei.Theodor Mommsen, con una lettera, si complimentò con lui esternandogli il suo vivo apprezzamento.Incoraggiato dalla buona accoglienza degli studiosi al Sant’Ennodio, il Magani pose subito mano a un’altra opera magistrale, L’antica liturgia romana, che non aveva ancora finito di correggere quando venne informato della sua nomina a vescovo di Parma.Papa Leone XII, che già era al corrente di quest’opera insigne, sollecitò il Magani al compimento, in quanto nella sua pubblicazione vide un valido contributo all’attuazione dell’idea da lui perseguita dell’unione delle chiese Orientale e Occidentale.Opera (anche questa molto ricercata) che rivelò il Magani maestro insigne nelle discipline liturgiche della Chiesa antica.Fu pubblicata a Milano dalla tipografia Pontificia di San Giuseppe.È in tre volumi di cui il primo (pagine 298) uscito l’anno 1897, il secondo (pagine 362) nel 1898 e il terzo volume (pagine 395) uscito nel 1897.La terza opera di grande valore storico del Magani è L’Ordinamento canonico della diocesi di Parma, in due volumi: il primo (pagine 522) edito dalla tipografia Fiaccadori nel 1910 e il secondo volume (pagine 198) pubblicato dalla medesima tipografia Fiaccadori nel 1911.Si tratta di una miniera di notizie minuziose riguardanti le parrocchie, le arcipreture prebane, i vicariati foranei, raccolte nelle visite pastorali, negli archivi parrocchiali, nell’archivio vescovile e in quello capitolare, dove il Magani lesse, sfogliò e compulsò i sinodi, le fondazioni dei benefici e gli estimi, con la passione dello studioso e dello storico scrupoloso. Tra le numerose opere minori sono da ricordare: La data e luogo di S.Agostino (1887), I primi monumenti cristiani di Milano, Il Pontificato di Leone XIII (1893),Cronotassi dei Vescovi di Pavia (1880-1891), Il più antico Vescovo di Parma: Urbano (1902), Il I Centenario del Decesso di Mons.A Turchi (1904), Il Culto di S.Siro a Parma (1904), e La Terra di Fontanellato (1907). Scrisse anche 21 lettere pastorali, molti scritti ufficiali, circolari e lettere varie e 12 moniti al clero, anteposti al Calendario Diocesano. Il Magani, conosciuto per i suoi studi sulla storia della Chiesa, ebbe rapporti con Mommsen, Vogel, Morel, Duchesne, Ratti, Carini, Tacchi-Venturi, Ceriani, prefetto dell’Ambrosiana, e De Rossi.Fu amico intimo dell’Albertario, che sostenne nella lotta contro il liberalismo e il rosminianesimo.Tra i due una voluminosa corrispondenza tratta un po’ di tutto, dai bilanci annuali dell’amministrazione dell’Osservatore alle più importanti questioni religiose, sociali, poliche (Biblioteca Palatina di Parma, rievocazione dopo la morte, senza data).Il Pelosi scrive che durante l’episcopato del Magani si perdono anni preziosi per l’organizzazione definitiva dell’azione dei cattolici e per un lavoro tempestivo in campo operaio, dove il socialismo arriva ad avere quasi il monopolio dell’azione sindacale prima e politica poi (C.Pelosi, 47).L’azione di Magani è esaminata dal Pelosi nella sua opera (capitolo III, Gli anni difficili, 47-71) con abbondante documentazione. Fu sepolto nel cimitero pubblico di Parma.Il 16 novembre 1920 la sua salma fu esumata e trasportata in Cattedrale, ove fu sepolta il 17novembre 1920.
FONTI E BIBL.: A.Schiavi, Diocesi di Parma, 1940, 243; L.Gambara, in Gazzetta di Parma 12 dicembre 1957, 3; S.Celaschi, Questioni tra Fornovo e Varsi, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1972, 105-114; G.Berti, Appunti di attività Murriana, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1972, 276; F.Barili, in Gazzetta di Parma 20 febbraio 1984, 3; A.Marocchi, Mons. Evasio Colli, 1987, 70; T.Marcheselli, Strade di Parma, II, 1989, 10.

MAGAWLY FILIPPO FRANCESCO, vedi MAGAWLY DE CALRY PHILIP FRANCIS

MAGAWLY CERATI VALERIO, vedi MAGAWLY DE CALRY VALERIO

MAGAWLY CERATI DE CALRY FILIPPO FRANCESCO, vedi MAGAWLY DE CALRY PHILIP FRANCIS

MAGAWLY DE CALRY BENEDETTA
1712-Parma 1792
Fu dama d’onore di Maria Teresa d’Austria.Sposò in prime nozze il barone colonnello Creagh e in seconde il colonnello O’Madden, irlandese.
FONTI E BIBL.: T.Marcheselli, in Gazzetta di Parma 10 settembre 1990.

MAGAWLY DE CALRY FILIPPO FRANCESCO, vedi MAGAWLY DE CALRY PHILIP FRANCIS

MAGAWLY DE CALRY PHILIP FRANCIS
Temora 10 dicembre 1787-Dublino 30 agosto 1835
Figlio del conte Patrick e della contessa Jane O’Fullon, irlandesi.Si trasferì a Parma insieme al fratello Awly alla morte del padre (1802).In Parma si era già stabilito un ramo della sua famiglia. Il duca Ferdinando di Borbone lo fece educare nel Collegio Lalatta.Dotato di particolari doti di intelligenza, di tatto e perspicacia, fin da giovanissimo disimpegnò pubblici uffici durante il governo francese.Ereditò nel 1804 i beni dello zio paterno conte Charles Edward, colonnello austriaco, e nel 1808 condusse in sposa Chiara Mazzucchini Guidoboni di Viadana, figlia di Giuseppe e della contessa Fulvia Cerati.Per tale connubio, il Magawly ereditò anche il patrimonio del conte Antonio Cerati (1816) aggiungendone pure il cognome.Nel 1814 il Magawly, insieme al conte Cesare Ventura, al principe Luigi Borbone e al principe Casimiro Meli Lupi di Soragna, compose il Governo Provvisorio di Parma, dopo la caduta di Napoleone Bonaparte.Venne poi incaricato da papa Pio VII quale inviato straordinario a Parigi, onde espletare importanti missioni presso i sovrani alleati, vincitori del Bonaparte. A Parigi ebbe l’invito dall’imperatore d’Austria di recarsi a Vienna, ove in parecchie conferenze sulle condizioni e suoi bisogni del Ducato di Parma e Piacenza diede ragguaglio sul piano del nuovo governo da lui studiato per lo stato assegnato alla figlia del monarca, Maria Luigia.L’Imperatore approvò detto piano e creò il Magawly primo ministro di Maria Luigia d’Austria (27 luglio 1814). L’imperatore Francesco Id’Austria lo nominò suo consigliere intimo, suo ciambellano e cavaliere di II Classe dell’Ordine austriaco della Corona di ferro.Maria Luigia d’Austria lo nominò presidente del Consiglio di Stato straordinario.A Parma fu Gran cancelliere e Gran giudice dell’Ordine costantiniano di San Giorgio, consigliere intimo di Stato e ciambellano. In un’interessante memoria si può constatare quale fu la sua opera fattiva e illuminata e riconoscere l’avvedutezza del Metternich ad affidargli l’incarico di primo ministro.Il Magawly ne ebbe, infatti, tutti i requisiti: la sua casata fedele a tutta prova all’Impero austriaco, ove disponeva di una cospicua parentela, esperto conoscitore dell’ex Ducato, in rapporti di vicendevole stima col pontefice Pio VII, con Stefano Sanvitale e Vincenzo Mistrali, conosciuti a Parigi, già Maire di Vigatto, e cugino e compatriota del generale conte di Nugent, comandante delle truppe imperiali calate a Parma.Dopo aver steso una relazione completa sulle condizioni del Ducato, il Magawly realizzò molteplici disposizioni amministrative e militari, si interessò di ordini religiosi, dei conventi e del Tesoro dello Stato.Soccorse generosamente reduci e bisognosi, e rimise finanziariamente in sesto il Ducato fino all’epoca del Congresso di Vienna.Naturalmente ebbe qualche nemico e oppositore per via delle contribuzioni, in quel momento più che mai urgenti, e per altri provvedimenti impopolari che, d’altronde, non valsero ad alienargli l’assoluta stima e fiducia che l’Imperatore e il Metternich riponevano in lui.Il Magawli considerò Parma sua patria di adozione e la sua opera fu quella di un uomo coscienzioso e leale.Ritornò da Vienna nel 1815 onde disporre per l’arrivo di Maria Luigia d’Austria e perseguire il suo immane lavoro di riordinamento del nuovo Stato.Fu il Magawly a varare la costruzione del Ponte sul Taro su progetto del Cocconcelli.Egli impegnò una società costruttrice milanese e i firmatari gli offrirono 100000 lire, che il Magawly rinunciò a favore dello Stato.Fece inoltre ritornare a Parma le opere d’arte asportate per volere di Napoleone Bonaparte e rimise infine i suoi poteri nelle mani di Maria Luigia d’Austria.Francesco I d’Austria lo lasciò libero di riassumere il suo servizio a Vienna oppure di restare a disposizione della figlia.Scelse Parma, decisione che segnò, in certo qual modo, il suo tramonto.Il Magawly continuò, da solo, a dirigere l’amministrazione civile, finanziaria e giudiziaria, rivolgendosi pure a risvegliare l’agricoltura e le industrie, sulla scia seguita a sua volta dal Du Tillot.Frattanto il maresciallo Neipperg assunse gli affari esteri e militari e poco appresso (per interposizione di un alto personaggio, forse lo stesso Neipperg) mediante un decreto del 27 dicembre 1816 il ministero del Magawly venne abolito e a questi rimase solo il titolo di Ministro di Stato ma senza alcuna ingerenza negli affari.Rinunciò allora ogni carica più o meno onorifica per ritirarsi in Irlanda (1823) non senza aver diminuito il suo patrimonio di ben 420000 franchi.Rivide Parma nel 1828 ma ripartì ben presto per Dublino, dove morì all’età di 48anni.Fu uomo coltissimo ed eclettico, appassionato soprattutto di storia e di chimica (tra l’altro elaborò, insieme a Gerolamo Gottardi, docente di farmacia all’Università di Parma, un nuovo metodo per estrarre lo zucchero dal miele).Conoscitore della letteratura inglese, tedesca, francese e italiana (lingue che parlava correntemente), fu ascritto alla società dei Filomati.
FONTI E BIBL.: G.B. Janelli, Dizionario biografico dei Parmigiani, 1877, 497-498; M.Onesti, Quelques Notices sur le comte Philippe François Magawly Cerati, Parigi, 1846; V.Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, 4, 1931, 210-211; G.Ventura, Ordine costantiniano, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1969, 243, Palazzi e casate di Parma, 1971, 572-575; Aurea Parma 2 1980, 176; M.Federico, Le medaglie di Maria Luigia, 1981, 30; A.V. Marchi, Figure del Ducato, 1991, 100.

MAGAWLY DE CALRY VALERIO 
Parma 4 agosto 1809-Parma 1856
Figlio di Philip Francis e Chiara Mazzucchini.Fu podestà di Parma.Morì assassinato per motivi politici.
FONTI E BIBL.: V.Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, 4, 1931, 211.

MAGAWLY DI CALRY FILIPPO, vedi MAGAWLY DE CALRY PHILIP FRANCIS

MAGAWLY DI CALRY CERATI FILIPPO, vedi MAGAWLY DE CALRY PHILIP FRANCIS

MAGGI FRANCESCO 
Parma 1659/1663
Contralto, cominciò a servire alla chiesa della Steccata di Parma il 22 maggio 1659.Lo si trova ancora alla Steccata il 12 febbraio 1663.
FONTI E BIBL.: N.Pelicelli, Musica in Parma, 1936, 99.

MAGHENZANI GUIDO
Parma 1874-1957
Succeduto nella conduzione del caseificio in San Secondo avviato dal  padre Luigi nel 1890, capì l’importanza della commercializzazione del prodotto tipico su aree più ampie dando vita nel tempo nella Bassa parmense a ben otto caseifici, sino a farne il maggiore complesso caseario, non cooperativo, dell’intero comprensorio di produzione del formaggio Parmigiano-Reggiano.
FONTI E BIBL.: Cento anni di associazionismo, 1997, 400.

MAGHENZANI ILARIO
Valera 1831
Cascinaio della famiglia Melloni, durante i moti del 1831 si presentò armato a Corte (13 febbraio), chiedendo la morte del colonnello Werklein.Fu arrestato e processato.In forza del decreto sovrano 29settembre 1831 fu poi messo in libertà ma sottoposto ad alcuni precetti.
FONTI E BIBL.: O. Masnovo, Patrioti del 1831, in  Archivio Storico per le Province Parmensi 1937, 184.

MAGHENZANI PIETRO 
Parma seconda metà del XV secolo
Falegname attivo nella seconda metà del XV secolo.
FONTI E BIBL.: E. Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, II, 225.

MAGHENZANI PIETRO
Valera 1831
Fratello di Ilario.Durante i moti del 1831 (13 febbraio) fu complice del fratello nel presentarsi armato a Corte chiedendo la morte del colonnello Werklein, ma non fu processato.
FONTI E BIBL.: O.Masnovo, Patrioti del 1831, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1937, 185.

MAGHENZI GIOVANNI FRANCESCO 
Parma ante 1653-Parma 1684
Fu insigne avvocato.Professò pure Istituzioni all’Università di Parma dal 1653 al 1684.Il suo programma di lezioni per l’anno accademico 1670-1671 fu Tit. et Instit. Imp. de oblig.
FONTI E BIBL.: Archivio di Stato di Parma, Mandati, 1619-1715, Certificati Scolastici, 1616-1656, Mandati spediti 1684-1701, 4; F.Rizzi, Professori, 1953, 40.

MAGHENZI GIUSEPPE 
ante1722-Parma agosto 1753
Nel dicembre 1722 fu nominato archivista dell’Archivio Ducale di Parma, carica che tenne sino al momento della morte.
FONTI E BIBL.: G. Sitti, Archivio comunale di Parma, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1914.

MAGINFREDO 
ante 931-Parma ante 967
Figlio di Ugo, ereditò dal padre il titolo di conte del Contado parmense.Fu caro al re Lotario e ne ebbe conferme di beni antichi e donazioni di nuovi.
FONTI E BIBL.: Aurea Parma  5 1920, 319.

MAGINFREDO Parma 1015 Figlio di Guido.Dopo la morte di Bernardo, nel 1015, ereditò forse il titolo di conte del Contado parmense.

FONTI E BIBL.: Aurea Parma 5 1920, 319.

MAGISTRIS ANDRIOLO
Borgo San Donnino XV secolo/1500
Boccalaro operante in Borgo San Donnino tra la fine del XV secolo e l’inizio del XVI.
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, 1911, 7-8.

MAGISTRIS GIOVANNI 
Parma prima metà del XVI secolo
Boccalaro attivo nella prima metà del XVI secolo.
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, III, 246.

MAGNANI ALESSANDRO, vedi MAGNANI GIOVANNI BATTISTA

MAGNANI BARTOLOMEO
Parma 1545
Lavorò nel 1545 su commissione del Comune di Parma alla porta di San Michele predisponendone le pietre con Gian Francesco Ferrari d’Agrate e Ambrogio di Casal Sant’Evasio (Archivio di Stato di Parma, Ordini dell’ufficio della Riparazione, anno 1542 e seguenti, fol.39).
FONTI E BIBL.: U.Benassi, Storia di Parma, V, 1906, 336.

MAGNANI CARLO 
Parma 1597 c.-1673
Figlio di Giovanni Battista.Fu allievo e successore del padre.Realizzò la chiesa di SantaElisabetta a Parma.
FONTI E BIBL.: Dizionario Architettura e Urbanistica, III, 1969, 464.

MAGNANI CARLO
Parma 21 novembre 1882-1961
Figlio di Luigi e Maria Pighini. Industriale dell’abbigliamento.Sulla scia dell’attività di importazione dall’Inghilterra e commercializzazione in esclusiva in Italia di articoli di abbigliamento (fondata dal padre Luigi nel 1873), creò una qualificata attività produttiva di capi d’abbigliamento di alta classe. Dotato di spiccata creatività, seppe cogliere i gusti della moda e portò al successo commerciale marchi da lui stesso ideati, quali Linx, Glans, Acqua di Parma, My Style, impiegando nella sua azienda oltre 300 addetti altamente qualificati, così da generare la nascita di numerose piccole aziende artigiane.
FONTI E BIBL.: Cento anni di associazionismo, 1977, 401.

MAGNANI DOROTEA, vedi MAGNANI LUIGIA MARIA DOROTEA

MAGNANI EGISTO
-Parma 30 settembre 1904
Volontario, fece la campagna risorgimentale del 1860-1861.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 1 e 2 ottobre 1904; G.Sitti, Il Risorgimento italiano, 1915, 412.

MAGNANI ERCOLE
Madregolo 31 gennaio 1875-
Frate cappuccino, a Borgo San Donnino compì la vestizione (24 luglio 1892) e la professione solenne (25 luglio 1893).Fu consacrato sacerdote il 17marzo 1899.Fu predicatore, guardiano e, dal 1905 al 1910, calendarista.
FONTI E BIBL.: F.da Mareto, Biblioteca cappuccini, 1951, 374.

MAGNANI ERNESTO
Parma 16 gennaio 1888-Lima 1950
Figlio di Luigi e Antonia Grazioli.Giovanissimo, dopo i primi studi entrò nella Banca Commerciale di Parma.Nel 1920 l’Istituto aprì una succursale nel Perù e il Magnani fu destinato a Lima.Ottimo funzionario, animato da infaticabile zelo e da amore per il proprio lavoro, salì in breve i gradini della gerarchia fino a diventare uno dei condirettori della Banca.Quando la Banca Commerciale di Lima cessò l’attività, il Magnani fondò una nuova Banca, il Banco del Credito del Perù, di cui fu uno dei due amministratori generali, guadagnandosi in breve una posizione di assoluta preminenza nel mondo economico peruviano.
FONTI E BIBL.: B.Molossi, Dizionario biografico, 1957, 89-90.

MAGNANI FERDINANDO
Parma ante 1806-post 1824
Cieco fin dalla nascita, la Gazzetta di Parma del 2 gennaio 1819 scrisse che, dopo tredici anni di studio della musica, pagata da un nobile, uomo non ignobile, amico dell’umanità, e benemerito concittadino nostro, iniziò con altri tre ciechi, che avevano studiato con lui per merito dello stesso mecenate, a esibirsi nelle principali città italiane. Nel 1818, fino a tutto ottobre, fecero una lunga tournée in Alemagna, suonando a Monaco (16 giugno), Ratisbona (3 luglio) e Vienna. Nel quartetto il Magnani era il violino secondo. A Monaco si esibirono nella sala del Museo davanti a un folto pubblico e la locale gazzetta del 17 giugno scrisse che la natura ha dato al loro orecchio quello che negò al loro occhio. Il Viandante di Vienna riporta che avevano suonato davanti all’imperatore e alla duchessa di Parma. Qualche giorno dopo la Gazzetta di Parma scrisse di altri successi in una corte tedesca. Il 3 giugno 1824 si esibì con il complesso in un’accademia a Milano (Gazzetta di Parma 12 giugno 1824).
FONTI E BIBL.: G.N. Vetro, Dizionario. Addenda, 1999.

MAGNANI GEROLAMO, vedi MAGNANI GIROLAMO

MAGNANI GIAMBATTISTA o GIAN BATTISTA, vedi MAGNANI GIOVANNI BATTISTA

MAGNANI GIOVANNI 
Parma prima metà del XVI secolo
Ingegnere attivo nella prima metà del XVI secolo.
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, III, 327

MAGNANI GIOVANNI BATTISTA
Parma 21 settembre 1571-Parma 1653
Figlio di Nicostrato, scalpellino, e di Barbara Bajardi.Nacque nella parrocchia di Santo Stefano e fu tenuto a battesimo da Giovanni Bosco, architetto di Corte, e da Margherita, moglie dello stampatore Seth Viotti.Allievo di G.B.Aleotti, la sua attività si svolse tutta a Parma, di cui contribuì in maniera determinante a caratterizzare il profilo, segnandovi la transizione dal Manierismo al Barocco.Nel 1604 stampò un opuscolo in cui fece alcune obbiezioni al canale del Gambalone, fatto dallo Smeraldi, che frequentemente straripava.Nello stesso periodo forse intervenne nel palazzo Soragna-Tarasconi.Nel 1605 o 1606 diede il progetto per il primitivo altare della Madonna nella Ghiara di Reggio Emilia posto nel presbiterio, ma presto distrutto e ricostruito nel braccio destro della chiesa, sempre su disegno del Magnani.Nel 1611 costruì a sue spese per un voto (aveva recuperato la salute dopo lunga e grave malattia) l’altare marmoreo dedicato a Santa Maddalena de’ Pazzi nella cappella in cornu evangelii della chiesa delle carmelitane.A partire dal 1613 il Magnani appare come architetto delle monache benedettine del convento di San Paolo, di cui progettò il chiostro della fontana, terminato nel 1624, e forse lo scalone.A Parma realizzò ancora le seguenti opere: in Duomo, il monumento per Agostino Carracci (1602), del quale fu grande amico, la chiesa di Santa Maria del Quartiere (1604, in collaborazione con G.B.Aleotti), a pianta esagonale, precoce esempio di edificio a pagoda del tipo sviluppato in seguito da Guarino Guarini, (l’ampliamento non compiuto, ne restano i progetti nell’Archivio di Stato di Parma, prevedeva l’aggiunta su cinque lati di cappelle aggettanti e unite da passaggi che dovevano formare un dambulatorio; il campanile, pure esagonale, è di mano del solo Magnani), progetti per l’altare di San Giuseppe in Santa Maria della Steccata (1608) e per l’altare di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi presso i Carmelitani, chiostro della fontana nel convento di San Paolo (1613-1624), campanile di San Giovanni Evangelista (1614, attribuzione tradizionale, alto m.73), Sant’Alessandro (1622-1624), a navata unica, interessante per l’uso della colonna libera (la facciata è opera neoclassica di Antonio Bettoli; il campanile, 1626, è concepito per la sola visione di scorcio), palazzo del Comune (1627-1629, gli interni furono ampiamente rimaneggiati), sorto in sostituzione di quello medievale andato distrutto nel 1606, ne riprende il motivo della loggia, mentre il doppio ordine della facciata richiama il cortile di palazzo Farnese a Piacenza, e arco di San Lazzaro (1628). Architetto comunale nel 1622, il Magnani riuscì a volte a superare la routine del suo ufficio con alcune significative architetture come il campanile e l’interno di Sant’Alessandro, dove, con una catena continua di serliane, realizzò un effetto di spazio scavato filtrante tra i più intensi di quegli anni.Il Magnani in questo campanile alto quasi 76 metri risolvette brillantemente un problema difficile per il linguaggio classico, che non si prestava alle proporzioni verticalistiche della torre, probabilmente sulla base del campanile del Duomo di Verona di Michele Sanmicheli, che egli può facilmente aver conosciuto per i continui rapporti con quella città per i marmi dei suoi altari.Questo campanile è il risultato del montaggio di volumi semplici sovrapposti.Nei primi due parallelepipedi l’ordine viene ridotto a fasce e le quattro pareti vengono appena scalfite da incassature doppie da cui sporgono le cornici delle finestre.Il terzo parallelepipedo, d’ordine ionico, è la parte più chiaroscurata del campanile.È traforato da quattro elaborate serliane, il cui arco centrale ha un grosso concio in chiave sul quale si adagia un timpano che poggia lateralmente su due maschere leonine.Il tutto è sormontato da un pesante cornicione a mensole che sostiene i quattro obelischi e la balaustrata che circonda l’ottagono.Più in alto i volumi si assottigliano e si smussano nell’ottagono e nel tempietto cilindrico sormontato dalla grande campana di rame. Il Malvasia ricorda il Magnani come architetto dei duchi di Parma (f. 159 del 2° volume) e dice che trasse il disegno di certi bizzarri, sontuosi, e magnifici ornati di finestre da Girolamo Curti detto il Dentone.Il Buttigli attesta che il Magnani fu Ingegnero delle fortificazioni.
FONTI E BIBL.: Venturi, XI, 963; D.De Bernardi Ferrero, I disegni di architettura civile ed ecclesiastica di G.Guarini, Torino, 1966, 63; T.Bazzi-U.Benassi, Storia di Parma, 1908, 304; C.Ricci, Storia dell’architettura, III, 1859, 492 e 697-698; A.Pezzana, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, III, 1827, 921-923; Dizionario Architettura e Urbanistica, III, 1969, 464; B. Adorni, L’architettura farnesiana, 1974, 193, Abbazia di S.Giovanni Evangelista, 1979, 198; Il palazzo della Pilotta, 1996, 22.

MAGNANI GIROLAMO Borgo San Donnino 22 aprile 1815-Parma 24 settembre 1889 Nacque da Giovanni Battista e Luigia Botti. Mentre i primi moti risorgimentali scuotevano gli Stati italiani, il Magnani, orfano di padre ad appena 9 anni, si trasferì con la madre e la sorella Serafina a Parma in via Santa Croce 103. Già alcuni anni prima (1829) aveva iniziato a frequentare, grazie a una borsa di studio messagli a disposizione da alcuni cittadini benestanti di Borgo San Donnino, l’Accademia di Belle Arti di Parma, diretta da Paolo Toschi.Iscritto alla scuola di paesaggio di Giuseppe Boccaccio e di prospettiva di Giacomo Giacopelli, terminò il corso di studi nel 1833.A soli vent’anni il Magnani ricevette l’incarico, dallo stesso Toschi, di decorare alcune Sale della Rocchetta destinate a conservare i capolavori del Correggio.Qui l’impronta pittorica è ancora accademica ma squisitamente raffinata: i medaglioni monocromi simili a cammei imitano bassorilievi e cornici di sapore rinascimentale.Il Magnani era evidentemente consapevole di dover creare decori che non distogliessero l’occhio del visitatore dall’alta pittura del Correggio. Sono degli stessi anni i lavori alla biblioteca e al bagno personale di Maria Luigia d’Austria, ma anche la tela, conservata presso la Prefettura di Belluno e datata 1839, che ritrae una passeggiata sullo sfondo di Parma.Interessante è il confronto di questa veduta con quanto il Magnani rappresentò in alcuni ambienti a villa Bocchi di Pieve Ottoville e con alcune scenografie.Sembra che in quel periodo si parlasse già molto del Magnani, tanto da fargli avere in breve tempo un incarico per dipinture al teatro di Guastalla, in occasione della sua riapertura.È riconoscibile la sua mano nelle fasce decorate che racchiudono i dipinti del soffitto della platea.Si nota qui lo stesso motivo che già aveva applicato nella biblioteca personale di Maria Luigia d’Austria: cornici varie e monocrome, ancora molto scolastiche, evidenziate dal chiaro-scuro, magnificamente dipinte, tanto da sembrare veri bassorilievi.Nella sua pittura erano ancora assenti tutti quegli inserti volutamente ricchi, carichi, dorati, che, nella piena maturità, lo contraddistinsero per il modo elegante e sfarzoso di decorare i teatri.Del lavoro a Guastalla da notizia il giornale Il Facchino del 22 ottobre 1842: l’inaugurazione sarebbe avvenuta il giorno della fiera di Santa Caterina (25novembre) con l’opera Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti.Del Magnani, come conferma la locandina, sono le scene occorrenti allo Spettacolo d’invenzione e dipinte: il suo primo impegno come scenografo. Da allora in poi le scene del Magnani furono sempre più richieste.Egli passò in continuazione da pittore a decoratore e da progettista del decoro a scenografo, mentre il suo eclettismo si sviluppò e si evolvette.L’opera lirica gli diede la possibilità di crescere, con il superamento del momento più propriamente giovanile, in quella fase che, anche se ancora accademica, gli permise nel frattempo di farsi conoscere per le sue qualità e doti artistiche.Solo più tardi l’influenza del romanticismo lo portò verso selve scure con lontani paesaggi sullo sfondo, oppure ricostruzioni di architetture in stili diversi rappresentate sullo stesso supporto, con sapiente maestria, come fossero città ideali.Le sue scene, dove alla verità oggettiva tipica del neoclassicismo, è sostituita la soggettività, sono dense di suggestive reinterpretazioni di palazzi gotici, di interni romani foschi e aerei allo stesso tempo, di templi pagani, tutti ambienti dove sentimenti personalissimi si scontravano con nuove esigenze socio-politiche, donando allo spettatore il senso dell’intimo quotidiano inserito nella ben più vasta azione della storia.Temi allora diffusi erano quelli riconducibili a uno spirito patriottico, sia tratti dal presente che dal passato, che sembravano avere relazione con la situazione del momento.Nel 1844 l’impresario Musi incaricò il Magnani di dipingere le scene per l’opera Il bravo di Saverio Mercadante.Il melodramma, che doveva essere rappresentato al Teatro Ducale di Parma, non fu mai messo in scena.Nello stesso anno preparò le tele per l’Ernani di Verdi in collaborazione con Giuseppe Giorgi, piacentino. Nel 1847 si trova il Magnani a Pieve Ottoville, in casa Bocchi, dove affrescò alcune stanze.Interessante è notare come il Magnani fosse ancora condizionato da schemi accademici: la pittura dal vero, che ritrae il paese e la piazza con passanti, è reale, come reale è la figura miniaturizzata di Antonio Marchi, proprietario di Villa Bocchi.Come si nota anche nella veduta di Parma di qualche anno prima, ciò che sono architettura e personaggi risulta reale ed esaustivo, anche se già traspare l’inizio di un mutamento che approdò, nella scenografia, a quelle tele permeate di romanticismo che ben si conoscono.Altro confronto si può fare con un acquerello su carta firmato e datato sempre 1847 dove viene riprodotta la piazza grande di Borgo San Donnino, con la veduta del Palazzo Comunale prima dei restauri dal Magnani stesso diretti nella seconda metà dell’Ottocento.Ancora i maestri Boccaccio e Giacopelli condizionano il Magnani: paesaggio realistico e prospettiva di maniera hanno il sopravvento sulla personale espressione stilistica.Nei dipinti di casa Bocchi, il Magnani è già in ogni caso maestro nel creare scene fantastiche e immaginarie, come nella decorazione di un corridoio dove vengono rappresentati una rupe, un castello e un tempio.Si veda la somiglianza del maniero qui dipinto con quello di Torrechiara: per giungere a paesaggi immaginari il Magnani parte da presupposti reali.È questo un aspetto della sua arte presente anche in seguito, ma stemperato da un eclettismo dominante, quasi il Magnani si basasse sul ricordo, forse anche solo sull’idea, di quanto voleva rappresentare.Quando questo modo di dipingere fu pienamente acquisito, si determinò la completa maturità del Magnani, che fece delle sue opere luoghi dove chi guarda può perdersi rincorrendo personali emozioni.Unico preludio a tutto ciò sono gli alberi, le frasche e le selve: elementi paesaggistici che non hanno schemi preconcetti e che sempre il Magnani trasporta sulle tele in modo scenografico, vivo ed evanescente allo stesso tempo, giocando su toni di chiaro-scuri.Nel 1848, mentre si spegnevano le ondate rivoluzionarie, il Magnani, il 28luglio, venne nominato professore dell’Accademia di Parma, maestro d’ornato, modellato e dipinto, con lo stipendio di mille lire.È di quel periodo il vero inizio della sua carriera scenografica, cominciando dalla partecipazione alla messa in scena dei Masnadieri di Giuseppe Verdi per il Teatro Ducale di Parma (22 febbraio 1848).Degli anni tra il 1844 e il 1850 sono, a esempio, le scene per Nabucodonosor di Verdi (1846), La figlia del reggimento di Donizetti (1846), I masnadieri (1847-1848), Macbeth (1849-1850) e I Lombardi alla prima crociata (1849-1850), sempre di Verdi.Tutte le suddette tele vennero realizzate in collaborazione con Giacomo Giacopelli.All’inizio del nuovo decennio si trova il Magnani impegnato a dipingere fondali per il Teatro Regio di Parma in collaborazione con altri, essendo consuetudine distribuire i lavori di scenografia secondo le attitudini personali.Ma un forte malcontento si andava creando tra i dipendenti-artisti, che, offuscati probabilmente dalla bravura del Magnani, temevano di non vedere rinnovati i loro contratti.È anche vero che il Magnani, così come non si piegò alle norme che imponevano la preparazione di bozzetti (anche per questo, così poco rimane delle sue opere), mal si adeguò a dividere con altri il  proprio lavoro, ritenendo difficile poter definire quali fossero le tele da aggiudicarsi al pittore di paese e quali di mezza maniera.Diventò improrogabile nominare un unico pittore-scenografo: la Commissione Amministrativa del Teatro diede a ciò parere favorevole nel 1852 e il posto di pittore direttore e scenografo fu assegnato al Magnani il 15 marzo 1853.Carlo di Borbone intanto decise di far restaurare il Regio e, per ordine sovrano e a spese dello Stato, il Magnani con il direttore del Reale Museo e Sovrintendente del suddetto Teatro, Michele Lopez, iniziò un viaggio che durò tre mesi per visitare le maggiori sale europee.I due tennero contatti, durante l’assenza dallo Stato, con l’allora Ministro delle Finanze, proponendo soluzioni diverse per il teatro parmigiano, dove già erano iniziati i lavori di sgombero in vista delle nuove opere da realizzare all’interno.Si sa così di una relazione fatta durante una sosta a Venezia (27 aprile), seguita da lettere da Vienna e Berlino nel maggio e da Londra nel mese successivo.Il Magnani e Lopez presero inoltre contatti con la Compagnia del gaz di Lione e fecero certamente ricerche per l’ideazione della messa in scena del Profeta, non tralasciando di occuparsi dei lavori al Regio, che nel frattempo proseguivano celermente.Le tappe del Magnani a Parigi, Vienna, Dresda e Berlino non poterono non lasciare il segno nel suo modo di intendere l’edificio-teatro e quanto in esso veniva rappresentato.Fu anche da questo viaggio, infatti, a contatto con le più recenti innovazioni e con le sale più prestigiose dell’epoca, che nel Magnani maturarono quelle idee poi sviluppate nelle decorazioni di platee e palchi, ma anche, probabilmente, di saloni di rappresentanza pubblici e privati.Il teatro di Parma, costruito nel 1821 per volere di Maria Luigia d’Austria su progetto di Nicola Bettoli era stato inaugurato nel 1829.Non più consono allo splendore della città, andava per forza rinnovato: simbolo di potere e di capacità del Duca, non poteva che riflettere la sua munificenza.Il Magnani vi lavorò in collaborazione con gli architetti Pier Luigi Montecchini e Luigi Bettoli: fu suo il compito di intervenire sulle decorazioni neoclassiche ritenute ormai superate e poco sfarzose.Il Magnani inserì fregi a stucco e cartapesta, dorati, che arricchiscono il tempio del melodramma facendolo sembrare una grande bomboniera. Così il soffitto, dipinto dal Borghesi, venne incorniciato da una fascia purpurea, in tono con il colore delle tappezzerie, e da un grande fregio dorato.Decorazioni a rilievo, sempre dorate, scandiscono gli ordini dei palchi e si ripetono lungo tutte le fasce orizzontali con modulo continuo, mentre cornici inserite nelle tende degli stessi danno particolare rigidità al tessuto rendendo il tutto paragonabile a una piccola quinta visibile dalla platea.Numerosi furono gli artigiani, tra cui Mastellari, che collaborarono con il Magnani. Il Teatro di Parma, ormai sfavillante, venne inaugurato, dopo i restauri, il 28 dicembre 1853 con l’opera Il profeta di Mayerbeer e le scenografie del Magnani.Delle tele per questa opera e delle altre del periodo restano alcune riproduzioni di Fortunato Lasagna e Luigi Marchesi, litografate da Alberto Pasini e Nicola Benoist.È dello stesso anno la sostituzione del comodino del Bertolotti con uno del Magnani.Il 21 aprile 1851 un violento incendio distrusse il teatro di Reggio Emilia.Un mese dopo, la Comunità deliberò di costruirne uno nuovo, affidandone la progettazione all’architetto Cesare Costa.A questi si affiancò, più tardi, il Magnani.I lavori, per lui, iniziarono nell’aprile 1856.Esattamente un anno dopo, il 21 aprile 1857, lo stabile venne inaugurato con il Victor Pisani di Achille Peri e scene del Magnani, in collaborazione con Romolo Liverani e Alessandro Prampolini (il connubio con quest’ultimo proseguì nella preparazione delle scenografie per il Simon Boccanegra).Ma la serata della prima non convinse: nessun artista, dal compositore al realizzatore del sipario, si salvò dalle critiche, eccetto l’architetto Costa.Nel gennaio del 1857 la commissione Teatrale di Piacenza, con Decreto Governativo del giorno 7, chiamò da Parma l’architetto Paolo Gazzola e il Magnani per i restauri del Teatro Municipale.Questo, voluto da una società di cittadini e sorto ai primi dell’Ottocento su disegno di Lotario Tomba, aveva già subito opere di riammodernamento, ma i lavori più importanti furono intrapresi in quell’anno: ampliamento degli atri, rifacimento del tetto, creazione della sala caffè, sostituzione dell’illuminazione a olio e candele con quella a gas. Al Magnani venne chiesto un progetto decorativo dei vari ambienti: suoi sono i lavori alla volta della platea (con le figure in chiaro-scuro), i disegni degli ornati dei palchi, della doratura, degli stucchi (pur se eseguiti da manodopera locale).Anche il Mastellari ebbe parte in questa opera di restauro: suo è il progetto per il macchinismo del palco scenico.La sera di Santo Stefano dell’anno seguente il Municipale di Piacenza riaprì: il Magnani collaborò anche alla messa in scena della stagione (tre opere e un ballo). La sua vocazione di scenografo non era sopita, ma solo temporaneamente accantonata per seguire quella di decoratore-pittore.Furono quelli anni di grande impegno: più volte il Lopez lo richiamò ai suoi doveri e più volte, per la stagione lirica al Regio, furono recuperate scene già dipinte in precedenza.Si andò intanto instaurando una sempre più stretta collaborazione con Giuseppe Verdi, al quale lo legò un amichevole rapporto. Nel frattempo a Borgo San Donnino fervevano i lavori per la costruzione del Municipale, la cui facciata in stile neoclassico cela un interno dove la sobrietà dell’atrio prosegue nella ricchezza di tappezzerie e stucchi rosso e oro della sala e nella sfarzosità di decori e arredi del ridotto.Non mancò anche qui l’opera del Magnani, sempre legato alla sua terra: membro della Commissione Amministrativa del Teatro, il suo contributo ai lavori proseguì ben oltre l’inaugurazione del 26 ottobre 1861: ancora dieci anni dopo sono registrati onorari a lui dovuti per 6 scene nuove occorse per decorare lo spettacolo d’opera in musica nell’autunno.Tra il 1861 e il 1871 l’attività del Magnani proseguì in diverse direzioni: fu chiamato al teatro di Brescia, dove diresse i restauri e allestì scenografie, fu vincitore, con l’architetto Cipolla e Cecrope Barilli, di un concorso che lo portò a dipingere alcune sale del palazzo della Banca Nazionale di Firenze, decorò l’arco trionfale eretto in occasione della visita a Parma di Vittorio Emanuele di Savoja, affrescò l’aula delle udienze della Corte d’Appello e il muro Sud del secondo cortile di palazzo Marchi.Qui il Magnani, forse in quegli anni o forse più tardi, lavorò anche sugli stucchi settecenteschi del soffitto di una sala al primo piano, dando colore ai putti e dipingendo tralci e paesaggi boschivi all’interno delle cornici, con un risultato di gradevole effetto.Del Magnani sembrano inoltre le decorazioni di altre due stanze, più piccole, sempre al piano nobile del palazzo.I colori, resi scuri dagli anni, hanno perduto la tipica vivacità, ma lo stile è indubbiamente quello del Magnani, anche se l’insieme appare più come una sperimentazione di accostamenti cromatici che una vera opera di decorazione pittorica.Anche per le affrescature del castello di Montechiarugolo, una sala a piano terra, una dipintura di un paramento murario del primo cortile (di cui rimangono minime tracce purpuree) e una serie di decorazioni neogotiche sulla parte esterna delle finestre, di cui una sola conservata, è sconosciuta la data di esecuzione.Certamente in seguito all’acquisto del maniero da parte della famiglia Marchi, a cui fu sempre legato da profonda amicizia.Mentre il Magnani lavorava alle scene di Rigoletto, Un ballo in maschera e Norma, Verdi curava Aida, che, una volta rappresentata in prima mondiale a Il Cairo, venne portata a Milano: solo il Magnani poteva, con le sue capacità, accontentare il maestro per l’allestimento.Fu lo stesso musicista a insistere presso Ricordi, affinché venisse assunto il Magnani. L’8 febbraio 1872 il sipario si aprì sulle sue scenografie.Dai bozzetti delle tele conservati nell’archivio di casa Ricordi traspare una ricostruzione dell’Egitto che è l’Oriente sognato, dove il Nilo, rischiarato dalla Luna, scorre silenzioso tra i palmizi, dove fuochi su tripodi illuminano le colonne lotiformi del tempio di Vulcano, dove statue colossali, bassorilievi, architravi, in un gioco di luci e ombre, rendono dense di aspettative le sale del palazzo.L’atmosfera non è creata dalla ricostruzione archeologica, pur studiata: è piuttosto quest’ultima che viene messa al servizio dell’emozione.Tra il 1871 e il 1872 il Magnani preparò anche le scene per La forza del destino e Der Freischutz di Weber, nonché quelle per Polliuto e Macbeth. Ma l’impegno maggiore fu ancora per Aida, che venne rappresentata al Regio di Parma, con qualche ritocco alla scenografia, il 20aprile 1872. Ma già altre commissioni lo attendevano: diresse le operazioni di restauro al palazzo comunale di Borgo San Donnino, la cui facciata ebbe le finestre del piano superiore trasformate in bifore e la fitta merlatura, e lavorò ad alcune scene per rappresentazioni da tenersi a Milano, Padova, Parma e forse Napoli.Il 1873 si chiuse per il Magnani con due nuovi successi: una tournée americana e l’incarico per i decori ad alcune sale del Quirinale. L’invito negli Stati Uniti, fattogli dagli impresari Emanuele Muzio e Max Strakosch, venne dal Magnani disatteso, ma le sue scene, spedite via mare, contribuirono a rendere la prima americana di Aida indimenticabile.A New York come a Filadelfia, Saint Louis e Chicago, il successo del melodramma fu completo.Al Quirinale intanto, sul soffitto del salone delle feste, affrescato da Cecrope Barilli con il trionfo dell’Italia, il Magnani si impegnò in un decoro elegante e raffinato che racchiude, con vista prospettica dal basso verso l’alto, l’affresco centrale.L’abbondanza degli ori e degli stucchi dipinti è, questa volta, ritmicamente cadenzata da conchiglie e fiori, finti cammei ovali e, più all’interno, ad avvolgere il dipinto del Barilli, una balaustra proiettata quasi all’infinito evidenzia una profondità irreale, sostenuta in questo intento da fiori e tralci che, ripiegandosi verso il basso, illudono l’occhio dell’osservatore.Oltre il salone delle feste, il Magnani e Barilli manifestarono la loro arte nel Gabinetto del Re e nell’atrio vetrato della palazzina di via Salaria.Tornato a Parma, al Magnani venne affidato l’incarico di decorare la Sala Consiliare della Cassa di Risparmio.L’ambiente, interamente affrescato su tutti i lati, spicca per la bellezza della volta dipinta a padiglione ribassato.Anche qui amorini, fiori, medaglioni e conchiglie, si moltiplicano incorniciando i quattro trapezi con tempere di paesaggi che rappresentano le quattro stagioni, soggetto già proposto, anche se in modo più scenografico, nel castello di Bargone. I dipinti sembrano quasi non appartenere alla stessa superficie, ma divengono inserti, fiancheggiati da fasce decorate e, agli angoli della sala, da finte nicchie con statue allegoriche messe in grande evidenza dalla profondità del chiaro-scuro.Alle pareti il Magnani si ripeté con motivi che richiamano il soffitto, non dimenticandosi di evidenziare bordi e finti bassorilievi con listelli e cornici dorate.Anche l’arredamento fu disegnato dal Magnani.L’insieme del tutto è molto gradevole.Le tappezzerie sono di colore rosso, quel colore che ritorna in ogni teatro restaurato dal Magnani e che è filo conduttore della sua arte.Nonostante il Magnani avesse raggiunto la sua maturità, la sua fama avesse valicato i confini europei e potesse ormai vivere dei successi raccolti, ancora la fantasia e la voglia di fare lo incalzarono: decorò un piccolo teatro giardino a fianco del Reinach, come già aveva fatto per il diurno presso Porta San Michele trent’anni prima, per proporvi spettacoli estivi, restaurò l’abside del Duomo di Borgo San Donnino e tra il 1881 e il 1882 dipinse la cappella Cantelli della Cattedrale di Parma, forse unico esempio rimasto dei suoi lavori in edifici di culto.Anche la sua vocazione scenografica non fu affievolita dal tempo: in quegli anni preparò nuove tele per Macbeth, Polliuto, l’Africana e Salvator Rosa, mentre quelle per Simon Boccanegra da rappresentarsi alla Scala, pure ideate da lui, furono realizzate da altri.E nel 1887 portò a Parma Otello; fu il suo ultimo lavoro come scenografo.Già a Milano, la prima, non era stata sua, ma i suoi fondali, anche questa volta, dopo quasi quindici anni dalla prima esperienza, andarono negli Stati Uniti.Il successo, determinato dalla forza lirica dell’opera, dalla sua profondità, dall’attesa del pubblico (l’ultima opera di Verdi era stata Aida) e dalle scene del Magnani, fu ancora una volta completo. 

FONTI E BIBL.: G.Pindemonte, Componimenti teatrali con un discorso sul teatro italiano, Milano, 1827; A.Stocchi (L.Molossi), Diario del Teatro Ducale di Parma 1829-1845, Parma, 1846; M.Ferrarini, Dei teatri San Giovanni e Campanini e di altri teatri minori parmensi nel sec.XIX, in Aurea Parma XXX 1946; Il teatro grande di Brescia, 1893-1957, a cura di M.Marioli, Brescia, 1957; L.Galli, Il teatro Comunitativo di Piacenza, memoria storica, Piacenza, 1858; La Cassa di Risparmio di Parma, 1860-1952, Parma, 1952; M.Bellocchi, Il teatro municipale di Reggio Emilia, Reggio Emilia 1962; Dizionario Enciclopedico di Architettura e Urbanistica, diretto da P.Portoghesi, Roma, 1968; G.Copertini, La pittura parmense dell’800, a cura di G.Allegri Tassoni, Milano, 1971; P.Martini, La publica Pinacoteca di Parma, Parma, 1872; Dizionario Enciclopedico dei pittori e degli incisori italiani, Torino, 1975; G.B.Janelli, Dizionario biografico dei parmigiani illustri, Genova, 1877; A.Rondani, Gli ultimi scomparsi, in Natale e Capodanno del Corriere di Parma, Parma, 1892; A.Pariset, Dizionario biografico dei parmigiani illustri e benemeriti, Parma, 1905; G.Mordini, Il convitto nazionale Maria Luigia in Parma, Parma, 1909; E.Papi, Il teatro municipale di Piacenza 1804-1912, Piacenza, 1912; A.Balsamo, Il teatro municipale e le sue vicende, in Strenna Piacentina, Piacenza, 1924; Il teatro Reinach Parma dal 1871 al 1921; C.Alcari, Il Teatro Regio di Parma nella sua storia dal 1883 al 1929, Parma, 1929; V.Mariani, Storia della scenografia italiana, Firenze, 1930; M.Ferrarini, Parma teatrale ottocentesca, Parma, 1946; G.Allegri Tassoni, Una gloria della scenografia parmense, in Aurea Parma XXXII 1948; D.Soresina, ad vocem Magnani Girolamo, in Enciclopedia diocesana fidentina, I personaggi, vol.I, Fidenza, 1961; N.Musini, Il teatro Girolamo Magnani di Fidenza e la sua storia nel centenario della sua inaugurazione 1861-1961, Fidenza, 1961; L.B.Alberti, De re aedificatoria, a cura di G.Orlandi e P.Portoghesi, Milano, 1966; E.Riccomini, Tre paesaggi parmensi ritrovati, in Aurea Parma I-II 1966; F.Mancini, Critica d’Arte, 93-100 1968; I teatri di Parma dal Farnese al Regio, a cura di Ivo Allodi; L. Gambara, M. Pellegri, M.De Grazia, Palazzi di Parma, Parma, 1971; G.Ricci, Teatri d’Italia, Milano, 1971; A.Pinelli, I teatri e lo spazio dello spettacolo dal teatro umanistico al teatro dell’opera, Firenze, 1973; R.Tassi, Magnani Bocchi de Strobel tre pittori di Parma tra Ottocento e Novecento, Parma, 1974; G.Capacchi, Castelli della collina parmigiana, Parma, 1977; F.da Mareto, Chiese e conventi di Parma, Parma, 1978; Parma la città storica, a cura di V.Banzola, Parma, 1978; N.Pevsner, J.Fleming, H.Honour, Dizionario di architettura, a cura di R. Pedio e V.Gregotti, Torino, 1981; L.Farinelli, P.P.Mendogli, Guida di Parma, Parma 1981; A.Aimi, A.Copelli, Storia di Fidenza.Dalle origini ai giorni nostri, Parma, 1982; I teatri storici in Emilia Romana, a cura di S.M. Bondoni, Bologna, 1982; M.Pellegri, Il museo Glauco Lombardi, Parma, 1984; G.Cirillo, G.Godi, Guida artistica del parmense, Parma, 1984; In forma di festa, catalogo della mostra a cura di M.Pigozzi, Reggio Emilia, 1985; F.Fiorini, All’ombra di un castello.Montechiarugolo attraverso i secoli, Parma, 1985; C.Gallico, Le capitali della musica. Parma, Milano, 1985; N.Pevsner, Storia e caratteri degli edifici, a cura di A.M.Ippolito, Roma, 1986; Dietro il sipario, a cura di V.Cervetti, Parma, 1986; Arte a Fidenza.Dipinti e disegni delle collezioni comunali, catalogo della mostra, Fidenza, 1987; F. Silva, Tradizione ed insolito: gli allestimenti scenografici nell’Ottocento al teatro Regio di Parma, in Parma nell’Arte 1988; Il teatro di Girolamo Magnani scenografo di Verdi, a cura di M.Bonatti Bacchini e M. Ponzi, Fidenza, 1989; L.Allegri, Teatro e spettacolo nel medioevo, Bari, 1990; C.Meldolesi, F.Taviani, Teatro e spettacolo nel primo ottocento, Bari, 1991; R.Cristofori, Inventario dell’archivio storico del Reatro Regio 1816-1859, Parma, 1992; R.Alonge, Teatro e spettacolo nel secondo Ottocento, Bari, 1993; Fidenza, collana Comuni d’Italia, Milano, 1994; Le stagioni del teatro: le sedi storiche dello spettacolo in Emilia Romagna, a cura di L.Bortolotti, Bologna 1995; O.Jesurum, Girolamo Magnani e la sala del Consilio della Cassa di Risparmio 1875-1876, Parma, 1996; Girolamo Magnani e la Sala del Consiglio della Cassa di Risparmio 1875-1876, a cura di U.Delsante, G.Gonizzi, Parma, 1996; Almanacco parmigiano.Vagabondi del pensiero e dell’arte 1996-1997, Parma, 1997; Archivio Storico per le Province Parmensi 1996, 209-233.

MAGNANI GIUSEPPE 
Valera 20 novembre 1804-Parma 1 febbraio 1879
Fu calcografo, allievo dell’incisore Toschi.Si dedicò a lungo all’insegnamento nell’Accademia parmense.Collaborò col Toschi nella riproduzione all’acquerello del San Giovanni dal Correggio e in molte altre opere.Dipinse a olio e ad acquerello lasciandone saggi in una bellissima figurina dal vero rappresentante una Sibilla (opera probabilmente conservata a Vienna), in un Giacobbe in atto di stracciarsi le vesti (già di proprietà Monici) e in varie copie di quadri e di affreschi: una Madonna del Francia, una Madonna dello Schedoni, lo studio d’una testa di Leonardo e figure di Michelangelo Anselmi (nell’Accademia di Belle Arti di Parma).
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane (ms. nel Museo di Parma); C.Ricci, La R.Galleria di Parma, 1896, 266, 271, 283, 296; U.Thieme-F.Becker, Künstler-Lexicon, XXIII, 1929, 559 (N.Pelicelli); Il Presente 4 febbraio 1879; Il Facchino 8 maggio 1841; P.Martini, L’arte dell’Incisione in Parma, 1873; G.B. Janelli, Dizionario biografico dei Parmigiani, Appendice, Parma, 1880, 95-96; P.Martini, Intorno a Paolo Toschi (estratto da Gazzetta di Parma), 455 e seguenti; Arte incisione a Parma, 1969, 53; A.M.Comanducci, Dizionario dei pittori, 1972, 1803; Dizionario Bolaffi pittori, VII, 1975, 103.

MAGNANI LUIGI 
Busseto-Tunisi 1880 c.
Buon suonatore di corno, lavorò in un gran numero di teatri e di bande musicali. Il Seletti scrisse che si trasferì a Tunisi, dove diresse una banda.
FONTI E BIBL.: G.N. Vetro, Dizionario, 1998.

MAGNANI LUIGI 
Ragazzola 1894-1934
Sacerdote saveriano, fu ufficiale nella guerra 1915-1918 e nella campagna libica, missionario in Cina (1921-1929) e professore nell’Ateneo di Propaganda Fide.
FONTI E BIBL.: F.da Mareto, Bibliografia, I, 1973, 323.

MAGNANI LUIGI 
Villa Gaida 29 gennaio 1906-Corte di Mamiano 15 novembre 1984
Figlio di un ricco agricoltore e di Eugenia Rocca.Compiuti gli studi classici, si laureò in lettere e filosofia (1929), conseguendo presso l’Università di Roma il perfezionamento in Storia dell’arte medievale e moderna, di cui fu docente, presso la medesima Università, dal 1955. Si dedicò inizialmente agli studi storico-artistici e alla letteratura.Scrisse appunti per tre romanzi di memorie sulla giovinezza sua e delle sue due sorelle, mai terminati (La Duchessa di Roccamurata, Estate, Ragazzi precoci).Negli anni Trenta iniziò a collaborare con la Pontificia Accademia Romana per consulenze artistiche e con l’Enciclopedia Treccani per la stesura del Dizionario biografico degli Italiani. La miniatura carolingia trovò in lui un attento indagatore.Si occupò anche di scultura del Rinascimento: un suo lavoro sul Begarelli dimostra notevoli qualità di gusto e di ricerca.Si specializzò in materie letterarie in Vaticano sotto la guida dell’insigne grecista cardinale Mercati.Ancora giovanissimo diventò assiduo frequentatore del Festival di Salisburgo, dove ebbe modo di conoscere e frequentare Toscanini, Furtwangler, Bruno Walter, Max Reinhardt.Per venti anni insegnò all’Università, prima storia dell’arte a Roma e poi storia della musica all’Ateneo di Lecce.Ben presto la sua villa di Mamiano divenne un punto di riferimento per la cultura internazionale.Basterà ricordare i nomi di Thomas Mann, Ilja Erenburg, Dylan Thomas, Luchino Visconti, il filosofo Jacques Maritain, Horowitz, Schnabel, Borges, Roberto Longhi e il pittore Giorgio Morandi.Di quasi tutti questi rapporti, le corrispondenze sono conservate nella biblioteca di villa Magnani a Mamiano. Si sviluppò in quegli anni anche la sua passione musicale, alla quale si dedicò sempre più attivamente componendo le sue prime partiture: nel 1939 presso la Reale Accademia Filarmonica Romana vennero eseguiti i tre Cori della Passione, nel 1942 i Canti di Michelangelo e, al San Carlo di Napoli, il Preludio dell’Emmaus.Abilitato alla libera docenza in Storia dell’Arte medievale e moderna, dal 1949 insegnò Storia delle Arti decorative del manoscritto e del libro all’Università di Roma, dove ottenne anche altri incarichi alla Scuola speciale per Archivisti e bibliotecari.In quegli anni visse per lunghi periodi a Roma, dove frequentò il mondo intellettuale e aristocratico e tenne concerti nella propria casa, ospitando musicisti, letterati e critici.Nel 1951 si eseguirono a Roma La Pavane e La Passacaglia.Cominciò a ricevere riconoscimenti e onorificenze pubbliche, sia per i suoi meriti artistici e culturali, sia per il costante interesse per i problemi ambientali (dal 1956 divenne socio a vita di Italia Nostra). Una raccolta di saggi pubblicata da Ricciardi nel 1957, Le frontiere della musica, testimonia l’impegno primario del Magnani nell’approfondimento dei rapporti tra musica, arte e letteratura, cui si dedicò durante tutta la sua vita.Heine e la musica romantica, Verità e poesia in Beethoven, Proust e la musica, Ricordo di Morandi, Le opere di Michelangelo, Beethoven lettore di Shakespeare sono alcuni dei temi di conferenze e conversazioni da lui tenute presso varie sedi istituzionali e culturali.Dal 1976, quando smise di insegnare all’Università di Roma, visse stabilmente nella villa di Mamiano.Nel 1978 decise di legare la propria collezione d’arte a una Fondazione intitolata al suo nome e a quello della madre Eugenia Rocca.Solo nel 1988, quattro anni dopo la sua morte, la Fondazione riuscì a iniziare la propria attività di amministrazione del grande patrimonio culturale ricevuto in eredità. Per la musica, studiò pianoforte e composizione con A.Casella.Curatore di programmi musicali per la radio e la televisione e collaboratore di importanti riviste, ricoprì alcune carice onorifiche e fu insignito delle Palmes Académiques di Francia.Collezionista d’arte di rilievo internazionale, riunì nella villa di Mamiano un’eccezionale raccolta di scelti capolavori pittorici, con opere, tra le altre, di Lippi, Ghirlandaio, Dürer, Van Dyck, Tiziano, Rubens, Rembrandt, Tiepolo, Goya, Cézanne, Renoir, Matisse, De Chirico, De Pisis e, soprattutto, Morandi, a cui fu legato da amichevole consuetudine e al quale dedicò un’importante monografia critica (Il mio Morandi, Torino, 1982).Il Magnani fu autore dei seguenti scritti: Le frontiere della musica.Da Monteverdi a Schoenberg (Milano-Napoli, 1957), I quaderni di conversazione di Beethoven (Milano-Napoli, 1962), La musica, il tempo, l’eterno della Recherche di Proust (Milano-Napoli, 1967), Beethoven nei suoi quaderni di conversazione (Torino, 1975), Goethe, Beethoven e il demonico (Torino, 1976), La musica in Proust (Torino, 1978), Beethoven lettore di Omero (Torino, 1984), Haydn e l’Illuminismo, in L’Approdo Musicale 1960.Pubblicò pure saggi di argomento letterario (tra cui L’idea della Chartreuse.Saggi stendhaliani, Torino, 1980, dove si trattano anche i rapporti tra Stendhal e la musica), volumi e monografie di arte figurativa (Prospero Sogari, detto il Clemente, in Cronache d’Arte 1927; Gerolamo Toschi e l’accademia di filosofia naturale, in Atti e Memorie della RegiaDeputazione di Storia Patria per le Province Modenesi, serie 7a, vol. V 1928, e in Archivio di Storia delle Scienze, vol.IX, n.2 1928; Antonio Begarelli, Milano-Roma, 1931; Frammenti di affreschi medioevali D.S.Nicola in carcere nella Pinacoteca vaticana, in Rendiconti della Pontificia Accademia Romana di Archeologia, vol.VIII, 1932; Un polittico trecentesco, inedito nella pinacoteca vaticana, in Atti della Pontificia Accademia Romana di Archeologia e in Illustrazione Vaticana 9 1932; Le miniature del sacramentario d’Ivrea e di altri codici Warmondiani, 1933; Note sui disegni del Correggio, in Crisopoli vol.III 1934; La cronaca figurata di Giovanni Villani.Ricerche sulla miniatura fiorentina del Trecento, 1934; L’evoluzione artistica di A.Tiarini.Disegni e pitture inedite per S.Michele in Bosco, Bologna, in Aurea Parma 12 1935; Alessandro Tiarini. The burial of St.Carlo Borromeo, in Old Master Drawing settembre 1935; Un piviale di Opus anglicanum in Collezione privata a Reggio Emilia, in Illustrazione Vaticana 21 1935) e, infine, il romanzo Il nipote di Beethoven (Torino, 1972, premio Selezione Campiello, 1973).Scrisse inoltre le seguenti composizioni musicali: Emmaus (oratorio), Pavana, Passacaglia e altro per orchestra, musiche da camera, e 3Cori della Passione a cappella.
FONTI E BIBL.: S. Lodovici, Magnani Luigi, in Storici, teorici e critici delle arti figurative, Roma, Tosi, 1942; 213; L. Gambara, Mamiano, Villa Magnani, in Le ville parmensi, Parma, La Nazionale, 1966, 139-144; G.P. Minardi, Luigi Magnani umanista, in Gazzetta di Parma 28 settembre 1973, 3; A.B., Perdite compensate, in Paragone 301 1975, 3-4; Magnani Luigi, in Dizionario Ricordi, 1976, 404; L.M.Marchetti, Musica e letteratura: l’esempio di Luigi Magnani, in Nuova Antologia 1978; E. Riccomini, C.Brandi, Mostra a Villa Magnani, Firenze, Centro Di, 1983; V. Sgarbi, Fondazione Magnani-Rocca.Capolavori della pittura antica, Reggio Emilia, 1984; G.P. Minardi, Il mondo della cultura è in lutto per la scomparsa del prof.Magnani, in Gazzetta di Parma 16novembre 1984, 6; G. Marchetti, Ricordo di Gino Magnani.Da Beethoven a Stendhal, in Gazzetta di Parma 18 novembre 1985, 3; M. Mila, Beethoven lettore di Omero, in Trentasei articoli, Torino, 1985; E. Riccomini, La collezione Magnani in Paragone 419-423 1985, 320-330; Magnani Luigi, in Dizionario della musica e dei musicisti, Torino, Unione Tipografica Editrice Torinese, IV, 1986, 517; R. Tassi, I moderni a Mamiano, in FMR 8 1989, 20-27; C. De Angelis-P. Nannelli-R. Scanavini, Il restauro e gli adeguamenti museali, Bologna, Nuova Alfa Editoriale, 1990; Fondazione Magnani Rocca, in Corriere di Parma 1 1990, 15; G. Fiaccadori, La Fondazione Magnani Rocca, in Corriere di Parma 2 1990, 73-79; D. Pasolini, L.Magnani e la sua fondazione, in Italia Nostra 277 1990, 30-32; M. Guidi, Luigi Magnani, in I grandi di Parma.Repertorio alfabetico di personaggi illustri dal 1800 ad oggi, Bologna, Il Resto del Carlino, 1991, 66-67; M. Montanari, Un ospite genovese alla Magnani-Rocca, in Gazzetta di Parma14 dicembre 1992, 5; Magnani Luigi, in Storia della civiltà letteraria, 1993, II, 412; S. Tosini, Capolavori dalle collezioni della Fondazione Magnani Rocca, Bologna, Nuova Alfa Editoriale, 1993 (contiene: A. Emiliani, Gino Magnani collezionista, XIII-XXI; E. Riccomini, La collezione Magnani, XXIII-XXXI; S. Tosini, Dipinti e sculture, pagine miniate, mobili e oggetti della collezione, 1-133); S. Tosini, Mamiano: uno scrigno sempre più prezioso, in Corriere di Parma 1 1995; 36-39; F. e T. Marcheselli, Magnani Luigi (1906-1984), in Dizionario dei Parmigiani 1997, 186; Magnani Luigi, in Enciclopedia di Parma, 1998, 429; Magnani Rocca (Fondazione), in Enciclopedia di Parma, 1998, 429.

MAGNANI LUIGI 
Parma 23 marzo 1917-Parma 27 dicembre 1986
Pronipote del celebre pittore Girolamo Magnani, abbandonati gli studi di Economia, rivolse le sue prime attenzioni nel campo dell’arte alla figurazione di Roualt e di Kokosckha, con un preciso interesse per il naturalismo lombardo di Morlotti. Nel 1968 il Magnani compì una scelta molto netta in direzione dei linguaggi astratti derivati dalle avanguardie storiche d’inizio secolo.Il suo interesse andò alle ricerche di Mondrian e di Malevich e, in particolare, alla visione del costruttivismo russo.Si iniziò così per il Magnani un periodo di attività molto intensa che vide l’utilizzo di diversi materiali: dal legno all’acciaio, dal ferro al cartone e al vetro.Pittura e scultura si incrociarono nel lavoro del Magnani con le loro peculiarità espressive, dando vita a una serie di costruzioni e di spazi.La tecnica del collage offrì poi al Magnani l’opportunità di sperimentare nuovi rapporti e nuove forme, insieme con l’uso del monocolore e della sua funzione d’ambiente.Anche il vetro costituì per il Magnani l’occasione di raffinate ricerche svolte sul piano di un linguaggio moderno, sino al 1978.Su questi aspetti del lavoro del Magnani portarono il loro contributi studiosi di prestigio come Maurizio Calvesi, Nello Ponente, Arturo Carlo Quintavalle, Murilo Mendes, Luigi Lambertini e Cesare Vivaldi.Nell’ultimo periodo della sua vita il Magnani tornò alle poetiche del naturalismo e dipinse paesaggi di impianto figurativo.
FONTI E BIBL.: M.Calvesi, Luigi Magnani, Roma, 1970; Catalogo Nazionale Bolaffi d’Arte moderna, n.10, Torino, 1975; Dizionario Bolaffi Pittori, VII, 1975, 103.

MAGNANI LUIGIA MARIA DOROTEA
Parma 23 ottobre 1773-1851
Figlia di Angelo e Francesca Draghi. Moglie del margravio Filippo Pallavicino, fu pittrice dilettante, aggregata (1796) all’Accademia Parmense.Oltre la sua non comune istruzione, fu donna di preclare virtù e di nobilissimi sentimenti.Un dipinto della Magnani, Testa di un monaco (1796), si trova nella Galleria Nazionale di Parma.
FONTI E BIBL.: Cenni necrologici alla memoria dell’Ill.ma Signora Marchesa Dorotea Pallavicino, Parma, Carmignani, 1851; Pallavicino dell’Emilia, 1911, tav. XXXIII; U.Thieme-F.Becker, vol. XXXVI, 1932; Dizionario Bolaffi pittori, VIII, 1975, 278; F.da Mareto, Bibliografia, II, 1974, 635.

MAGNANI NICOSTRATO DONNINO
Parma 9 ottobre 1532-1611
Figlio di Bartolomeo e Caterina. Architetto, scultore e pittore, realizzò la tomba di Francesco Cusani nella chiesa del Santo Sepolcro (1599 c.) e due camini di marmo nell’ufficio della macina a Parma.
FONTI E BIBL.: U.Benassi, Storia di Parma, V, 1906, 338; Dizionario Architettura e Urbanistica, III, 1969, 464.

MAGNANI ODOARDO
Sala Baganza 1898-Parma 11 gennaio 1996
Fu volontario degli alpini sul Grappa quasi allo scadere del primo conflitto mondiale.Il primo fatto d’armi cui prese parte, che lo vide subito decorato con una medaglia di bronzo, risale al 21 maggio del 1918.Sul monte Spinoncia, nel corso di un combattimento cruento con morti e feriti da ambo le parti, i giovani volontari italiani combatterono eroicamente contro gli Austriaci che fecero uso di bombe a mano.Il Magnani si adoperò con generosità portando dentro le trincee e vicino alle tende della Croce Rossa Italiana sia feriti italiani che austriaci.Il 15 luglio del 1918 un secondo episodio originò una medaglia d’argento al valor militare per il Magnani.Sul monte Solarolo, mentre i nemici lanciavano bombe a mano e si gettavano in un corpo a corpo con il pugnale contro i soldati italiani, il Magnani si accorse che il suo capitano, che poco prima aveva incitato i soldati all’attacco, era stato ferito.Con sprezzo del pericolo, lo portò al riparo, consentendogli di salvarsi la vita.Nel 1936 il Magnani fu nelle file del Corpo di spedizione italiano in Africa settentrionale  quale vicecaposquadra della 220a Legione Camicie Nere divisione Tevere.Venne ferito nella battaglia sul monte Jezer nel corso di un combattimento cruento: colpito al volto, per non scoraggiare i commilitoni si fece curare solo quando vi fu il sopravvento delle armi italiane.Per questo esempio di valore gli fu conferita una seconda medaglia di bronzo al valor militare, con la seguente motivazione: Combattente della grande guerra, già decorato al valore.Impegnato con la propria squadra a sostegno di un reparto quasi accerchiato, benché ferito da pallottola alla guancia, rimaneva al suo posto e solo a combattimento ultimato si faceva medicre.Col suo coraggio era sempre di esempio ai suoi gregari (Monte Iezer, 17 ottobre 1936).A conclusione del conflitto fu titolare di un caseificio a San Vitale Baganza.Poi, già avanti negli anni, collaborò per diverso tempo nell’azienda di Gino Tanzi e da ultimo fu chiamato alla sezione di Parma del Consorzio del parmigiano reggiano come esperto per le marchiature delle forme di grana.
FONTI E BIBL.: G.Corradi-G. Sitti, Glorie alla conquista dell’Impero, 1937; Gazzetta di Parma 15 gennaio 1996, 11.

MAGNANI PIETRO LUIGI 
Parma 27 marzo 1817-Parma 15 maggio 1892
Figlio di Giuseppe e Luisa Tampelli. Sacerdote, dottore in teologia, ascritto al Collegio dei Teologi di Parma, fu uno dei cento addetti alla Basilica Cattedrale.
FONTI E BIBL.: Epigrafi della Cattedrale, 1988, 97.

MAGNANI PIO 
Neviano degli Arduini 29 agosto 1897-
Figlio di Antonio e Rosa Delbono.Emigrato in Marocco nel 1936, il suo nome comparve sul Bollettino delle ricerche, Supplemento dei sovversivi.In Spagna fece parte per un certo periodo della Colonna Italiana Rosselli, poi passò in Francia, ritornando ancora in Spagna, dove fu arruolato in una formazione delle Brigate internazionali.Il 1° gennaio 1939 fu presente al campo di smobilitazione di Torelló.
FONTI E BIBL.: L.Arbizzani, Antifascisti in Spagna, 1980, 91; A.Lopez, Colonna italiana, 1985, 28.

MAGNANI RICCARDO
Roccabianca 28 luglio 1889-Selletta Molon del Monte Coston d’Arsiero 18maggio 1916
Figlio dell’avvocato Angiolcaro e della nobildonna Dolores Vaccheri, abbracciò giovanissimo la carriera militare.Uscito sottotenente di fanteria dalla Regia Scuola Militare di Modena, prese parte alla guerra di Libia col 93° Fanteria.Il 6 novembre 1911, durante la battaglia di Hamidié, si guadagnò la medaglia di bronzo al valore militare, con la seguente motivazione: Comandante del plotone di estrema avanguardia, diede prova di molto coraggio e sangue freddo nel respingere forze nemiche preponderanti che l’avevano accerchiato.Veniva poi rimpatriato in seguito a malattia, contratta a causa dei disagi affrontati.Scoppiata la prima guerra mondiale, fu inviato al fronte, ma dopo alcuni mesi di campagna venne nuovamente colto dal male che aveva contratto nella guerra libica.Ricoverato quindi all’Ospedale di Villombrosa, fu nominato capitano a soli ventisetteanni.Raggiunse il fronte nel maggio del 1916 e quando gli Austriaci sferrarono l’offensiva nel Trentino, il Magnani si trovò col 154° Reggimento Fanteria ad arrestarne l’impeto.Il 18maggio, sulle pendici di Coston d’Arsiero, ove il 1° battaglione del suo reggimento, che vi aveva combattuto per tutta la giornata, stava per essere soverchiato, il Magnani accorse in soccorso portando la sua compagnia al contrattacco.Nell’attraversare la selletta Molon che conduce al Coston d’Arsiero venne colpito gravemente alla coscia destra, tuttavia continuò a rincuorare i suoi uomini e a seguirne i movimenti trascinandosi carponi.Venne poi colpito nuovamente e mortalmente alla testa dalle schegge di una granata.Le vicende di quel combattimento non permisero il recupero della salma.Alla sua memoria venne conferita una medaglia d’argento al valore militare, con la seguente motivazione: Comandante di una compagnia chiamata a rincalzo di truppe attaccate da forze nemiche soverchianti, si esponeva al fuoco delle artiglierie e delle mitragliatrici avversarie, animando con la parola e con l’esempio i propri soldati.Gravemente ferito, continuava a rincuorarli, e cercava, carponi, di seguirli, finché veniva nuovamente e mortalmente colpito.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 31 maggio 1916, 15 maggio e 13novembre 1917; Giornale del Popolo 3 e 24 giugno 1916; Corriere della Sera 31 maggio 1916; Il Dovere 1 giugno 1916; Il Resto del Carlino 2 giugno 1916; L’Illustrazione Italiana 18 giugno 1916; La Provincia Parmense 15 giugno 1918; Nel primo Anniversario della morte, 18maggio 1916, Parma, Fresching, 1917; G. Sitti, Caduti e decorati, 1919, 147; Combattenti di Roccabianca, 1923, 33-35.

MAGNANI VALENTINO  
Parma seconda metà del XV secolo
Falegname attivo nella seconda metà del XV secolo.
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, II, 224.

MAGNANI VITTORIO 
Noceto 1912-Milano 18 dicembre 1994
Studiò a Milano all’Accademia di Brera, allievo di Aldo Carpi.Il suo lavoro di pittore lo svolse sia nel capoluogo lombardo sia a Fornovo, nella sua abitazione di via Marconi.Durante il secondo conflitto mondiale, dopo l’8 settembre 1943, scelse di partecipare alla lotta di Liberazione entrando a far parte delle brigate partigiane, operando prima nell’alta Valceno e successivamente nel Piacentino.Moltissime sono le sue opere che hanno ottenuto critiche positive nelle esposizioni personali e in quelle collettive effettuate in molte città italiane e svizzere e presso la Galleria Randall di New York.Suoi lavori figurano in varie collezioni in Italia, Gran Bretagna, Grecia, Stati Uniti, Egitto e Svizzera.Inoltre eseguì, in collaborazione, trenta pannelli sulle navi Michelangelo e Raffaello, progettò ed eseguì la cupola della Cattedrale di La Spezia ed eseguì vetrate nella chiesa Madri Pie di Ovada, ottenendo sempre grandi apprezzamenti da parte di tutta la critica.L’attività del Magnani copre l’arco dell’arte contemporanea dal dopoguerra agli anni Novanta, affrontando i problemi principali con soluzioni originali, appartate ma sempre in contatto con gli eventi di primo piano. A partire dai primi anni Cinquanta ritornò alla pittura dopo l’interruzione prima della guerra e poi della lotta partigiana e dell’attività di organizzatore politico e sociale.La sua attenzione si rivolse al reale, alle cose e ai fatti che sono la vita dell’uomo e attinse all’universo dei linguaggi più antichi e più in generale della cultura contemporanea.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 20 dicembre 1994, 24.

MAGNANIMI SILVIO 
Parma 1701
Sacerdote, fu suonatore alla chiesa della Steccata di Parma il 25 marzo 1701.
FONTI E BIBL.: Archivio della Steccata, Mandati 1700-1702; N.Pelicelli, Musica in Parma, 1936, 160.

MAGNANIMO CAMILLO
Parma-post 1576
Detto de’ Ferrari, fu chierico ed eccellente musicista.Come cantore (basso) fu poco conosciuto in patria perchè fu presso la Corte di Mantova dal 1568 al 1576.Lo si trova anche presso Marc’Antonio Trevisan, doge di Venezia.Da Alberto, duca di Baviera, fu onorato stipendiato con un salario molto elevato.
FONTI E BIBL.: N.Pelicelli, Musica in Parma, 1936, 22.

MAGNANINI EMILIA, vedi GABELLI EMILIA

MAGNANINI EMILIO Parma 7 agosto 1772-novembre 1815  Figlio di Giuseppe.Nel 1791 fu volontario al servizio italiano. Entrato nel 1798 nell’esercito cisalpino e incorporato nel 1802 nel 1° reggimento cacciatori a cavallo, fece le campagne del 1805 nel Veneto, del 1806 nel Regno di Napoli, del 1807 in Prussia, del 1809 in Germania, del 1811-1813 in Spagna e del 1814 in Italia.Fu sottotenente nel 1814 nel reggimento Maria Luigia e nel 1815 nei dragoni di Parma.

FONTI E BIBL.: E. Loevison, Gli Ufficiali Napoleonici Parmensi, Parma, Tipografica Parmense, 1930, 28; Dizionario Risorgimento, 3, 1933, 421.

MAGNANINI GIUSEPPE
Parma seconda metà del XVII secolo
Pittore attivo nella seconda metà del XVII secolo.
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, VI, 168.

MAGNANINI PELLEGRINO
Fanano-Parma 1634
Pittore ritrattista attivo nella prima metà del XVII secolo. Lavorò anche per Odoardo Farnese.
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, V, 230; Campori, Raccolta di cataloghi, Modena, 1870.

MAGNAVACCA GIROLAMO, VEDI MAJAVACCA GIROLAMO

MAGNI ALESSANDRO 
Parma 1608 c.-post 1648
Figlio di Orfeo.Fu notaio e Cancelliere del Capitolo vescovile sotto il vescovo Pompeo Cornazzani.Fu poi Cancelliere e Archivista del duca Odoardo Farnese.
FONTI E BIBL.: Arti e Lettere 22 1987, 11.

MAGNI AMATO 
Parma ante 1842-post 1909
Scenografo, lavorò alla Scala di Milano tra il 1862 e il 1887, probabilmente tra i sostituti di Carlo Ferrario. Nella stagione di Carnevale 1908-1909 allestì le scene per le opere del Teatro Regio di Parma.
FONTI E BIBL.: Allodi, 245; G.N. Vetro, Dizionario, 1998.

MAGNI CORNELIO
Parma 16 settembre 1638-Parma 24 dicembre 1692
Ultimo figlio di Alessandro, cancelliere e archivista del duca Odoardo Farnese. Entrato nella Compagnia di Gesù, a 24 anni andò in pellegrinaggio a Gerusalemme, non solo per venerare il Santo Sepolcro ma anche per godersi quanto più curioso e vago s’incontra per il mondo.Con l’acquisita conoscenza del greco moderno e del turco, si rimise in viaggio un’altra volta a 33 anni (fine del 1671) con buona scorta di ducati e di zecchini, forse senza un preciso programma. Si imbarcò infatti a Livorno su una nave olandese che andava in Levante e, visitato l’Arcipelago e Smirne, sbarcò a Costantinopoli dove dimorò a lungo.Messosi in relazione col mondo diplomatico, ebbe agio di fare interessanti e acute osservazioni sopra la vita e i costumi della capitale ottomana.Al seguito di un esercito turco si spinse in Bulgaria e sul basso Danubio.Di ritorno a Costantinopoli vi si trattenne ancora finché lo scoppio di una pestilenza lo indusse a seguire l’ambasciatore francese Ch.-F.de Nointel prima nelle Isole Egee, poi in Terrasanta e in Siria, fino ad Aleppo e all’Eufrate.Di ritorno, la comitiva visitò Cipro e la Grecia.Il Magni, che ritornò in patria nel 1675 dopo quattro anni di peregrinazioni, descrisse i paesi e le genti da lui visitati in 14 lettere agli amici, delle quali poi curò la stampa (Quanto più curioso e vago ha potuto raccontare in Viaggi e dimore per la Turchia, in 2 parti, Parma, Rosati, 1679, ePazzoni e Monti, 1692).Interessanti sono soprattutto le notizie sulle condizioni economiche, sociali, religiose e politiche dell’Impero ottomano, ma non mancano osservazioni di fenomeni naturali (la celebre grotta di Antiparo), descrizioni di monumenti antichi (soprattutto della Grecia), di ruderi e di opere architettoniche.Più vivace, però, e originale è la Relazione della città d’Atene, colle provincie dell’Attica, Focia, Beozia e Negroponte, stampata sempre a Parma nel 1688, sebbene risenta della lettura della Relation de l’état present de la  ville d’Athènes, opera del celebre archeologo francese Giacomo Spon, conosciuto personalmente dal Magni durante un soggiorno in Francia.La seconda visita a Gerusalemme gli fruttò il cavalierato del Santo Sepolcro. Il passaggio da Roma nel giugno 1675 per il Giubileo indetto da papa Clemente X, gli procurò qualche utile conoscenza negli ambienti letterari romani, che gli consentì l’affiliazione all’Arcadia di Roma subito dopo la fondazione (autunno 1690) col nome di Brenno Filatridio. Fu sepolto nella chiesa della Steccata di Parma.
FONTI E BIBL.: F.Ferreri, Le tenebrose meraviglie della Grotta di Antiparo descritte per la prima volta da un Italiano del ’600, in Aurea Parma 1931; P. Amat di San Filippo, Illustri viaggiatori, 1885, 277-279; Carini, L’Arcadia dal 1690 al 1890, 1891, 583; P. Amat, Biografia dei viaggiatori, 442-444; I.Affò, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, Parma, 1797, V, 261-264; M.Guglielminetti, Viaggiatori del Seicento, 1976, 647; Enciclopedia italiana, XXI, 1934, 936; Arti e Lettere 22 1987, 11.

MAGNI LUIGI 
Parma 1860
Figlio di Giovanni.Fu uno dei Mille che, partiti da Quarto, sbarcarono a Marsala con Garibaldi.
FONTI E BIBL.: I Parmigiani sbarcati a Marsala, in Il Presente 4 maggio 1910, 1.

MAGNI ORFEO 
Parma 1543 c.-1600
Fratello di Pietro. Si dedicò alle umane lettere, specialmente alla poesia latina.Fu dotto in greco e latino, tradusse in latino il primo libro dell’Odissea e compose liriche latine. Tra i suoi epigrammi, vanno ricordati quello per il cardinalato di Francesco Sforza (che fu fatto cardinale a 23 anni da papa Gregorio XIII nel 1585, mentre militava in Fiandra sotto Alessandro Farnese) e quello diretto a Ferdinando Farnese, vescovo di Parma.
FONTI E BIBL.: Aurea Parma 3/4 1959, 194.

MAGNI OTTAVIO PIETRO MARIA 
Parma 3 luglio 1542-post 1590
Figlio di Gabriele e Lucrezia. Studiò in Parma Lettere e Leggi.Poi andò a Roma, fermandovisi a lungo.Tornò a Parma, fu fatto Consigliere intimo di Ottavio Farnese e suo Residente presso il Pontefice in Roma.Umanista assai considerato ai suoi tempi, compose il trattato De Consilio, dedicato al duca Ottavio Farnese, tre orazioni e alcune poesie latine (1587).Fu lodato dal Querengo e da Francesco Benci(quest’ultimo gli dedicò una saffica latina). Dei suoi versi, va ricordata l’ode latina per la recuperata salute di monsignor Giovanni Della Casa, dimorante in Venezia quale nunzio apostolico (1544-1549). Il Magni appartenne all’Accademia degli Innominati col nome di Incognito.
FONTI E BIBL.: Aurea Parma 1 1958, 34, e 3/4 1959, 189-190; F.da Mareto, Bibliografia, II, 1974, 635.

MAGNI PIETRO, vedi MAGNI OTTAVIO PIETRO MARIA

MAGNI PROSPERO
Parma 1576/1582
Sacerdote, fu cantore nella chiesa della Steccata in Parma dal 1576 al 1582.
FONTI E BIBL.: N. Pelicelli, La cappella corale della Steccata nel sec.XVI, 36; N.Pelicelli, Musica in Parma, 1936, 20.

MAGNI TOMASO 
Parma ante 1777-Parma 29 settembre 1800
Sacerdote, fu cantore della Cappella ducale di San Paolo in Parma fino a che fu sciolta il 12 dicembre 1779.Alla chiesa della Steccata di Parma lo si trova a cantare dal 1777 al 1780.Dalla Camera ducale ebbe una pensione di 540 lire.
FONTI E BIBL.: Archivio di Stato di Parma, Ruolo A, 1, fol.892-897; Archivio della Steccata, Mandati dal 1777 al 1780;  N.Pelicelli, Musica in Parma, 1936, 214.

MAGNIFICO, vedi PALLAVICINO ORLANDO e ROSSI PIETRO MARIA

MAGOTTI ANGELO 
Parma 1772/1773
Violinista, nel registro tenuto da Giacomo Puccini, maestro della Cappella Palatina di Lucca, risulta tra gli strumentisti invitati per la festa della Santa Croce del 1772. La città che si indica per la provenienza è Parma. Venne retribuito con 20 lire e il giudizio espresso fu b.no. Fu invitato anche nel 1773 e fece parte del primo coro: venne retribuito anche questa volta con 20 lire.
FONTI E BIBL.: G.N. Vetro, Dizionario. Addenda, 1999.

MAGRI ANSELMO
Parma 1899-1985
Nel 1919 si affiancò al padre Domenico, fondatore dell’impresa nel 1878, operante in alta Italia, oltre che nella vicina Svizzera.Specializzata la propria attività nella costruzione di ponti e viadotti in travi reticolari di ferro in unica campata, realizzò opere significative e rilevanti nel Mezzogiorno.
FONTI E BIBL.: Cento anni di associazionismo, 1997, 401.

MAGRI GIOVANNI 
Busseto XVIII secolo
Si dedicò allo studio delle lingue antiche e ottenne la cattedra di lingue orientali nel Collegio dei Nobili in Parma.
FONTI E BIBL.: D.Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, III, 1978, 1290.

MAGRI GIOVANNI, vedi anche CASALINI GIOVANNI

MAI 
Parma seconda metà del XVII secolo
Architetto civile attivo nella seconda metà del XVII secolo.
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, VI, 171.

MAI PIETRO
Parma seconda metà del XIX secolo
Pittore quadraturista, attivo nella seconda metà del XIX secolo.
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, X, 81.

MAIAVACCA, vedi MAJAVACCA

MAIAVACCHI, vedi MAJAVACCHI

MAINARDI ENRICO
Parma 1831
Fabbricatore di piume e pomponi, abitante sulla piazza degli Ortolani in Parma, durante i moti del 1831 fabbricò, su commissione, le coccarde tricolori.Non fu inquisto, ma sottoposto a sorveglianza.
FONTI E BIBL.: O.Masnovo, Patrioti del 1831, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1937.

MAINARDI GIANNI, vedi MAINARDI GIANNINO

MAINARDI GIANNINO 
Parma 12 gennaio 1922-Parma 2 dicembre 1981
Dal 1966 fu competente e appassionato conservatore del museo Casa natale di Toscanini nell’Oltretorrente di Parma.Per decenni fece parte del coro (basso) del Teatro Regio di Parma. Romano Gandolfi lo volle nel complesso della Scala di Milano nella trionfale tournée che portò il massimo teatro italiano alla conquista del pubblico giapponese.Oltre che in Giappone, il Mainardi cantò in moltissimi altri teatri in Italia e nel mondo.
FONTI E BIBL.: G.N. Vetro,Voci del Ducato, in Gazzetta di Parma 21 novembre 1982, 3.

MAINARDI IGNAZIO GIUSEPPE MARIA 
Monticelli 31 luglio 1703-Parma 18 gennaio 1776
Frate cappuccino, compì a Guastalla la vestizione (19 marzo 1721) e la professione solenne (19 marzo 1722).Fu predicatore, attivissimo annalista e guardiano. Fu inoltre provinciale dei Cappuccini di Lombardia.Scrisse una lunga Vita del Servo di DioP. Bernardino da Parma(Parma, G. Rosati, 1752) che fu dedicata dal Mainardi a Leopoldo ed Enrichetta Darmstadt.Vi è l’effigie del Beato Bernardino intagliata da Giovanni Ramis. Nella Biblioteca Palatina di Parma si conserva del Mainardi, pronta per la stampa, una Vita di suor Gertrude da Borgo Val di Taro, cappuccina in Santa Maria della Neve in Parma.Nell’Archivio di Stato di Milano si conservano inoltre i seguenti suoi manoscritti: Annali dei Frati Minori Cappuccini e delle Cappuccine della prov. di Lombardia e Vite di Cappuccini e Cappuccine di Parma, Piacenza, Modena e Reggio dal 1702 al 1732.
FONTI E BIBL.: A.Pezzana, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, 1833, IV, 652; F.da Mareto, Necrologio Cappuccini, 1963, 75.

MAINARDI ROMEO
Roccabianca 1890-Burgas 9 novembre 1917
Figlio di Giovanni e Adelaide Molinari.Combattè nella guerra di Libia, ove si guadagnò una medaglia al valore distinguendosi nelle battaglie di Bengasi e Tobruch. Fu chiamato alle armi per la prima guerra mondiale il 24 maggio 1915 e assegnato al 61° Fanteria nel Trentino. Nel maggio 1916 il 61° Fanteria fu trasferito in Macedonia con l’Armata d’Oriente. Il Mainardi partecipò all’azione su Salonicco, durante la quale fu fatto prigioniero dai Bulgari.Ebbe compagno di prigionia Umberto Pagani, che gli fu di conforto e di aiuto durante la sua odissea.Il Mainardi non potè sopravvivere agli stenti, alla fame e al freddo patiti durante la dura prigionia.
FONTI E BIBL.: Combattenti di Roccabianca, 1923, 35.

MAINERI DONATO
Parma seconda metà del XV secolo
Architetto e ingegnere militare attivo nella seconda metà del XV secolo.
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, II, 226.

MAINERI GIAN FRANCESCO, vedi MAINERI  GIOVAN FRANCESCO

MAINERI GIORGIO, vedi MAINERIO GIORGIO

MAINERI GIOVAN FRANCESCO Parma-post 1506
Fu alla Corte di Ercole d’Este di Ferrara nel 1489 e vi dipinse nel 1492 un Sant’Agostino e  un San Francesco per l’oratorio del Palazzo Ducale.Nel 1493 vendette un quadretto dorato a Eleonora d’Este.Nel 1502, sempre a Ferrara, dipinse una testa di San Giovanni Battista, che potrebbe essere quella su tela, di incerta provenienza (Pinacoteca milanese di Brera), recante la scritta Jo.Franciscus majnerius parmensis, faciebat.Nel 1503 si trasferì a Mantova, dove lavorò per Isabella d’Este, della quale già nel 1498 aveva eseguito un ritratto. Di nuovo a Ferrara nel 1505, dovette fermarsi nella bottega di Ercole Roberti, alla morte del quale ereditò alcune commissioni: portò a termine l’ancona con l’Annunciazione per la chiesa di Santo Spirito. Alle opere più strettamente robertiane della prima fase (Sacrificio pagano, disegno: Oxford, Ashmoelan Museum) segue la sua produzione più nota: soprattutto piccoli dipinti devozionali, spesso replicati, talvolta di più accostabile vena sentimentale e patetica, dove le suggesioni ferraresi si accompagnano a riflessi veneti e lombardi. Le sue opere, abbastanza numerose, rivelano una cultura mista di elementi derivati dalla pittura o, forse meglio, dalla miniatura tardo-gotica lombarda e veronese e di aperture architettoniche e paesistiche che in qualche modo richiamano, frammentariamente e con una sorta di esteriore umiliazione religiosa, alcuni elementi della cultura ferrarese dell’ultimo Quattrocento.Le sue opere, quali la serie di Cristo portacroce (Firenze, Uffizi; Modena, Galleria Estense; Roma, Doria), una Nascita di San Domenico (Museo Civico di Vicenza), una Flagellazione di Cristo (già nella collezione Cook di Richmond), sono documenti di una involuzione culturale dell’area ferrarese e mantovana dei primi del Cinquecento. A. Venturi ritiene che, prima di raggiungere Ferrara, il Maineri fosse stato allievo di un miniatore mantegnesco e che solo in seguito, dimorando in quella città, si desse alla pittura adeguandosi al fare di Ercole Roberti.Una  serie di Sacre famiglie, molto prossime l’una all’altra e forse costituenti la fase giovanile del Maineri, attesterebbero la sua precedente attività miniaturistica, il successivo raggiungimento di uno schema e il permanere in esso, salvo tenui varianti.In queste opere, come generalmente avviene per i miniatori, il Maineri sembra sottoporre il valore dell’invenzione alla diligenza esecutiva.Il pezzo più notevole del gruppo è quello già nella collezione Testa di Ferrara, recante il nome del Maineri in minutissime lettere. La diligenza delle intrecciature d’oro negli orli delle vesti, la finezza dei capelli, dei peli della barba di Giuseppe, la trama del velo che la Vergine tiene disteso, gli ornati finissimi a monocromato dell’arco e i nimbi cristallini rivelano il miniatore (A.Venturi).È replica di quest’opera la tavola già nella collezione Volpi di Firenze.Forse anteriore a queste è una terza Sacra famiglia, emigrata dalla collezione Barberini al Museo Imperatore Federico di Berlino, nella quale la superficialità è anche maggiore: il fondo appare meno ampio  e il drappo ondeggiante intorno al collo della Madonna, molto elegante nelle due opere precedenti, sembra qui legato a guisa di tovagliolo.Il San Giuseppe mantiene, più che nei due saggi esaminati, il tipo mantegnesco.Qualità anche inferiori presenta una quarta Sacra famiglia al Prado di Madrid, già riferita a Gerino da Pistoia.Una quinta, infine, fu pure un tempo nella collezione Volpi di Firenze.Da quest’ultima composizione il Maineri sembra desumere la Madonna che adora il Bambino, nella Galleria di Gotha, dove il chiaro-scuro si fa più profondo e i lineamenti della Vergine più delicati. Pur ripetendosi, il Maineri perseguì qualche miglioramento, accrescendo, tra l’altro, la ricchezza delle decorazioni con monocromi ricavati da esemplari robertiani.E via via che l’aspetto delle Madonne si fa più tenero e pensoso, si rileva nel Maineri la tendenza a conferire analogo carattere a un buon numero di tavole con Cristo portacroce.Confrontandoli con la Madonna di Gotha, appare uno stesso segno del sopracciglio destro, le stesse palpebre tonde, lo stesso cadere del naso affilato, lo stesso incurvarsi delle labbra semichiuse. Se poi si paragona il Cristo di Modena col San Giuseppe nel dipinto già Testa, si trovano le stesse mani, uguali capelli serici, finemente lumeggiati come di consueto.Altre repliche del Cristo portacroce spetterebbero al Maineri nella collezione Mazzocchi a Roma e nella collezione Donesmondi di Mantova, mentre i dipinti nella sagrestia di San Pietro a Perugia e nella sagrestia del Duomo di Barcellona sarebbero solo copie.Spetterebbero pure al Maineri una Madonna col Bambino nell’Albertina di Torino e, come detto, una Natività di San Domenico nella Galleria di Vicenza. Nella prima opera il Bambino è ancora mantegnesco, mentre la Madonna è più conforme alla tipologia robertiana, sì da ritenere che il quadro spetti cronologicamente al periodo della Sacra famiglia già Testa. La Natività vicentina, pur presentando analoghi caratteri, sarebbe da ritenersi la cosa più antica tra le note del Maineri.Infine, sempre per A.Venturi, spetterebbero al Maineri una Medea nella collezione Cook di Richmond, gia assegnata al Roberti, insieme con altre tavolette diligentemente eseguite, attribuite alla scuola del Roberti. Il Longhi osserva che la Medea non può spettare che al Roberti nel periodo della predella di Dresda.Dello stesso maestro sarebbe pure il dittico dei Bentivoglio nella collezione Duveen di Londra, che il Berenson assegna al Maineri.Quanto rimane, rivela il Maineri come affatto incapace di intendere la sottigliezza quasi filosofica del Roberti ultimo e in grado, tutt’al più, di ridurla a giuochi di pazienza, quasi da ricamatore. L’affettazione del Maineri spesso si compiace di arcaismi, evocati proprio dal gusto di più raffinato e prezioso che fosse mai stato.La Natività (in collezione privata a Milano, quasi identica ad altra già nella raccolta Auspitz) è una maniera di questi flemmatici anacronismi: pavoni e colombolle pisanelliane che si becchettano, in primo piano, e nel fondo un corteo dei Magi di una foggia che sembra uscire da un affresco degli Zavattari.Nella paletta di Madonna fra i Santi Cosma e Damiano (raccolta Conway ad Allington), sulle ripe allucciolate di fronde a filigrana resuscitano gli episodi del Sant’Eustachio e del San Giorgio, vari i disegni del Pisanello e di J.Bellini (Longhi). Involuzione tale da far ritenere allo stesso Longhi che al Maineri, meglio che a ogni altro, spetti forse il frammento di Ritratto di A. Faruffino (già nella collezione Constabili e poi nella Pinacoteca di Bologna), di solito riferito al Grandi.Il frammento deriva da una pala già in Santa Maria degli Angeli a Ferrara, raffigurante la Comunione di Santa Caterina da Siena. Problematica resta la documentata attività di ritrattista del Maineri.
FONTI E BIBL.: Cavalcaselle-Crowe, History, 1871, 1; G.B.Asioli, Sull’Esposizione d’Arteantica apertasi nella RegiaAccademia modenese, Modena, 1875; A.Venturi, Giovan Francesco de Maineri, in Archiviostoricodell’Accademia 1888; B.Berenson, Northern Italian Painter of the Renaissance, New York-Londra, 1907; A.Venturi, Giovan Francesco de Maineri pittore e miniaturista, in L’Arte 1907; A.Venturi, A proposito dei quadri del Maineri, in L’Arte 1907; L. De Schlegel, A Solario, in Rassegna d’Arte 1913; L.A. Pettorelli, Appunti sul pittore Giovan Francesco de Maineri, 1923; N.Pelicelli, in U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexikon, Lipsia, 1929; A.Venturi, La pittura del ’400 nell’Emilia, 1931; N.Barbantini, Catalogo della Esposizione della pittura ferrarese nel Rinascimento, 1923; R.Longhi, Officina ferrarese, Roma, 1934; E. Modigliani, La RegiaPinacoteca di Brera, Milano, 1935; B.Berenson, Italian Pictures of the Renaissance, Oxford, 1932, e Milano, 1936 (traduzione di Cecchi); L.M. Gengaro, Umanesimo e Rinascimento, Torino, 1944; R.Pallucchini, I dipinti della Galleria Estense, Roma, 1945; Enciclopeida pittura italiana, II, 1950, 1518-1520; G. Gruyer, L’Art ferrarais à l’époque des Princes d’Este, Parigi, 1897; A.Venturi, Storia dell’Arte italiana, vol.III, parte 3, Milano, 1914; G.vonTerey, Ein unhekauntes Bild des Gian Francesco de’ Maineri, in Der Cicerone, 1926; R.Longhi, Officina ferrarese, Firenze, 1956; C.Perina, Pittura, in Mantova. Le Arti, vol.II, Mantova, 1961; U.Meroni, Mostra dei codici Gonzagheschi, catalogo, Mantova, 1966; U.Benassi, Storia di Parma, V, 1906, 346; Dizionario Bolaffi pittori, VII, 1975, 113; Dizionario pittura e pittori, III, 1992, 440.

MAINERIO GIORGIO 
Parma 1535 c.-Aquileia 4 maggio 1582
Le prime notizie documentate risalgono al 2 settembre 1560 e lo vedono già sacerdote a Udine, città della Serenissima, dove probabilmente fu allievo di Gabriele Martinengo e del romano Ippolito Camaterò. Qui ebbe l’incarico di cappellano del Duomo, addetto al servizio del coro durante le funzioni liturgiche festive. Dai volumi dei mandati dell’archivio della curia di Udine si ricostruisce il ritratto di persona litigiosa e avvezza al maneggio delle armi. Il Capitolo affidò nello stesso periodo a pre’ Giorgio Mayner da Parma musico come prebenda la cappella di Santa Orsola della Cattedrale. Nel 1562 fu uno dei firmatari del ricorso che alcuni cantori inoltrarono al vicario patriarcale per ottenere la revoca di un ordine che li obbligava, pena una ammenda, a presenziare a tutte le attività corali presiedute dal maestro di cappella Gabriele Martinengo. Nel 1564 fu imputato davanti al tribunale dell’Inquisizione per gravia ed nephanda scelera ma, esaminati diversi testimoni che si dimostrarono reticenti, ad ulteriora non proceditur. Si trattava forse di calunnie, dato che nel corso del processo, di cui si conservano gli atti, il Mainerio lamentò diverse volte che il posto di mansionario gli era stato ingiustamente negato per favorire un musico meno sufficiente di lui. Nella perquisizione effettuata in quell’occasione nella sua abitazione, l’inventario elenca tra i suoi libri, accanto al Petrarca e all’Ariosto, numerose raccolte di formulari magici, trattati di chiromanzia e negromanzia, nonché una copia manoscritta dell’Erasto. L’anno seguente l’assoluzione ottenne privilegi e uffici di prestigio e nel dicembre 1565 venne promosso mansionario. Nel marzo 1570 si trasferì ad Aquileia, dove, per essere assunto in Duomo, aveva superato davanti al Capitolo un esame in lectura et cantu. Qui ottenne la cappellania di San Canciano e nel 1576 fu nominato maestro di cappella del Duomo, con l’obbligo di insegnare anche ai bambini. Tenne l’incarico di fiducia di scalco del Capitolo (nel 1573, 1577 e 1580), ma ebbe anche contrasti per le sue pretese giudicate eccessive. Nel 1574 dedicò al clero di Aquileia i Magnificat, ricevendo un compenso di 15 scudi d’oro, mentre nel 1576 ricevette la cappella di Sant’Ellaro. Oltre a numerosi viaggi a Venezia per impegni editoriali e ragioni di salute, nel 1579 si recò ad Ancona, ospite della confraternita del Santissimo Sacramento, cui l’anno seguente dedicò i Sacra cantica. Dopo la sua morte i beni vennero trafugati e un anno dopo, nel 1583, il Capitolo autorizzò a mettere all’asta quanto era rimasto per saldare i debiti vantati da diverse persone nei confronti del Mainerio. Occupa un posto non secondario nella storia della musica strumentale e in particolare in quello della danza. Fu autore delle seguenti composizioni: Magnificat octo tonorum a 4 voci (Venezia, 1574), Choreae variarum nationum (Venezia, 1576), Il 1° libro de balli a 4 voci accomodati per cantar e sonar d’ogni sorte de istromenti (Venezia, 1578), Sacra cantica Beatissimae Mariae Virginis a 6 voci (Venezia, 1580). Il primo libro de balli a quattro voci è dedicato agli Accademici Philarmonici del Nobil Casin del Reverendo Monsignor Oratio Billiardo Dignissimo Canonico di Parma. Per le sue elaborazioni, alcune delle quali mostrano marcata originalità, il Mainerio radunò balli generici con metro diverso (Salterello, Pass’e Mezzo, Gagliarda), balli con titoli  popolari pittoreschi (Caro ortolano, Putta nera, Lavandera, Schiarazula Marazula) e balli caratteristici di particolari aree regionali o nazionali (Milanese, Padoana, Furlano, Parmigiana, Francese, Fiamenga, Ungaresca, Tedesca, Inglese). L’opera Il primo libro de’ balli divenne famosa dopo la successiva pubblicazione quasi integrale (18 balli su 21) nella raccolta Chorearum molliorum collectanea, pubblicata nel 1583 da P. Phalèse e J. Bellère ad Anversa, senza riportare però il nome del Mainerio. Altri sette balli comparvero nel Cinquecento, sempre anonimi, in Ein Schon nutz und gebrenchlich Orgel Tabulaturbuch di J. Paix a Laningen an der Donau. A queste fonti Friedrich Blume attinse il materiale per ricostruire la storia della suite orchestrale apparsa nel 1925 sul primo fascicolo della Berliner Beitraege zur Musikwissenschaft, rimpiangendo di non conoscere il nome del musicista che, a suo parere, aveva fornito per primo un modello di vera e propria tecnica della variazione tematica e realizzato le prime suite strumentali che la storia della musica possa vantare.
FONTI E BIBL.: F.Blume, Studien zur Vorgeschichte der Orchestersuite, Lipsia, 1925; G.Vale, Vita musicale della Chiesa Metropolitana di Aquileia, in Note d’Archivio 1932; M.Schuler, Das Orgeltabulaturbuch von J.Paix, Università di Friburgo in B., 1958; D.Kämper, Studien zur instrumentalen Ensemblemusik des 16.Jahrhunderts, in Analecta Musicologia, 1970; C.Gallico, Le capitali della musica, Parma, 1985, 64-66; Dizionario musicisti UTET, 1986, IV, 586; G.N.Vetro, Dizionario, 1998.

MAINERIO LODESINI GIAN GIACOMO
Parma 1488
Causidico.Nell’anno 1488 fu Procuratore del Vescovo di Parma.
FONTI E BIBL.: F. da Mareto, Indice, 1967, 550.

MAINERO GIORGIO, vedi MAINERIOGIORGIO

MAINFREDO Parma 1005 Fu Suddiacono e Prevosto della canonica parmense nell’anno 1005.

FONTI E BIBL.: F. da Mareto, Indice, 1967, 550.

MAINI ANTONIO
Medesano 1923-Case Orlando di Varano Marchesi 14 gennaio 1945
Fu decorato di medaglia d’argento al valor militare, con la seguente motivazione: Contrastava efficacemente nel corso d’un violento combattimento l’avanzata nemica, a protezione dello sganciamento della formazione.I nazifascisti, alla fine, ne vincevano l’accanita resistenza, facendosi scudo di inermi cittadini.Catturato, assumeva su di sé la responsabilità delle perdite inflitte al nemico, ottenendo la liberazione dei commilitoni.Seviziato per carpirgli informazioni, risultati vani i tentativi reiterati, veniva barbaramente trucidato.Nobile esempio d’altruismo e valore.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 2 novembre 1992, 8.

MAINI BERNARDO 
Parma XV secolo
Il Vaghi, nelle note manoscritte al Pico, lo ricorda con le seguenti parole: Bernardo Maini Parmigiano famoso dottor di medicina compose quel trattato insigne De Urinis, e l’an. 14 [..] il dì 13 Mag.° a l’hore 18 con gran lode lo terminò.
FONTI E BIBL.: A. Pezzana, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, II, 1827, 453.

MAINI GIORGIO
Parma 15 gennaio 1827-Piacenza 11 gennaio 1901
Figlio di Ferdinando e Saveria Poncini. Dimorò a lungo a Piacenza, ove anche si sposò.Laureato in legge a Parma, in gioventù fu patriota di tendenze radicali.Nel 1849, volontario con Garibaldi, partecipò alla difesa di Roma contro le truppe francesi.Fece parte del Comitato parmense della Società Nazionale e nel 1859 fu membro della giunta provvisoria di governo che si costituì per breve tempo dopo la partenza da Parma della duchessa Luisa Maria di Borbone.Il Maini esercitò l’avvocatura a Parma e a Piacenza, ricoprì varie cariche e per le sue benemerenze fu insignito della commenda dell’Ordine della Corona d’Italia.
FONTI E BIBL.: L.Mensi, Appendice, 75; Necrologio, in Gazzetta di Parma 23 gennaio 1901; G. Sitti, Il Risorgimento italiano, 1915, 412; G.Mischi, in Dizionario biografico piacentino, 1987, 160.

MAINI GIUSEPPE 
Parma 23 gennaio 1885-Parma 4 marzo 1952
Compì tutti i corsi di studi nel Seminario di Parma, ove fu ordinato sacerdote il 28 giugno 1908.Fu parroco a Torricella di Sissa e dal 1912 al 1914 Rettore del Seminario di Berceto Fu poi Priore di San Lazzaro dal 23 dicembre 1919 e dal 1° ottobre 1939 Prevosto.Fu inoltre insegnante di latino e di greco nel Seminario Minore di Parma.A lui fu affidato il gravoso uffico della costruzione della chiesa parrocchiale del Corpus Domini, nel suburbio di Porta Vittorio Emanuele in Parma, la quale fu consacrata da monsignor Evasio Colli il 1° ottobre 1939.Fu poi nominato Canonico Penitenziere della Cattedrale e Direttore dell’Ufficio Amministrativo della Curia. Pubblicò su Voce Amica accurati studi di storia locale, soprattutto sul palazzo della Certosa.
FONTI E BIBL.: B. Molossi, Dizionario biografico, 1957, 90; I.Dall’Aglio, Seminari di Parma, 1958, 209.

MAINI RICCARDO
Golese-Monte Santo 19 agosto 1917
Fante del Reggimento Fanteria, fu decorato di medaglia di bronzo al valor militare, con la seguente motivazione: Sotto l’intenso bombardamento nemico, sprezzante del pericolo, riparava una linea telefonica per riattivare le comunicazioni rimaste interrotte durante l’azione e nel compimento del proprio dovere veniva colpito a morte da una granata avversaria.
FONTI E BIBL.: Bollettino Ufficiale, 1918, Dispensa 67a, 5487; Decorati al valore, 1964, 68.

MAJAVACCA ANTONINO, vedi MAJAVACCA ANTONIO

MAJAVACCA ANTONIO
Bussetto 4 marzo 1786-post 1831
Entrato al servizio di Francia il 24 ottobre 1806, combattè due anni dopo in Spagna e nel 1809 in Germania e in Austria.Promosso Sottotenente il 13 marzo 1811, prese parte nei due anni seguenti alle campagne di Russia e di Polonia.Il 3 novembre 1814 fu nominato Porta stendardo nelle guardie del corpo di Maria Luigia d’Austra, duchessa di Parma, e servì come Sottotenente dal 17 aprile 1816 al 1822 nel reggimento Maria Luigia.Nell’anno 1822 fu dimissionato.
FONTI E BIBL.: A.Del Prato, L’anno 1831, 1919, XXI; E.Loevison, Ufficiali, 1930, 28; E.Loevison, Dizionario Risorgimento, 3, 1933, 425.

MAJAVACCA CORNELIO 
Busseto ultimi anni del XV secolo-post 1571
Fu Lettore giubilato.Ebbe nome di teologo celeberrimo, e predicatore charissimo.Le sue prediche, come quelle del fratello Giovanni Antonio, andarono perdute.Fu Ministro Provinciele dell’Ordine dei Minori, eletto in Imola il 19 agosto 1569.Nel Capitolo di Araceli in Roma del 1571 venne fatto Definitore generale.
FONTI E BIBL.: Wadding, 1571, n. 3, 1581, n. 50; Flaminio, tom. 1, 553; Fernando, 115,134; Seletti, tom. 1, 288, tom.3, 238; Cronologialegale, tom. 1, 328; Act. Ord., 1888, 190; Cod.Q., 398; G.Picconi, Uomini illustri francescani, 1894, 374; G.Picconi, Ministri e Vicari provinciali, 1908, 163-164; V.Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, 4, 1931, 238.

MAJAVACCA GIAN ANTONIO o GIANNANTONIO, vedi MAJAVACCA GIOVANNI ANTONIO

MAJAVACCA GIAN MARTINO, vedi MAJAVACCA GIOVANNI MARTINO

MAJAVACCA GIOVANNI ANTONIO 
Busseto ultimi anni del XV secolo-Venezia 1570/1572
Entrò nei frati minori di San Francesco come il fratello Cornelio, che in quest’Ordine raggiunse nel 1569 la dignità di ministro per la provincia di Bologna. Fu teologo e predicatore di fama, oltre che buon letterato.Emilio Seletti ricorda come il Majavacca avesse pubblicato nel 1532 un sonetto contro Lutero, che padre Giovanni da Fano volle inserire nell’introduzione alla sua opera intesa a confutare le eresie del riformatore tedesco.Ricoprì per alcuni anni e fino al 1539 la carica di guardiano nel convento di Busseto e molto predicò quale oratore apostolico: fu a Roma, invitato da papa Paolo IV, a Firenze nel 1561, a Pisa nel 1562, chiamatovi dalla duchessa Eleonora di Toscana, a Parma, dove nel 1563 fondò la confraternita delle Cinque Piaghe di Gesù (della quale compilò i capitoli), e in molte altre città. Il 1 aprile 1537 fondò il Monte di Pietà di Busseto.Il 19 dicembre 1537, mentre predicava l’Avvento nella Collegiata di Busseto, istituì la Compagnia dell’Immacolata Concezione di Maria Santissima. Per impulso e desiderio del Majavacca, nel 1539, fu dipinta la Cappella dell’Immacolata, opera di Michelangelo Anselmi. A Parma, Lucca, Venezia e Roma istituì l’annuale orazione delle Quarant’ore.Dallo stesso Paolo IV fu eletto reggente tra i quattro del Concilio di Trento e da papa Paolo V fu nominato visitatore generale dei conventi del suo Ordine in Lombardia, Romagna e Marca di Venezia. Nel 1569, in qualità di Commissario Apostolico, fu a Imola, Presidente del Capitolo dei francescani osservanti della Provincia di Bologna, ove il 18 agosto fu eletto Provinciale il fratello Cornelio. Scrive il da Erba che il Majavacca fu in vita reputato santo ed in Venezia, dove morì e fu sepolto, dal popolo e dal Serenissimo Senato reputato santissimo. Le sue prediche, raccolte in manoscritti, andarono disperse e del Majavacca non rimangono che il sonetto contro Lutero e i Capitoli della confraternita delle Cinque Piaghe.
FONTI E BIBL.: BeatoBuralli 1889, 134-136; G.Picconi, Ministri e Vicari provinciali, 1908, 163; V.Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, 4, 1931, 238-239; Aurea Parma 1 1959, 15; D.Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 239-240.

MAJAVACCA GIOVANNI MARTINO Busseto 1450 c.-Parma 1525 c.  Si addottorò in entrambe le leggi a Parma e vi ricoprì importanti cariche pubbliche.Nel 1495-1496 lesse il Digesto nuovo e l’Inforziato all’Università di Bologna. Fece parte del Collegio degli avvocati di Parma (1505), nel 1511 fu nominato propodestà dello stesso Comune e nel 1516 fu inviato ambasciatore a Milano con Girolamo Borra.Eletto nel 1519 vice-referendario e nel 1520 uditore, luogotenente del governatore di Parma e anziano della Comunità, si occupò anche di belle lettere: un suo epigramma latino può leggersi nelle Collettanee in morte di Serafino Cimini, detto Dall’Aquila, pubblicate a Bologna nel 1504 a cura di Caligola Bazaliero.Fu sepolto nella Cattedrale diParma in un loculo recante una breve iscrizione da lui stesso dettata: Jo. Martinus Maiavacca, Iu.Doctor et Eques nolens discretioni haeredum stare vivens posuit.M.DXX.

FONTI E BIBL.: R.Fantini, Maestri a Bologna, in Aurea Parma 1931, 236; Aurea Parma 1 1959,15; D.Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 240.

MAJAVACCA GIROLAMO 
Parma 1722
Fonditore di metalli attivo nella prima metà del XVIII secolo. Nel maggio 1722 fuse presso la Fonderia Ducale la campana piccola della chiesa di Vigatto.
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, VII, 123; G.N.Vetro, Dizionario, 1998.

MAJAVACCHI GIACOMO 
Bazzano 1806
Nell’anno 1806 fu sacerdote di Bazzano.
FONTI E BIBL.: F.Barili, Arcipreti di Bazzano, 1976, 114.

MAJAVACCHI MARIO
Bazzano 1906-Bazzano 28 ottobre 1967
Fu assessore del comune di Neviano degli Arduini dal 1960 al 1966. Per suo interessamento fu fatta l’illuminazione pubblica a Bazzano centro, il primo tronco di fognatura e la pesa pubblica.Fu tra i fondatori della Pro Loco e per molti anni presidente della latteria sociale di Bazzano. Il consorzio dell’acquedotto lo ebbe suo presidente fino alla morte.
FONTI E BIBL.: F.Barili, Arcipreti di Bazzano, 1976, 114-115.

MAJOCCHI A.
Parma 1850
Verso la metà dell’Ottocento pubblicò una polka nella raccolta Un dono alle signore pel carnevale (Parma, Litografia Corsini).
FONTI E BIBL.: G.N. Vetro, Dizionario. Appendice, 1999.

MALADOBATI  MALADOBATO
Parma ante 1165-1189/1201
Fu giurista, giudice e console a Parma (1165 e 1188) e ambasciatore a Modena (1173), a Ferrara (1177), a Costanza (1183), a Milano e Pavia (1186) e a Reggio (1188). Costruì una villa, detta Glaria, presso Fontevivo.
FONTI E BIBL.: F. da Mareto, Indice, 1967, 551.

MALAGODI ANTONIO Parma ante 1745-post 1762   Nipote di Giambattista Grassi, architetto dei Teatri Ducali in Parma, fu un personaggio di secondo piano nel mondo della scenografia e prestò la sua opera quasi interamente in collaborazione: allievo di Pietro Righini, come si deduce dal libretto del Siface, opera rappresentata al Teatro Ducale di Parma nella primavera 1745, assieme al cugino Francesco Grassi adattò le scene già dipinte dal defunto maestro. Lo stesso anno fu attivo anche a Piacenza. Lavorò spesso con il Grassi, con il quale nel suddetto teatro divise le lodi per quegli scenari, che dipinsero assieme nel Carnevale 1749. Nel 1753-1754 vi fu nuovamente presente fornendo la sua opera per l’Artaserse e il Demofoonte, come pure dal 1756-1757 (con le nuove scene per tre opere giocose) al 1762, in cui fu autore di quelle dei due balli della prima opera buffa in cartellone. Nel 1760 collaborò con il Ruspaggiari e altri per le scene dei Tindaridi.

FONTI E BIBL.: C.Alcari, Parma nella musica, 1931, 122; G.N.Vetro, Dizionario, 1998.

MALAGODI FILIPPO
Parma seconda metà del XVIII secolo
Pittore, architetto e scenografo attivo nella seconda metà del XVIII secolo
FONTI E BIBL.: E. Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, VIII, 189.

MALAGOLI ERCOLE ANTONIO FELICE 
Modena 1817-post 1855
Ottenne la cittadinanza parmense nel 1842 e partecipò ai moti del 1848 e 1849, mettendosi in evidenza, tanto che una disposizione sovrana di Carlo di Borbone del 12 novembre 1849 lo privò dell’incarico di medico condotto a Berceto per cattivi diportamenti politici. Successivamente graziato, andò medico condotto a Zibello (1855), dove rimase per vari anni, compiendo studi e ricerche sulle risaie e sulla malaria.
FONTI E BIBL.: U.A. Pini, Medici nel Risorgimento, 1960, 7; U.A.Pini, Vecchi medici, 1960, 32.

MALAGUZZI ALESSANDRO
Reggio Emilia 1525
Il 30 giugno 1525 gli fu conferita la cittadinanza parmigiana dal Consiglio generale degli Anziani per le sue benemerenze verso Parma.
FONTI E BIBL.: U.Benassi, Storia di Parma, III, 1906, 147.

MALAMADRE ANGELO
Parma 1476/1505
Fu autore di una cronaca di Parma dall’anno 1476 all’anno 1505.
FONTI E BIBL.: I. Affò, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, 1791, III, 26.

MALAMADRE GIOVANNI
Parma-post 1549
Fu pittore quadraturista, attivo nel 1545 per il Comune di Parma insieme a Giovanni Maria Varano per pitture di armi ducali su portoni e porte della città, della Cattedrale e del vescovado in occasione dell’ingresso a Parma di Pier Luigi Farnese e del vescovo (Archivio di Stato di Parma, Archivio Comunale, Ragioneria, Ordinazioni e Mandati, 24 ottobre 1545, c. 281).I due pittori realizzarono 8 stemmi grandi, 117 ducali piccoli, parecchie cartelle con motti, un’arma in tela per il portone di Porta Nuova e una tavola da mettere nella piazzola davanti alla chiesa di San Vitale.Nel 1546 dipinse alcune sale del palazzo comunale e nello stesso anno, in occasione dell’ingresso del Duca, ospitato nel palazzo vescovile, fu pagato per aver dipinto su assi nell’angolo della grande sala del palazzo vescovile, sopra la loggia di sinistra.Nel 1547 eseguì dipinti sulle Beccherie con Giovanni da Cornazzano e nel 1549 dettò il proprio testamento.
FONTI E BIBL.: P.Zani, Enciclopedia metodica di belle arti, XII, 1822, 263; E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, vol.III, cc. 253-254; Archivio Storico per le Province Parmensi XLVI 1994, 335.

MALAMADRE LUDOVICO 
Parma 1498/1512
Compose un poemetto in esametri sulla presa della Mirandola fatta da papa Giulio II nel 1512 e, oltre ad alcune rime, anche una tragedia, l’Aleandro, una commedia, Pandora, e un’Orazione a Francesco I, re di Francia. Fu lodato da molti letterati, tra i quali Pomponio Torelli.
FONTI E BIBL.: Aurea Parma 4 1958, 238.

MALANDRI ALFREDO
Corniglio 5 aprile 1919-Collecchio 7 aprile 1947
Da giovane si trasferì sul lago di Iseo, ove studiò in collegi tenuti dai Salesiani.A tredici anni, mostrando eccezionali doti di sangue freddo, riuscì a trarre dalle acque del lago un uomo che stava per annegare, ottenendo dalle autorità civili una medaglia d’argento al valore.Tornato nel Parmense, si era appena iscritto al biennio finale per geometri, quando, scoppiata la seconda guerra mondiale, si arruolò nell’Areonautica.Raggiunto il grado di maresciallo all’Accademia di Orvieto, fu in servizio presso vari campi di aviazione della Penisola: Elmas, Capodichino e Orio al Serio.Morì per ulcera duodenale contratta in guerra.
FONTI E BIBL.: U. Delsante, Dizionario Collecchiesi, in Gazzetta di Parma 4 aprile 1960, 3.

MALASPINA ANNA 
Siena 28 novembre1727-Mulazzo 5 marzo 1797
Figlia di Azzo Giacinto, marchese di Mulazzo. Dal 1720 al 1765 fu alla Corte di Parma quale dama di compagnia di Luisa Elisabetta di Francia, moglie del duca Filippo di Borbone, e vi brillò per la straordinaria bellezza, il fascino e la cultura.Nel 1751 sposò Giovanni Malaspina della Bastia. Fu resa immortale dal carme con cui Vincenzo Monti le dedicò l’edizione bodoniana dell’Aminta (1789).In tali versi il Monti fa l’elogio dei Malaspina in generale e in particolare di Anna Malaspina, che in Parma faceva fiorire le arti e le scienze e signoreggiava per grazia e per bellezza.Nel suo poema il Monti ricorda Paolo Maria Paciaudi e a lui si rivolge per pregarlo di presentare i suoi versi al Tasso e di renderglieli ben accetti: Digli il bel nome che gli adorna, e cresce alle carte splendor (tale nome è quello della Malaspina).Il Monti suppone che il Tasso debba compiacersene e in pari tempo dolersi che ella non sia vissuta nel suo secolo perchè la Malaspina sarebbe stata certamente la sua protettrice ed egli avrebbe lasciato al mondo memoria dolorosa delle sue sventure.La Malaspina protesse i letterati e in particolare Innocenzo Frugoni, che volle ammetterla in Arcadia col nome pastorale di Fiorilla Dejaneja. Amante notoria del ministro Du Tillot, subì le conseguenze del suo allontanamento (1771) e venne relegata nella villa del Pantaro di Sotto ove instaurò una vera e propria piccola corte di amici, di aristocratici, di giocatori gaudenti, colmata di omaggi e di versi dai suoi adulatori: il poeta Frugoni, il conte Gregorio Castagnola e il Paciaudi.Anche la Malaspina si cimentò a comporre qualche verso.
FONTI E BIBL.: U.Benassi, G.du Tillot, Parma, 1915, estratto dall’Archivio Storico delle Province Parmensi; U.Benassi, Satire piacentine contro il ministro du Tillot, Piacenza, 1915; G.Natali, Il Settecento, Milano, 1929; C.Pigorini Beri, La corte di Parma nel secolo XVIII, in Nuova Antologia 16 maggio 1892; Poesie di V. Monti scelte e commentate da A.Bertoldi, Firenze, 1910, 60-61; F.Orestano, Eroine, 1940, 237; R.Amari, Calendario di donne illustri italiane, Firenze, 1857, 67; G.P.Clerici, Un amore del Paciaudi e una poesia del Frugoni, in Aurea Parma VIII 1924; G.Sforza, Scrittori di Lunigiana, in Giornale Storico della Lunigiana, 1915, 59; I.Stanga, La marchesa Anna Malaspina della Bastia, Cremona, 1932; Castelli di Lunigiana, Pontremoli, 1927; P.Litta, Famiglie celebri italiane, Milano, 1819; M.Bandini, Poetesse, 1941, 362-363; Palazzi e Casate di Parma, 1971, 452.

MALASPINA CARLO
Parma 26 giugno 1808-Parma 27 maggio 1874
Figlio di Lorenzo e di Elisabetta Massari. In gioventù fu costretto a esercitare il mestiere di facchino, lo stesso del padre (crocheleur è detto nell’atto di nascita del figlio). Benché costretto alla fatica quotidiana del facchinaggio, il Malaspina riuscì a formarsi una discreta cultura ancora prima di essere assunto nella Regia Biblioteca di Parma (nel 1843, all’età di 35 anni).Il Malaspina dal 1829 partecipò infatti con entusiasmo e impegno, come scolaro e come maestro d’occasione alla scuola di Mutuo Insegnamento di Parma, ideata e sostenuta dal sacerdote Antonio Gaibazzi. Le buone attitudini dimostrate e il profitto conseguito, gli valsero l’interessamento di Angelo Pezzana, del Toschi, del Tommasini e del Giordani, i quali gli procurarono sussidi perchè potesse acquistare più elevata cultura.Nel 1838 gli fu possibile visitare il Piemonte, ove conobbe Pellico, Brofferio e Drovetti, la Provenza e la Savoja. Dopo qualche saggio di Versi (1839), intraprese la pubblicazione di un periodico che, dal suo mestiere, intitolò Il Facchino. Il Facchino, nella sua modesta qualità di giornale settimanale ebbe vita non interrotta dal 5 gennaio 1839 a tutto l’anno 1845.Superate le prime prove, ebbe collaboratori i migliori studiosi che vantasse Parma in quel tempo: Michele Leoni, Giovanni ed Enrico Adorni, Angelo Pezzana, Timoteo Riboli, Enrico Scarabelli Zunti, Jacopo e Luigi Sanvitale ed Emilio Casa. Il giornale conteneva un po’ di tutto: non trattava apparentemente di politica, ma appariva piuttosto rivolto alla educazione e istruzione popolare. Nel 1840 il Malaspina concorse senza successo alla direzione della Scuola per sordomuti di Parma. Ma la stagione più proficua e felice l’iniziò nel 1843 quando poté impiegarsi come custode nella Regia Biblioteca Palatina. Per un certo tempo, continuò a pubblicare Il Facchino, da lui ideato e da lui interamente composto per l’istruzione della gente incolta: nel campo delle lettere, scienze e arti, fece conoscere i gioielli artistici di Parma e la sua storia, propose le spiegazioni più elementari della cultura scientifica, sollecitò l’interesse della lettura con testi letterari di piana ed efficace comunicativa.Poi abbandonò la stampa periodica e si dedicò a compendi della storia di Parma, novelle, racconti, romanzi, biografie, commedie e soprattutto al suo Vocabolario parmigiano-italianoin quattro volumi, di cui soltanto la stampa gli costò tre anni di lavoro (1856-1859).La compilazione del Vocabolario comportò lo spoglio di decine di lessici italiani, di trattati di arti e mestieri, di lessici italo-vernacoli e la paziente raccolta delle voci dialettali corrispondenti. Il restante della sua produzione conferma il suo costante impegno di elevazione della classe operaia, con risultati niente affatto da disprezzare, pur nel segno caratteristico di una informazione elementare.Vi si trova, tra l’altro, un compendio della storia di Parma dell’Ottocento (ristampata anastaticamente dall’Editrice Battei nel 1984). Fin dalla giovinezza si era accinto a pubblicare in dispense la Storia dei Ducati di ParmaPiacenza e Guastalla (Guastalla, 1836), interrotta forzatamente al terzo fascicolo.Poi realizzò una Guida ai principali monumenti della città di Parma, edita nel 1851, di sui si ebbero quattro edizioni in breve volgere di tempo e persino una traduzione in lingua francese, un Indicatore parmense commerciale, amministrativo, artistico, storico, composto con la collaborazione di Giuseppe Bacchi ed edito nel 1868 coi tipi de Il Patriota, Tavole cronologiche, sincrone e sistematiche della storia di Parma sino al 1867 e Memorie sulle Belle Arti parmigiane (rimaste manoscritte e giacenti l’una nella Biblioteca Palatina di Parma, l’altra presso famiglia privata), Pitture nella sala delle medaglie di Francesco Scaramuzza (1844) e descrizione di vari dipinti all’encausto eseguiti dallo Scaramuzza (1850).Non è da tralasciare un cenno alle opere formalmente letteraria che il Malaspina continuò a pubblicare sui giornali e in opuscoli: cose di non grande pregio ma pur sempre collegate al suo intento di educazione popolare.Come l’Ode a sua Maestà Maria Luigia (1834), quando nell’Ospedale di Parma vennero collocate le prime stufe al centro dei cameroni per mitigare i rigori del freddo invernale, e i racconti ambientati nel Parmense, brevi romanzi non privi di fedeltà storiografica e di fantasia popolare, come Adelina e la strage di Bergotto (1864), Richilda da Guasaleggio ossia Parma nel 1250 (1841) e Isotta e Riguccio (1867, in appendice al giornale Il Patriota). Negli ultimi tempi della vita, pubblicando un tascabile Vocabolario tecnico parmigiano-italiano per l’uso delle scuole, degli artisti e de’ campagnoli (Adorni, 1873), il Malaspina ribadì ancora l’intento sociale di tutte le sue attività letterarie. Nel 1847 fece rappresentare la commedia L’Orfano nella casa paterna, che il pubblico accolse con indulgente benevolenza.
FONTI E BIBL.: C.Malaspina, Aggiunte e correzioni, 1880, V-VII; G.B.Janelli, Dizionario biografico dei parmigiani illustri, Genova, 1877, 232-233 e 523; E.Bocchia, Giornali parmensi prima del 1860, in Aurea Parma X 1926; Storia del giornalismo, VIII, 1980, 569; Aurea Parma 5/6 1912, 78; E.Bocchia, La drammatica a Parma, 1913, 219; A.Ciavarella, La Fodriga da Panocchia, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1983, 223-224; Malacoda 2 1985, 13-16.

MALASPINA GAETANO 
Pellegrino 1656/1662
Dottore e Notaio, fu Commissario di Pellegrino dal 1656 al 1662.
FONTI E BIBL.: A.Micheli, Giusdicenti, 1925, 13.

MALASPINA LADISLAO 
Monti di Licciana Nardi 1839-Parma 1924
Marchese, fu sottotenente a Parma nel 1859, poi nell’artiglieria dell’esercito dell’Emilia e infine insegnante alla Scuola di Applicazione di Torino.Fece le campagne militari del 1866 e del 1870.Raggiunse il grado di tenente generale.Nel 1901 passò alla riserva.
FONTI E BIBL.: Enciclopedia Militare, Milano, s.a.; A.Ribera, Combattenti, 1943, 253.

MALASPINA LUCILIO
Parma-post 1888
Nella primavera del 1888 pubblicò il valzer Il centenario.
FONTI E BIBL.: G.N. Vetro, Dizionario. Addenda, 1999.

MALASPINA MARIANNA, vedi MALASPINA ANNA

MALASPINA RICORDANO 
Lunigiana 1831/1857
Figlio di Torquato, marchese di Monti e Suvero. Fu alfiere e grande scudiere di Corte, Commendatore delSacro Militare Ordine Sovrano di San Giovanni di Gerusalemme e Incaricato d’affari dell’Ordine medesimo presso la Corte di Parma, cavaliere dell’Ordine Insigne e militare Gran Ducale Toscano di Santo Stefano, Capo Battaglione, aggregato al Corpo dei Regi Alabardieri e Guardia di Corte.Il 1° dicembre 1850 fu nominato dal duca Carlo di Borbone, Grande Scudiere, Grande di Corte e Ciamberlano. Ebbe qualche parte nei moti del 1831. Così lo definiscono i rapporti di polizia: Era sempre framisto al popolaccio che schiamazzava.Proruppe in gravi e plateali contumelie verso la persona di S.M.Pareva dapprima pensare saviamente ad essere riconoscente ai benefici di S.M.; ma in appresso si è manifestato di principii liberali e tuttocchè non sia emerso aggravato nel processo merita scrupolosa sorveglianza.Nonostante ciò rimase, come molti altri, nell’ambiente di Corte.Nel 1851 fu testimone al battesimo del conte di Bardi, Enrico di Borbone, figlio di Carlo e di Luisa Maria de Berry.Fu consigliere anziano del Comune di Collecchio dal 1854 al 1857.
FONTI E BIBL.: M. Mora, L’ultimo battesimo alla Corte Ducale di Parma, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1958, 173; O.Masnovo, La missione a Parma del consigliere di governo dott.Giulio Pagani, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1933, 111; Raccolta generale delle leggi pei ducati di Parma, Piacenza e Stati annessi, 1850, semestre2°, t.3°, Parma, 1851; O.Masnovo, Patrioti del 1831, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1937, 188; L.Gambara, M.Pellegri, M.De Grazia, Palazzi e casate di Parma, Parma, 1971; Malacoda 9 1986, 47.

MALATESTA GIOVANNI PIETRO
Parma seconda metà del XVII secolo
Ingegnere militare attivo nella seconda metà del XVII secolo.
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, VI, 172.

MACHIOSTRI BROCARDO, vedi MALCHIOSTRI BROCCARDO

MALCHIOSTRI BROCCARDO
Berceto 1464 c.-Treviso post 1519
Figlio di Antonio.Chierico, ottenne lettere dimissorie dalla Curia di Parma in data 28 febbraio 1489 per seguire il vescovo Bernardo Rossi, dal quale in Treviso venne promosso ai quattro ordini minori il 26 dicembre 1500, suddiacono il 5 giugno 1501, diacono il 18 settembre 1501 e sacerdote il 19 novembre 1502 (documento originale nella Curia Vescovile di Treviso). La famiglia Malchiostri era bercetana.Già il Pezzana avanzò la congettura che i due fratelli Broccardo e Francesco Malchiostri fossero congiunti col notaio Giovanni.Il solo nome Broccardo poi offre già di per sé un buon argomento per ritenere i suddetti fratelli oriundi diBerceto.Il Malchiostri, quando era già da un ventennio residente a Treviso, Canonico della Cattedrale e Vicario generale di quella Diocesi, donò alla chiesa di Berceto il cosiddetto Calice di San Moderanno. Questo cimelio di arte reca sul piede la seguente iscrizione: Broccardus Malehiostrius parmensis canonicus tarvisinus aere proprio 1517 in honorem S.Moderanni Brochardi et Abundii.Su tre medaglioncini reca rispettivamente l’effigie della Vergine Madre a mezzo busto con il Bambino coricato sulla destra, l’immagine di San Giovanni e lo stemma gentilizio del Malchiostri consistente in una mano che stringe tre cardi.Sotto il piede è inciso fato a padoa. Si pensa che almeno la coppa appartenesse a un antico calice della chiesa di Berceto attribuito a San Moderanno: così si spiegherebbe la grandezza eccezionale del calice e la sua tradizionale denominazione.Insieme al calice il Malchiostri mandò una artistica custodia di legno rivestito di cuoio arabescato, sul coperchio della quale vi è l’iscrizione seguente: Broccardi Malchiostri parmen canonici tar.et palatini co. et comitis palatini. La custodia non può essere stata eseguita prima del 1518, anno in cui al Malchiostri fu conferito il titolo di Consigliere e Conte Palatino. Il Malchiostri fu per la storia di Berceto e di Treviso un pesonaggio di prim’ordine. Così ne parla Luigi Coletti (Rassegna di Arte Antica e Moderna, dicembre 1921, Intorno ad un nuovo ritratto del vescovo Bernardo de’ Rossi, 407-420): Broccardo Malchiostri, prete parmense, era venuto a Treviso al servizio del parmense vescovo Bernardo de’ Rossi conte di Berceto, e vi aveva fatto fortunata carriera.Lo troviamo in principio del 1500, quando il vescovo de’ Rossi aveva da poco fatto il suo ingresso, cancelliere e famigliare del vescovo; cittadino trevisano nel 1502; quindi rettore della chiesa di Salgareda, prebendato della Cattedrale alla prebenda di Conscio; pievano di San Biagio di Callata, Vicario del Vescovo. Doveva essere un accorto maneggiatore d’affari, se vediamo cospicui personaggi veneti stipulare atti relativi a movimenti di danaro, proprio nella sua stanza da letto, in sua presenza.E, probabilmente per questo, egli dovette divenire l’uomo di fiducia del vescovo Rossi (che anche d’affari se ne intendeva), e, nominato procuratore fin dal 12 maggio 1511, trattò per lui delicati ed importanti negozi. Egli è già canonico della Cattedrale quando, come ci risulta dai protocolli del Notaio Francesco Novello, il 12 settembre del 1518 ottiene il diploma di Conte Palatino da Massimiliano Imperatore in premio della sua singolar fede e devozione all’Imperatore e dispone in quel tempo di cospicue ricchezze che gli consentono di fare il mecenate, donando largamente i poeti, e costruendo (1519) a sue spese la Cappella dell’Annunziata del Duomo di Treviso, monumento di raro pregio, per il valore delle insigni opere d’Arte contenutevi e per l’armonia del complesso, sorto nel giro di pochi anni, nel periodo aureo del nostro rinascimento, con unità di concetto, pur nella varietà dell’attuazione, e conservatosi, per fortuna, intatto, o quasi, fino a giorni nostri. Semplice ma ornata di lombardesca grazia l’architettura, che corona e contiene la pompa e la foga magniloquente degli affreschi, distesi sulle pareti e sulle volte dal Pordenone e dal suo seguace Pomponio Amalteo.Sotto gli affreschi, le spalliere dei vecchi banchi, intarsiate.La madonna Annunzata di Tiziano, sopra l’altare, calda di luci dorate, soave di celeste ispirazione, palpitante di verità umana, è ancora racchiusa nella sua antica, sobria  cornice marmorea. Ed anche la plastica si unisce alle altri arti per portare il cuo contributo alla bellezza di questo sacello; in una nicchia, in alto, nel tamburo della cupola scorgesi il busto del vescovo Bernardo de’Rossiin terracotta dipinta che pur di lontano appare davvero di singolare robustezza ed efficacia. Da ogni punto dell’insigne capolavoro, dai ritratti dipinti sulle pareti, come dagli stemmi e dai simboli degli arabeschi, dal busto collocato in posizione centrale e dominante, così come dalle seguenti parole della lapide marmorea, traspare il costante e grato pensiero del Malchiostri per il vescovo Bernardo Rossi: Broccardo Malchiostro Parmense, canonico trevisano costruì a sue spese la cappella dedicata a Maria Vergine Sacratissima, allor quando il Vescovo di Treviso, Bernardo Rossi suo benefattore, quale Prolegato, con sapienza e fortezza governava Bologna.Compiuta l’anno 1519 nel mese di ottobre. Il Tiziano ritrasse il Malchiostri nel quadro dell’Annunciazione e il Pordenone nell’affresco della Visita dei Re Magi: vi dimostra (1519) un’età di circa 55 anni.
FONTI E BIBL.: R.Pico, Appendice, 1642, 36; G.Schianchi, Berceto e i suoi Arcipreti, 1927, 61-68.

MALCHIOSTRI FRANCESCO
Berceto 1456 c.-Padova 7 ottobre 1507
Figlio di Antonio. Celebre giurisperito, nel 1482-1483 insegnò all’Università di Bologna per la lettura del Digesto nuovo.Insegnò verso il 1487 l’uno e l’altro Diritto anche nell’Università di Padova e figurainter Juris Canonici Magistros dell’Università di Pisa sotto gli anni 1491-1492 con 60 fiorini di stipendio.Nel 1493-1494, durante la ribellione dei Pisani contro i Fiorentini, pare riparasse a Padova, dove in seguito lesse in quella Università.Nel 1495, calmatasi la situazione, ritornò in Toscana, dove insegnò Diritto Civile a Prato nel 1495-1496 con 80 fiorini di stipendio.Nel 1497 fu maestro di Diritto Canonico a Firenze con 90 fiorini di stipendio.Negli anni seguenti andò di nuovo a insegnare allo studio di Padova dove rifulse tra i migliori professori, sostenendo dotte dispute specialmente con il celebre giureconsulto modenese Ruini. Nel 1507, rincasando nottetempo, venne colpito a morte per mano di un sicario.Venne sepolto nella chiesa degli Eremitani e il fratello Broccardo fece collocare sulla sua tomba la seguente iscrizione: Francisco Malchiostro iureconsulto parmensi clarissimo, in patavino gymnasio pubblice profitenti sicarii manu crudeliter extinto.Brocardus Malchiostrus frater moestissimus P.M.D.VII die oct.VII.Secondo il suo discepolo Antonio Porcellino, il Malchiostri lasciò le seguenti opere: Consilia seu responsa multa, Commentaria aegregia in Autentica Justiniani, Glossae in novellas, quae sunt extra Corpus Juris.
FONTI E BIBL.: I.Affò, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, 1791, III, 63; A.Pezzana, Memorie degli strittori e letterati parmigiani, II, 1827, 350; G.Schianchi, Berceto e i suoi Arcipreti, 1927, 68-69; R.Fantini, Maestri a Bologna, in Aurea Parma 1931, 236.

MALCHIOSTRI GIOVANNI 
Berceto 1480
Figlio di Bardone.Fu notaio, come lo era stato il padre.Guidò nel 1480 al castello di Torrechiara una commissione di Bercetani, i quali riuscirono a ottenere dal vecchio Piermaria Rossi la vasta contea di Berceto in favore del figlio naturale Bertrando, nato, cresciuto e vissuto sempre a Berceto.Il documento che attesta la donazione è appunto sottoscritto dal Malchiostri: Ego Ioannes Bardoni de Malchiostris f. q. D. Francischini habitator Burgi Berceti Parmensis Dioecesis porta de Parma, Pubblicus Imperiali Autoritate notarius.
FONTI E BIBL.: G.Schianchi, Berceto e i suoi arcipreti, 1927, 61-62.

MALCHIOSTRO, vedi MALCHIOSTRI

MALDOTTI PIETRO 
Vidalenzo marzo 1862-Genova 1 febbraio 1939
Scalabriniano, studiò nel Seminario di Borgo San Donnino, ove poi, dopo l’ordinazione sacerdotale avvenuta il 20 dicembre 1885, insegnò anche umanità e retorica.Nel 1893 entrò nella congregazione di San Carlo in Piacenza, fondata da monsignor Scalabrini per l’assistenza agli emigranti oltre oceano.Venne inviato, poco dopo, al porto di Genova, dove confluivano annualmene migliaia di emigranti: povera gente, molto spesso vittima di ignobili speculatori che la spogliava dei pochi risparmi con il miraggio di un buon posto di lavoro in America. Il Maldotti, trovando collaborazione anche da parte delle autorità, si adoperò prima di tutto a ripulire il porto dai falsi agenti dell’emigrazione, subendo per questo minacce e addirittura un attentato, dal quale uscì ferito.Poi si dedicò con l’ardore di apostolo alla sua missione. Per assistere meglio gli emigranti, prestò la sua opera anche in Argentina, Brasile, Cile e Perù e a suo merito si deve pure ascrivere il varo di una legge governativa di protezione dell’emigrante. Innumerevoli furono le iniziative a favore di coloro che lasciavano l’Italia in cerca di lavoro o ne tornavano dai paesi d’oltre oceano di cui egli si rese promotore. Il Maldotti organizzò una imponente processione in mare, a chiusura del VII Congresso Eucaristico Nazionale nel settembre del 1923.Morì nell’Ospedale di San Giacomo.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 29 gennaio 1999, 25.

MALERA GERARDO
Parma 1200
Fu ingrossatoredel Comune di Parma nell’anno 1200.
FONTI E BIBL.: F. da Mareto, Indice, 1967, 555.

MALERA RICCARDO
Sala Baganza 20 agosto 1877-5 luglio 1938
Accanto al Rosa, si rivelò tenace organizzatore sindacale, soprattutto dei mattonai. Il 20 giugno 1908, mentre era di turno a difesa della Camera del lavoro di Parma durante il momento più caldo dello sciopero agricolo del 1908, venne arrestato insieme ad altri novantanove sindacalisti deambrisiani e trattenuto in prigione fino al proscioglimento completo (8 maggio 1909).
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 22 dicembre 1988, 20.

MALETTA GERARDO, vedi BOCCABADATI GHERARDO

MALGARI ALESSANDRO
Parma-15 gennaio 1569
Esercitò a Parma il notariato  rogando dal 1530 al 1568, ma praticò anche la professione forense.Godete della considerazione del duca di Parma Ottavio Farnese e dei suoi concittadini, che lo inviarono in missione a Roma nel 1549 per esporre i danni subiti dai cittadini parmensi aventi beni oltre Taro a causa del disastroso comportamento delle milizie imperiali e per comporre una annosa questione vertente tra la Comunità di Parma e quella di Brescello a proposito di un argine da questa ultima fatto costruire in territorio parmense.Il Malgari, che usava registrare nelle sue rubriche notarili alla fine di ogni anno le notizie più importanti sugli avvenimenti del suo tempo, riferisce direttamente su questa missione, nel suo latino rozzo ed elementare ma non privo di efficacia: Hoc mense una cum Hieronymo fratre meo ad Urbem accessi missus a Magnifica Comunitate mea et ab excellentissimo Camillo Ursino hanc civitatem pro Apostolica sede et excellentissimo domino Octavio Farnesio duce nostro dominante, ad Paulum tertium pontificem et ad preaelibatum excellentissimum dominum nostrum ac ad reverendissimum cardinalem Farnesium pro diversis negociis publicam utilitatem et status concernentibus, et habitis ab omnibus ipsis gratissimis audientiis et optatis resolucionibus, peractoque pro mea Communitate cum reverendissimo de Ferraria quodam satis arduo negotio, destinatus a meo principe ad civitatemUrbini me transtuli, et non invento excellentissimo duce Urbini ad quem princeps meus me destinaverat, negocium mihi commissum cum Victoria Farnesia excellentissima conjuge sua perfeci, et statim patriam aflicui, et facta debita relacione satis honorifice ab ipso excellentissimo Camillo e Magnifica Comunitate de meis laboribus tractatus fui, et in his exquendis itinere computato spacium dierum 33 consumpsi. Il Malgari non si limitò a registrare nelle sue rubriche gli avvenimenti più direttamente interessanti la vita della sua città, anzi semmai mostrò maggiore interesse per le notizie politiche generali.È interessane vedere come il Malgari, di modesta levatura culturale, seguisse attentamente, dal suo osservatorio parmense, la grande politica del suo tempo, facendosi portavoce, nelle annotazioni con cui amava commentare rapidamente gli avvenimenti che registrava e più spesso nel modo stesso di registrare le notizie, dei sentimenti più elementari e più diffusi dell’uomo della strada: una testimonianza quindi di notevole interesse per la storia di quella che si suole chiamare opinione pubblica.Tipica in questo senso la seguente annotazione sullo storico conflitto tra Francia e Spagna circa il possesso del Milanese e del Regno di Napoli, complicato, nel suo esaurirsi, della delicata questione dell’atteggiamento furiosamente antispagnolo di Paolo IV: Hoc anno 1557 et de mense februarii Henricus Galorum rex missit potentissimum exercitum in Italiam et ad urbem in favorem Pauli papae quarti pugnantis contra Colonnenses et imperiales causa subjugandi regnum Neapoli, inter quos maxima fuerunt praelia quae tandem relacta fuere ad devotionem regis Philippi, cuius exercitus dux erat illustrissimus dominus dux Ghisij, et quum illustrissimum dux Ferrariae se cum Henrico confederasset et arma contra Coregiensem et Guastalensem irrueret, Philippus indignatus contra eum circa finem anni bellum preparavit eccellentissimo domino duce nostro capitaneo generali sui exercitus.
FONTI E BIBL.: G.Passerini, Appunti storici di notai parmigiani (Alessandro Malgari-Lodovico Sacchi), in Archivio storico per le provincie parmensi, vol. I, 1892, 47-57; Il notariato, 1961, 351.

MALGARI BARTOLOMEO
Parma ultimi anni del XV secolo-post 1567
Si addottorò in leggi all’inizio del XVI secolo.
FONTI E BIBL.: R.Pico, Appendice, 1642, 33.

MALGARI GIOVANNI BATTISTA
Parma 1615/1628
Sacerdote, fu suonatore di trombone alla Corte di Parma, eletto il 9 gennaio 1615 su proposta e raccomandazione del duca Ranuccio Farnese in sostituzione di Giovanni Maria Pizzi.Fu licenziato il 1 gennaio 1618 perchè contumace (così si legge nella delibera). Venne riammesso il 19 maggio 1619.Figura ancora in un mandato di pagamento del 27 gennaio 1628.
FONTI E BIBL.: N.Pelicelli, Musica in Parma, 1936, 87.

MALGARITTA DA FOGNANO
Collecchio-Sala 4 novembre 1557
Compare al n.31 dell’elenco dei condannati a morte nel Ducato di Parma (Archivio di Stato di Parma).Il suddetto elenco dice testualmente: A dì 4 novembre 1557 la Malgaritta da Fognano, da Collecchio, fu giustiziata a Sala e accettata nella nostra Compagnia (di San Giovanni Decollato, i cui confratelli avevano il compito di assistere i condannati a morte negli ultimi istanti e di curarne la sepoltura a esecuzione ultimata).Della Malgaritta non sono detti né gli anni di età né il motivo della condanna.
FONTI E BIBL.: U. Delsante, Dizionario Collecchiesi, in Gazzetta di Parma 15 febbraio 1960, 3.

MALMUSI BENEDETTO
Parma 28 agosto 1839-primi anni del XX secolo
Figlio di Giuseppe, fu autore della Memoria dei Manoscritti arabi della Biblioteca Estense (1883).
FONTI E BIBL.: Atti e Memorie della Deputtazione di Storia Patria per le Province di Modena X 1900, 295-297; C.Frati, Bibliotecari, 1934, 323.

MALOBERTI FELICE 
1841-Parma 23 gennaio 1891
Fu indefesso patriota.Col grado di sergente dei bersaglieri combattè da prode e valoroso per l’indipendenza italiana nelle battaglie del 1859, 1860 e 1861.Nel 1866, coi garibaldini, fu decorato della medaglia al valor militare.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 26 gennaio 1891, n. 25; G. Sitti, Il Risorgimento italiano, 1915, 125.

MALOMBRA RICCARDO
ante 1295-Venezia 1334
Discepolo di Jacopo d’Arena, fu insigne maestro di leggi a partire dal 1309 allo Studio di Parma.Il Malombra difese il diritto e la legittimità dell’Università parmense.Fu creato cavaliere e conte palatino.Professò anche a Padova dal 1295 al 1309.
FONTI E BIBL.: F.Rizzi, I professori, 1953, 14; G.Panciroli, De claris legum, 173-174; Besta, in Atti dell’Istituto Veneto, 1894; U.Gualazzini, Corpus Stat., XLIII-XLVII; Schupfer, Storia del Diritto italiano, 1895, 522; G.Pighini, Storia di Parma, 1965, 99.

MALOSSI CARLO
Parma-post 1658
Tanto il Bertolotti quanto il Rasi affermano che recitò sotto la maschera del dottore Pantalone e che si trovava tra i comici che nel 1658 abitavano in Roma nella parrocchia di San Pietro.
FONTI E BIBL.: L. Rasi, I comici italiani, II, Venezia, 1905; A.Bertolotti, Musici alla Corte dei Gonzaga in Mantova dal secolo XV al XVIII, Milano, s.a.; Leonelli, Attori, 1944, 43; M.Ferrarini, Parma teatrale ottocentesca, 1946, 71; Aurea Parma 1 1936, 26.

MALOSSI GIULIANO 
Parma seconda metà del XV secolo
Orefice attivo nella seconda metà del XV secolo.
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, II, 230.

MALPELI AMINTA
Calestano 1814-post 1865
Nato da Francesco e Irene Ferroni, entrambi proprietari. Fu dottore e conservatore del Gabinetto di Storia Naturale di Parma.Risulta dilettante al dagherrotipo nel biennio 1851-1852.
FONTI E BIBL.: Aurea Parma 1 1989, 40-41.

MALPELI CESARE ALBERTO 
Calestano 1705-Parma 5 febbraio 1776
Fratello di Gaspare, fu sacerdote. Nella Regia Università di Parma fu laureato in ambo le Leggi e, divenuto avvocato distinto nel diritto civile e canonico, meritò di essere ascritto tra i professori insegnanti. Il 2 ottobre 1747 ebbe la nomina di Auditore e Protonotario Apostolico.Altre patenti da Roma in data 8 gennaio 1760 lo riconfermarono in detta carica per i distinti suoi meriti.Il duca Francesco Maria Farnese lo insignì dei titoli di Conte e Cavaliere Commendatore dell’Ordine Costantiniano.Stampate da Monti e Borsi in Parma, rimangono del Malpeli molte sentenze e arringhe in cause civili ed ecclesiastiche.
FONTI E BIBL.: G.B. Janelli, Dizionario biografico dei Parmigiani, 1880, 98.

MALPELI CESARE ROBERTO, vedi MALPELI CESARE ALBERTO

MALPELI FRANCESCO 
Calestano 1664-Piacenza 13 settembre 1737
Abbracciò la carriera ecclesiastica e fu addottorato in ambo le leggi.Pervenne ai sommi gradi della magistratura.Nell’amministrazione della cosa pubblica si meritò la stima del duca FrancescoMaria Farnese: ebbe il governo di Piacenza e con decreto del 16 dicembre 1701 fu creato nobile.Nel 1706 il Malpeli fu nominato Consigliere e deputato a trattare per conto del Duca la liberazione del territorio piacentino dagli acquartieramenti delle truppe di Eugenio di Savoja. Il Duca promise 85.000 doble di Spagna, un terzo delle qualii doveva essere pagato dal clero piacentino.Gli ecclesiastici ricusarono di pagare e con bolla del 27 luglio 1707 papa Clemente XI, avuta notizia dell’avvenuta convenzione, dichiarò scomunicati Eugenio di Savoja e quanti vi presero parte.Il 9 maggio 1719 il Malpeli fu nominato Consigliere delConsiglio di Giustizia, il 19 aprile 1721 Presidente del Consiglio di Piacenza, poi Conte e Cavaliere dell’Ordine Costantiniano. Le sue spoglie furono tumulate nella chiesa di Sant’Eustachio in Piacenza.
FONTI E BIBL.: Rousel, Mist. du Cardinal Alberoni; Lally, Atti della Corte Romana, IV, 22; Poggiali, MemorieStorichedi Piacenza, XII, 240 e sg.; Bersani, Storia del cardinale Alberoni; G.B.Janelli, Dizionario biografico dei parmigiani, 1880, 97.

MALPELI FRANCESCO
Marzolara 26 luglio 1779-Parma 2 ottobre 1861
Figlio di Matteo e Domenica Baratta.Studiò filosofia nell’Ateneo parmense.All’entrata dei Francesi in Italia, ritenuto simpatizzante dei giacobini, fu confinato a Calestano.Il 19 gennaio 1806 sposò Irene Ferroni, dalla quale ebbe sei figli. Per oltre quarantadue anni fu impiegato governativo: Ricevitore delle Contribuzioni dirette nel 1807 in Calestano, nel 1818 Ricevitore in Parma e dal 1824 Cassiere delComune di Parma.Fu tra i carbonari nel 1821 e cospirò nel 1831 e nel 1848. Durante i moti del 1831 fece parte del consesso civico.Fu accusato di aver fatto gravi minacce ai componenti della banda musicale del reggimento Maria Luigia per costringerli a suonare al pranzo che si diede in Parma al generale Zucchi.Da Carlo di Borbone fu relegato nella Cittadella di Parma.Nel 1849 rinunciò all’impiego e si ritirò a vita privata.
FONTI E BIBL.: G.B. Janelli, Dizionario biografico dei Parmigiani, 1880, 98-99; O.Masnovo, Patrioti del 1831, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1937, 183.

MALPELI FRANCO, vedi MALPELI FRANCESCO

MALPELI GASPARE, vedi MALPELI PIER GASPARE

MALPELI GIOVANNI
Parma-post 1913
L’Amico dei Musicisti riporta che nell’aprile 1913, nel concorso nazionale di composizione indetto dalla casa editrice Belati di Perugia, fu premiato con diploma di medaglia d’argento per la composizione Pensiero funebre: Sciara Sciat.
FONTI E BIBL.: G.N. Vetro, Dizionario, 1998.

MALPELI GIOVANNI 
Monchio-Cima Piadeve 27 ottobre 1918
Sergente del 2° Reggimento Genio, fu decorato di medaglia d’argento al valor militare, con la seguente motivazione: Mirabile esempio delle più elette virtù militari, rimasto mortalmente ferito in una zona tempestata dall’artiglieria nemica, esortava gli ufficiali ed i soldati a non curarsi di lui e spirava dicendosi lieto di morire per la Patria.
FONTI E BIBL.: Bollettino ufficiale 1919, Dispensa 34a, 2399; Decorati al valore, 1964, 58.

MALPELI GIUSEPPE
Parma-1848
Nel 1823 fu riconosciuto appartenere alla società dei carbonari. Fu medico condotto a Bedonia e nel 1835 fu nominato membro della Commissione di Sanità e Soccorso.Nel 1820 e nel 1838 ebbe premi per le vaccinazioni e nel 1844 fu premiato per essersi molto adoperato per la salvezza degli abitanti di Bedonia mentre colà serpeggiavano le febbri gastrico nervose. Fu anche segretario del Comune di Bedonia.
FONTI E BIBL.: O.Masnovo, Patrioti del 1831, in Archivio Storico delle Province Parmensi 1937, 191; U.A. Pini, Vecchi medici, 1960, 32.

MALPELI ILARIO
Berceto 1556/1592
Dottore in leggi, fu Commissario di Pellegrino dal 1556 al 1592.Fu presente all’atto del notaio Antonio Costerbosa del 17 settembre 1586 per la vendita fatta di case e terre al Casale di Pellegrino in località Ronchetti.
FONTI E BIBL.: A.Micheli, Giusdicenti, 1925, 10.

MALPELI LUIGI 
Berceto 1913-Parma 8 ottobre 1988
Si diplomò all’Istituto d’arte Paolo Toschi nel 1933 e si abilitò all’insegnamento a Roma nel 1934.Fu allievo di Raimondi, Berzolla, Marzaroli, Baratta e Marussig, che lo indirizzarono verso una pittura figurativa confinante con l’oggettivismo.Il Malpeli, infatti, ben presto divenne noto per le nature morte dai particolari accurati e per i paesaggi minuziosi e ricchi di luce.Visse e lavorò a Parma, in via Trieste 2. Tenne numerose mostre personali e partecipò a varie collettive, con quadri sempre sorvegliati ed eleganti, imponendosi sul mercato parmense per serietà di intenti e stesure tecnicamente professionali.Appartenne all’Associazione parmense artisti e lavorò proficuamente sia nel mondo della realizzazione delle carte topografiche che in quello del bridge, ove fu conosciutissimo e molto richiesto come componente di giurie internazionali.Morì a causa di una grave malattia al fegato.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 10 ottobre 1988, 4.

MALPELI PIER GASPARE
Calestano 1702-Parma 1778
Fratello di Cesare Alberto. Si dedicò alla fisica e, ancora giovane, fu nominato medico collegiato.Per diciassette anni ebbe la cattedra di anatomia e chirurgia nella Regia Università di Parma.Creato Lettore Primario, per altri dodici anni tenne la cattedra diMedicina pratica.Per decreto reale del 14 agosto 1749, fu nominato Archiatro e medico di Camera.Nel decreto sono encomiati i suoi distinti meriti e la lunga opera a vantaggio dell’arte medica.Fu sepolto nella chiesa di San Francesco del Prato in Parma.
FONTI E BIBL.: G.B.Janelli, Dizionario biografico dei Parmigiani, 1880, 98.

MALUSARDI FELICE
Parma 1860/1880
Figlio di Nicola, musicante della Guardia Nazionale di Parma.Esercitò la professione di fotografo tra il 1860 e il 1863 in borgo del Governo. Nel 1864 fotografò tredici componenti la famiglia del principe Meli Lupi nel parco della rocca a Soragna.Da allora tutte le fotografie dei nobili di Soragna furono scattate nello stesso posto e la tradizione dell’antica famiglia volle che il più piccolo rampollo fosse fotografato sempre sullo stesso cavalluccio.L’attività fotografica del Malusardi proseguì altrove negli anni successivi: la sua propensione a spostarsi risulta confermata dal fatto che, dopo il 4 settembre 1880, egli operò a Roma.Ebbe tre figli: Ernesto, Federico e Metilde.
FONTI E BIBL.: R.Rosati,Fotografi, 1990, 107.

MALVEZZI LORENZO
1804-Parma 25 giugno 1876
Maggiore medico nelle milizie di riserva, fu nominato Cavaliere Mauriziano e della Corona d’Italia per l’invenzione di ingegnosi strumenti dell’arte chirurgica e per i servizi prestati nell’esercito nazionale.Combatté, tra l’altro, in Crimea nel 1859.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 25, 26 giugno 1876, n. 149; Il Presente 26 giugno 1876, n. 176; G.Sitti, Il Risorgimento italiano, 1915, 97; U.A. Pini, Medici nel Risorgimento, 1960, 11.

MALVISI AGESILAO
1843-Parma 18 luglio 1885
Volontario nelle guerre dell’indipendenza nazionale, si segnalò per valore sui campi lombardi e nel 1870 sotto le mura di Roma.Ebbe l’onore di essere annoverato tra i più strenui combattenti.Nell’esercito italiano fu luogotenente dei bersaglieri.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 18 luglio 1885, n. 192; Il Presente 19 luglio 1885, n. 195; G. Sitti, Il Risorgimento italiano, 1915, 147.

MALVISI MARIO
Parma 26 gennaio 1908-Parma 20 marzo 1975
Nacque nell’Oltretorrente da famiglia operaia. In gioventù fece il muratore e praticò il gioco del calcio diventando capitano della squadra della Giovane Italia, che gli conferì una medaglia d’oro per meriti sportivi.Antifascista, aderì in giovane età al Partito comunista. Partecipò, giovanissimo, alla difesa dell’Oltretorrente nell’agosto 1922.Dopo il 1930 entrò a far parte dell’organizzazione clandestina comunista di Parma.Nel 1939 venne condannato a tre anni di confino che scontò a Pisticci.Dopo l’8 settembre 1943 fu in prima fila a organizzare la resistenza.Commissario politico della 76a Brigata S.A.P. operante nella Bassa reggiana, diede particolare impulso alla lotta partigiana. Catturato dal nemico il 19 febbraio 1945 a Villa Cella e condannato a morte, fu rinchiuso nella Villa Cucchi di Reggio Emilia, dove subì per quasi due mesi spaventose torture senza mai piegarsi al volere del nemico (per il suo stoico comportamento davanti agli aguzzini fu insignito nel dopoguerra di medaglia d’argento al valor militare). Nella prima decade d’aprile, il comando tedesco di Parma concordò coi partigiani del Parmense uno scambio di prigionieri, fissato per il 22 aprile a Varano Melegari.I patrioti avrebbero liberato otto soldati germanici loro prigionieri, i Tedeschi avrebbero restituito il Malvisi, che fu quindi trasferito in San Francesco a Parma. Ignaro dello scambio, il Malvisi organizzò un’evasione con altri partigiani detenuti e con l’aiuto di alcune guardie carcerarie, riuscendo a portarla a termine proprio all’alba del 22 aprile.Appena fuori del carcere, però, il Malvisi, che le torture avevano ridotto in fin di vita, restò svenuto sul selciato.Lo soccorsero due donne di Borgo delle Colonne, raccogliendolo e nascondendolo.Fu quindi portato in una casa dell’Oltretorrente e affidato alle cure di due medici, che gli salvarono la vita. Dopo la liberazione, sebbene le sevizie lo avessero reso permanentemente invalido, svolse ruoli di primo piano nella vita politica e amministrativa di Parma: fu dirigente del Partito Comunista Italiano e dell’Associazione Nazionale Partigiani Italiani, ripetutamente eletto consigliere comunale dal 1951 al 1970, assessore dal 1946 al 1949, vicepresidente (1945-1957) e presidente (1957-1966) dell’Ente comunale assistenza e dell’Associazione nazionale perseguitati politici italiani antifascisti (1950-1959).
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 21 marzo 1975, 5; Enciclopedia della Resistenza e dell’Antifascismo, III, 1976, 498; T. Marcheselli, Strade di Parma, II, 1989, 13.

MAMBRIANI ANGELO
Bedonia 1877-Firenze 1969
Ancora giovanetto si meritò una borsa di studio per essere ammesso al Regio Collegio Maria Luigia di Parma, dove frequentò il ginnasio.A sedici anni si fece notare per una spiccata inclinazione al disegno, al punto da indurlo a scegliere la via della pittura.Entrato all’Accademia di Belle Arti di Parma, frequentò per alcuni anni i corsi di ornato e quindi quelli di figura, dimostrando una grande volontà e bravura, tanto da riuscire a diplomarsi qualche anno prima del periodo di studio regolamentare.Passò quindi a Firenze, allo scopo di conseguire un’abilitazione che gli permettesse di dedicarsi all’insegnamento, un’attività che il Mambriani espletò in quella città per qualche tempo, meritandosi i consensi dei superiori ma soprattutto l’ammirazione dei suoi allievi, alcuni dei quali raggiunsero, nell’arte della pittura, chiarissima fama.Lasciò poi la scuola per recarsi a Roma a perfezionare la tecnica della sua pittura e studiare da vicino le grandi composizioni pittoriche, nonché l’architettura classica.A Roma conobbe e avvicinò Aristide Sartorio e Antonio Mancini, i quali ebbero per lui sentimenti di ammirazione e di stima, e diede sviluppo alla sua produzione di ritrattista, facendosi notare dal pubblico e della critica.A Roma studiò a fondo anche l’arte dell’affresco e questa sua nuova applicazione professionale gli valse per ottenere l’importante incarico di affrescare, a Dinard, con rappresentazioni figurative allegoriche, il sontuoso palazzo dell’ambasciatore russo in Francia, principe De Wlassow.Andò quindi a Parigi.Aperto uno studio in rue Conclaincourt, iniziò subito un fortunato ciclo di lavoro.Furono molte le signore del bel mondo che si fecero ritrarre dal Mambriani: tra di loro, la principessa De Liponshj e madame Wivram.Alcune di quelle opere vennero esposte al Salon, al Les Beausc e in altre gallerie della capitale francese, riscuotendo favorevoli commenti di pubblico e di critica.Di lui scrissero G.De Saint, Lup Wood, Mega, Manette e Salmon.Da notare che proprio nei primi anni del Novecento il grande Giovanni Boldini conseguì a Parigi i suoi maggiori successi quale ritrattista di moda, per cui non fu facile al Mambriani mettersi subito in luce.La prima guerra mondiale lo richiamò in Italia, dove si arruolò volotario per la campagna in Francia, nel corso della quale meritò riconoscimenti e distinzioni militari.Preso dalla nostalgia di rivedere l’Italia, la propria madre e le sorelle, nel 1919 tornò in patria, rimanendovi definitivamente.Con le esperienze raccolte a Roma e a Parigi, tornò a Firenze per riprendere il proprio lavoro di ritrattista, ripulito da tutte le influenze scolastiche e tradizionali.I suoi ritratti presentati alle più importanti esposizioni contemporanee furono apprezzati anche a Torino e a Milano, da Giacomo Grosso e Tallone, e a Roma da Antonio Mancini e Sartorio.A Parma espose in occasione del centenario verdiano, a fianco di artisti di fama nazionale.Dopo quella ricorrenza, riallacciò le amicizie della sua prima giovinezza: Baratta, l’architetto Chiavelli, i pittori Carmignani, Fanti, Icilio Bianchi e Bricoli. Subito dopo il suo rientro a Firenze, si dedicò a copiare vari capolavori delle Gallerie Pitti e Uffizi, commissionati spesso da facoltosi acquirenti di oltre oceano.La Primavera di Botticelli, la Cena di Andrea del Sarto, La Madonna dal collo lungo del Parmigianino, opere del Tiziano, del Giorgione e del Bellini furono copiate in modo da destare meraviglia per l’esattezza del disegno e del colore.Verso il 1938 aprì sul Lungarno la galleria Corsini, nella quale espose ritratti e riproduzioni di opere antiche.Divenne un ritrovo di artisti e di cultori d’arte, dove conobbe il barone Maraj di Lahore, nella cui sontuosa dimora toscana il Mambriani affrescò diverse composizioni figurative, dimostrando capacità eclettica nel campo della decorazione murale. Nel 1961, in occasione della visita a Firenze dei reali d’Inghilterra, il Mambriani regalò alla regina Elisabetta una diligente riproduzione della Madonna del Magnificat del Botticelli, dono per il quale la Sovrana volle porgere al Mambriani i suoi personali ringraziamenti e quelli del suo consorte. L’opera andò ad arricchire l’appartamento privato dei sovrani, a Buckingham Palace.Il Mambriani fu pure incaricato di creare una pittura figurativa mistica, allusiva alle persecuzioni naziste, ordinatagli dal conte H.Schultz di Hannover, pittura la quale ebbe grande risonanza in Germania, tanto da meritare un riconoscimento dal Vaticano e dalla Casa Bianca.Eseguì pure grandi dipinti per la Cattedrale nella nuova città brasiliana di Switzerland e così dicasi per la Cattedrale della città di Columbia.Altre sue opere originali sono sparse in diverse parti del mondo. Volle che alcune sue piccole opere venissero offerte a istituti di Parma e al Comune di Bedonia.
FONTI E BIBL.: V.Bianchi, A Firenze le opere del pittore Mambriani, in Gazzetta di Parma 20 settembre 1971; Parma nell’Arte 1988, 44; V. Bianchi, Le veglie di Bianchi, 1974, 163-166.

MAMBRIANI ANTONIO
Diolo di Soragna 24 marzo 1898-Parma 27 marzo 1989
Dovette interrompere gli studi a causa della prima guerra mondiale (combattente nel corpo di artiglieria pesante, fu ferito gravemente alla mascella e al collo dallo scoppio di una bomba sul Sabotino). Finito il conflitto, ricominciò a studiare e nel novembre 1926 si laureò in matematica pura presso l’Università di Bologna con una tesi dal titolo Algoritmia per la risoluzione di equazioni alle differenze e differenziali, lineari(relatore fu Salvatore Pincherle, uno dei più grandi matematici italiani del tempo).Iniziò subito l’attività universitaria diventando nel 1927 assistente di analisi matematica a Bologna col Pincherle e successivamente con Leonida Tonelli, altro grande della matematica di tutti i tempi. Quando nel settembre del 1928 ebbe luogo a Bologna il Congresso internazionale dei matematici presieduto dal Pincherle, segretario organizzativo fu il Mambriani. La sua carriera accademica si svolse tutta nelle università emiliane: professore incaricato di analisi matematica a Modena (Università e Accademia militare) dal 1937 e a Parma dal 1942, vinse la cattedra di tale materia nel 1948. Subito chiamato dall’Università di Parma a ricoprire la suddetta cattedra, vi rimase fino alla pensione e alla promozione a professore emerito, tenendo anche gli insegnamenti di matematiche superiori e analisi superiore.Direttore dell’Istituto di matematica dal 1949 al 1968, nel 1949 organizzò a Parma un convegno sull’Analisi funzionale ed equazioni differenziali, chiamando a presiederlo Francesco Severi e affidando le conferenze a R.Cacciopoli, C.Miranda, G.Cimmino, G.Zwirner e L. Fantappiè.Il successo di quel convegno lo indusse a fondare nel 1950 la Rivista di Matematica della Università di Parma, che diresse (con una breve interruzione) fino al 1971, diffondendola in tutto il mondo e facendola diventare una tra le più apprezzate riviste del genere.Il Mambriani fu autore di oltre settanta pubblicazioni, su argomenti che vanno dall’Algebra delle successioni alla Integrazione secondo Lebesgue, dalle Equazioni alle differenze finite e differenziali alla Pluriderivazione.
FONTI E BIBL.: C.Scaravelli, in Gazzetta di Parma 27 aprile 1989, 3.

MAMBRIANI BRUNO Borgo San Donnino-Plevljie 1 dicembre 1941  Figlio di Ernesto.Geniere Alpino del 5° battaglione Misto Genio Divisione Alpina Pusteria, fu decorato di medaglia di bronzo al valor militare, con la seguente motivazione: Artiere di un caposaldo avanzato, sosteneva validamente, per più ore, reiterati violenti attacchi di forze soverchianti.Benché ferito si rifiutava di essere trasportato al posto di medicazione e si lanciava, con indomito coraggio al contrassalto.Nuovamente colpito da una raffica di mitraglia, immolava la vita per la Patria.

FONTI E BIBL.: Bollettino Ufficiale 1948, Dispensa 12a, 1184; Decorati al valore, 1964, 44.

MAMBRIANI PROBO 
Trecasali 1888-1968
Ebanista. Nel 1941 realizzò la cattedra vescovile per il Duomo di Parma. In un lungo arco di tempo produsse numerose e pregevoli opere di carattere sacro e di uso domestico.Di sua produzione sono numerose cristallerie eseguite negli anni Venti e Trenta.
FONTI E BIBL.: G.Capelli, Il mobile parmigiano, 1984, 71.

MAMIANI AGOSTO
-Parma febbraio 1657
Nel 1645 fu eletto Archivista dell’Archivio Comunale di Parma.Il Mamiani rimase in carica sino alla morte.
FONTI E BIBL.: G. Sitti, Archivio Comunale di Parma, in Archivio Storico per le Province Parmensi, 1914.

MAMIANI ALESSANDRO
San Secondo prima metà del XVI secolo
Fu dapprima mandato a Parma ad apprendervi umanità, eloquenza e filosofia.Ritornato poi a San Secondo, col Ranieri, col Grassani, col Campanini e altri del luogo e sotto la protezione di monsignor Rossi, formò una nuova adunanza letteraria.Il Mamiani si esercitò principalmente nella poesia latina ma compose anche una elegia in lode di Giovanna d’Aragona e una canzone.
FONTI E BIBL.: Aurea Parma 3/4 1959, 185-186.

MAMIANI ANGELO
Parma 16 maggio 1768-post 1821
Nel 1783 fu Cadetto al servizio di Parma.Fu promosso nel 1799 Sottotenente, nel 1804 Tenente e nel 1809 Capitano di Linea Francese.Dal 1811 al 1812 fu al campo di Cherbourg. Nel 1814 diede le dimissioni e un anno dopo fu nominato Capitano dei Veterani.Fu pensionato nel 1821.
FONTI E BIBL.: E.Loevison, Ufficiali, 1930, 28.

MAMIANI FERDINANDO 
Parma 1831
Durante i moti del 1831 fu tra i disarmatori della truppa.Fu inquisito anche perchè uomo che gode cattivissimo concetto, perchè imbroglione e suonatore.Vuolsi, che sia stato l’autore d’una canzone, che si cantava in Parma al tempo della rivolta in lode della libertà italiana.
FONTI E BIBL.: O.Masnovo, Patrioti del 1831, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1937, 185.

MAMIANI GEROLAMO
-Parma 1625
Il 30 dicembre 1622 fu nominato Archivista dell’Archivio Comunale di Parma. L’insufficienza dei locali del Palazzo Ducale, ove provvisoriamente si custodiva l’Archivio, richiese (col consenso della duchessa Margherita Farnese) il trasferimento dell’Archivio nel Palazzo comunale: si dovette perciò provvedere anche al riordinamento dei documenti.Il Mamiani fu notaio e si dilettò nel comporre versi.
FONTI E BIBL.: G.Sitti, Archivio Comunale di Parma, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1914.

MAMIANI GIROLAMO, vedi MAMIANI GEROLAMO

MAMMARELLO FRANCESCO
Parma 1586
Fu tipografo in Parma nell’anno 1586.
FONTI E BIBL.: G.Borsa, Clavis Typographorum, 1980, 209.

MANACCI MARCELLO
Parma 1640
Nel 1640 fu capo dei bombardieri di Parma.In quell’anno pubblicò un Compendio d’Istruttioni per gli bombardieri.
FONTI E BIBL.: D’Ayala, Bibliografia militare, 147; Enciclopedia militare; Quarenghi, Tecno-cronografia delle armi da fuoco, II, 40; A.Malatesta, Armaioli, 1939, 195.

MANARA AGOSTINO
Parma 1688-
Fratello di Marcello.Entrò nei Gesuiti, ma sembra abbia abbandonato poco tempo dopo lo stato religioso (Stanga).Di sei sue sorelle, ben cinque si fecero monache.
FONTI E BIBL.: T.Marcheselli, Strade di Parma, II, 1989, 15.

MANARA AGOSTIO 
Borgo Taro 1757-Parma 1836
Figlio di Prospero e di Anna Antini.Sposò Marianna Bajardi.Fu membro dell’Accademia Filarmonica Parmense (1783), gentiluomo di camera del duca Ferdinando di Borbone, Ciambellano (1816), Consigliere di Stato onorario della duchessa Maria Luigia d’Austria e direttore dell’Accademia di Belle Arti (1820).
FONTI E BIBL.: V.Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, 4, 1931, 288; F.da Mareto, Bibliografia, II, 1974, 643; L. Farinelli, Paciaudi e i suoi corrispondenti, 1985, 133.

MANARA ALESSANDRO 
Borgo Taro 1616
Fu Capitano e Consigliere di Borgo Taro nell’anno 1616.
FONTI E BIBL.: M. De Meo, in Gazzetta di Parma 22 dicembre 1997, 5.

MANARA ANDREA 
Parma prima metà del XIXsecolo
Architetto civile, attivo nella prima metà del XIX secolo.
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, IX, 189.

MANARA ANGELO 
Borgo Taro 1636
Dottore, fu Sindaco dei Consiglieri di Borgo Taro nell’anno 1636.
FONTI E BIBL.: M. De Meo, Gazzetta di Parma 22 dicembre 1997, 5.

MANARA ANTONIO
Borgo Taro 1539
Medico, figurò tra gli Anziani del Comune di Borgo Taro del 1539.
FONTI E BIBL.: U.A. Pini, Vecchi medici, 1960, 32.

MANARA AURELIO
Borgo Taro 1578
Capitano, fu riconfermato da Ottavio Farnese capo della milizia di Val di Taro con patente del 16 maggio 1578. Fu inoltre Consigliere della Comunità di Borgo Taro negli anni 1577-1582.
FONTI E BIBL.: V.Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, 4, 1931, 287.

MANARA DOMENICO
Borgo Taro 1651-1730
Figlio di Prospero.Cavaliere, uomo di lodevole vita, come lo definisce il conte A.Cerati, fu familiare alla Corte di Ranuccio Farnese.Fu dichiarato nobile da Francesco Farnese nel 1705 e nel 1709 fu creato marchese col feudo di Ozzano, Sivizzano e Triano.Il Manara fu inoltre console di Borgo Taro negli anni 1704, 1708 e 1709.
FONTI E BIBL.: T.Marcheselli, Strade di Parma, II, 1989, 15-16.

MANARA DOMENICO
Borgo Taro 28 gennaio 1747-Borgo Taro 3 marzo 1813
Fu abate di Borgo Taro e fondò nel 1812 un pio istituto, le cui rendite servirono a dotare e a istruire delle fanciulle povere e a dare sussidi a fanciulli del popolo perchè potessero progredire negli studi e nelle arti.Anche la biblioteca di Borgo Taro e il Ginnasio devono la loro fondazione al Manara.La Congregazione di Carità di Borgo Taro collocò nel palazzo Prefettizio un busto del Manara, benemerito fondatore, opera dello scultore borgotarese Giovanni Castignoli, con la seguente iscrizione: All’abate Domenico Manara, nato in Borgotaro il 28 gennaio 1747, morto il 3 marzo 1813, che l’avito ricco censo, volle erogato a pro degli studi, delle arti, in beneficenze, questa Congregazione di Carità, ad imperitura memoria, di si illustre cittadino, memore, riconoscente, pose.
FONTI E BIBL.: L.Mensi, Dizionario biografico dei Piacentini, 1899, 262.

MANARA DOMENICO EDOARDO LUIGI 
Parma 19 luglio 1761-1836
Figlio di Prospero e di Anna Antini.Fu addottorato in legge, colonnello delle milizie e gentiluomo di camera.
FONTI E BIBL.: T.Marcheselli, Strade di Parma, II, 1989, 16.

MANARA DOMENICO PROSPERO, vedi MANARA DOMENICO EDOARDO LUIGI

MANARA FRANCESCO
Parma 1775/1791
Fu ascritto alla nobiltà di Parma il 22 marzo 1775.Nel 1791 risulta col grado di Tenente e Ufficiale nella Regia Ducale Tesoreria Generale.
FONTI E BIBL.: M. De Meo, in Gazzetta di Parma  22 dicembre 1997, 5.

MANARA GIAN MARIA GIACOMO, vedi MANARA GIOVANNI MARIA GIACOMO

MANARA GIOVANNI
Parma XIX secolo
Fu ufficiale del Regio Esercito.
FONTI E BIBL.: V.Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, 4, 1931, 287.

MANARA GIOVANNI BATTISTA
Borgo Taro 1627/1636
Dottore, fu Consigliere di Borgo Taro ininterrottamente dal 1627 al 1636.
FONTI E BIBL.: M. De Meo, in Gazzetta di Parma 22 dicembre 1997, 5.

MANARA GIOVANNI MARIA
Borgo Taro 1500/1547
Medico egregio e persona autorevolissima, trattò affari politici nella sua vallata, tra cui la resa di Borgo Taro ai Farnese nel 1547.Fu tra gli inviati di Borgo Taro a Piacenza, sempre nel 1547, per il giuramento di fedeltà all’imperatore Carlo V.Dovette possedere anche una farmacia, perchè da un rogito del 1536 si apprende che divise i beni con i parenti e che tra i beni figurava una farmacia cum omnibus utensilis aromatariae sensupeciariae.
FONTI E BIBL.: U.A. Pini, Vecchi medici, 1960, 32.

MANARA GIOVANNI MARIA
Borgo Taro 1591/1606
Fu Console di Borgo Taro nel 1595 e nel 1599. Fu Podestà di Fiorenzuola nel 1591 e poi Uditore fiscale di Piacenza nel 1606
FONTI E BIBL.: V.Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, 4, 1931, 287.

MANARA GIOVANNI MARIA GIACOMO
Parma 1719-
Fu principe dell’Accademia degli Scelti nel Collegio dei nobili di Parma e poeta arcade.
FONTI E BIBL.: T.Marcheselli, Strade di Parma, II, 1989, 15.

MANARA GIUSEPPE MARIA
Parma 9 marzo 1788-Parma 3 gennaio 1870
Marchese, fu ciambellano di Corte degli ultimi Borbone, commendatore di San Lodovico, Accademico d’onore delle Belle Arti di Parma. Il 1° giugno 1813 sposò Anna Ferdinanda Garbarini. Del Manara parla Idelfonso Stanga nel libro La Famiglia di Prospero e di Irmina Manara: Giuseppe non sortì dalla natura una forte intelligenza ma un’attitudine alla lavorazione manuale delle piccole cose diligente e paziente.Dotato anche di un certo senso artistico, fu uno dei primi anzi dei primissimi che dipinse col sole.Le prime armi le fece colla dagherotipia.Molti furono infatti i suoi somministratori per dagherotipo, tra cui due esteri, e importò una quantitàdi materiale dal 1847 al 1857.Possedette una quantità di ricette, istruzioni per lavori di dagherotipo, per far colori, tinte, inchiostro, vernici e non mancarono anche ricette per fare vini, spiriti, dolci, pietanze.Dalla dagherotipia passò, appena possibile, alla fotografia. Aveva come aiuto un certo Isola, che poi divenne il fotografo di Corte ed il migliore della città.Fu pure uno scolaro il conte Calvi.Carlo III, il Duca degenerato, si faceva fotografare sovente da lui: mandava in casa Manara un baule ripieno di abiti e di costumi e continuava a vestirsi e svestirsi, non essendo mai contento e della acconciatura e della posa.Ma non solamente il Duca, una quantità di gente andava da lui a farsi fare il ritratto e lui giù a spendere denari e a far debiti per avere il piacere di accontentare tutti. Gaetano Negri  lo definisce più sbrigativamente ritrattista dilettante al dagherrotipo. In effetti il Manara, nella casa di proprietà della moglie in borgo del Carmine 11, coltivò la fotografia e fu tra i pionieri di quest’arte a Parma.Del Manara non rimangono dei dagherrotipi ma delle calotipie e stampe al sale altrettanto importanti.Il Manara morì dopo due anni di infermità.
FONTI E BIBL.: Aurea Parma 1 1989, 41; Rosati, Fotografi, 1990, 68.

MANARA IRMINA 
Parma 26 giugno 1839-1871
Figlia di Marcello e Ottavia Meli Lupi. Moglie (1867) del marchese Vincenzo Stanga Trecco, morì in fama di santità.
FONTI E BIBL.: I.Stanga, La famiglia di Prospero e di Irmina Manara, Cremona, 1949, 319-353; F. da Mareto, Bibliografia, II, 1974, 643.

MANARA LINA 
Parma 1888-1965
Alla morte del fratello Pier Luigi, caduto eroicamente nella prima guerra mondiale, rimase l’ultima discendente della famiglia dei marchesi Manara di Borgo Taro.Sposatasi nel 1919 con il marchese Annibale Pallavicino, dedicò la sua vita alla letteratura e a opere di bene.Nel 1939 riacquistò il palazzo avito di piazzale Santafiora in Parma, che venne quasi distrutto nel terribile bombardamento del 13 maggio 1944.Assieme al figlio Pier Luigi, a prezzo di notevoli sacrifici, fece ricostruire e restaurare il palazzo, ridonando così a Parma nel 1962 un gioiello d’arte.Lasciò libri di poesie e fiabe.
FONTI E BIBL.: T.Marcheselli, Strade di Parma, II, 1989, 15; F.e T.Marcheselli, Dizionario Parmigiani, 1997, 231-232.

MANARA MARCELLO 
Borgo Taro 1580/1623
Fu dottore fisico negli anni 1580-1586.Accrebbe il censo della casata entrando in possesso, per eredità, di molti beni dei marchesi Platoni, già feudatari di Borgo Taro (1623).
FONTI E BIBL.: T.Marcheselli, Strade di Parma, II, 1989, 15.

MANARA ORAZIO
Parma 4 novembre 1804-post 1872
Marchese, fu pittore ritrattista attivo nella seconda metà del XIX secolo.Lavorò soprattutto all’estero: Londra (1847-1852), Chateau-Thierry (1865-1872) e Boulogne-sur-Mer.
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, X, 82; Bellier-Auvray, Dictionnaire général., II, 1885; Graves, The Royal Accademy, II, 302; Cat. Mus. Chateau-Thierry, 1900.

MANARA PAOLO Borgo Taro-Acerno 1610 Fu teologo, maestro dell’Ordine dei Domenicani e priore di Santa Sabina in Roma.Fu poi eletto Vescovo di Acerno nel 1604 da papa Clemente VIII, su sollecitazione del domenicano cardinale Gerolamo Bernerio.

FONTI E BIBL.: G.M.Piò, Vite huomini illustri S.Domenico, 1613, 2, 374; L.Mensi, Dizionario biografico dei piacentini, 1899, 262.

MANARA PAOLO EMILIO
Borgo Taro 1616
Fu medico e consigliere di Borgo Taro nell’anno 1616.
FONTI E BIBL.: M. De Meo, in Gazzetta di Parma   22 dicembre 1997, 5.

MANARA PROSPERO
Borgo Taro 1600
Fu Massaro per conto della Comunità di Borgo Taro nel 1578, Console nel 1581-1592 e consigliere nel 1589-1594. Fu imprigionato nel 1600 nel castello di Bardi per motivi politici.
FONTI E BIBL.: T.Marcheselli, Strade di Parma, II, 1989, 15; M. De Meo, in Gazzetta di Parma 22 dicembre 1997, 5

MANARA PROSPERO
Borgo Taro 1642

Fu convittore nel Collegio dei Nobili di Bologna nel 1642.Del Manara rimangono alcuni versi latini nel Convictorum nobilium Collegii S.Francisci Xaverii divo patrono obsequium (Bononiae, Tebaldini, 1642).
FONTI E BIBL.: A. Pezzana, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, 1833, IV, 244.

MANARA PROSPERO
Borgo Taro 1617/1651
Nel 1617 fu consigliere di Borgo Taro.Dottore in diritto civile e canonico, fu imprigionato e condannato alla decapitazione per aver rapito una ragazza minorenne di nome Giacomina.Fu poi assolto con il consenso della stessa e col pagamento di una somma (1651) .
FONTI E BIBL.: T.Marcheselli, Strade di Parma, II, 1989, 15.

MANARA PROSPERO
Parma 1832/1844
Marchese, allievo del Collegio dei Nobili, fu buon violinista, allievo del Paganini.Con rescritto sovrano del 19 gennaio 1832 fu nominato direttore dell’orchestra del Ducale Collegio Maria Luigia di Parma e con successivo atto gli fu concesso l’ingresso gratuito al Teatro Ducale, proprio per meglio esplicare la sua attività. Passando per i Paesi Baltici, il Manara arrivò nel 1843 a Pietroburgo.Ottenne calorose accoglienze in Russia ma piuttosto fredde a Riga.Un anno dopo, accompagnato da una certa notorietà, arrivò a Helsinki.Il pubblico non si entusiasmò del tutto.Destò comunque ammirazione il numero finale del Manara, che consisteva in un brano della Lucia di Lammermoor suonato con un dito, sulla quarta corda del violino.L’espediente fa pensare a un effetto da circo e a Stoccolma non fu apprezzato: gli ascoltatori non furono molti al concerto organizzato nella sala dei massoni e una parte di essi uscì in segno di protesta durante l’esecuzione. Un criticò azzardò malignamente che forse il Manara suonava soltanto per guadagnare denaro.Il Manara rispose, risentito, che i suoi averi coprivano in abbondanza tutti i suoi bisogni e che il trattamento vergognoso di cui era stato oggetto appariva davvero unico. Si trasferì poi a Copenaghen, dove diede un concerto di beneficenza per i ciechi.
FONTI E BIBL.: Aurea Parma 2 1976, 162.

MANARA PROSPERO MARIA VALERIANO
Borgo Taro 14 aprile 1714-Parma18 febbraio 1800
Nacque dal marchese Marcello, feudatario di Ozzano e di Sivizzano, e dalla contessa Anna Caterina Pellegrini di Parma. Fu inviato dal padre nel Collegio dei Nobili di Parma nel 1725, ove si dedicò con particolare passione alle lettere (poesia) e alla pittura. Fu uno dei 107 collegiali che ebbero parte nel sontuoso spettacolo dato nel Teatro del Collegio nell’anno 1728 per le nozze di Antonio Farnese: fu il primo dei sei trasformati in zeffiretti ballanti e recitanti (Festa in teatro per le nozze dell’Altezza d’Antonio Ifatta da’ Signori Convittori del D.Collegio e dagli stessi offerta e dedicata). Benchè nella pittura non raggiungesse il valore che ebbe nella poesia, pure è noto che il Manara dipinse un quadro per una chiesa vicina a Borgo Taro e che il duca Ferdinando di Borbone possedette un’immagine di Maria Vergine opera del Manara.Pur prediligendo poesia e pittura, il Manara si dedicò anche agli studi di giurisprudenza e di filosofia.Sposò Anna Antini, dalla quale ebbe numerosi figli. Nel 1747 le truppe francesi, giunte a Borgo Taro, imposero alla città una taglia estremamente gravosa e a garanzia del pagamento furono prelevati e condotti a Genova alcuni dei cittadini di più alto rango, tra i quali il Manara, due suoi fratelli e uno zio.Una volta rilasciato, il Manara si trasferì definitivamente, col padre e il resto della famiglia, a Parma (1748). Nel 1749, fondata l’Accademia delle Belle Arti di Parma, il Manara vi fu eletto Consigliere e Accademico votante. Nel 1759, nel dispensarsi i premi, vi recitò la sua elegante orazione intorno l’Architettura. Nel 1768, alla morte del Frugoni, fu invitato ad assumere il segretariato perpetuo dell’Accademia, ma il Manara rifiutò proponendo in propria vece Gastone della Torre di Rezzonico.Il Manara fu fatto Gentiluomo della Regia Casa nel 1760, allorché Isabella di Borbone andò sposa a Giuseppe d’Austria.Salì alla carica di Maggiordomo di Corte nel 1764, in riconoscenza del fatto di essere stato compagno e ajo del principe Ferdinando di Borbone durante il periodo dell’inoculazione del vaiolo fattagli da Tronchin, in sostituzione del Keralio e del Condillac, per evitare loro il pericolo di contagio.Nel 1766 il Du Tillot lo nominò commissario per l’esecuzione dei lavori della strada carrozzabile, rimasta incompiuta, che avrebbe dovuto collegare il Parmigiano con la Liguria (attraverso il Passo del Centocroci, per Compiano, Bardi, Vernasca e Alseno). Dal 1769 al 1779 il Manara fu tra i Riformatori degli Studi, col titolo di Promotore degli Onori Accademici, e tra i Conservatori del Collegio dei Nobili di Parma.Fatto Gentiluomo di camera di servizio nel 1772, fu dal duca Ferdinando di Borbone  inviato l’anno seguente alla Corte di Torino per porgere le condoglianze per la morte di Carlo Emanuele di Savoja e le congratulazioni per l’assunzione al trono di Vittorio Amedeo di Savoja.Creato da Ferdinando di Borbone il Consiglio segreto verso il 1771, il Manara ne fu fatto membro e nel 1779 fu nominato ajo del principe ereditario Lodovico di Borbone.Due anni dopo fu nominato, nonostante avesse chiesto di esserne dispensato per l’età avanzata, primo ministro. Durò in questa carica dal 12 agosto 1781 sino al 17 febbraio 1787, giorno in cui gli successe Troilo Venturi.Il Manara ottenne il congedo, tante volte implorato, conle prove le più splendenti del Reale aggradimento.Tutti gli onori di sua carica gli rimasero, e ragguardevole pensione gli si assegnò, e, tornato ch’ei fu alla sua casa, il Sovrano l’onorò di una visita in compagnia del Principe Ereditario (A.Cerati). Tradusse in terza rima le Bucoliche e le Georgiche di Virgilio, ma fu particolarmente noto per alcune liriche, tra cui un sonetto molto citato, Alle campagne, per il giorno della commemorazione dei morti.Le sue poesie furono raccolte ed edite dall’amico Bodoni nel 1801 (Poesie, Parma, 1801, con premesso un Elogio di A.Cerati, voll. 4). Nella Colonia Parmense d’Arcadia ebbe il nome di Tamarisco Alagonio.Rifiutò di esserne il vicecustode, una volta morto Jacopo Sanvitale.Fu anche degli Intrepidi e di altre accademie. Morì dopo oltre ua anno di gravi infermità e sofferenze.Fu sepolto nella chiesa di Santa Maria Bianca (poi distrutta) in Parma.
FONTI E BIBL.: A. Pezzana, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, 1833, IV, 231-244; De Tipaldo, Biografie degli Italiani, 6, 1838, 161-163; L.Mensi, Dizionario biografico dei Piacentini, 1899, 262-263; A.Avoledo, La vita e le opere di P.Manara, Piacenza, 1899; A.Pariset, Per due sonetti famosi di P.Manara, in Parma Giovane IV 1929; G.Micheli, P.Manara commissario per la strada di Genova, in Aurea Parma 1931; A.Pariset, Sonetti ineditidi P.Manara, in Crisopoli III 1935; Dizionario enciclopedicoletteratura italiana, 3, 1967, 474; V.Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, 4, 1931, 287-288; Palazzi e casate di Parma, 1971, 357; G.Pongini, Storia di Bardi, 1973, 201.

MANARA PROSPERO VALERIANO, vedi MANARA PROSPERO MARIA VALERIANO

MANARA ROBERTO
Parma 26 luglio 1879-1936
Figlio di Rinaldo e Adelina Puelli. Fin dai primi del Novecento diede vita a un’impresa edile dedita a lavori di manutenzione a prestigiosi edifici della città di Parma.Nel primo dopoguerra l’impresa, ingranditasi significativamente, assunse importanti appalti  per la costruzione di opere pubbliche cittadine ed edifici di civile abitazione.Nella sua attività venne successivamente affiancato dai figli Carlo e Giorgio.Complessi immobiliari di notevole rilievo furono progettati e costruiti dall’impresa Manara in Parma e città limitrofe.
FONTI E BIBL.: Cento anni di associazionismo, 1997, 401.

MANASA PROSPERO, vedi MANARA PROSPERO MARIA VALERIANO

MANAZZI MARCELLO, vedi MANACCI MARCELLO

Teca Digitale Biblioteche del Comune di Parma - V.lo Santa Maria 5, 43125 Parma (PR)

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