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Dizionario biografico: Pallavicino

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PALLAVICINO ADALBERTO
ante 975-Contignaco 1002
Figlio primogenito di Oberto. Fu governatore della Marca di Toscana dal 975 al 996. Sceso infatti a Pisa nel 975, tornò in possesso delle terre avite, s’insediò nel castello di Massa e dette inizio alla dinastia degli Adalbertini o Obertenghi, grandi feudatari che furono poi re di Sardegna e che esercitarono autorità marchionale sui comitati di Luni, Genova, Tortona e Milano, cioè sopra un territorio non interrotto perché anche l’intermedia Pavia fu sede naturale della famiglia dopo la nomina di Oberto a conte palatino. Nell’anno 998 il pallavicino fondò l’abitato di Contignaco.
FONTI E BIBL.: D. Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 3.

PALLAVICINO ADALBERTO
Luni 980 c.-Busseto 6 gennaio 1034
È concordemente ritenuto dagli storici il capostipite della famiglia Pallavicino. Ernesto Bigini ne ha posto in risalto la figura, una tra le più luminose del secolo XI. Appartenente alla linea obertenga di Massa, detta degli adalbertini, il Pallavicino era figlio di Oberto e nipote del marchese Adalberto Obertengo,  che si ritrova a Pisa nel 975, dopo la morte di Oberto palatino, a pretendere le terre obertenghe da quell’arcivescovo e a insediarsi nel castello di Massa dando inizio alla dinastia dei marchesi di Massa, che furono anche marchesi della Liguria orientale e quindi di Genova. A Genova gli Adalbertini ebbero dei vicecomites, che nel secolo XI si staccarono dall’obbedienza ai marchesi per seguire il vescovo attorno al quale si enuclearono le forze del comune nascente: primo atto del frazionamento delle grandi marche in marchesati. Il primo atto noto in cui figuri il Pallavicino è un contratto di vendita del 12 marzo 1002 (L.A.Muratori, Delle Antichità Estensi, I, Modena, 1717, 228). Secondo U. Formentini, il Pallavicino sarebbe stato il capo o uno dei capi della spedizione genovese e pisana, promossa da papa benedetto VIII, che nel 1016 scacciò Mughâhid (uno dei reys de taifas arabi proveniente dalle Baleari) dalla Sardegna, di cui il conquistatore musulmano si era impossessato dopo aver saccheggiato Luni. Ma l’ipotesi si appoggia unicamente a quanto dice la tarda e oscura epigrafe del Pallavicino, e però non è affatto sicura. Così come non è sicuro che il Pallavicino prima del 1029 sia sbarcato in Corsica e vi abbia conquistato larghi domini. Ciò, sempre secondo il Formentini, sarebbe dimostrato da un passo della ricordata epigrafe e da un documento del 1029 (privo di ulteriori precisazioni cronologiche), col quale il Pallavicino concede beni di sua proprietà, siti in Corsica, al monastero di San Benigno. Ma poiché questo documento, reso noto dal Gabotto, non è in originale ma un manoscritto di A. Della Chiesa conservato nella biblioteca nazionale di Torino, fino a oggi non edito, è ragionevole perciò nutrire dei dubbi anche sulla presunta spedizione del Pallavicino in Corsica. A spedizione compiuta,comunque, il Pallavicino aggiunse al titolo di marchese di Massa e di Modena quello di Corsica. Anche in Corsica gli Adalbertini ebbero dei vicecomites, cui accennano gli storici côrsi e genovesi trattando delle relazioni tra Corsica e Genova specie nel secolo XIV, durante il ducato a vita di Simon Boccanegra: primeggiarono gli Avogadro, i De Mari e altri che rappresentavano nell’isola la vecchia nobiltà genovese. Il comando che il Pallavicino ebbe nella spedizione in Corsica può essere considerato l’ultimo atto della potestà marchionale nella Marca, perché proprio in quel tempo andarono affermandosi le istituzioni comunali che in seguito portarono Genova a divenire libera repubblica marinara. Soltanto la spiccata personalità del Pallavicino poté mantenere intatta l’autorità marchionale, come è dimostrato dalla circostanza che egli, contro i Saraceni, guidò non solo le forze della sua Marca, ma anche quelle pisane, con preferenza sugli altri obertenghi, i quali, secondo il Formentini, erano ormai divisi in famiglie ben individuate, distinte l’una dall’altra e ciascuna con una propria ben definita attività politica, attività che, negli Adalbertini di Massa, era preminente su quella degli altri discendenti di Oberto palatino per quanto riguarda le azioni sul mare.Lo stesso Formentini rammenta come l’importanza marinara degli Adalbertini continuò anche nel secolo XII e cita un andrea Blancho, nel 1195 marchione Palodi, Corsice et Marce Janue, ciò che dimostra come gli Adalbertini fossero considerati marchesi di Genova anche quando la loro potestà era venuta meno. Il Pallavicino mirò in particolare al dominio della sua famiglia sul mare e si preoccupò di far valere la sua autorità in Liguria, dove poteva far leve di armatori e marinai.La sua lungimiranza lo portò a espandere le sue conquiste verso il sud sino a Piombino, assicurandosi il dominio di quel vasto specchio di mare compreso tra la costa della sua Marca e della rimanente parte della Toscana e le grandi isole della Corsica e della Sardegna. E come le consorterie della Liguria orientale rimasero a testimoniare l’ingegno politico del Pallavicino, ugualmente ne furono prova nella Toscana settentrionale i nobili dei comuni di Pisa e Lucca, che, nella maggioranza, seguirono costantemente la politica dei marchesi di Massa e che a Massa, sotto adalberto IV Rufo, giunsero persino a stabilirsi in forma permanente. Questa nobiltà, dalla quale il Pallavicino riceveva le forze per le sue imprese, traeva il proprio diritto ex lege longhobardica, professata anche dal Pallavicino e dai suoi discendenti. Lo Jung, nei suoi studi sulla città di Luni, afferma che l’Italia, dopo la caduta dell’impero romano, non aveva più avuto forze sufficienti, sia di terra che di mare, per potersi reinserire nella vita politica europea sino al tempo della spedizione del Pallavicino contro i Saraceni e sottolinea che, dopo di allora, gli sguardi della Germania conversero sull’Italia, e anzi l’eco della vittoriosa impresa non si era ancor spenta al tempo del barbarossa. È questa la ragione, osserva il Bigini, per cui il Pallavicino si stacca dal consueto cliché, teso com’era all’avveramento di un ideale presago dell’indipendenza italiana di fronte allo straniero, di quell’unità nazionale che la fioritura dei comuni avrebbe per secoli allontanata. Vicende politiche legate agli avvenimenti del tempo, come è stato detto, privarono il Pallavicino del feudo degli antenati, ma è notevole la circostanza che egli continuò a mantenere i suoi diritti su Genova, diritti che non vennero meno neppure un ventennio dopo la sua morte, nel 1052, quando i vicecomites erano in composizione col vescovo per la riscossione delle decime, e che si estinsero nel 1056 con la capitolazione dei marchesi, estromessi dalla civitas. La perdita della Marca di Toscana fu in parte compensata nel 1026 dall’investitura che il Pallavicino ricevette dall’imperatore Corrado il Salico quale nipote di Lanfranco conte di Piacenza, morto senza figli, del governo di quella città e di quella vasta accezione territoriale, posta tra Cremona, Piacenza e Parma, detta Contado dell’Aucia. Il Contado dell’Aucia, con Busseto, venne pertanto solo in quel tempo e non prima, come pretenderebbero alcuni cronisti, in possesso del nobile casato e, ingrandito col volgere degli anni, mutò titolo e nome assumendo quello di Marca Pallavicino. Da allora il Pallavicino si stabilì a Busseto, che elevò al rango di capitale del suo nuovo marchesato, ampliando il borgo, fortificandone le mura ed erigendovi un castello. Sposò Adelaide, figlia del conte Bosone di Parma. Non si hanno sicure notizie del Pallavicino sino al 1033: nel gennaio di quest’anno donò dei beni siti in Capriasco al monastero di Santo Stefano di Genova (ediz. in Historiae Patriae Monumenta, Chartae, I, Augustae Taurinorum, 1836, coll. 501 ss., n. 291). Da un altro documento risultano i vastissimi possessi di cui il Pallavicino godeva nel litorale ligure, nelle città e contadi di Milano, Pavia, Como, Bergamo, Brescia, Verona, Tortona, Acqui, Alba, Piacenza, Parma, Reggio, Modena, Luni, Pisa, Volterra, Arezzo: essi sono enumerati in un atto del 10 giugno 1033, con il quale il Pallavicino, insieme con la moglie Adelaide, fondò e dotò riccamente il monastero di Santa Maria di Castiglione, l’attuale Castione dei Marchesi (ediz. in A. Ferretto, Documenti genovesi di Novi e Valle Scrivia, I, Pinerolo 1909, 10-12), destinandolo ai Benedettini. la sua lapide funeraria, ornata dello stemma Pallavicino e rifatta tra il secolo XV e il XVI e perciò poco attendibile, è murata nella chiesa del suddetto monastero di Santa Maria di Castiglione e dice: Hectoreos cineres et Achillis busta superbi Cesareumque caput pario hoc sub marmore tectum credere neu dubites: pietate Adalbertus et armis inclytus, Ausonie quondam spes fide carine quo duce romuleis Cyrnus subiecta triumphis barbara gens italaque procul dispellitur urbe marchio, dux Latii, sacer edis conditor huius, hac tumulatur humo, malior pars ethere gaudet. Obiit anno salutis MXXXIV, die VI ianuarii (ediz. in Formentini, 208). Il Colonna de Cesari Rocca chiama questa epigrafe obscure epitaphe. In essa, ammessa la spedizione anti-saracena in Corsica, resta da spiegare almeno un epiteto, quello di dux Latii, che, come tutto quanto questa strana lapide afferma, non è altrimenti documentato.
FONTI E BIBL.: R. Colonna de Cesari Rocca, Recherches sur la Corse au Moyen Age. Origine de la rivalité des Pisans et des Génois en Corse, 1014-1174, Genova, 1901, 20 ss.; U. Formentini, Genova nel basso impero e nell’alto medio evo, Milano, 1941, 202, 205, 206, 207, 208, 217; Dizionario biografico degli Italiani, I, 1960, 215; D. Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 4-7.

PALLAVICINO ADALBERTO
1511 c.-Torre Pallavicina 1570
Figlio naturale di Galeazzo, fu legittimato prima del 1512. Si deve al Pallavicino l’esecuzione di una grandiosa opera voluta dal padre a vantaggio dell’agricoltura: la derivazione dal fiume Oglio di un nuovo naviglio che fu appunto chiamato Pallavicino e che fu realizzato a partire dal 1525. Questo canale, per la realizzazione del quale furono spesi diversi milioni di lire, ha una lunghezza di circa 30 chilometri, riconfluisce nell’Oglio e serve all’irrigazione di buona parte dell’agro cremonese. Nel 1527 il Pallavicino acquistò dal marchese Stanga anche il canale Calciana. Il pallavicino servì la Repubblica di Venezia al comando di cento cavalleggeri quale luogotenenente di Francesco Maria della Rovere duca d’Urbino, e capitano generale dei Veneziani. Nel 1550 fece erigere un palazzo alla Torre Pallavicina nella Calciana con ricchi lavori d’intaglio e pitture dei fratelli Campi, e in questo palazzo si ritirò a vita privata. In questo luogo, nel 1569 fondò l’oratorio di Santa lucia e vi istituì una cappellania.
FONTI E BIBL.: P.Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXIII; F. Stroppa, Famiglie di Salsomaggiore, 1928, 21.

PALLAVICINO ADALBERTO
-Colberg 18 maggio 1807
Figlio di Giovanni Pio Luigi e di Marianna locatelli. Fece parte della prima compagnia delle Guardie d’Onore del regno d’Italia. Il 1° ottobre 1806 fu fatto sottotenente del primo Reggimento di Fanteria. Fu ucciso la notte tra il 17 e il 18 maggio 1807 combattendo da valoroso contro i Prussiani all’assalto di colberg.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XXV.

PALLAVICINO ADALBERTO
Busseto 22 febbraio 1826-Parma 31 maggio 1903
Figlio di Giuseppe Maria e di Leopolda Pallavicino. Sotto il Governo della Reggenza di Luisa Maria di Borbone per il duca Roberto, fu anziano nel Municipio di Parma. Fu consigliere per vari anni della congregazione di Carità di San Filippo Neri in Parma, nella quale occupò anche la carica di ordinario. Fu presidente della Cassa di Risparmio di Parma, consigliere comunale in diversi comuni e consigliere provinciale per il Mandamento di San Secondo Parmense. Ciambellano nella Reggenza di Luisa Maria di Borbone, fu cavaliere della Corona d’Italia, patrizio e cittadino veneto.
FONTI E BIBL.: Pallavicino dell’Emilia, 1911, tav. XXXIV; V. Spreti, Enciclopedia Storico Nobiliare, 1932

PALLAVICINO ADALBERTO, vedi anche PALLAVICINO OBERTO

PALLAVICINO ADALBERTO GALEAZZO
Busseto ante 1709-1762
Figlio di Gianfranco Galeazzo e di Girolama Ala. Per tutta la vita si adoperò con ogni mezzo per recuperare i domini che i Farnese avevano tolto alla propria famiglia. A partire dal 1709 si rivolse più volte all’imperatore carlo VI, e nel 1729 si recò a Vienna. ottenne diplomi, pergamene e mandati imperiali che confermarono e ribadirono le sue ragioni ma non riuscì mai concretamente a riprendere possesso dei suoi feudi.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XXV.

PALLAVICINO ADELAIDE MARIA GIOSEFFA
Parma 22 luglio 1775-
Figlia di Antonio Francesco e di Anna tarasconi Smeraldi. Fu Dama di Palazzo di Maria Luigia d’Austria.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XXVII.

PALLAVICINO ALBERTO
Busseto 1106 c.-post 1136
Figlio di Oberto.Fu detto Greco per aver preso parte alla prima crociata.
FONTI E BIBL.: V. Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, 1932.

PALLAVICINO ALBERTO, vedi anche PALLAVICINO OBERTO

PALLAVICINO ALESSANDRO
Scipione 1448 c.-1504
Figlio di Nicola e di Dorotea Gambara. Nel 1474 ricevette il giuramento di fedeltà di vassalli di Castelguelfo. Nel 1477 promise al Duca di Milano, anche a nome dei fratelli, di tenere la fortezza di Torre dei Marchesi in nome del Duca. Nel 1481 ricevette dagli Sforza l’investitura di Varano dei Marchesi, Galinella, Torre dei Marchesi e Bianconese. Nel 1484 ricoprì la carica di Governatore ducale in Milano e in tale veste firmò il trattato di pace di Vigevano tra Lodovico il Moro e la casa Savoja. Nel 1486 fu creato Consigliere ducale.
FONTI E BIBL.: P.Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XIX.

PALLAVICINO ALESSANDRO
Salsomaggiore 1480
Figlio di Niccolò e di Angela. Il 2 ottobre 1480 fu creato parroco di Salsomaggiore, e in quello stesso anno fu nominato dalla famiglia Pallavicino al beneficio di San Nicomede in Borgo San Donnino.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXIX.

PALLAVICINO ALESSANDRO
-Anversa 23 novembre 1552 o 1553
Figlio di Giulio e di Luigia Anguissola. Dopo aver commesso un omicidio, si rifugiò in Torino. Conoscendo il suo coraggio, nel 1547 i congiurati che preparavano l’assassinio del duca Pier Luigi Farnese trovarono il modo di farlo ritornare a Piacenza con un salvacondotto temporaneo. Partecipò infatti in prima persona alla congiura del 10 settembre, impadronendosi dei ponti levatoi della fortezza, coadiuvato in questa impresa dal fratello Camillo. Nel 1549 fu tra coloro che furono chiamati a comparire in Roma dinanzi a papa Paolo III per essere accusati dell’uccisione di Pier Luigi Farnese. Durante la guerra di Parma servì gli imperiali. In quell’occasione fu accusato di aver lasciato passare alcune vettovaglie al nemico.Allora, per giustificarsi direttamente con Carlo V, credette opportuno recarsi nelle Fiandre. Presso Anversa, mentre era in compagnia di Girolamo Pallavicino, fu assalito da otto sicari della casa Farnese e ucciso.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXIX.

PALLAVICINO ALESSANDRO
Varano Marchesi 1556
Quale feudatario di Varano, nel 1556 prestò omaggio a Filippo II re di Spagna e duca di Milano.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XIX.

PALLAVICINO ALESSANDRO
Zibello 1570 c.- Roma 19 settembre 1645
Figlio di Alfonso e di Ersilia Malaspina. Nel 1581 fu adottato da Sforza Pallavicino, marchese di Cortemaggiore e di Busseto, alla cui morte, avvenuta nel 1585, ereditò i suddetti feudi. Il duca di Parma Ottavio Farnese gli diede in sposa sua figlia Lavinia e lo protesse in ogni modo. Nel 1586 andò nelle Fiandre al servizio di Alessandro Farnese, ed essendo ancora minorenne, lasciò in procura le sue terre e i suoi enormi beni al padre e alla moglie. Ma nel 1587 Alessandro Farnese, divenuto duca di Parma e Piacenza alla morte di Ottavio Farnese, ordinò il sequestro dei feudi dei Pallavicino non riconoscendone la legittimità. Il Pallavicino si fece difendere dal Menocchio, un legale assai stimato, ma nulla poté conro i soprusi del Farnese che impose al consiglio di giustizia di riconoscere la propria tesi, e fece rinchiudere il Pallavicino nella Rocchetta di Parma. Il Pallavicino poté riottenere la libertà solo quando ordinò ai castellani delle sue rocche di consegnarle ai Farnese. Si ritirò allora a Salò e intentò causa al suo contendente dinanzi al Tribunale di Roma. La lite durò 47 anni e si risolse solo nel 1633 quando si arrivò a un componimento voluto da Odoardo Farnese: il Pallavicino ottenne solo pochi riconoscimenti, una somma di denaro e i territori di Castiglione della Teverina e sant’Angelo in Castel Madama, rinunciando a ogni diritto sui possedimenti del Ducato. Morì a circa 75 anni d’età.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XXVII

PALLAVICINO ALESSANDRO
Tabiano 14 dicembre 1613-Borgo San Donnino 25 maggio 1675
Nacque nel castello di Tabiano dal marchese Francesco, feudatario di quella terra, e dalla nobildonna Caterina Cerati. Fu il quarto di sette fratelli, cinque maschi e due femmine. poiché il padre risiedeva abitualmente a Parma, il Pallavicino abitò in seno alla famiglia nel vecchio palazzo, situato in Sant’Anastasio di Parma, sino all’età di quindici anni. La vocazione allo stato ecclesiastico si manifestò in lui giovanissimo: il 28 ottobre 1628 entrò tra i monaci dell’ordine di San Benedetto e professò il 21 dicembre del seguente anno nel monastero di San Giovanni Evangelista in Parma. Completati gli studi delle sacre discipline, fu preposto nello stesso monastero all’insegnamento ma dopo alcuni anni vi rinunciò per ragioni di salute dedicandosi ad altre attività. Ricoprì la mansione di cerellario, passando quindi a Roma al servizio del procuratore generale dei Benedettini. Occupate numerose dignità nella congregazione sino a divenire Procuratore generale, il 12 gennaio 1660 il pontefice Alessandro VII lo nominò vescovo di Borgo San Donnino. Preso possesso della sede, suo primo pensiero fu d’indire la sacra visita pastorale, allo scopo di conoscere il clero e il popolo della diocesi che gli era stata affidata. L’iniziò il 29 aprile dello stesso anno e la terminò il 2 settembre del successivo. Nei giorni 4, 5 e 6 giugno 1663 celebrò il sinodo, facendone stampare le costituzioni a Parma con i tipi degli eredi Viotti. Nella circostanza del sinodo, il Pallavicino provvide ad assegnare il titolo agli otto canonicati eretti in cattedrale che ne erano sprovvisti, chiamando il primo di San Michele Arcangelo (Teologale), il secondo di San Francesco (Penitenzieria), il terzo di San Donnino, il quarto di San Pietro, il quinto di San Paolo, il sesto di San Giovanni Battista, il settimo di San Giuseppe e l’ottavo di San Marco. Considerato poi che i redditi della confraternita della Beata Vergine del Carmine eccedevano notevolmente gli oneri gravanti sopra di essa, dispose che parte dei beni del pio sodalizio andassero a beneficio delle ore canoniche della Cattedrale, obbligando tuttavia i canonici e i prebendari a cantare la messa e a recitare le ore in tutte le feste di precetto e anche nelle feste di San Benedetto, San Francesco e di San Carlo Borromeo. Il Pallavicino fu prelato di pietà singolare e di inesauribile carità, doti che lo resero particolarmente caro al clero e al popolo. Governò degnamente la diocesi per quindici anni. Una dolorosa malattia, che si tentò di vincere con un intervento operatorio, ne causò la morte. La sua salma fu inumata in Cattedrale nella cappella della Beata Vergine del Carmine, nel lato di destra. Il fratello del Pallavicino, Federico, fece murare nella parete corrispondente una piccola lapide marmorea recante la seguente breve iscrizione: Alexandro marchioni  Pallavicino Burgi Sancti Domnini episcopi inter universi populi lacrimas Federicus frater dilectissimus hunc lapidem sui amoris in argumentum erexit anno sui obitus MDCLXXV.
FONTI E BIBL.: D. Soresina, Enciclopedia Diocesana Fidentina, 1961, 315-316.

PALLAVICINO ALESSANDRO
Busseto-28 giugno 1678
Figlio di Antonio e di Faustina Vimercati. Fu Cavaliere gerosolimitano.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXIII.

PALLAVICINO ALESSANDRO
Busseto 26 gennaio 1667-Parma 1749
Figlio di Alfonso e di Anna Ariberti. completò e abbellì il palazzo di famiglia in busseto.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XXVII.

PALLAVICINO ALESSANDRO
1674 c.-Staffarda XVIII secolo
Figlio di Muzio e di Lucrezia Vernazzi. cavaliere gerosolimitano, fu al servizio imperiale. Rimase ucciso combattendo contro i Francesi.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXIII.

PALLAVICINO ALESSANDRO
Parma 1768 c.-Parma 13 febbraio 1831
Figlio di Antonio Francesco e di Anna Tarasconi Smeraldi. Allievo al Collegio dei Nobili, nel Carnevale del 1781 cantò nel dramma pastorale La morte di Nice, rappresentato nel Teatro dell’Istituto. Fu Ciambellano dell’Imperatore d’austria. Nel 1817 fu capitano delle guardie d’onore di Maria Luigia d’Austria, duchessa di parma, e nel 1818 fu creato cavaliere dell’ordine Costantiniano. Nel 1825 fece costruire sulla sponda sinistra dell’Aniene un ponte sospeso in ferro, il primo del genere in Italia, destinato ad aprire una via di comunicazione tra le genti divise dal fiume, dato che da Tivoli e Vicovaro non esisteva alcun passaggio. Il ponte fu eseguito in modo tale da permettere anche il passaggio dei carri, mentre fino ad allora se ne erano costruiti solo per i pedoni.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XXVII.

PALLAVICINO ALESSANDRO FELICE, vedi PALLAVICINO GIOVANNI FRANCESCO MARIA

PALLAVICINO ALESSANDRO GALEAZZO
Busseto ante 1619-23 marzo 1666
Figlio di Gerolamo Galeazzo, marchese di Busseto. In gioventù servì nelle truppe di Ferdinando II. Nel 1636 fu in Italia, e il 13 settembre, unitamente al fratello, in nome dei congiunti prese possesso dei marchesati di Busseto e Cortemaggiore. Dopo pochi mesi fu espulso dalle armi dei Farnese. Morto il padre, ottenne dalle corti di Vienna e di Madrid tre diversi mandati imperiali contro i Farnese.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri italiane, Milano, 1834; E. Nasalli Rocca, Gli statuti dello stato piacentino e le Additiones di Cortemaggiore, in Bollettino Storico Piacentino, 1926-1927; E. Seletti, La città di Busseto, capitale un tempo dello stato dei Pallavicino, Milano, 1883; V. Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, Milano, 1932; C. Argegni, Condottieri, 1937, 384.

PALLAVICINO ALFONSO
21 ottobre 1568-Parma 1659 c.
Figlio naturale di Camillo e di Isabella Tonioli. Fu legittimato e divenne, a scapito dei fratelli, il prediletto del padre. Visse alla Corte di parma e fu maestro di Camera del duca Orazio Farnese. Fece testamento l’11 novembre 1658.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XVIII.

PALLAVICINO ALFONSO
1611-Busseto 14 gennaio 1679
Figlio di Alessandro e di Francesca Sforza. È citato una prima volta nel 1641. Nel 1657 fu ambasciatore a papa Alessandro VII per promuovere le ragioni dei Farnese sul Ducato di Castro. Nel 1666 fu ambasciatore a Milano per complimentare l’infanta Margherita che andava in Germania sposa all’imperatore Leopoldo. Morì a 68 anni e fu sepolto nella chiesa di Sant’Antonio.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XXVII.

PALLAVICINO ALFONSO
Busseto 14 giugno 1648-Busseto 9 settembre 1715
Compì gli studi ecclesiastici nel seminario diocesano di Borgo San Donnino e, ordinato sacerdote, fu destinato a Busseto quale canonico in quel capitolo, mansione che il pallavicino svolse ininterrottamente sino alla morte. Prossimo alla fine dei suoi giorni, con testamento del 4 giugno 1715, ricevuto dal notaio e cancelliere vescovile Ercole Micheli, donò ai Gesuiti di Busseto un fabbricato, poi denominato Ritiro, tre poderi per complessivi 23 ettari e un capitale di censo perché con le rendite dei beni lasciati fossero annualmente tenuti da quei religiosi più corsi di esercizi spirituali per sacerdoti, chierici o secolari. La disposizione testamentaria fu rispettata fintanto che, con regio decreto 8 marzo 1900, il patrimonio del pio legato fu concentrato nella Congregazione di carità di Busseto per passare poi in amministrazione dell’Ente comunale di Assistenza e infine al Ricovero di Mendicità, che reca il nome del Pallavicino.
FONTI E BIBL.: D. Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 316-317.

PALLAVICINO ANNA
Parma 1879
Moglie del conte Giovanni Simonetta, essendo scampata a un incidente stradale con la carrozza, fece costruire dall’architetto Pancrazio Soncini un oratorio a Porporano, che fu inaugurato il 16 luglio 1879 con l’intervento del vescovo Domenico Villa. Cantò un piccolo coro composto da dieci giovanetti, tutti appartenenti alla famiglia Pallavicino, e l’armonium fu suonato dal marchese Filippo Pallavicino, che si alternò con la marchesa Eleonora Pallavicino. Nell’oratorio furono poste due campane: una del 1723 con l’immagine di Santa Felicola e la scritta Procul recedat calamitas tempestatum. P. Bosi. F., l’altra, opera della Fonderia Vittorio De Poli di Porporano, sostituì quella fusa durante la prima guerra mondiale.
FONTI E BIBL.: L. Gambara, Ville, 118-120; G.N. Vetro, Dizionario, 1998.

PALLAVICINO ANNA, vedi anche ANGUISSOLA ANNA e TARASCONI SMERALDI ANNA

PALLAVICINO ANNIBALE
Zibello-ante 1541
Figlio di Federico. Fu uno dei feudatari che prestarono solenne giuramento di fedeltà a re Lodovico XII il 26 ottobre 1499 nel Castello di Milano.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XVI.

PALLAVICINO ANNIBALE
Scipione 9 febbraio 1592-post 1635Figlio di Ascanio e di Marcella Pallavicino. Marchese di Specchio, nel 1635 fu al servizio dei Farnese alleati con Luigi XIII per cacciare gli Spagnoli da Milano.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XXX.

PALLAVICINO ANTONIA, vedi CASALI ANTONIA

PALLAVICINO ANTONIO
Zibello 1404/1429
Figlio di Federico. Il 4 giugno 1404 entrò a far parte della lega contro Ottobono Terzi, signore di Parma. Nel 1416 fu spogliato dagli Estensi del feudo di Zibello e rinchiuso nel carcere di Parma. Tentò la fuga ma fu scoperto e ricondotto in prigione. Nel 1427 lo si trova alleato con Oberto Pallavicino e i Veneziani contro il Duca di Milano. Avendo innalzato le insegne di Venezia sulle sue rocche, il Visconti lo assalì e lo spogliò di ogni possesso. Con la pace di Ferrara del 1428 il feudo di Zibello gli fu restituito ma appena un anno più tardi ne fu definitivamente spogliato da Orlando Pallavicino.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XVI.

PALLAVICINO ANTONIO
Busseto o Scipione-post 1432
Figlio di Uberto. Il 20 novembre 1432 ebbe l’investitura del feudo di Ravarano da Filippo Maria Visconti duca di Milano, che gli donò i beni nel Parmigiano che erano appartenuti a Giacomo Pallavicino che gli si era ribellato.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XVI.

PALLAVICINO ANTONIO
Busseto 1511
Figlio di Giovanni e di una Cerioli. Nel 1511 fu Magistrato dei provveditori di Crema.
FONTI E BIBL.: P. Litta, famiglie celebri, VI, 1840, tav. XV.

PALLAVICINO ANTONIO
Busseto ante 1591-Cremona ante 1659
Figlio di Antonio, dei marchesi di Busseto, fu condottiero al servizio della Chiesa e nel 1591 seguì in Francia il nipote di papa Gregorio XIV, inviato in soccorso della lega cattolica contro gli Ugonotti. Fu nominato erede universale dall’avo Adalberto in sostituzione del ramo di Galeazzo, suo zio. Il Pallavicino si domiciliò in Cremona.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri italiane, Milano, 1834; P. Pallavicino, Notizie sulla famiglia Pallavicino, Firenze, 1911; E. Seletti, La città di Busseto, Milano, 1883; C. Argegni, Condottieri, 1937, 384.

PALLAVICINO ANTONIO
Busseto 1674-Roma 1749
Fu un eminente rappresentante del ramo dei marchesi di Busseto. Laureato in legge all’università di Pavia, intraprese la carriera ecclesiastica a Roma, dove papa clemente XI lo annoverò, in ancor giovane età, tra i suoi prelati domestici. Nominato nel 1711 dallo stesso pontefice Referendario delle due segnature, nel 1719 membro della congregazione della sacra visita apostolica e tre anni dopo votante della segnatura di Grazia e Giustizia, venne elevato alla dignità di arcivescovo di Lepanto e vescovo assistente al soglio pontificio nel 1724. Fu quindi nominato segretario della visita apostolica, consultore dell’Inquisizione e infine, nel 1737, commendatore di Santo Spirito. Proposto nel 1743 da papa Benedetto XIV al cardinalato, ricusò tale altissima distinzione. Perciò il pontefice, fatta del Pallavicino una ragguardevole menzione in concistoro, lo creò patriarca d’Antiochia ed esaminatore dei vescovi.
FONTI E BIBL.: D. Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 317-318.

PALLAVICINO ANTONIO
Busseto 1702-
Figlio di Muzio e di Maria Canobbio. Nel 1727 fece parte del consigio dei Decurioni di Cremona.
FONTI E BIBL.: P. Litta, famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXIII.

PALLAVICINO ANTONIO
Roccabianca 1761/1799
Feudatario di Roccabianca (1761) e di Pieve Ottoville (1770), fu corrispondente dell’Affo’ (1791) e del Bodoni (1799) e Plenipotenziario  a Piacenza nel 1796.
FONTI E BIBL.: F. da Mareto, Indice, 1967, 674.

PALLAVICINO ANTONIO
Parma 23 agosto 1842-Marano 29 ottobre 1905
Figlio di Giuseppe Maria e di Leopolda Pallavicino.Pur provenendo da una famiglia di legittimisti e di sanfedisti, si proclamò sempre fieramente socialista. Uomo colto e d’ingegno, si laureò in legge, esercitò la professione di notaio e coltivò la letteratura pubblicando anche qualche piacevole sonetto e parecchie argute satire. Alcune sue poesie sono riportate da Jacopo Bocchialini nel volume Poeti parmensi della seconda metà dell’Ottocento. A Roma fu, attorno al 1870, in grande dimestichezza con Giovanni Prati che, ormai vecchio, gli dettò versi e altri scritti. Di gusto fine e paradossale, il Pallavicino produsse poco e quasi sempre improvvisando, ma fu piuttosto  originale.
FONTI E BIBL.: Aurea Parma 1 1924, 17; B.Molossi, Dizionario biografico, 1957, 113.

PALLAVICINO ANTONIO FRANCESCO
Parma 11 febbraio 1742-Firenze 19 luglio 1807
Figlio di Uberto Ranuzio e di Anna anguissola. Nel 1796 fu inviato, assieme al marchese Dalla Rosa, a Piacenza per conferire con Napoleone Bonaparte al fine di ottenere a qualunque costo una tregua, in modo che i domini del duca Ferdinando di Borbone fossero salvaguardati. Ciò in effetti si ottenne (anche attraverso la mediazione del Azara, ministro della Spagna in Roma) ma non senza gravi sacrifici. Quando in seguito i duchi di Parma furono spogliati del loro Stato, il Pallavicino si ritirò in Firenze.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XXVII.

PALLAVICINO ANTONIO MARIA
post 1388-Milano post 1478
Figlio di Giovanni e di Lucia Bojardo. Seguì la carriera militare e fu creato cavaliere nel 1478. Visse 90 anni. Fu sepolto in una tomba marmorea nella chiesa di Sant’Angelo di Milano.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXIX.

PALLAVICINO ANTONIO MARIA
Busseto 1453 c.-Milano 1519
Figlio di Pallavicino e di Caterina Fieschi. Fu condottiero negli eserciti di Lodovico il Moro e uno dei capitani delle squadre milanesi che nel 1495 furono alla battaglia del Taro contro Carlo VIII re di Francia, che fu obbligato a ritirarsi dall’Italia. Nel 1496 fu ambasciatore in Francia. Nel 1499 fu inviato dal Duca di Milano alla difesa di Tortona minacciata dalle truppe di Lodovico XII. Al presentarsi del nemico, il Pallavicino, forse anche spaventato dalle minacce venutegli dalla parte guelfa della cittadina, abbandonò la piana in mano ai nemici. Pochi giorni dopo, mentre Lodovico il Moro fuggiva precipitosamente da Milano, il Pallavicino si adoperò per corrompere le truppe lasciate a difesa del Castello. Di lì a poco i Francesi si impadronirono del Castello, mentre il Pallavicino, assieme agli altri traditori Trivulzio, Corti e Visconti, fece bottino dei preziosi del Duca. Il re Lodovico XII, per ricompensarlo dei servigi avuti, nel 1499 gli donò in feudo Cassano d’Adda, lo nominò Commissario dell’Adda, Cavaliere di San Michele e lo investì del cospicuo feudo di Borgo San Donnino. L’anno seguente fu posto alla difesa di Milano. Nel 1508 ebbe dal re di Francia il feudo di Castel San Giovanni. Divenuto ricco e potente, visse sempre in Milano con grande magnificenza, permettendosi in più occasioni di invitare a solenne convito lo stesso Re di Francia. Nel 1509 tornò a combattere, e dopo la battaglia di Agnadello, fu inviato a governare Bergamo, sottomessasi ai Francesi. Nel 1512, dopo che i Francesi avevano dovuto abbandonare Milano, si ritirò in Francia. L’anno seguente seguì La Trimouille nella sua spedizione in Italia e, assieme a Bastardo di Savoja, occupò Milano. Ma il 6 giugno i Francesi furono sconfitti nella battaglia di Novara e il Pallavicino, assalito dal popolo a sassate, poté salvarsi solo grazie all’aiuto del Marliani, che gli era suocero, e si rifugiò nuovamente in Francia. Nel 1515 fu inviato da Francesco I al papa Leone X per convincerlo ad allearsi con lui per la riconquista della Lombardia. Nonostante il diniego del Papa, Francesco I penetrò in Italia e nello stesso anno, grazie alla vittoria di Marignano, rientrò in Milano. Il Pallavicino fu nuovamente inviato al Papa per organizzare il Congresso di Bologna. Nel 1516 fu a Lione, ove fece testamento, lasciando, tra l’altro, case, giardini, vigne e mille ducatoni d’oro ai Minori Osservanti di Sant’Angelo vecchio fuori di Porta Nuova di Milano per fabbricare convento, chiesa e refettorio.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XXI.

PALLAVICINO ANTONIO MARIA
Busseto 1653 c.-post 1685
Figlio di Muzio e di Lucrezia Vernazzi. Viene ricordato una prima volta nel 1683. Nel 1685 fu ascritto al Consiglio dei Decurioni di Cremona. Fu maestro di campo comandante in capo di tremila fanti di milizia italiana al servizio della Spagna.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXIII.

PALLAVICINO ANTONIO MARIA
30 giugno 1753-Milano 28 febbraio 1820
Figlio di Muzio Omobono e di Maria zaccaria. Fece costruire la bella villa di Cicognolo nel Cremonese, dall’architetto Zanoja. Si stabilì poi definitivamente a Milano.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXIII.

PALLAVICINO ARGENTINA
Zibello 1502-Zibello 28 luglio 1550
Figlia di Federico, marchese di Zibello, andò sposa sedicenne al celebre capitano modenese conte Guido Rangoni, che seguì a Venezia, dove amò circondarsi nella sua ospitale casa dei più vivaci ingegni del tempo. Dama di non comune avvenenza e cultura, si dilettò in particolare di poesia e di botanica, e tra quanti beneficiarono della sua munificenza va annoverato il poeta toscano Pietro Aretino. A lei l’Aretino dedicò la commedia Il Marescalco, e Fausto da Longino le dedicò la Versione di Dioscoride. Il Quadrio esalta la Pallavicino come poetessa e come studiosa di molte scienze e particolarmente di botanica. Prima del Quadrio, fu il contemporaneo Giovanni Betussi a esaltare i suoi meriti. Della pallavicino rimangono esclusivamente una Lettera a M.P.F. nel libro II della Nuova scelta di lettere di diversi nobili uomini, a cura di Bernardino Pino (Venezia, 1574, 40) e una Lettera al cardinale P. Bembo, tra le lettere al cardinale raccolte dal Sansovino. Rimasta vedova nel 1543, la Pallavicino riuscì, prima della morte, a recuperare il dominio di Zibello.Una medaglia, coniata in suo onore, figura tra i cimeli in dotazione del civico Museo parmense.
FONTI E BIBL.: F. Orestano, Eroine, 1940, 279; G. Betussi, Aggiunte alle donne illustri del Boccaccio, Venezia, 1558, 206 s.; Delle donne illustri italiane dal XIII al XIX secolo, Roma, 1850, 172; F. A. Della Chiesa, Teatro delle donne letterate, Mondovì, 1620; P.L.Ferri, Biblioteca Femminile Italiana, Padova, 1842; G. B. Janelli, Dizionario biografico dei parmigiani illustri, Genova, 1877; A. Levati, Dizionario biografico cronologico degli uomini illustri, Classe V: donne illustri, Milano, 1821, vol. III, 61; L. Mensi, Dizionario biografico piacentino, Piacenza, 1899; F. S. Quadrio, Della storia e della ragion d’ogni poesia, Milano, 1739-1752, tomo II, 228; G.B. Spotorno, Storia letteraria della Liguria, Genova, 1824-1826; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, Milano, 1821-1826, tomo VII, 136-138; C. Villani, Stelle feminili, Napoli, 1915, 505 e 563; M. Bandini, Poetesse, 1942, 107; D.Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 318.

PALLAVICINO ARRIGO
Scipione - 1266
Marchese di Scipione, fu Vicario e luogotenente di Milano nel 1259 in nome dello zio Oberto Pallavicino, che si era fatto Signore di quella città.
FONTI E BIBL.: L. Mensi, Dizionario biografico dei Piacentini, 1899, 311.

PALLAVICINO ASCANIO
Scipione o Specchio 1618 c.-Piacenza 1690 c.
Figlio di Annibale e di Giulia Cattaneo. Morì incarcerato nel Castello di Piacenza. Non si conosce il motivo della sua prigionia. Fu l’ultimo marchese di Specchio.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XXX.

PALLAVICINO BARBARA
Zibello-Cremona 1539
Figlia di Rolando, marchese di Zibello. Sposò Lodovico Rangoni. Allorché il padre nel 1527 fu incarcerato da papa Clemente VII, ottenne da questi di poter succedere col marito nei beni feudali e fedecommissari. Nel 1531 consigliò al marito di impadronirsi dei beni del cugino Uberto. Intrigante, pare che la Pallavicino spesso usasse il veleno per liberarsi delle persone a lei nemiche. A Roma, il 18 gennaio 1537, fu pubblicata condanna di morte e confisca dei beni contro di lei e contro il marito, entrambi accusati di enormi delitti, di cui però si ignora con precisione la natura. Due anni dopo la Pallavicino morì, pare per avvelenamento.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri italiane, Milano, 1819; F. Orestano, Eroine, 1940, 279.

PALLAVICINO BARBARA
Busseto 1648
Figlia di Girolamo Galeazzo e di Elisabetta valvassori. Sposò Antonio Vincenzo di costanzo. Nel 1648 fu alla corte di Spagna in qualità di Dama dell’infante Margherita di Savoja, già duchessa di Mantova.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XXV.

PALLAVICINO BARBARA, vedi anche BORROMEO BARBARA

PALLAVICINO BARTOLOMEO
-Stupinigi 1483
Figlio di Donnino e di Francesca Cipelli. Dopo una lunga controversia tesa a recuperare il feudo di Zibello, finalmente nel 1459 fu convenuto, con la mediazione di Francesco Sforza, che il Pallavicino rinunziasse a Zibello, ricevendo in cambio da Orlando Pallavicino il castello di Stupinigi in Piemonte. Nel 1482 fu nominato Consigliere del duca Carlo di Savoja.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XVI.

PALLAVICINO BATISTA, vedi PALLAVICINO GIOVANNI BATTISTA

PALLAVICINO BATTISTA, vedi PALLAVICINO GIOVANNI BATTISTA

PALLAVICINO BELISARIO
-Varano dei Melegari 1580
Figlio naturale di Gianfrancesco e di Paola Gonzaga. Fu assassinato dietro il Castello di Varano dei Melegari, nel rivo Boccolo, con un colpo di fucile sparatogli da un suo cugino. Fu sepolto nella chiesa di San Martino.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXVI.

PALLAVICINO BENEDETTO
Busseto XVII secolo
Figlio di Giberto e di Elidonia Pallavicino. Fu Canonico regolare. Visse nel XVII secolo.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XVI.

PALLAVICINO BERNARDINO
Zibello 1475 c.-Milano aprile 1526
Figlio di Gianfrancesco e di Giacoma Brandolini. Percorsa, ma senza vocazione, la carriera ecclesiastica fino a divenire referendario del Pontefice e titolare di benefici a Sospiro e a Pieve Altavilla, intorno al 1494 tornò a Zibello, dove si invaghì di Caterina Buffetti, sposata a un calzolaio del luogo, Giampietro Musini, detto de’ Gastaldi, e si pose senza ritegno a farle la corte. Il Pallavicino ereditò dal padre i feudi di Solignano, Varano dei melegari e Sant’Andrea nel 1497, epoca in cui era protonotario apostolico e soggiornava in Milano con la carica di consigliere ducale di Lodovico il Moro. Nel 1499 prestò solenne giuramento di fedeltà a Lodovico XII in Milano. Fu poi Podestà di Bormio nel 1501. Ebbe una intricata vicenda sentimentale che lo portò a convivere contemporaneamente con la già nominata Caterina Buffetti, con sua sorella Marta, con la loro nipote Margherita e con Comina, figlia di Caterina. A nulla valsero i richiami del padre, che naturalmente disapprovava il suo disonorevole comportamento: per avere Caterina Buffetti, il Pallavicino giunse, alla fine di marzo del 1496, a uccidere nella stalla della rocca il suocero di lei, Gianantonio, che era fattore del vecchio marchese e che aveva assunto nei confronti della nuora un atteggiamento fermo e severo. Una notte di maggio dello stesso anno organizzò e attuò il rapimento della donna, che condusse con sé a Sospiro e non rilasciò più, nonostante le minacce a lui indirizzate dal marchese Giovan Francesco. Dopo la morte, forse per avvelenamento, di giampietro Musini (settembre 1509), il Pallavicino, che intanto era divenuto signore del castello di Varano Melegari, lasciatogli in eredità dal padre, sposò Caterina Buffetti, dalla quale ebbe quattro figli: Uberto, Pallavicino, Sigismondo e Gian Francesco. La dispensa al matrimonio e il riconoscimento dei figli (undici, secondo il Litta) nati nel frattempo fu data da papa Giulio II che delegò al proposito Bartolomeo Guidiccioni, vicario generale della Chiesa di Parma. L’ambiguità e l’incertezza riguardo alle date che caratterizzarono la vicenda matrimoniale del Pallavicino e di Caterina Buffetti costituirono la causa principale che impedì ai loro figli di entrare pacificamente in possesso dei beni paterni. Il Pallavicino morì mentre era quasi certamente ancora incarcerato nel Castello di Milano, non si sa bene per quale motivo.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXVI; C. Soliani, Il feudo di Zibello, 1990, 39.

PALLAVICINO BERNARDO
Piacenza XVI secolo
Figlio di Giberto. Fu Dottore di Legge in Piacenza nel XVI secolo.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XV.

PALLAVICINO BRUNORO
1474 c.-Pontremoli 1520
Figlio di Alessandro e di Costanza Sanvitale. Fu commissario di Galeazzo Pallavicino, signore di Busseto, in Pontremoli, ove a lungo risiedette.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XIX.

PALLAVICINO CAMILLA
Busseto-Cortemaggiore post 1563
Nacque dal marchese Ottaviano. Sposò all’età di undici anni Cesare Pallavicino. Rimasta vedova dopo quindici anni di sterili nozze, contrasse matrimonio col marchese Gerolamo Pallavicino di Cortemaggiore. Il Levati scrive che da quella unione nacque un figlio, morto nell’infanzia, mentre il Garollo afferma che la Pallavicino ebbe una figlia di nome Isabella, maritata a Giampaolo Meli Lupi, marchese di Soragna. La Pallavicino fu donna d’ingegno e scrisse con eleganza. Lodata dai contemporanei, e in particolare dal Betussi che le dedicò nel 1545 la Giunta al Boccaccio, non perdette mai la modestia: la sua impresa, illustrata da Giovanni Ferro, rappresenta una testuggine in atto di rodere un garofano, e porta il motto Ogni beltà ha fine. Della Pallavicino rimangono due Lettere a Pietro Aretino, nel II libro delle Lettere scritte al Signor Pietro Aretino (Venezia, 1551, 265).
FONTI E BIBL.: G. Betussi, Giunta alle donne illustri di G. Boccaccio, Firenze, 1596; G. Ferro, Teatro d’imprese, Venezia, 1623, 690; G. Garollo, Dizionario biografico universale, Milano, 1907; A. Levati, Dizionario biografico cronologico degli uomini illustri, Classe V: donne illustri, Milano, 1821, vol. III, 61; L. Mensi, Dizionario biografico piacentino, Piacenza, 1899; M. Bandini, Poetesse, 1942, 104.

PALLAVICINO CAMILLO
Scipione-Anversa 1555
Figlio di Giulio e di Luigia Anguissola. Il 23 settembre 1545 giurò fedeltà, con tutti gli altri feudatari del Parmigiano, a Pier Luigi Farnese, primo duca di Parma e Piacenza. Il Pallavicino fu tra i principali congiurati che due anni dopo assassinarono il Duca. Assieme al fratello Alessandro ebbe il compito di impadronirsi del ponte levatoio della vecchia Cittadella, dove alloggiava il Farnese, e uccidervi le guardie in caso di resistenza. Due anni dopo, il Pallavicino e gli altri congiurati furono chiamati a comparire in Roma da papa Paolo III per essere incolpati dell’omicidio ma essi inviarono una lettera nella quale dichiararono di essere stati ispirati da Dio nell’azione commessa. La citazione non ebbe comunque conseguenze. Nel 1551 il Pallavicino militò con le truppe di Carlo V nella guerra contro i Farnese e quattro anni dopo Filippo II, a riconoscimento dei suoi servigi, gli concedette una pensione di 40 scudi al mese e una condotta di 400 fanti.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXIX.

PALLAVICINO CAMILLO
Busseto 1675 c.-
Figlio di Antonio Maria e di Amelia Clavello. Fu nominato Cavaliere gerosolimitano nel 1694.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXIX.

PALLAVICINO CAMILLO
Busseto 1714-10 novembre 1785
Figlio di Muzio e di Maria Canobbio. chiamato dallo zio, nel 1728 si recò a Roma nel Collegio Clementino ove rimase fino al 1737. Ritornato a Busseto e laureatosi all’Università di Pavia, fu nominato Prevosto mitrato e curato della chiesa di Sant’Agata di Cremona. Fu autore di una parafrasi in versi latini del poema filosofico dello Stecchi intorno alle meteore e lesse una dissertazione sull’Origine dei Fonti nell’Accademia degli Arcadi della sua città.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXIII.

PALLAVICINO CARLO
Polesine o Monticelli d’Ongina 1427-Monticelli d’Ongina 1 ottobre 1497
Figlio di Orlando e di Caterina Scotti. canonico della Cattedrale di Parma nell’anno 1452, fu poi Protonotorio Apostolico, e divenne Vescovo di Lodi il 21 giugno 1456. Arricchì la Cattedrale di Lodi di paramenti preziosissimi (del valore di trentamila scudi) e accrebbe la biblioteca del Capitolo di molti volumi. Onorò la Cattedrale di Lodi della dignità arcipresbiteriale, e in tempo di carestia sovvenne con grandi elemosine i poveri. Istituì un Collegio di Canonici con Prepositura nella terra di Monticelli, suo feudo, e lo arricchì di paramenti preziosi e di ricche entrate. Fu sepolto nella Cattedrale di Lodi.
FONTI E BIBL.: R. Pico, Appendice, 1642, 55 e 167-168; M. Martini, Archivio capitolare della cattedrale, in Archivio storico per le Province Parmensi 1911, 127; A.Schiavi, Diocesi di Parma, 1940, 271.

PALLAVICINO CARLO
Tabiano 1447 c.-post 1513
Figlio di Uberto e di Polissena Anguissola. Fu marchese di Tabiano. Il 12 aprile 1513 massimiliano Sforza riconobbe le prerogative imperiali dei suoi feudi, confermate in seguito anche da papa Clemente VII.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XX.

PALLAVICINO CARLO
Zibello 1527 c.-post 1586
Figlio di Uberto e di Marta Gambara. Fu delegato dai Pallavicino di Varano e di Polesine a disputare ad Alessandro Pallavicino l’adozione in lui fatta da Sforza Pallavicino. Essendo poi stati occupati questi feudi dal duca di Parma Alessandro Farnese, nell’impossibilità di sostenere le sue ragioni, il Pallavicino li cedette definitivamente ad Alessandro Farnese con un componimento della controversia.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XX.

PALLAVICINO CARLO
Parma 19 marzo 1616-Polesine 12 agosto 1699
Figlio di Ottaviano e di Bianca Cattaneo. Nel 1638 fu fatto Canonico della Cattedrale di Parma, quindi passò presso il cardinale Rinaldo d’Este, fratello del duca di Modena, e visse per qualche tempo alla sua corte. Fu Protonotario apostolico e Abate di Santa maria degli Umiliati di Borgo San Donnino. governò per quarant’anni il marchesato di Polesine senza mai condannare alcuno alla pena di morte. Edificò un palazzo in Parma e uno in Polesine. Nel 1683 pose nella cappella della Beata Vergine delle Grazie nella chiesa dei Minori Osservanti di Busseto un’iscrizione ricordante i suoi più distinti antenati.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XVII.

PALLAVICINO CARLO
Gallignano di Soncino 27 aprile 1619-post 1646
Figlio di Ermes e di Virginia Parati. Condusse una vita sregolata frequentando facinorosi e persone bandite dai tribunali, e fu noto per le sue violenze e per i molti stupri commessi. Nel 1639 prese letteralmente d’assalto la casa di Domitilla Beltramini per farle violenza. Nel 1641 fece ammazzare da alcuni sicari Giannangelo Peracchi, e l’anno seguente l’attuario criminale Stefano Cerami. Nel 1646 fu condannato assieme al fratello Francesco, reo dei medesimi delitti, alla morte e alla confisca dei beni. Ambedue si salvarono ponendosi al servizio di Venezia.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXIV.

PALLAVICINO CARLO
Busseto-1758
Figlio di Muzio Omobono e di Maria zaccaria. Fu Cavaliere gerosolimitano.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXIII.

PALLAVICINO CARLO
Parma 11 novembre 1843-
Figlio di Giuseppe Maria e di Leopolda Pallavicino. Dottore in Legge, fu Patrizio e cittadino veneto.
FONTI E BIBL.: Pallavicino dell’Emilia, 1911, tav. XXXIV.

PALLAVICINO CARLO FRANCESCO GIORGIO
Parma 30 dicembre 1715-12 maggio 1741
Figlio di Pio Giorgio e di Margherita Borromeo. Fece parte nel 1740 del Magistrato dei XII di Provvisione di Milano.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXIV.

PALLAVICINO CARLO GIUSEPPE
Parma 1633/1636
Fu chierico regolare di San Paolo. Nel 1633 fu a Vienna per conto del padre onde perorare presso la Corte imperiale perché fosse fatta giustizia e restituiti i beni della famiglia confiscati dai Farnese. Uomo molto avveduto, il Pallavicino avrebbe forse potuto rendersi particolarmente utile per la causa della famiglia ma, su istigazione dei Farnese, fu richiamato in patria dal generale della Congregazione dei Barnabiti. Nonostante ciò, anche per merito suo, tre anni dopo l’Imperatore riconobbe la legittimità delle richieste dei Pallavicino.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XXV.

PALLAVICINO CAZANO
Pellegrino XIII secolo-1307
Figlio di Pelavicino. Fu ucciso in un fatto d’arme della guerra scatenatasi tra il fratello Visconte e Alberto Scotti.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XIV.

PALLAVICINO CESARE
1537 c.-Vienna
Figlio di Adalberto e di Angela Morani. Andò a servizio dell’esercito imperiale seguendo Sforza Pallavicino marchese di Cortemaggiore.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXIII.

PALLAVICINO CLARA
Polesine 8 febbraio 1699-Parma 11 maggio 1779
Figlia di Carlo Alberto e di Paola Sanvitale. Fu Dama della Croce stellata. Fu sepolta nella chiesa della Steccata in Parma.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XVIII.

PALLAVICINO CLAUDIO
Busseto-Spagna 17 febbraio 1678
Figlio di Sforza, marchese di Busseto. Servì, col grado di capitano di corazze, nel 1635 l’imperatore e poi il Re di Spagna. Rimase ferito sotto Valenza e fu fatto prigioniero dalle milizie dei Farnese. Fu quindi consegnato ai francesi, dai quali si riscattò pagando una forte somma di denaro. Nel 1647 fu a Milano, quindi passò in Spagna.
FONTI E BIBL.: Chronicon familiae Pallavinae, ms. nella biblioteca Palatina di Parma; P. Litta, Famiglie celebri italiane, Milano, 1834; E. Ricotti, Storia della monarchia piemontese, XI; E. Seletti, La città di Busseto, Milano, 1883 V. Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, Milano, 1932; C.Argegni, Condottieri, 1937, 385.

PALLAVICINO CLAUDIO
Parma 7 giugno 1640-Roma 15 aprile 1692
Nacque da Brunoro e Anna Maria Ferrari. Fu Maestro di Camera del cardinale Altieri. È forse lo stesso che fu Canonico della cattedrale di Parma dal 1673 al 1680.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XX.

PALLAVICINO CORRADO
Parma 2 giugno 1870-Roma 2 febbraio 1929
Dilettante di buon livello, musicò l’operetta in 3 atti La festa dell’arancio, su libretto del giornalista Paolo Reni, allievo ufficiale alla scuola di Applicazione di Fanteria di Parma. Strumentata da Alfonso Raimondi, il 25 novembre 1918 fu rappresentata dalla compagnia di Augusto Angelini al Teatro Reinach di Parma, ricevendo applausi e chiamate rinnovati per tre sere.
FONTI E BIBL.: C. Alcari, Parma nella musica, 1931, 149; G.N.Vetro, Dizionario, 1998.

PALLAVICINO COSTANZA
Parma 30 ottobre 1771-
Figlia di Antonio Francesco e di Anna tarasconi. Fu Dama di Palazzo della Corte di parma
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XXVII.

PALLAVICINO CRISTOFORO
Busseto 1450 c.-Milano 11 novembre 1521
Figlio di Pallavicino e di Caterina Fieschi. Le prime notizie del Pallavicino si hanno a partire dal 1499. Fu condottiero al servizio della Francia al tempo della Lega di Cambrai e in nome di Lodovico XII presidiò, assieme ai fratelli Galeazzo e Antonio Maria, Guastalla. Nel 1512 passò al servizio degli Sforza: a loro nome, nel 1513 andò a presidiare Cremona.nel 1515, quale Capitano d’arme, combatté alla battaglia di Marignano dove fu fatto prigioniero. Una volta liberato dai Francesi, si ritirò a Busseto dove completò e fondò il Convento di Santa Maria per le monache dell’Ordine di Santa Chiara. Edificò poi un palazzo a Samboseto e la chiesa dell’incoronata a Castiglione Lodigiano. Sospettato di far parte di una congiura ai danni dei Francesi, fu attirato con l’inganno a Milano dal governatore Lautrec e immediatamente imprigionato (secondo il Mensi, il Lautrec imprigionò il Pallavicino dopo aver occupato Busseto con quattromila guasconi). Senza attendere il giudizio del Re, il Lautrec , forse anche per reprimere col terrore l’odio della popolazione milanese nei confronti del suo governo, l’11 novembre 1521 fece decapitare sulla piazza del Castello il Pallavicino, nonostante la sua età veneranda (oltrepassava i 70 anni). Prima di essere tratto al patibolo, il Pallavicino dettò a Paolo Giglio di Milano, suo confessore, le ultime disposizioni testamentarie, firmate, che il frate consegnò al notaio di Monte Novo.
FONTI E BIBL.: L. Mensi, Dizionario biografico dei Piacentini, 1899, 312; P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XXI.

PALLAVICINO DARIO
Parma 1611 c.-post 1661
Figlio di Ottaviano e di Bianca Cattaneo. Fu monaco, col nome di Giuseppe, dell’Ordine Benedettino nella congregazione dei canonici lateranensi. Fu poi Abate nel monastero di San Sepolcro in Parma dal 1650 al 1655. Nel 1659 uscì dalla congregazione passando alla Corte del cardinale Rinaldo d’Este, che accompagnò nel 1661 nella sua legazione in Francia. Ritornato in Italia, fu nominato Arcidiacono della Cattedrale di Parma. Fu anche poeta, e in varie Accademie sono ricordati componimenti da lui recitati.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XVII; V. Soncini, Chiesa di S. Sepolcro, 1932, 91.

PALLAVICINO DELFINO
Busseto 1106 c.-post 1153
Figlio di Oberto, ebbe dal padre in appannaggio le terre site nel Parmigiano, oltre il Taro. Venuto in discordia col fratello Tancredi, si ribellò al padre occupandogli alcune terre e uccise Tancredi. Cominciata la guerra tra i Piacentini, protettori del padre, e i Parmigiani, prese anch’egli le armi e colle sue devastazioni recò gravissimi danni agli avversari. Fu assalito due volte nel castello di Tabiano, ove si fortificò colle sue milizie e alla fine i Piacentini conquistarono e distrussero il castello. Pose fine alla guerra e alle discordie domestiche la comparsa in Italia di Federico I (1153), nella quale occasione gli fu restituito ciò che restava del castello di Tabiano. Forse il nome di Delfino fu solo il soprannome del Pallavicino, che gli venne dall’essere stato alle crociate e dall’aver preso per insegna il delfino.
FONTI E BIBL.: Chronicon familiae Pallavinae, ms. nella biblioteca Palatina di Parma; P. Litta, Famiglie celebri italiane, Milano, 1834; L. Pavia, salsomaggiore, Tabiano, Milano, 1898; V. Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, Milano, 1932; C. Argegni, Condottieri, 1937, 385-386.

PALLAVICINO DELFINO
Scipione 1238
Figlio di Guglielmo e di Solestella. Nel 1238 fu Podestà di Reggio. Prese parte alla Signoria di Soragna unitamente ai Lupi.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XIV.

PALLAVICINO DONINO
Busseto ante 1348-1360 c.
Fu nipote del Marchese Uberto Pallavicino. Per il suo valore e le sue qualità fu tenuto in grandissima stima da Ugo IV, re di Cipro. Barone delle Corte cipriota, fu valoroso guerriero.
FONTI E BIBL.: R. Pico, Appendice, 1642, [177-178].

PALLAVICINO DONNINO
Zibello 1416/1429
Figlio di Federico. Poco dopo il 1416 divenne nemico degli Estensi. Per questo motivo gli fu tolto il feudo di Zibello e, fatto prigioniero, fu rinchiuso in Parma. Nel 1418, di notte si calò dalle mura della Ghiaia presso il ponte di Galleria e fuggì assieme a due figli che erano stati rinchiusi con lui. Tentò allora, con l’aiuto di Pietro Pallavicino, di riprendere Zibello ma dovette desistere dall’impresa trovando i Rossi, i Sanvitale e i Lupi uniti nella difesa della rocca a nome degli Estensi. Zibello gli fu probabilmente restituita nel 1420 ma ne fu di nuovo spogliato nel 1429 da Orlando il Magnifico.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XVI.

PALLAVICINO DONNINO, vedi anche PALLAVICINO DONINO

PALLAVICINO DOROTEA, vedi MAGNANI LUIGIA MARIA DOROTEA

PALLAVICINO ELEONORA
Brugnola di Salso 1596
Marchesa. Il 3 giugno 1596 con altre cinque dame salsesi prese parte alla fondazione della Confraternita della Beata Vergine del Carmelo a Marzano.
FONTI E BIBL.: F. Stroppa, Famiglie di Salsomaggiore, 1928, 21.

PALLAVICINO ELEONORA, vedi anche CAPILUPI ELEONORA

PALLAVICINO EMILIO MARIA
Parma 8 agosto 1884-Parma 17 aprile 1942
Figlio di Filippo e Luisa Benassi.Marchese, laureato in Teologia, fu Prelato di Sua Santità e Canonico della Cattedrale di Parma. Fu inoltre direttore dell’Ufficio missionario diocesano di Parma e cofondatore (1923) e primo Assistente ecclesiastico (1924-1928) dello scoutismo cattolico (ASCI) di Parma.
FONTI E BIBL.: F. da Mareto, Bibliografia, I, 1973, 420; Centro Studi Scout C.Colombo (M.Furia).

PALLAVICINO EMANUELE
Parma-1499
Figlio di Lodovico e di Antonia Secco. Il 24 marzo 1485 ottenne dal duca di Milano Lodovico il Moro la facoltà di portare le insegne sforzesche di colore bianco e morello.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XXX.

PALLAVICINO ENIRO
Busseto-22 febbraio 1601
Figlio di Pallavicino e di Isabella Carpani. Nel 1593, assieme al fratello Fabio, giurò fedeltà a Ranuccio Farnese duca di Parma.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXVI.

PALLAVICINO ENRICO
Scipione-Benevento 26 febbraio 1265
Figlio di Manfredo, dei marchesi di Scipione. Molto esperto nelle arti militari, combatté nelle guerre contro i guelfi. Quando suo zio Uberto Pallavicino, nel 1260, fu nominato capitano generale dei Milanesi, lo chiamò a sé e lo fece suo luogotenente. Nel 1261 gli riuscì di conquistare Tortona, aggiungendo così una città importante ai dominî dello zio. Nel 1265 si unì al fratello Uberto contro il marchese Guglielmo di Monferrato che, nell’imminenza dell’arrivo in Italia di Carlo d’Angiò, aveva preso le armi contro i ghibellini. Il Pallavicino fu inviato in Puglia per difendere Manfredi. Morì in battaglia insieme al figlio di Federico di Svevia.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri italiane, Milano, 1834; E. Ricotti, Storia delle Compagnie di ventura, Torino, 1893; V. Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, Milano, 1932; C. Argegni, Condottieri, 1937, 386.

PALLAVICINO ERCOLE
Varano 21 aprile 1701-7 settembre 1782
Figlio di Niccolò e di Francesca della Valle. Fu Arciprete della chiesa di Cusignano e canonico della Cattedrale di Parma. Papa Clemente XIV lo fece Protonotario apostolico e l’infante Ferdinando di Borbone lo elesse suo primo elemosiniere. Fu l’ultimo marchese di Varano.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XIX.

PALLAVICINO ERMETE
Busseto 1476 c.-1562
Figlio di Cristoforo e di Bona Pusterla. assieme al fratello Girolamo accolse nel 1532 l’imperatore Carlo V, il quale nell’occasione eresse Busseto al rango di città. Ancora assieme a Girolamo giurò fedeltà a Pier Luigi Farnese che nel 1545 era stato fatto duca di Parma e Piacenza. Nel 1547 fu eletto Prevosto della Collegiata di Busseto, titolo al quale rinunciò nel 1554. Nel 1556 giurò fedeltà a Filippo II re di Spagna.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XXI.

PALLAVICINO ETTORE
Busseto 1533
Figlio di Lelio e di Laura. Fu fatto Cavaliere da Carlo V in Busseto il 4 marzo 1533.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XV.

PALLAVICINO EUGENIA
Salsomaggiore-1647
Marchesa. Fu munifica sovvenzionatrice della chiesa di Salsomaggiore.
FONTI E BIBL.: F. Stroppa, Famiglie di Salsomaggiore, 1928, 21.

PALLAVICINO EUGENIO
Scipione XVI secolo
Figlio di Annibale e di Aurelia Fogliani Sforza. Fu Canonico lateranense nel XVI secolo.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XXX.

PALLAVICINO FABIO
Parma 3 aprile 1584 -
Figlio di Cesare e di Margherita Sanvitale. Fu militare di professione.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXIII.

PALLAVICINO FEDERICO
Borgo San Donnino 1191
Fu il primo podestà di Borgo San Donnino (anno 1191) di cui si conosce con certezza il nome (l’attribuzione al casato dei Pallavicino o Pelavicino fu fatta per la prima volta dal Pincolini). Del Pallavicino fanno menzione anche le storie piacentine. Allorché Arrigo VI vendette ai Piacentini i castelli di Borgo San Donnino e di Bargone, che aveva ricevuto in pegno, ordinò al Pallavicino di inviare a Piacenza i rappresentanti del Comune di Borgo San Donnino a prestare solenne giuramento di fedeltà e di obbedienza a quella comunità: ciò avvenne il 3 novembre 1191. Due giorni dopo, Antonio Andito, uno dei consoli del Comune di Piacenza, portatosi a Borgo San Donnino, ricevette dal Pallavicino il possesso di quella terra, abbracciando una colonna del Palazzo della Comunità e facendosi consegnare la porta del Castello: apprehendendo columpnam palacii et eam in manibus ipsius Antonii dimittendo, et per Portam castri que est juxta domun petri guerci que est in capite pontis castri (strumento contenuto nel Registro Mazzano della Comunità piacentina, 5 novembre 1191).
FONTI E BIBL.: G. Laurini, Capi civili di Borgo San Donnino, 1927, 9-10; N. Denti, Capi civili da Parma a Fidenza, 1960.

PALLAVICINO FEDERICO
Zibello 1389
Figlio di Donnino e di una Lupi. Ebbe in eredità il feudo di Zibello. Quando nel 1389 Giangaleazzo Visconti spogliò lo zio Barnabò dello Stato, si alleò col nuovo signore, forse sperando di averne dei vantaggi e delle proprietà.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XVI.

PALLAVICINO FEDERICO
Ravarano o Zibello 1444/1459
Figlio di Antonio e di una Saluzzo. È ricordato una prima volta in un documento del 1444. Nel 1454 dichiarò, quale feudatario di Ravarano, la sua lealtà al Duca di Milano. Nel 1459 compare tra i condottieri che accompagnarono il duca Galeazzo Maria Sforza nel viaggio a Bologna, e nel 1468 fu nominato Gentiluomo ducale. Al Pallavicino si deve la compilazione degli Statuti di Ravarano, che fu da lui affidata nel 1444 al perito giureconsulto Guidantonio gaifasi. Tale compilazione non fu che una riforma di quelle che i suoi avi avevano fatto eseguire per i feudi di Ravarano e di Zibello.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XVI.

PALLAVICINO FEDERICO
Zibello- maggio/dicembre 1502
Figlio quartogenito di Gianfrancesco e di Giacoma Brandolini. Il 5 febbraio 1498 Lodovico il Moro gli concesse l’investitura della porzione del feudo di Zibello che aveva avuto in eredità dal padre. Il 26 ottobre 1499 giurò fedeltà a Lodovico XII nel Castello di Milano per i feudi della famiglia. Fece testamento il 14 maggio 1502.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXVI.

PALLAVICINO FEDERICO
Busseto 27 ottobre 1709-Venezia post 1787
Appartenente al ramo dei marchesi di Busseto, entrò il 24 marzo 1726 nella Compagnia di Gesù. Ricevuta la sacra ordinazione, approfondì a Cremona la propria cultura teologica e insegnò poi a lungo teologia in quella città prima di assumere, nel 1773, l’incarico di rettore del Collegio milanese di educazione. Nel 1775 pubblicò a Milano le vite di Francesco Sforza Picenardi e della sorella di questi Teresa Isabella, monaca nel chiostro di Santa Maria della Pace in Cremona. Quindi a Venezia, nel 1787, pubblicò la sua opera maggiore, Il Sacerdote santificato, che ebbe larga diffusione sia in Italia che all’estero.
FONTI E BIBL.: D..Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 321-322.

PALLAVICINO FERRANTE CARLO
Parma 23 marzo 1615-Avignone 5 marzo 1644
Settimo di otto fratelli, nacque da Giangirolamo e Chiara, figlia del conte Pompeo Cavalca. Fu tenuto a battesimo il 24 marzo 1615 da gGleazzo Scotti e da Beatrice Malaspina. Il padre, marchese di Scipione, fu coppiere di Margherita Aldobrandini, moglie di Ranuccio Farnese. La famiglia trascorreva gran parte dell’anno a Parma, in un palazzo affittato in Strada San Michele. Come il fratello Giulio Cesare, mandato nei gesuiti, il Pallavicino fu destinato dalla famiglia al chiostro: nel 1631 entrò nel monastero di Santa Maria della Passione a Milano, congregazione di canonici lateranensi dell’ordine di San Benedetto. Nel 1632 prese i voti con il nome di Marcantonio e, come d’uso, rinunciò davanti al notaio a ogni pretesa sull’eredità paterna a favore del fratello Pompeo, che prese servizio come militare alla corte di Odoardo Farnese. Dal canto suo, Pompeo si impegnò a corrispondere al Pallavicino una pensione annua di cinquanta ducatoni di Milano, cifra sufficiente per consentirgli un decoroso sostentamento. Nel corso del 1633 il Pallavicino abbandonò Milano, pare dopo aver ottenuto dai superiori l’autorizzazione a compiere un viaggio in Francia. Essendo egli di felice ingegno nell’inventare favole faceva travedere la Religione, e ‘l Mondo scrivendo la favolosa narrazione de’ suoi finti viaggi per tutte le provincie di Francia (Girolamo Brusoni). Si stabilì a Padova, nel monastero del suo ordine, e frequentò regolarmente i corsi dell’Università per almeno un anno accademico. Forse nel 1634 si trasferì a Venezia, nell’abbazia della Carità. Si legò d’amicizia al coetaneo Girolamo Brusoni, come lui costretto sedicenne al chiostro. Nel 1635 vide la luce un primo breve scritto in prosa del Pallavicino: Il sole ne’ pianeti, cioè le grandezze della Serenissima Repubblica di Venetia (Frambotto, Padova) che gli fruttò in ricompensa dal Senato Veneto una collana d’oro. L’anno seguente pubblicò due romanzi di soggetto biblico, La Taliclea e La Susanna (dal Sarzina), e due operette di soggetto religioso, La Traslatione del corpo di San Giovanni martire duca d’Alessandria da Constantinopoli in Venetia e la Vita di S. Giovanni martire duca d’Alessandria (entrambi dal Sarzina). Nel 1637 entrò a far parte dell’Accademia degli Unisoni, fondata da Giulio Strozzi, poi, con il nome di Accademico Occulto, di quella degli Incogniti, fondata nel 1636 da Giovan Francesco Loredano. All’Accademia, che si riuniva ogni lunedì nel palazzo del Loredano, frequentò Pietro Michiel, Antonio Santacroce, Maiolino Bisaccioni e Francesco Pona. Divenne poi segretario del Loredano. Sempre nel 1637 Crivellari e Bartoli, di Padova, gli publicarono Le glorie del miracoloso crocifisso che si ritrova nella chiesa de’ venn. PP. Servi in Padova e dal Tommasini uscì Il Giuseppe, altro romanzo il cui soggetto è tratto dalla storia sacra. Un tentativo storico-giornalistico, I successi del mondo nell’anno 1636 (Tommasini), si dimostrò poco fortunato: il Pallavicino si schierò apertamente con il partito antispagnolo e antipapale, ma Odoardo Farnese non apprezzò molto un passo in cui si accenna alla sua sfortunata campagna militare contro la Spagna (la sconfitta di Rottofreno): un Duca di Parma de’ propri sudditi poco sicuro, che con buon presidio nel castello ritirossi della Città, per scansar il pericolo, a cui l’esponeva la rabbia d’un popolo, impaziente de’ disagi della guerra (p. 77). Ancora presso l’editore Tommasini, il Pallavicino pubblicò nel 1638 due romanzi, Il Sansone e La Pudicitia schernita, quest’ultimo costruito su di un aneddoto scandaloso della Roma imperiale. Dal Sarzina uscì un Applauso nella nascita del Delfino, scritto encomiastico per la nascita del futuro Luigi XIV. L’anno seguente fece un breve soggiorno a Genova, di cui è testimonianza l’opuscolo Eolo dolente per l’edificio del nuovo molo di Genova (Farroni, Pisagni e Barberi, Genova; ripreso nella Scena rettorica). Accrebbe di una terza parte La Susanna, sempre per il Sarzina, il quale gli pubblicò anche La Bersabee, romanzo in cui, a differenza dei precedenti, la storia sacra è utilizzata ai fini di una polemica allegoria della politica contemporanea. Sempre nel 1639 pubblicò Le bellezze dell’anima (Tommasini, e, lo stesso anno, Genova, Calenzano), trattatello ascetico, e L’Ambasciatore invidiato, con lo pseudonimo di Alcinio Lupa. Per Bertani riunì scritti d’occasione, novelle, discorsi e lettere con il titolo di Varie composizioni. Nel 1640 pubblicò La Rete di Vulcano (Guerigli), romanzo mitologico-licenzioso ispirato allo Scherno degli Dei del Bracciolini, Scena rettorica (Bertani), esercizio di erudizione, e un brevissimo romanzo politico, Il Principe hermafrodito (Sarzina). Meditò di lasciare Venezia al seguito di un ambasciatore veneto di partenza per Costantinopoli; poi invece accettò l’incarico di cappellano di Ottavio Piccolomini, il duca di Amalfi stabilitosi in Boemia e militare al servizio dell’Imperatore. Dalla primavera del 1640 fu in Germania, dove il Brusoni vuole sia entrato in contatto con ambienti calvinisti. Nella primavera del 1641 rientrò a Venezia, trasformato nel fisico (contrasse il malfrancese, di cui portò i segni sul volto) e nello spirito: ritornò trasfigurato in guisa che pareva portasse fin d’allora la morte, sul volto un non so che di noia, e di malinconia che rendeva quasi odiosa la sua conversazione. E solamente dove fosse stato con qualche femminella volgare, pareva ch’egli deponesse quella sua mesta taciturnità e rozzezza, nel parlare, non che nelle pubbliche azzioni, ne’ privati trattenimenti riusciva insipido e freddo. Avveniva che trovandosi in qualche conversazione d’uomini e donne di riguardo, si sedeva solo in disparte, come astratto ne’ suoi pensieri, né rispondeva gran fatto di proposito a chi l’avesse risvegliato con qualche invito, o puntura (Brusoni). Lo stesso anno, da Guerigli uscirono Le due Agrippine, romanzo storico-eroico sul genere della Messalina del Pona, pubblicato clandestinamente, e, con lo pseudonimo di Ginifaccio Spironcini, il Corriero svaligiato, la sola cagione di tutte le sue disgrazie, come scrive Brusoni. Si tratta di cinquanta lettere, di vario argomento e violentemente polemiche, che si fingono trafugate a un corriere diplomatico. Avvisato da una spia, il nunzio apostolico Francesco Vitelli chiese al Senato di Venezia il sequestro del libro e l’arresto del Pallavicino. La mattina del 23 settembre 1641 le copie del Corriero furono sequestrate e distrutte e il Pallavicino fu prelevato dall’abbazia della Carità e rinchiuso nei camerotti. Nel febbraio 1642 fu liberato, senza processo, probabilmente grazie all’intervento di qualche amico potente (forse il Loredano). Il pallavicino gettò allora l’abito religioso e non ebbe più regola alcuna di vita, lasciandosi trasportare senza riguardo alcuno, o dalla necessità o dal capriccio (Brusoni). La sua popolarità fu accresciuta dalla bolla papale che il 22 gennaio mise all’indice Pudicitia schernita e Rete di Vulcano. Temendo rappresaglie da parte degli ambienti ecclesiastici, si rifugiò in casa del Loredano, poi fu a Parma, a Piacenza e in Friuli. Tornò quindi a Venezia, ospite di Nicolò Venier, cui aveva dedicato Eolo dolente. Sempre nel 1642 videro la luce due libelli anomini: La baccinata, ovvero battarella per le api Barberine e il Dialogo molto curioso e degno tra due gentiluomini Acanzi, violentemente antipapali e a sostegno di Odoardo Farnese, impegnato nella guerra di Castro. La Baccinata, poi, è impudentemente dedicata all’illustrissimo e Reverendissimo Monsignor Vitellio, Nunzio di Sua Santità in Venezia poiché V.S. illustrissima che nel cognome di vitello mostra d’esser razza di bue, assicura in sé una simpatia naturale con quelli animali, e conseguentemente con gli Barberini. Fu in quel periodo che il Pallavicino conobbe Charles de Brèche, figlio di un libraio di Parigi, che soggiornava in Venezia con il falso nome di Charles de Morfù o Morfì. Il Pallavicino e de Brèche si conobbero in casa di Nicolò Venier: il francese gli si finse amico, gli offrì denaro e gli fece credere (pare mostrando alcune lettere abilmente falsificate) che il cardinale di Richelieu intendeva offrirgli la carica di storico personale e la direzione di una Accademia di lettere toscane. Il pallavicino abboccò: si recò a Bergamo preso il parente Bartolomeo Albani, dove lo raggiunge il de Brèche, che si impegnò ad accollarsi le spese del viaggio. Verso la metà di ottobre del 1642 i due furono a Ginevra, dove il Pallavicino tentò, pare senza successo, di fare stampare alcuni dei pamphlet che si era portato dietro in una grossa valigia di cuoio nero. Del 1642 sono anche l’aretinesca Retorica delle puttane e il Divortio celeste, compendio delle malefatte di papa Urbano VIII. Il fatto che queste due opere non siano menzionate nei verbali del processo tra quelle trovate in possesso del Pallavicino nella sua valigia, e il fatto che il Divortio descriva fatti avvenuti nell’ottobre dello stesso anno, lascia supporre che siano state stampate a Venezia dopo la partenza del Pallavicino. Da Ginevra, dove affittarono due cavalli, il Pallavicino e il de Brèche scesero l’Isère e poi il Rodano fino a Montdragon. Si avviarono quindi  verso Oranges, dove il francese aveva alcuni affari da sbrigare. Nel 1643 partirono da Oranges per Nîmes: de Brèche condusse l’ignaro Pallavicino a un posto di frontiera sul ponte di Sorgues, poco distante da Avignone, città che era sotto la giurisdizione papale dai tempi della cattività. Il pallavicino, che viaggiava con il falso nome di giovanni Raimondi, fu arrestato dai soldati pontifici (12 gennaio) e rinchiuso nel Palazzo dei Papi di Avignone, nella torre de la Glacière. Il de Brèche fu subito rilasciato. Ai preparativi del processo attese, in assenza del legato (il cardinale nepote Antonio Barberini, che si trovava a Roma), il vice legato Federico Sforza. Se si deve credere al Brusoni, il Pallavicino tentò la fuga: si fece dare alcune candele per leggere e appiccò il fuoco alla porta, ma il tentativo fu subito scoperto. L’istruttoria fu affidata all’avvocato Stefano Ciai. Capi d’imputazione furono gli scritti, quasi tutta la produzione del Pallavicino, contenuti nella sua valigia. parallelamente, a Venezia, il nunzio Vitelli procedette all’interrogatorio delle persone che avevano conosciuto l’imputato durante il soggiorno veneziano. Davanti ai giudici, il Pallavicino tentò una timida difesa: affermò che i libri anonimi non erano suoi e che li aveva avuti in dono da amici, che i manoscritti erano copie di altri manoscritti, copiati per ingannare il tempo durante la prigionia nei camerotti, tutte cose di proprietà di Venier, Michiel e Loredano, e che la maggior parte degli scritti brevi (pasquinate, lettere e sonetti) l’aveva copiata da originali di proprietà del veneziano Avogadro e altri erano stati trascritti dietro richiesta di de Brèche durante il viaggio. Chiese clemenza, si dichiarò vittima di cattive compagnie e di furori giovanili. Rinnegò la Baccinata affermando di averla avuta in dono dal Loredano mentre si trovava a Bergamo perché la confutasse. Del Corriero svaligiato disse che una prima versione, che non vide mai la luce, era sua, ma che quella pubblicata gli era stata attribuita dai nemici. Ma lo Sforza scrisse il 3 settembre 1643 al cardinale Barberini: Si conosce chiaramente gli scritti essere originali, e non copie, come egli asserisce; e perché da quello ch’abbiamo nel processo sin ad ora pare che ci sia tanto che avanzi per castigarlo come merita, non abbiamo ancora voluto avventurarlo ai tormenti, alli quali io credo nondimeno ch’egli sia per fare poca resistenza, per aver veduto con che facilità ha confessato quello che di già è in processo. Io credo che la giustizia sia per condannarlo alla morte. Inutili furono le richieste di perdono, infarcite di dotte citazioni dalla storia sacra, che il Pallavicino indirizzò al cardinal nepote: Ma quale gloria le sarà d’aver schiacciato il capo ad un verme? Sarà più vantaggio della sua magnanimità il raddrizzarmi, e farmi un vivo trofeo della sua clemenza (questa lettera fu allegata agli atti processuali come comprovante confessione piena). Benché il delitto di cui il Pallavicino fu accusato non fosse, di per sé, capitale, fu giudicato tale propter reiterationem: la condanna fu a morte per lesa maestà e apostasia. Venerdì 4 marzo 1644 venne degradato da un alto prelato e sabato 5 fu condotto nella piazza antistante il Palazzo dei Papi e, a soli 29 anni d’età, decapitato. Gli si risparmiò il rogo già che si trova che egli è Gentiluomo. I libri furono arsi dal carnefice, i manoscritti conservati. Che il Pallavicino fosse un personaggio di una certa levatura e assai scomodo, lo capirono bene gli ambienti ecclesiastici, se tanto si diedero da fare per toglierlo di mezzo: al riguardo sono abbastanza significativi gli atti processuali e la corrispondenza scambiata tra i Barberini e il vicelegato di Avignone. Senza dimenticare che di tutti i libellisti che pullularono nell’Italia del Seicento, fu l’unico a lasciare la testa sul patibolo. Se la condanna a morte tolse di mezzo un personaggio che per la famiglia Barberini si era fatto troppo pericoloso, si ritorse però contro chi l’aveva vista come unica soluzione: il Pallavicino divenne un vero e proprio mito. I suoi scritti furono tradotti in francese, inglese e tedesco, e nell’arco della sola seconda metà del Seicento si contarono in Europa circa settanta edizioni delle sue opere. Di echi e suggestioni pallaviciniane si fecero poi forti le polemiche antiromane dei protestanti e antireligiose in genere.
FONTI E BIBL.: A. Albertazzi, Romanzieri e romanzi del Cinquecento e del Seicento, Bologna, 1891, 315-330; L’anima di Ferrante Pallavicino, divisa in sei vigilie, Colonia, 1675; H. Bayle, Dictionnaire historique et critique, Rotterdam, 1702, t. III, 2291; A. Belloni, Il Seicento, Milano, 1955, 363-364; F. Benoît, La valise de Ferrante Pallavicino, Paris, 1928; H. Bouché, La Chorographie ou description de Provence et l’histoire chronologique de mesme pays, Aix, 1664, II, 933-934; G. Brusoni, Vita di Ferrante Pallavicino, Venezia, 1654; G. Chaufepié, Nouveau dictionnaire historique et critique, La Haye, 1753, t. III, 18-19; P. De Saint Romuald (P. Guillebaud), Trésor chronologique et historique, Paris, 1642-1647, t. III, 972; P. De Saint Romuald, Ephémerides, Paris, 1662, t. I, 198; Encyclopédie, Neuchatel, 1765, t. XII, 687-688 (voce: Plaisance); G. Faelli, Un libellista decapitato, in La Domenica del Fracassa 3 gennaio 1886; G. Ghilini, Teatro d’uomini letterati, Venezia, 1647, t. II, 77-78; Le Glorie degli Incogniti, Venezia, 1647, 137-139; P. Litta, Famiglie celebri italiane, Milano, 1841, tav. XXX; J. Lucas-dubreton, Un libertin italien du XVIIe siècle: Ferrante Pallavicino ou l’Aretin manqué, Paris, 1923; P. Marchand, Dictionnaire historique, ou mémoires critiques et littéraires, La Haye, 1759, t. II, 125-129; L. Mensi, Dizionario biografico piacentino, Piacenza, 1899, 312; L. Morery, Grand dictionnaire historique, Paris, 1707, t. IV, 135-136; G. Naudé, Naudaeana et patiniana, Amsterdam, 1703, 109-110; Nouvelle biographie générale (Michaud), Paris, 1862-1866 (voce Ferrante Pallavicino); N. Papadopoli, Historia Gymnasii Patavini, Venetiis, 1726, t. II, 301; G. B. Passano, Novellieri italiani in prosa, Torino, 1872, vol. I, 482-483; C. Poggiali, Memorie per la storia letteraria di Piacenza, Piacenza, 1789, II, 170-194; F. Salfi, histoire litteraire d’Italie, Paris, 1935, XIV, 84-86; G.Spini, Ricerca dei libertini, Roma, 1950 (ristampa: Firenze, 1983); G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, Modena, 1713, t. VIII/3, 381; N. Vigneul Marville, Mélanges d’histoire et de littérature, Rotterdam, 1700, 11-13; E. Zanette, Suor Arcangela, monaca del Seicento veneziano, venezia-Roma, 1960, 339-340 e 350-354; Secoli della letteratura italiana, 3, 1855, 398-401; Aurea Parma 1 1985, 4-15; A. Marchi, Don Ferrante Pallavicino, Archivio Storico per le Provincie Parmensi 1985, 77-78; Gazzetta di Parma 24 novembre 1992, 5; Bergamo, Biblioteca Civica, Carteggio Albani, Gab. E. 2/sop. 10-13; Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Codice Barb. Latino n. 6157 e 9476; Genova, Biblioteca Universitaria, ms. E. V. 19; Milano, Biblioteca dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Archivio Pallavicino-Sforza-Fogliani, buste n. 37 e 39; Parma, Archivio Vescovile, busta Matr. 1619; Venezia, Archivio di Stato, Esposizioni Roma-Collegio R. 31.

PALLAVICINO FILIPPO
Parma 9 novembre 1751-Parma 29 dicembre 1843
Figlio secondogenito di Uberto. Fu educato per nove anni a Roma nel Collegio Nazzareno. Ritornato a Parma, fu nominato Esente delle Reali Guardie del Corpo e Ciamberlano del duca di Parma Ferdinando di Borbone. apprese il fagotto e il corno inglese da Gaetano Grossi e il canto dal maestro Francesco Fortunati. Il Pallavicino fece la delizia dei Sovrani passati cantando con essi a Colorno nel teatrino di Corte con applauso universale (Gervasoni). Fu colonnello delle Guardie d’onore della duchessa di Parma Maria Luigia d’austria.Decantato quale abile cavallerizzo, valente schermidore e grazioso ballerino di sala, fu inoltre commendatore dell’Ordine costantiniano e patrizio e cittadino veneto.
FONTI E BIBL.: C. Gervasoni, Nuova teoria di musica, 1812, 222; Pallavicino dell’Emilia 1911, tav. XXXIII; Palazzi e Casate di Parma, 1971, 374.

PALLAVICINO FILIPPO
Parma 10 giugno 1848-
Figlio di Giuseppe Maria e di Leopolda pallavicino. Fu consigliere in diversi comuni del Reggiano e presidente della commissione Ippica nella provincia di Parma. Fu Patrizio e cittadino veneto.
FONTI E BIBL.: Pallavicino dell’Emilia, 1911, tav. XXXIV.

PALLAVICINO FILIPPONE
Pellegrino 1397/1402
Figlio di Giacomo. Nel 1397 ottenne dal duca di Milano il rinnovo dell’investitura di pellegrino e di Specchio. Nel 1402 fu a milano ad assistere ai solenni funerali celebrati per il duca Giangaleazzo Visconti.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1840, tav. XV.

PALLAVICINO FRANCESCO
-Bargone 1376
Nel 1374, accompagnato dai figli del cugino Nicolò Pallavicino, si recò a Bargone dove fu accolto dallo zio Giacomo Pallavicino. Mentre si stava consumando il pranzo, il Pallavicino trucidò a tradimento lo zio e il nipote Giovanni, quindi, usata violenza alle loro donne, le cacciò da castello. Avrebbe a questo punto dovuto consegnare la fortezza a Nicolò Pallavicino ma si rifiutò di eseguire quanto in precedenza era stato convenuto. Nicolò pallavicino si rivolse allora contro di lui dando inizio a una lunga contesa.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1840, tav. XVI.

PALLAVICINO FRANCESCO
Busseto 1476 c.-post 1546
Figlio di Cristoforo e di Bona Pusterla. Nel 1529 fu eletto prevosto della chiesa di Busseto. Vi rinunciò nel 1546.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1840, tav.  XXI.

PALLAVICINO FRANCESCO
Parma-post 1567
Figlio di Emmanuele e di Luigia Lupi. Nel 1545 giurò fedeltà e obbedienza a Pierluigi Farnese, primo duca di Parma e Piacenza. Fece testamento il 14 gennaio 1567.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1840, tav. XXX.

PALLAVICINO FRANCESCO
Busseto 1621 c.-post 1646
Figlio di Ermes e di Virginia Parati. Nel 1646, unitamente al fratello Carlo, fu condannato a morte e alla confisca dei beni essendo accusato di diversi omicidi, violenze e molti stupri. Ambedue si salvarono ponendosi al servizio di Venezia quali condottieri d’armi.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1841, tav. XXIV.

PALLAVICINO FRANCESCO
Polesine 1683 c.-Busseto 1750
Figlio di Sforza. Nel 1748 fu incarcerato in Busseto per aver ucciso in una rissa con due pugnalate il fratello Lodovico, che era chierico. Morì in prigione.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1840, tav. XVI.

PALLAVICINO FRANCESCO
Busseto 9 settembre 1763-16 gennaio 1835
Figlio di Muzio Omobono e di Maria zaccaria. Nel 1781 fu nominato Cavaliere gerosolimitano. Fu anche commendatore.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1840, tav. XXIII.


Parma 16 marzo 1887-post 1947
Figlio di Ottorino e di Nellina Pallavicino Mossi. Si laureò al Politecnico di Milano in architettura nel 1910. Costruì il silos nel porto di Civitavecchia dal 1925 al 1928 e un edificio scolastico nella stessa città. Lavorò anche a Tirana, in Albania. Si occupò di costruire le linee ferroviarie Chivasso-Locarno e Asti-domodossola, e dal 1923 al 1925 diresse i lavori della ferrovia Roma-Ostia.
FONTI E BIBL.: A.M. Bessone, Scrittori e architetti, 1947, 381.

PALLAVICINO FRANCESCO
Parma 1897/1918
Tenente di cavalleria nell’aviazione, durante la prima guerra mondiale si imbattè in una intera squadriglia austriaca mentre inseguiva un velivolo nemico. Una scarica di mitraglia gli fece saltare l’arma tra le mani e pur ferito con abili manovre riuscì a sottrarsi al nemico raggiungendo le linee italiane e offrendo alle truppe che seguivano da terra il combattimento bellissimo esempio di calma, di audacia, di alto sentimento del dovere, come  è scritto nella motivazione della medaglia d’argento al valor militare della quale fu insignito.
FONTI E BIBL.: Aviatori parmigiani, in Gazzetta di Parma 15 maggio 1978, 3.

PALLAVICINO FRANCESCO MARIA
Parma 1 maggio 1635-27 aprile 1703
Figlio di Ranuzio e di Camilla Carissimi. Fu inviato dal duca di Parma Ranuccio Farnese all’imperatore Leopoldo.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1840, tav. XX.

PALLAVICINO FRANCHEDI, vedi PALLAVICINO TANCREDI

PALLAVICINO GALEAZZO
Busseto 1410 c.-
Figlio di Orlando e di Caterina Scotti. Nel 1442 fu lettore di sacri canoni all’università di Torino.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1840, tav. XVII.

PALLAVICINO GALEAZZO
Busseto 1452 c.-1520
Figlio di Pallavicino, dei marchesi di Busseto, e di Caterina Fieschi. Nel 1478 fu creato cavaliere, lo stesso giorno che Galeazzo Maria Visconti ricevette le insegne di duca. Nel 1483 fu eletto consigliere ducale. Dieci anni dopo fu tra i condottieri delle squadre milanesi, nella battaglia del Taro, contro Carlo VIII. Nel 1499 Ludovico il Moro lo inviò coll’incarico di Capitano delle armi in Piacenza, nel momento in cui Ludovico XII si preparava a impadronirsi del Ducato di Milano. Il Pallavicino non si curò di difendere quella piazza e si schierò per il Re, il quale, divenuto padrone della Lombardia, comprese il pallavicino nella donazione di Borgo San Donnino fatta ai fratelli, e lo nominò cavaliere di San Michele e di San Donnino, dandogli fontanella, Soresina e Romanengo. Più tardi lo creò governatore di Pontremoli, di felino e di Torchiara. Nel 1503 il Pallavicino fece costruire un mulino a Gallinella. Fatta la lega di cambrai (1508), continuò a militare per Ludovico XII e si trovò alla battaglia di agnadello (1509) contro i Veneziani. Nel 1512 si ritirò nelle sue terre, ma un anno dopo, quando i Francesi si unirono ai Veneziani, si impadronì di Cremona. Nel 1515, venuto in Italia Francesco I e vinti gli Svizzeri a Marignano, Massimiliano Sforza fu fatto prigioniero. Il Pallavicino avuto sentore della vittoria, ne profittò per ritornare a Cremona, donde era stato scacciato, e dove trovò invece festose accoglienze. Il Re gli cedette, in segno di onore, una coppa d’oro che era stata offerta a lui. Continuò a seguire il partito francese fino alla morte. Da papa Leone X e da Massimiliano Sforza nel 1513 fu riconfermato nei suoi diritti e privilegi sugli antichi feudi Pallavicino.
FONTI E BIBL.: Archivio Storico Lombardo, t. I, anno XVII, 1890; Chronicon familiae Pallavicina, ms. nella biblioteca Palatina di Parma; C. Cipolla, Storia delle signorie italiane, Milano, 1881; B. Corio, Storia di Milano, V, III, Milano, 1857; Giulini, Memorie della città e campagna di Milano, Milano, 1837; P. Litta, Famiglie celebri italiane, Milano, 1834;  E. Ricotti, Storia delle compagnie di ventura, Torino, 1893; E. Seletti, La città di Busseto, Milano, 1883; V.Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, Milano, 1932; Enciclopedia militare, 1933, V, 770; F.Stroppa, Famiglie di Salsomaggiore, 1928, 21; C. Argegni, Condottieri, 1937, 387; E. Dall’Olio, Corniglio e la sua valle, 1960, 43.

PALLAVICINO GALEAZZO
Busseto o Cortemaggiore-1582
Nel 1550 gli fu conferita con provvisione apostolica la commenda di Santa Maria maddalena della Ceva, in Diocesi di Cremona. Nel 1565 fu al servizio dei Veneziani quale condottiero di trenta lance del doge Priuli, e non ritornò in patria che dopo quindici anni. Lottò a lungo nei tribunali di Parma e di Roma contro i Farnese che volevano usurpare i diritti dei Pallavicino. Morì senza aver mai ottenuto un pronunciamento definitivo.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1841, tav. XXIV.

PALLAVICINO GERMANO
Parma 16 maggio 1836-Rovereto 20 giugno 1886
Figlio di Gian Francesco e di Zelinda Liberati. Fu molto versato nelle matematiche, per le quali ottenne regolare licenza. Percorse la carriera militare, dapprima come sottotenente del genio nelle truppe del Ducato Parmense, quindi nel 1860 passò nell’esercito regolare italiano, dove raggiunse il grado di capitano di fanteria. Prese parte alla campagna di guerra del 1866 contro gli Austriaci per l’indipendenza d’Italia. Fu fregiato della medaglia commemorativa per le guerre dell’indipendenza e di quella dell’Unità Nazionale. Il Pallavicino fu Patrizio e cittadino veneto.
FONTI E BIBL.: Pallavicino dell’Emilia, 1911, tav. XXXIII; V.Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, 1932.

PALLAVICINO GEROLAMO
Busseto 1508-Castiglione Lodigiano 22 aprile 1579
Figlio di Cristoforo. Ebbe la signoria di Busseto coi fratelli Ermete e Francesco, ma a lui solo fu affidato il governo. Era ancora minorenne quando i Francesi gli decapitarono il padre. Nel 1521 andò alla Corte imperiale di Carlo V, ed ebbe il titolo di gentiluomo. Nel 1532 ritornò a Busseto, dove l’anno seguente ebbe il privilegio di ricevere l’imperatore Carlo V il quale nell’occasione eresse Busseto al rango di città. Nel 1536 combattè nelle Fiandre  sotto Ferrante Gonzaga contro i Francesi. Nel 1543 ospitò in Busseto papa Paolo III e l’imperatore Carlo V a convegno. Nel 1544 fu eletto Colonnello di fanti.Nel 1545 prestò giuramento di fedeltà a Pier Luigi Farnese, eletto duca di Parma e Piacenza. Ma il nuovo Duca lo perseguitò e gli limitò molti dei suoi privilegi. Cospirò così contro il Farnese e, morto questi, riebbe Cortemaggiore. Nel 1546 si recò in Parma con 200 fanti su richiesta del governatore pontificio, malcontento della presenza degli Spagnoli. Nel 1547 fu governatore di Lodi, e, non appena fu avvertito dell’uccisione di Pier Luigi Farnese, fece recapitare la notizia a Milano a Ferrante Gonzaga. Fu poi nuovamente nelle Fiandre. Nel 1552, in Anversa, difese i suoi parenti da agguati di sicari dei Farnese, ma nonostante ciò due suoi congiunti furono uccisi (lo stesso Pallavicino fu gravemente ferito). Nel 1555 tornò in Italia come condottiero di cavalli, per la guerra che in Piemonte si combatteva contro i Francesi, e si guadagnò il titolo di strenuo capitano. Dopo la pace di Cambrai (1559) si ritirò dai campi di battaglia e visse a castiglione Lodigiano, suo feudo. Nel 1570 contribuì a riedificare la chiesa parrocchiale di Castiglione e dal 1572 al 1579 fondò cinque coppellanie  nella chiesa dell’Incoronata a carico dell’ospedale Maggiore di Milano da lui beneficiato con testamento.
FONTI E BIBL.: I.Affò, Vita di Pier Luigi Farnese, Milano, 1821; Archivio  di Stato in Milano, Sezione storica, Famiglia Pallavicino; Battilana, Genealogia delle famiglie nobili, Genova 1823; Chronicon familiae Pallavinae, ms. nella biblioteca Palatina di Parma; De Leva, Storia documentata di Carlo V; P.Litta, Famiglie celebri italiane, Milano, 1834, tav. XXI; L. Poggiali, Storia di Piacenza, Piacenza, 1757-1766; E. Seletti, La città di Busseto, Milano, 1883; P. Vitali, Memorie di Busseto, ms. già presso Seletti; C. Argegni, Condottieri, 1937, 387; U.Imperatori, Italiani all’estero, 1956, 206.

PALLAVICINO GEROLAMO
Polesine 24 settembre 1579-
Figlio di Camillo e di Margherita Pallavicino. Fu protonotario apostolico.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1840, tav. XVIII.

PALLAVICINO GIACOMO
ante 1322-Bargone 1374
Figlio di Federico. Fu ucciso assieme al figlio Giovanni dal nipote Francesco.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1840, tav. XVI.

PALLAVICINO GIACOMO
Bargone 1374/1376
Morto nel 1376 il fratello Francesco, fu spogliato del feudo di Bargone e imprigionato da Nicolò Pallavicino con il pretesto che egli fosse sul punto di allearsi a Bernabò Visconti.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1840, tav. XVI.

PALLAVICINO GIACOMO
Scipione 1450/1498
Figlio di Giovanni e di Lucia Bajardo. Nel 1450 fu armato cavaliere. Abitò a lungo nella rocca di Chiavenna, nel Piacentino. Fu governatore di Borgo San Donnino nel 1495, e nel 1498 fu nominato vice duca di Bari da Lodovico il Moro. Del Pallavicino pubblicò cenni biografici il canonico Camillo Beccara.
FONTI E BIBL.: L. Mensi, Dizionario Biografico dei Piacentini, 1899, 312.

PALLAVICINO GIAMBATTISTA, vedi PALLAVICINO GIOVANNI BATTISTA

PALLAVICINOGIAMPAOLO
Busseto o Cortemaggiore-post 1648
Figlio di Girolamo Galeazzo e di Elisabetta valvassori. Appartenne all’ordine dei Servi di Maria. Fu maestro di teologia e dal 1648 priore nel convento di Cremona.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1840, tav. XXV.

PALLAVICINO GIAN BATTISTA, vedi PALLAVICINO GIOVANNI BATTISTA

PALLAVICINO GIANFRANCESCO
Scipione-Colorno 25 maggio post 1486
Figlio di Niccolò e di Angela. Nel 1479 ricevette dal cardinale Giovanni di Aragona il patronato e la chiesa di San Nicomede in Borgo San Donnino. Visse lungamente alla Corte degli Sforza di Milano. Nel 1482 si alleò a Costanzo Sforza nella guerra contro i Rossi di San Secondo ma non riuscì a unirsi alle truppe degli sforza perché fu fatto prigioniero e rinchiuso nel castello di Roccabianca, da cui fuggì poco dopo  mancando alla parola data di non allontanarsi da quei luoghi in cambio di una relativa libertà di movimento. Morì, dopo essere partito da Colorno, affogando nelle acque del torrente Lorno.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1841, tav. XXIX.

PALLAVICINO GIANFRANCESCO
Busseto o Cortemaggiore-post 1648
Figlio di Girolamo Galeazzo e di Elisabetta Valvassori. Nel 1648 fu al servizio della Corte di Spagna. Si adoperò in Vienna per gli interessi della sua famiglia quale procuratore del padre.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1840, tav. XXV.

PALLAVICINO GIANFRANCESCO
Parma 9 aprile 1800-Parma 6 novembre 1884
Nacque dal marchese Filippo e da Dorotea Magnani. Laureato in legge nel 1822, prestò giuramento l’anno dopo, dinanzi alla Corte d’Appello, per il libero esercizio dell’avvocatura. Ma il 1° gennaio 1824 entrò al servizio dello Stato con la qualifica di Aggiunto negli Uffizi della Delegazione di Parma. Fu dapprima segretario nel Commissariato distrettuale di Busseto, fu poi chiamato al dicastero dell’interno, donde passò commissario ducale in Guastalla nel 1840, mostrandosi sempre zelante amministratore. A quarant’anni ebbe la nomina di Consigliere di Stato e nel 1854 la reggente Luisa Maria di Berry, col decreto che ricostituì la Regia Università di Parma, lo elevò alla direzione dell’Ateneo stesso col titolo di Presidente del Supremo Magistero degli Studi. Si valse di tale titolo per strappare al Governo le maggiori concessioni possibili a vantaggio dell’istruzione e del personale addetto all’Ateneo. Il Pallavicino ebbe inoltre l’ufficio di Segretario generale alla Presidenza del Ministero dell’Interno e giunse, intorno al 1848, a occupare la carica di governatore civile e militare a Piacenza. Il 30 agosto 1848 venne nominato dal governatore militare Delegato provvisorio all’uffizio di direttore generale al Dipartimento de’ Lavori Pubblici, che aveva competenza anche sul Teatro Regio. Il nuovo sovrano nel 1849 lo nominò Regio Commissario straordinario del Teatro Regio di Parma. Nell’Archivio di Stato di Parma (Fondo Sanvitale) vi è il manoscritto della sua composizione musicale Quattro quadriglie francesi. In seguito fu chiamato a presiedere la sezione del contenzioso amministrativo nel Consiglio di Stato, e in tale carica rimase sino al 1859.Con l’unione del Ducato di Parma al Regno d’Italia, Il Pallavicino, cessato ogni incarico governativo (1861), rivolse ogni sua attività a beneficio della congregazione di San Filippo Neri. Fu ciambellano di Maria Luigia d’Austria e di Carlo di Borbone, consigliere della Consulta Araldica di Parma, gentiluomo di camera di Maria Luisa di Borbone e commendatore dell’Ordine costantiniano. Fu grande appassionato e conoscitore di musica. Sposò Zelinda Liberati.
FONTI E BIBL.: A. Pariset, Dizionario Biografico, 1905, 79-80; V. Spreti, Enciclopedia Storico Nobiliare, 5, 1932, 63-64; M. Mora, Marchese Gianfrancesco Pallavicino, in Archivio Storico per la Provincie Parmensi 1953, 309; Palazzi e Casate di Parma, 1971, 375.

PALLAVICINO GIAN FRANCESCO, vedi anche PALLAVICINO GIOVANNI e PALLAVICINI GIOVAN FRANCESCO

PALLAVICINO GIANGABRIELE
Busseto 1479 c.-post 1528
Figlio di Antonio Maria. Nel 1499 giurò fedeltà a re Lodovico XII. In seguito, accusato di ribellione, gli furono confiscati i beni e i titoli, che gli furono restituiti solo il 20 luglio 1528 da Antonio de Leyva, governatore Spagnolo.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1841, tav. XXIX.

PALLAVICINO GIANGIORGIO SFORZA
Parma 1660 c.-16 dicembre 1742
Figlio di Giangiorgio e di Angela lampugnani. Fu ciambellano dell’imperatore Leopoldo I nel 1682. Durante la guerra di successione, nel 1701 giurò fedeltà quale feudatario di San Fiorano a Filippo V che, come re di Spagna, era divenuto Duca di Milano.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1841, tav. XXIV.

PALLAVICINO GIANGIROLAMO
Busseto 1479 c.-16 ottobre 1536
Figlio di Antonio Maria e di Isabella Borromeo. Fu ucciso da alcuni Pallavicino di Scipione per aver fatto donazione alla moglie, Giacoma Pallavicino di Zibello, del Castelletto nel territorio di Borgo San Donnino.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1841, tav. XXIX.

PALLAVICINO GIANGIROLAMO
Scipione 6 settembre 1570-1628
Figlio di Lionello e di Marta Albani. Fu coppiere di Margherita Aldobrandini, duchessa di Parma. Quindi fu maestro di camera del duca Odoardo Farnese.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1840, tav. XXX.

PALLAVICINO GIANGIROLAMO
Scipione 25 agosto 1651-Scipione 8 maggio 1722
Figlio di Pompeo e di Barbara Anguissola. Fu maestro di camera alla Corte dei duchi di Parma.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1840, tav. XXX.

PALLAVICINO GIANGIROLAMO
Scipione 5 febbraio 1736-1776
Figlio di Pompeo e di Dorotea Mulazzani. Fu gentiluomo di camera del duca di Parma. Fu confeudatario di Scipione e Grotta.
Fonti e Bibl.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1840, tav. XXX.

PALLAVICINO GIAN LODOVICO
Parma 1827
Il 23 giugno 1827, in occasione dell’inaugurazione del Nuovo Teatro Comunale di Cortemaggiore, scrisse il testo della cantata L’ombra, che fu musicata da Ferdinando Provesi (Biblioteca Palatina di Parma, Fogli volanti, Serie A, 1824-1830).
FONTI E BIBL.: G.N. Vetro, Dizionario, 1998.

PALLAVICINO GIANLODOVICO, vedi anche PALLAVICINO GIOVANNI LUDOVICO

PALLAVICINO GIANMANFREDO
Polesine o Busseto 1410 c.-1485 c.
Figlio di Orlando e di Caterina Scotti. Il 2 giugno 1458 ebbe dal duca di Milano Francesco Sforza l’investitura dei feudi di Costamezzana e Polesine ereditati dal padre. Nel 1470 e 1477 prestò giuramento di fedeltà ai duchi di Milano. Più tardi, approfittando delle discordie interne alla corte di Milano, si impadronì della fortezza di Godano, che però dovette nuovamente cedere il 21 marzo 1485. Morì non molto tempo dopo. Il Pallavicino edificò la cappella della Beata Vergine delle Grazie nella chiesa di Santa Maria degli Angeli in Busseto.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1840, tav. XVII.

PALLAVICINO GIANMANFREDO
Costamezzana 1513/1547
Figlio di Gianottaviano e di Laura Caracciolo. Nel 1513 ebbe confermati dal duca massimiliano Sforza gli antichi privilegi. Condusse una lite interminabile col cugino Giambattista Pallavicino per il possesso di Costamezzana. A un cento punto, accusato dal suo avversario di aver prodotto documenti falsi, fu incarcerato mentre si trovava a Roma e sottoposto a tortura. Nel 1547 fu accusato con altri di aver introdotto gli imperiali a Piacenza dopo l’assassinio del duca Pierluigi Farnese.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XVII.

PALLAVICINO GIANNANTONIO
Tabiano o Castellina 1447 c.-
Figlio (forse primogenito) di Uberto e di Polissena Anguissola. Il 26 ottobre 1499 prestò giuramento, quale feudatario dipendente dal ducato di Milano, al re Lodovico XII di Francia in una solenne funzione celebrata nel castello di Milano.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1840, tav. XX.

PALLAVICINO GIANNANTONIO
Varano de’ Marchesi 1556
Figlio di Gianfelice e di Caterina. Nel 1556 giurò fedeltà, quale feudatario di Varano de’ Marchesi, nelle mani del governatore di Milano, Ferrante Gonzaga, a Filippo II re di Spagna.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1840, tav. XIX.

PALLAVICINO GIANOTTAVIANO
Busseto o Polesine 1436 c.-Fondi 1505 c.
Figlio di Gianmanfredo e di Pellegrina Spinola. Lodovico il Moro confiscò a lui e ai fratelli i beni, che poi il Pallavicino recuperò, pagando una ragguardevole somma, nel 1490. Visse lungamente a Milano ma rimase sempre un oppositore di Lodovico il Moro, e il 26 ottobre 1499 giurò solennemente fedeltà a re Lodovico XII nel castello di Milano. Fece testamento il 18 dicembre 1504 in Fondi.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1840, tav. XVII.

PALLAVICINO GIBERTO
Busseto o Scipione 1497
Figlio di Antonio.Notaio, rogò il testamento di Carlo Pallavicino, vescovo di Lodi, nell’ottobre 1497.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1840, tav. XV.

PALLAVICINO GIORGIO GAETANO
Parma 15 agosto 1727-1790
Figlio di Pio Giorgio e di Margherita borromeo. Fu abate fino all’anno 1759, quando, per la morte del nipote Giangiorgio Pallavicino, lasciò l’abito religioso per la successione ereditaria della casata.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1841, tav. XXIV.

PALLAVICINO GIORGIO GUIDO, vedi PALLAVICINO TRIVULZIO GIORGIO GUIDO

PALLAVICINO GIORGIO PIO
Parma 21 dicembre 1761-26 aprile 1803
Figlio di Giorgio Gaetano e di Maria Dati. Fu ciambellano dell’imperatore nel 1790 e fece parte del consiglio dei LX decurioni nel 1792. Nel 1796 fu arrestato dai Francesi, che avevano occupato la Lombardia, e relegato a Nizza. L’anno seguente, grazie a una amnistia voluta da Napoleone Bonaparte, fu liberato e poté tornare in patria.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1841, tav. XXIV.

PALLAVICINO GIOVAN FRANCESCO
Busseto o Polesine 1437 c.-Zibello 20 dicembre 1497
Alla morte di Rolando Pallavicino il feudo di Zibello, che nel 1457 contava 447 uomini ed era esteso più di nove miglia quadrate, fu rivendicato per una metà da Bartolomeo Pallavicino, figlio di Donnino, il quale, essendone stato spogliato proprio da Rolando nel 1429, si rivolse al duca di Milano per ottenere il riconoscimento dei propri diritti. Il duca però, pur tenendo in un certo conto le rivendicazioni di Bartolomeo, al quale venne assegnato, a tacitazione delle sue pretese, il feudo di Stupinigi, stabilì che Zibello dovesse toccare al Pallavicino, l’ultimo dei figli di Rolando. Nei circa quarant’anni di dominio sul luogo, il Pallavicino governò il feudo in modo da ottenere stima, rispetto e benevolenza da parte dei propri sudditi e si adoperò costantemente per dare a Zibello un volto che si addicesse al centro di una signoria, pur se piccola, qual era la sua. Grazie infatti alla sua brillante carriera politica alla corte ducale di Milano, dove divenne prima cameriere (1476) e poi consigliere (1480), e ai favori che gli vennero accordati soprattutto a partire dal momento in cui la guida del ducato venne assunta da lodovico il Moro, il quale gli concesse feudi, pensioni e immunità, poté disporre di mezzi tali da consentirgli di intraprendere una serie di opere nel castello, alcune delle quali destinate a durare nei secoli. Il Pallavicino procedette in primo luogo a ristrutturare la rocca, che fu probabilmente trasformata da baluardo esclusivamente militare in un complesso edilizio che, oltre a mantenete tale funzione, divenne presto il centro della vita anche culturale della piccola corte signorile: il luogo nel quale non soltanto il signore dimorava nei periodi di permanenza a Zibello e si dedicava alla cura dei propri interessi, ma dove era anche possibile accogliere e alloggiare ospiti e organizzare trattenimenti, incontri e feste. La rocca, che sorgeva di fronte al Palazzo Pallavicino, fatto costruire da Rolando il Magnifico o dallo stesso Pallavicino nel primo periodo della sua signoria su Zibello e ristrutturato nel primo quarto del secolo XVI, era munita di torri e torrioni ed era circondata da un fossato che la divideva dal resto del castello: vi si accedeva attraverso una porta per raggiungere la quale occorreva superare un bastione. L’opera di sistemazione urbanistica del castrum, attuata, o meglio progettata, dal Pallavicino, in quanto non tutto ciò che fu da lui iniziato venne condotto a termine prima della sua morte, continuò poi con l’erezione, entro le mura, della chiesa dei Santi Gervaso e Protaso e coll’estensione dell’abitato lungo una linea parallela al lato sud del castrum e destinata a diventare, secondo uno schema seguito anche a cortemaggiore, l’asse principale del castrum stesso. Asse lungo il quale il pallavicino fondò, nel 1494, il monastero di Santa Maria delle Grazie, che fu terminato però dopo la morte di suo figlio Federico e di cui i frati dell’ordine di San Domenico entrarono in possesso solo nel 1510. L’allargamento dell’area del castello doveva preludere a un aumento della popolazione (la monumentalità degli edifici ne è una chiara prova), costituendo un richiamo per gente attiva, capace, a patto che venisse a vivere nel luogo, di profittare delle opportunità e delle condizioni di favore a essa offerte dal Pallavicino, che, tendendo a fare di Zibello la propria piccola capitale, ebbe certamente in animo di dare impulso al commercio e all’artigianato, a quelle attività cioè che avevano reso prosperi i centri urbani. Quel progetto di sviluppo che, nelle sue intenzioni, Zibello avrebbe dovuto avere in prospettiva, non venne tuttavia compiutamente realizzato per il concorrere di una serie di circostanze succedutesi nel periodo compreso tra la sua morte, avvenuta quando aveva poco più di sessant’anni, e la morte di suo nipote Giovan Francesco Pallavicino, figlio di Federico, deceduto senza figli nel 1514. Il Pallavicino ebbe sempre buoni rapporti con gli homines di Zibello, dei quali seppe conquistare la fiducia e la fedeltà e ai quali, proprio per questo, mediante disposizione testamentaria, concesse in perpetuo l’esenzione dal boscatico. Difficoltà tuttavia egli dovette affrontare nei primi anni della sua signoria, difficoltà che derivavano dal fatto che tra i proprietari di terre entro l’ambito territoriale del feudo vi erano i Sommi e i Rossi e che Cremona rivendicava, per i propri cittadini, certe prerogative da essi godute nei tempi che avevano preceduto la concessione a Rolando, per i suoi domini, della separazione dalla città e quindi dell’esenzione da qualsiasi tipo di dipendenza giurisdizionale da essa. I Sommi, subito dopo la morte di Rolando, accaduta nel 1457, sperando evidentemente di trarre profitto dalla discordia nata tra i suoi figli a causa della divisione ereditaria e dal conseguente indebolimento della loro potenza, ricorsero al duca di Milano, pregandolo di costringere il Pallavicino alla restituzione dei loro beni feudali, cioè di Pieve Altavilla, della Ghiara di Brazzo e della quarta parte del porto di Sommo, di cui erano stati spogliati dallo stesso Rolando e di cui il Pallavicino riusciva ancora a mantenere il possesso propter ipsius potentiam. Non pare tuttavia che il ricorso avesse seguito: troppo debole ormai era la loro voce e troppo influenti i Pallavicino alla corte ducale. Ma i Sommi erano anche cittadini cremonesi e a tale loro condizione si appellarono non solo per evitare di sottostare a gravami e adempiere obblighi, cui erano tenuti coloro che erano sottoposti alla giurisdizione del castello di Zibello, ma anche di sottrarre a essa i propri dipendenti e i propri massari, richiamandosi a quanto stabilito in proposito dal decreto del Maggior Magistrato. Nel 1467 Genesio Sommi, insieme con Pietro Riccardi e alcuni altri cittadini di Cremona, possessori di case nel castello di Zibello e di terreni nel territorio circostante, si rivolsero tramite i deputati del Comune di Cremona, ai duchi di Milano per protestare, richiamandosi alle norme di un recente decreto, contro le pretese di un ufficiale del Pallavicino perché anch’essi e i loro mezadri e massari contribuissero, come gli uomini di Zibello, ale emondatione de le fosse et fortificatione del castello. Informato della cosa dai duchi, il Pallavicino, il 2 maggio dello stesso anno, rispose  che la protesta non poteva essere presa in seria considerazione: il Sommi, il Riccardi e gli altri, dal momento che traevano utilità dal fatto di avere accesso al castello e di risiedervi, non avrebbero potuto essere considerati esenti dai carichi che tale prerogativa comportava, tanto più che egli stesso vi contribuiva per un terzo. Se davvero poi fosse stata concessa simile esenzione anche ai loro massari e mezzadri, il numero di costoro sarebbe aumentato, per ottenerla, a tal punto che in pocho spatio de tempo più seriano che lo resto. Bastasse dunque al Sommi, al Riccardi e agli altri essere preservati come cittadini de li altri carichi occurrenti luoro. E anche qualora si fosse voluto loro accordarla vel per confirmatione de decreto aut aliter, l’esenzione da loro richiesta non poteva essere concessa in quanto ciò sarebbe avvenuto con preiudicio del tercio et ipso non citato et evocato. La loro istanza perciò, come voleva raxone et iusticia, fu respinta. Ma i maggiori problemi vennero al Pallavicino dall’essere il feudo di Zibello confinante con quello di Roccabianca, appartenente a Pier Maria Rossi. La rivalità tra le due famiglie aveva origini lontane, ma, dopo la morte di Rolando, andò gradatamente accentuandosi per il sommarsi di una serie di circostanze che le portarono fino allo scontro aperto. A differenza dei figli di Rolando, i cui domini avevano perso il carattere di signoria autonoma ed erano stati trasformati in feudi camerali, Pier Maria Rossi conservava intatta tutta la sua potenza, potendo contare su oltre venti castelli, e ciò costituì sicuramente un motivo di preoccupazione, oltre che per i duchi, per il Pallavicino, che tese sempre a indebolirla e a limitarla. Le prime avvisaglie si manifestarono già nel 1459, quando tra il Pallavicino e Pier Maria Rossi sorse questione per il possesso di terreni boscosi siti in Ragazzola, questione che si protrasse almeno fino al 1462 e che si complicò in seguito a ulteriori contestazioni reciproche e ad altri fatti, il più importante dei quali fu certamente l’inizio o la ripresa della costruzione, nel 1460, da parte di Pier Maria Rossi, di quella fortezza che prese poi il nome di Roccabianca. Ma la tensione tra i due raggiunse l’acme al tempo dell’acquisto da parte del Pallavicino, da Iacopo Sironi, di Stagno, Tolarolo, Polesine Manfredi e Mezzano dei Cavalli, al cui possesso mirava anche Pier Maria Rossi, il quale, forse proprio in previsione di una possibile aggregazione ai suoi domini di questi luoghi, nel 1466 richiese e ottenne di divenire cittadino di Cremona, nel cui distretto essi erano situati. Concluso il 29 maggio 1477, il contratto, che prevedeva anche la cessione della giurisdizione con mero e misto imperio ma al quale proprio per questo si era opposta la Camera ducale, probabilmente stimolata da Pier Maria Rossi che era nel ristretto numero dei consiglieri di credenza ducali, poté divenire operante solo nel 1480, subito dopo che Lodovico il Moro era divenuto in pratica signore di Milano. L’amarezza di Pier Maria Rossi per la decisione presa dai duchi di confermarne la validità fu grande, e nelle lettere che inviò loro nel 1480 la manifestò apertamente, non senza ricordare le continue provocazioni del Pallavicino. Nella speranza ancora di poter evitare il passaggio di Tolarolo, Stagno, Polesine Manfredi e Mezzano dei Cavalli nelle mani del pallavicino, insisté perché i duchi stessi ne mantenessero direttamente il controllo. Ma la fortuna di Pier Maria Rossi volgeva ormai al tramonto. La politica accentratrice del Moro, dalla quale egli vide progressivamente limitata la propria autonomia e la propria libertà d’azione, lo portò, dopo vane proteste e inutili trattative, a ribellarsi e a schierarsi con Venezia contro Milano nella guerra per Ferrara, durante la quale, 1° settembre 1482, venne a morte. La guerra fu continuata da suo figlio Guido, che, l’anno successivo, in un nuovo conflitto, questa volta frontale, con gli Sforza, perdette a uno a uno i suoi castelli, che non gli furono più restituiti. Dal Pallavicino, le cui terre erano state oggetto di saccheggi e devastazioni a opera di milizie venete, unitesi a uomini dei Rossi e dei Torelli all’inizio del 1482, e al quale la sconfitta dei Pallavicino sotto Roccabianca da parte di Pier Maria Rossi nella primavera del medesimo anno non potè non causare viva preoccupazione, la scomparsa dello stesso Pier Maria Rossi e il crollo  definitivo della potenza dei Rossi dovettero essere accolti con profondo senso di liberazione. I restanti quattordici anni della sua esistenza, sebbene turbati da vicissitudini familiari e da problemi di salute, furono perciò, almeno sotto il profilo del governo dei suoi feudi, i più tranquilli e la prosperità di cui potè godere gli permise di realizzare alcune importanti opere urbanistiche. Non è improbabile che la sua sollecitudine per l’edilizia religiosa, palesatasi a partire da dopo  il 1480, sia da porre in relazione col superamento di quel periodo cruciale della sua vita: così operando, volle forse rendere grazie in modo continuo, fino alla fine dei suoi giorni, alla Provvidenza Divina al cui volere andavano ai suoi occhi attribuiti il crescere e il prosperare della propria fortuna e, per converso, il disfacimento di quella dei Rossi, verso i quali la sua ostilità non venne mai meno. Nel 1480 gli Sforza concessero al Pallavicino la giurisdizione di Serravalle, e nel 1481 l’investitura di Tizzano, Ballone, Serravalle, Varano dei Melegari, Ruviano e Montesasso. Nel 1483 ebbe in dono da Lodovico il Moro roccabianca e Fontanelle del Pizzo, tolte ai Rossi, nel 1494 ebbe l’investitura delle terre di sant’andrea e l’anno seguente di quelle di Rizzolo e Solignano. Tre settimane prima di morire, il 29 novembre 1497 (dopo aver subito un’operazione per l’asportazione di calcoli), il pallavicino dettò il suo ultimo testamento, dividendo i suoi feudi tra i figli Gaspare, Bernardino, Polidoro, Rolando e Federico, designando quest’ultimo a succedergli nella signoria su Zibello. È importante ricordare che nel testamento venne chiaramente espressa la volontà che, se uno o più degli eredi indicati fosse venuto a mancare senza figli maschi, legittimi e naturali, nati in seguito a matrimonio validamente celebrato, la successione nei feudi del premorto sarebbe spettata agli altri superstiti o ai loro figli maschi legittimi e naturali, con fedecommesso esclusivo delle femmine. In questa disposizione è contenuto il germe delle interminabili liti che, di lì a pochi anni, insorsero tra alcuni dei discendenti del Pallavicino e li portarono a contendersi, senza esclusione di colpi, la signoria su Zibello.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXVI; C. Soliani, Il feudo di Zibello, 1990, 25-43.

PALLAVICINO GIOVANNA
Busseto o Polesine 1410 c.-
Figlia di Orlando e di Caterina Scotti. Il 6 aprile 1432 sposò in Busseto Filippo Maria Visconti. Le nozze furono concordate dal duca di Milano in segno di amicizia verso il padre, che si era da poco ritirato dalla lega coi Veneziani.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1840, tav. XVII.

PALLAVICINO GIOVANNI
Gusaliggio 1119-1198
Secondo il Festasio, il Pallavicino, figlio di Uberto, fu uomo di raro giudizio et eloquenza et consumatissimo si nelle lettere di umanità, come di filosofia et profondissimo cosmografo, per le cui eccellenti virtù l’imperatore Federico I lo chiamò con sé alle imprese di Milano (1160) e di Roma, le quali furon nei casi importanti sempre con lui consigliate. Il Pezzana lo colloca nel novero distinto dei letterati parmigiani. Fu quasi certamente anche abile geometra ed esperto disegnatore, poiché è da supporre che il Pallavicino sia stato chiamato alle imprese di Milano e di Roma quale ingegnere militare, anziché quale cosmografo. Nel 1162 ebbe dall’Imperatore la conferma dei privilegi, e nel 1171 molti onori, titoli e immunità. Nel 1190 suddivise i propri beni, assegnando al primogenito Manfredi i feudi di Varano, Banzola, Noceto, Miano, Fontanellato, Casalbarbato, Parola, Grezzo e Medesano, al secondogenito Guglielmo quelli di scipione, Fontanabrocca, Casale, Albino, Vigoleno, Grotta, Pietra Colloreta, Castelpellegrino, Greci, Scisano, Tosca, Carniglia, Landasio, Fiorenzuola e Pozzolo, mentre tenne per sé Sevo, Soragna, Parmigiana, Borgo San donnino, Castelnuovo, Corticella e Tollarolo.
FONTI E BIBL.: B. Angeli, Historia, 1591, 211 ss.; N. Festasio, Origine e vite di nove uomini illustri della nobilissima Casa Pallavicina, 1563; A. Pezzana, Memorie degli scrittori continuate, tomo VI, parte 2, 34-35; E. Scarabelli Zunti, Memorie di belle arti, 1911, 54-55; Parma nell’arte 2 1976, 50; P.Zanlari, Tra rilievo e progetto, 1985, 37.

PALLAVICINO GIOVANNI
Scipione 1357/1369
Figlio di Uberto, dei marchesi di Scipione. Nel 1357 fu podestà di Tortona, nel 1361 di Como, nel 1362 di Pavia e nel 1369 di Novara. Nel 1363, militando tra i condottieri di Bernabò Visconti contro la lega guelfa, rimase prigioniero nel combattimento della bastìa di Solara, nel Modenese.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri italiane, Milano, 1834; E. Ricotti, Storia delle Compagnie di ventura in Italia, Torino, 1897; L. Mensi, Dizionario Biografico dei Piacentini, 1899, 313; C.Argegni, Condottieri, 1937, 388.

PALLAVICINO GIOVANNI
Bargone ante 1348-Bargone 1374
Figlio di Giacomo. Fu ucciso assieme al padre nel 1374 dal cugino Francesco.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1840, tav. XVI.

PALLAVICINO GIOVANNI
Pellegrino o Specchio-post 1452
Figlio di Manfredo. Laureato in legge, esercitò la professione di notaio o avvocato. Nell’anno 1452 abitò in Crema.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1840, tav. XV.

PALLAVICINO GIOVANNI
Scipione-Cortona 22 luglio 1478
Figlio di Pietro, dei marchesi di Scipione. Cominciò a farsi un nome nel 1448, servendo con Francesco Sforza. Ad Alessandria sconfisse e obbligò a ritirarsi Guglielmo, marchese del Monferrato. Fu tra i condottieri scelti per seguire Alessandro Sforza in soccorso di Ferdinando d’Aragona contro Giovanni d’Angiò per il recupero del regno di Napoli e fu nominato tra i valorosi della battaglia di Troja (27 luglio 1460). Nel 1465 fu uno dei capitani al seguito di Galeazzo Sforza quando dal padre duca Francesco Sforza venne inviato in Francia con quattromila cavalli e duemila fanti in aiuto a Luigi XI nella guerra mossagli dal duca di Borgogna. Un anno dopo, avendo il duca dovuto abbandonare l’esercito per la morte del padre, il Pallavicino ne assunse il supremo comando. Si trovò alla battaglia della Molinella contro Bartolomeo Colleoni. Nel 1470 fu governatore di Cremona, nel 1475 vicario ducale in Genova, nel 1476 ambasciatore del duca di Borgogna, contro il quale fu inviato nello stesso anno in favore di Filiberto, duca di Savoja. Fece parte della reggenza, dopo la morte del duca di Milano, istituita dalla duchessa Bona. Ebbe l’incarico di sottomettere Genova e assalire i Fieschi nei loro domini. Nel 1478, scoppiata la congiura dei Pazzi, capitanò le milizie mandate dallo Sforza contro i congiurati trovandovi la morte. La sua salma fu trasportata a Borgo San Donnino ed ebbe onorevole sepoltura nella chiesa di San Francesco.
FONTI E BIBL.: Archivio di Stato di Milano, Carteggio generale; Archivio Storico Lombardo, anno XVI, t. II. Milano, l889; Battilana, Genealogia delle famiglie nobili, Genova, 1823; Chronicon familiae Pallavinae, ms. nella biblioteca Palatina di Parma; B. Corio, Storia di Milano, Milano, 1857; G. Giulini, Memorie della città e campagna di Milano,  Milano, 1857; P. Litta, Famiglie celebri italiane, Milano, 1834; E. Ricotti, Storia delle Compagnie di ventura in Italia, Torino, 1897; L. Mensi, Dizionario biografico dei Piacentini, 1899, 313; G. Simonetta, Historia de rebus gestis, in Rerum Italicarum scriptores, XXI; F. Stroppa, Famiglie di Salsomaggiore, 1928, 21; Enciclopedia Militare, 1932, V, 770; V. Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, Milano, 1932; C.Argegni, Condottieri, 1937, 388.

PALLAVICINO GIOVANNI
Borgo San Donnino 1493-1510
Figlio di Giacomo Antonio. Morì a diciannove anni mentre combatteva per re Lodovico XII contro i Veneziani. Fu sepolto in San francesco di Borgo San Donnino.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1841, tav. XXIX.

PALLAVICINO GIOVANNI
Parma 26 febbraio 1536-
Figlio di Federico e di Laura Pirovano. assassinò Aurelio Bernieri, e in conseguenza di questo omicidio ebbe confiscati tutti i beni.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1841, tav. XXVI.

PALLAVICINO GIOVANNI BATTISTA
Zibello ante 1435-Reggio Emilia 12 maggio 1466
Figlio del marchese Antonio.Signore di Zibello e Ravarano. Discepolo di Vittorino da Feltre e del veronese Guarino, strinse amicizia con Ermolao Barbaro, coltivò in gioventù la poesia latina e si applicò allo studio degli antichi codici. A Farigliano, dove nel 1435 fu ospite dei marchesi di Saluzzo, tradusse in latino le opere di Giueppe Flavio. Abbracciò quindi lo stato ecclesiastico e, recatosi a questo scopo a Roma, ottenne il conferimento dell’arcidiaconato di Torino da papa Eugenio IV, il quale lo nominò anche scrittore apostolico e nel 1443 lo volle al proprio seguito a Firenze per concordare la lega con Alfonso re di Napoli contro Francesco Sforza, che aveva occupato la marca d’Ancona. Eletto dallo stesso pontefice il 19 ottobre 1444 vescovo di Reggio Emilia, resse quella diocesi per ventidue anni con zelo e carità. Recatosi a prendere possesso del suo vescovado, fu accolto con grande giubilo dal popolo, ma nella confusione dei festeggiamenti furono commessi alcuni omicidi. Il Pallavicino, ricevuto il sacerdozio, officiò la sua prima messa nell’epifania dell’anno 1446. L’Ughelli lo elogia perché tum genere, tun moribus nobilis summa cum laude prudentiae, pietatisque administravit, e il Camellini lo definisce memorabilis admodum. A suo vicario generale elesse Ilario Anselmi, canonico parmigiano. Dall’Affarosi si apprende che più volte consacrò altari e riconobbe reliquie di santi, con le quali ornò diverse chiese, e che si iscrisse l’anno 1451 nella Matricola degli aggregati al Consorzio di Reggio (Ego Baptista Palavicinus Episcopus Reginus  licet indignus manu propria). Fu alcune volte in Roma, specialmente al tempo di papa Niccolò V, e fu poi nominato referendario da papa Pio II. Secondo il Panciroli (Guido Panciroli, storia di Reggio) il pallavicino fu dedito alla magia: Vir eloquentia, et condendis carminibus insignis, sed praeter dignitatem nimium Arti Magicae traditus, qui saepius daemonibus alloqui dicebatur, et eos quandoque sub senis Naucleri specie cymbam regentis in piscina quam ad D. Claudium in suburbiis praeclaram habebat, familiaribus ostendisse fertur. La cosa non parve credibile all’affò, che ritenne l’affermazione aggiunta da mano diversa ad alcuni esemplari del manoscritto del Panciroli. La notizia fu poi ripresa dall’Azari ma non dall’Affarosi. È invece probabile che il Pallavicino si sia interessato all’astrologia, come affermato da Giorgio Gaspari, che aggiunge come il Pallavicino avesse a un certo punto cullato l’ambizione di divenire papa, pur non essendo neppure cardinale. Il Pallavicino fu anche mediocre poeta latino. Frutto della sua applicazione allo studio dei codici fu l’emendazione dei libri di medicina di Cornelio Celso, già allora appena intelligibili. Studiò i Santi Padri, in particolare San Girolamo, e lasciò anche un’opera di pietà in poesia latina dal titolo Historia flendae crucis et funeris Domini nostri Jesu Christi, stampata a Parma nel 1477 e che ebbe varie edizioni. Il Pallavicino fu ottimo calligrafo e miniatore.Dei codici da lui realizzati rimangono i seguenti: nella biblioteca di Parigi si trova un Flavii Iosephi, de Bello ludaico Libri septem interprete Rufino, trascritto dal Pallavicino nel 1435, e un altro manoscritto del poema pallaviciniano De flenda croce; la Biblioteca Palatina di Parma possiede un codice cartaceo in 4° del poema De flenda croce, con aggiunta di altri componimenti; la Biblioteca Chigi in Roma conserva il bellissimo codice in pergamenta intitolato epaneticorum ad Pium II; la Vaticana e la Barberina di Roma posseggono del pallavicino varie scritture (tra le quali un codice di celso, 1465), che mostrano quanto valesse nell’arte calligrafica. Morì in seguito a un attacco di apoplessia e fu sepolto nel sotterraneo della Cattedrale di Reggio Emilia. Nel monumento sepolcrale (trasportato in seguito nel Civico Museo di Reggio Emilia) spiccano la figura del vescovo in bassorilievo e la seguente epigrafe: Hic Baptista jaces regii dignissime praesul, marchio quem genuit pallavicina domus: Floruerit quamvis ingentibus illas triumphis, laude tamen proavos te superasse ferunt. Rarus in urbe fuit qui te vel carmine posset vincere vel calamo se aequiparare tuo. Sedis apostolicae me ruisti clarus honores, at tua nunc virtus clarior astra colit. MCCCCLXI XII MAIJ.
FONTI E BIBL.: I.Affò, Memorie degli Scrittori, II, 242-258; A.Pezzana, Memorie degli Scrittori, tomo VI, parte 2, 201 e 272; E. Scarabelli Zunti, Memorie di belle arti, 1911, 54; D. Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 323-324.

PALLAVICINO GIOVANNI FRANCESCO
Parma 29 maggio 1635-
Figlio di Ciro e Margherita. Marchese, fu frate cappuccino. Compì la professione di fede a Cesena il 13 febbraio 1657. Passato, alcuni anni dopo l’ordinazione sacerdotale, nei monaci Basiliani di Grottaferrata (dai quali pure uscì), andò cappellano in Polonia, ove fu visto dal cappuccino Felice da Concordia.
FONTI E BIBL.: F. da Mareto, Necrologio Cappuccini, 1963, 747.

PALLAVICINO GIOVANNI FRANCESCO MARIA
Parma 8 giugno 1699-Busseto 17 agosto 1747
Figlio di Alessandro e di Adelaide Fugger. Fu cappuccino (col nome di Alessandro Felice da Parma), predicatore, guardiano e vicario di Borgo San Donnino. Compì a Guastalla la vestizione (8 settembre 1719) e la professione  di fede (8 settembre 1720).
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1840, tav. XXVII; F. da Mareto, Necrologio Cappuccini, 1963, 457.

PALLAVICINO GIOVANNI GINESIO
1426-Busseto 1485
Detto Pallavicino. Quartogenito, ereditò dal padre i feudi di Bargone, Busseto e Castellaro. Nel 1450 Francesco Sforza, che aveva grandi obblighi verso la famiglia Pallavicino per la sua elevazione al ducato di Milano, lo armò cavaliere. Nel 1470 assistette in qualità di testimonio all’atto del giuramento prestato dai Milanesi al duca Galeazzo Maria Sforza. Quando nel 1476 il duca di Milano fu assassinato, venne istituita una reggenza dello stato e il Pallavicino fu chiamato a farne parte. Fu poi nominato consigliere ducale e quindi governatore del nuovo duca, Giangaleazzo Maria Sforza. Fu personaggio di grande autorità alla corte milanese ed ebbe un ruolo di primo piano in tutti i raggiri che nel 1480 condussero al patibolo il ministro Francesco Simonetta e che indussero Lodovico il Moro a perseguitare Pier Maria Rossi di San Secondo, accanito nemico del Pallavicino. Tanta fu la sua autorità in Milano, che poté avere diverse concessioni senza che alcuno potesse mai chiedere compensi: così, ad esempio, nel 1481 ebbe in feudo Castiglione dei Marchesi e il castello di Vianino, sottraendoli entrambi alla giurisdizione di Parma. Nel 1485 gli furono concesse le cittadinanze di Lodi e di Piacenza. Edificò la chiesa e il convento di Santa Maria degli Angeli (detta di San Francesco) in Busseto a favore dei Minori Osservanti, ai quali fu donata il 31 marzo 1475. Il 21 ottobre 1485 fu fatto arbitro per risolvere alcune vertenze insorte tra i confratelli dell’arte della Lana in Parma. Morì nello stesso anno, forse avvelenato per opera dei Rossi di San Secondo.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XXI.

PALLAVICINO GIOVANNI LUDOVICO
Busseto 1425-Cortemaggiore 1481
Figlio di Orlando il Magnifico. Nella divisione dello Stato alla morte del padre ebbe in comune con il fratello Pallavicino il marchesato di Busseto. Creato cavaliere nel 1450, il giorno in cui Galeazzo Sforza prese possesso del Ducato di Milano, visse per molti anni a quella Corte in qualità di consigliere ducale e compì missioni presso papa Sisto IV e Carlo duca di Borgogna. Nel 1470 ritornò a Busseto per governare lo Stato con il fratello, dal quale, in seguito a dissensi, si separò di comune accordo nel 1478. Per l’arbitrato di Gian Giacomo Trivulzio e Marsilio Torelli, basato sull’investitura ducale del 1458, ebbe nella divisione del marchesato Cortemaggiore e Bargone. Accettato il lodo, il 4 settembre 1479 lasciò, con il figlio e alcune famiglie, Busseto e si trasferì a Cortemaggiore, modesto villaggio abitato da pochi pastori, provvisto solo d’una vecchia torre e di una piccola parrocchia intitolata a San Lorenzo. A cortemaggiore, dove dette inizio al locale ramo marchionale, il Pallavicino iniziò nel 1480 l’erezione di un forte castello, del quale pose la prima pietra il 20 gennaio, della chiesa dell’annunziata e di una nuova parrocchiale, che non potè vedere ultimata perché la morte lo colse l’anno successivo.
FONTI E BIBL.: F. Stroppa, Famiglie di Salsomaggiore, 1928, 21; D. Soresina, Enciclopedia Diocesana Fidentina, 1961, 322.

PALLAVICINO GIOVANNI PIO LUIGI
1744-Torre Pallavicina 20 luglio 1815
Figlio di Adalberto Galeazzo e di Francesca Barbò.Il Pallavicino presentò le sue rivendicazioni alla Corte imperiale per recuperare i domini della sua famiglia ma, una volta accertata l’assoluta inutilità di ogni richiesta in tal senso, a partire dal 1788 si occupò esclusivamente dell’antico naviglio Pallavicino. Assieme al cugino Gaetano Pallavicino, e col permesso dei Veneziani e degli Imperiali, fece aprire un nuovo canale per l’irrigazione che, originandosi nel territorio della Torre Pallavicina, si approvvigionava dall’Oglio, andando a formare il cavo del molino, il cavo delle sorgenti e il cavo di suppeditazione, e, percorrendo circa otto miglia in territorio cremonese, perveniva a Cumignano, scaricandosi nel vecchio naviglio Pallavicino. Morì a 71 anni d’età.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1840, tav. XXV.

PALLAVICINO GIROLAMO
Busseto 1452 c.-20 novembre 1506
Figlio di Pallavicino, signore di Busseto. Intraprese la carriera ecclesiastica dopo essersi distinto nella diplomazia. A Roma, dove ricoprì vari importanti uffici, acquistò la stima del pontefice Sisto IV, che il 25 maggio 1484 lo nominò vescovo di Novara. Pare tuttavia che il Pallavicino, poco portato alla cura pastorale di una diocesi, si recasse raramente in quella città perché occupato in altre mansioni. autorevolissimo presso Lodovico il Moro, del quale godette il favore, fu da questi nominato consigliere ducale e delegato, il 3 marzo 1489, a far parte della scorta d’onore incaricata di accompagnare la duchessa Bianca, sorella dì Gian Galeazzo Sforza, in Ungheria in occasione delle sue nozze con il principe Giovanni Corvino. Allorché, poi, nel 1499 i Francesi, invitati dallo stesso Lodovico il Moro, conquistarono il Ducato milanese trascinando prigioniero lo Sforza, il Pallavicino  intervenne al solenne giuramento di fedeltà prestato il 26 ottobre a Lodovico XII nel castello di Milano e l’11 gennaio del seguente anno fu invitato a far parte del senato del nuovo Stato. Fedele al monarca francese, morì prima che i mutamenti politici derivati dalla proclamazione della guerra santa a Lodovico XII da parte di papa Giulio II lo ponessero in una imbarazzante situazione verso la Santa Sede.
FONTI E BIBL.: D.Soresina, Enciclopedia Diocesana Fidentina, 1961, 324.

PALLAVICINO GIROLAMO
Torre dei Marchesi-Cortemaggiore 2 luglio 1549
Figlio di Giulio e di Luigia Anguissola. Fu detto lo zoppo perché storpio in un piede.Fu tra i congiurati per l’assassinio di Pier Luigi Farnese compiuto a Piacenza nel 1547. Il Pallavicino ebbe l’incarico di occupare l’imbocco di tutte le strade che conducevano alla vecchia cittadella e opporsi sia a una possibile sollevazione popolare sia a qualunque tentativo di intervento da parte di Alessandro da Terni, capitano dei cavalleggeri dei Farnese. In effetti quest’ultimo cercò di portarsi alla cittadella ma, vista la risolutezza del Pallavicino e dei suoi uomini, si ritirò. Il Pallavicino fu ucciso nel corso di una rissa per mano di Girolamo Maggiolini, vicario del podestà di Piacenza, a sua volta ucciso dai familiari del Pallavicino, prima ancora che questi spirasse.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI 1841, tav. XXIX.

PALLAVICINO GIROLAMO
1527 c.-Crema ante 1569
Figlio di Adalberto e di Angela Morani. Ebbe una condotta di venticinque uomini d’arme al servizio della Repubblica veneta. Si stabilì poi definitivamente in Crema.
Fonti e Bibl.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXIII.

PALLAVICINO GIROLAMO
post 1588-Lutzen 1632
Figlio di Girolamo Galeazzo e di Elisabetta Valvassori. Il 30 maggio 1613 fu fatto cavaliere gerosolimitano con dispensa per la minore età. Diventò paggio dell’imperatore Ferdinando II, poi tenente della compagnia di archibugeri di Riccardo Avogadro, e partecipò alle guerre di religione in Germania. Mentre era capitano di corazze, fu ucciso nella battaglia di Lutzen.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XXV.

PALLAVICINO GIROLAMO
Parma 15 gennaio 1696-1774
Figlio di Gianfrancesco Galeazzo e di Girolama Ala. Entrò nella compagnia di Gesù il 13 giugno 1711 e fece la professione dei quattro voti il 2 febbraio 1719. Per molti anni fu superiore, e da ultimo abate.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XXV.

PALLAVICINO GIROLAMO, vedi anche PALLAVICINO GEROLAMO

PALLAVICINO GIROLAMO GALEAZZO
Busseto o Cortemaggiore ante 1587-Lombardia 1638
Figlio di Galeazzo e di Fulvia Martinengo. Giovanissimo, fu coinvolto nelle dispute coi parenti per il possesso di Busseto e di Cortemaggiore, e poi con gli stessi Farnese, che nel 1587 sequestrarono tutti i domini causa della disputa. Solo il 7 marzo 1636 l’imperatore Ferdinando II riconobbe la legittimità dei feudi Pallavicino ma i Farnese occuparono militarmente i territori appartenenti al Pallavicino, non obbedendo agli ordini imperiali. Ridotto allo stremo da avvocati e tribunali, il Pallavicino morì in una sua tenuta in Lombardia.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XXV.

PALLAVICINO GIULIA ANNA
Parma 25 febbraio 1806-Parma 23 luglio 1858
Figlia di Filippo e di Dorotea Magnani. Fu dama d’onore e di compagnia prima di Maria Luigia d’Austria e poi di Luisa Maria di Borbone. Sposò nel 1850 il colonnello spagnolo Giovanni Alberto De Guillien y Godinez.
FONTI E BIBL.: Pallavicino dell’Emilia, 1911, tav. XXXIII.

PALLAVICINO GIULIO
Busseto 1436 c.-post 1499
Figlio di Nicola e di Dorotea Gambara. Il 30 marzo 1477 ottenne la rocca di Torre dei Marchesi da Bona e Galeazzo Sforza, che vi rinunziarono. Il 26 ottobre 1499 fu, assieme al fratello Cesare, tra i feudatari che prestarono solenne giuramento di fedeltà in Milano a Lodovico XII re di Francia.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XIX.

PALLAVICINO GIULIO
Busseto ante 1521-1600
Figlio di Giambattista e di Laura Borromeo. Nel 1556 fu prevosto della chiesa di Busseto, titolo cui rinunciò nel 1562. Possedette i feudi di Cella, Costamezzana e Borghetto e una parte di quelli di Polesine. Si rassegnò al fatto che la casa Farnese non riconobbe mai alcuna prerogativa imperiale ai feudi dei Pallavicino.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XVIII.

PALLAVICINO GIULIO CESARE
Scipione 16 agosto 1660-1711
Figlio di Pompeo e di Barbara Anguissola. Fu gentiluomo di camera del principe Odoardo Farnese, scalco della duchessa Dorotea Sofia di Neuburg, moglie del duca Odoardo, e gentiluomo di camera del duca Francesco Farnese. Fu nominato Rettore perpetuo dell’Ospedale maggiore di Piacenza nel 1698.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XXX.

PALLAVICINO GIULIO LUCREZIO, vedi PALLAVICINO LUCREZIO FRANCESCO BRUNONE

PALLAVICINO GIUSEPPE
Borgo San Donnino 1523-1580 c.
Figlio di Galeazzo, dei marchesi di Varano e cavaliere in Borgo San Donnino, e di Margherita Schizzi. Studiò lettere e filosofia a Pavia e a Padova, quindi medicina all’università di Bologna. Conseguita nel 1542 la laurea, esercitò nella città natale la professione, stipendiato da quella Comunità, che nel 1547 gli affidò, assieme ad Alessandro Trecasali, la missione di recarsi ad Augusta per ottenere dall’imperatore Carlo V uno sgravio delle milizie accampate in Borgo San Donnino dopo l’occupazione di Piacenza. Il Pallavicino ebbe vita avventurosa. Nel 1552 si pose, quale medico, al servizio di Gian Federico Madruzzo, che seguì sulle galere al comando del principe Andrea Doria. Assalita la flotta tra Roma e Napoli dai Turchi, mentre si dirigeva nella città partenopea per impedire una temuta ribellione, questi si impossessarono di sette galere trascinando schiavi in Turchia il Madruzzo e il Pallavicino. Liberati entrambi dopo l’esborso di una forte somma a titolo di riscatto, il Pallavicino rientrò a Borgo San Donnino, che era governata dal dispotico barone di Sesnec, fedele gregario di Carlo V, il quale aveva occupato anche quella città. Insofferente del regime instaurato dal rappresentante del monarca, il Pallavicino ordì una congiura, ma, scoperto, fu gettato a languire per otto mesi in carcere, dal quale lo trassero Ippolito Pallavicino di Scipione e Girolamo Pallavicino, signore di Busseto. Ripreso l’esercizio della professione, fu medico a Canneto sull’Oglio, quindi, dal 1562, a Lonato. Buon letterato, amico personale di Annibal Caro, di Bernardo Tassi, di Paolo Manuzio, del Ruscelli e del Sansovino, nel l566 pubblicò a Venezia uno zibaldone che dedicò al marchese Sforza Pallavicino. Tra le sue opere sono anche ricordate una commedia (1555), Esposizione di un salmo (1562), alcune composizioni poetiche e un saggio di lezioni.
FONTI E BIBL.: D. Soresina, Enciclopedia Diocesana Fidentina, 1961, 325.

PALLAVICINO GIUSEPPE
Busseto 30 maggio 1885-
Figlio di Sforza e di Maria Cavriani. Patrizio e cittadino veneto, fu sottotenente di complemento di cavalleria del Regio Esercito italiano.
FONTI E BIBL.: Pallavicino dell’Emilia, 1911, tav. XXXIV.

PALLAVICINO GIUSEPPE, vedi anche PALLAVICINO DARIO

PALLAVICINO GIUSEPPE GALEAZZO
Busseto 1770 c.-1819
Figlio di Giovanni Pio Luigi e di Marianna Locatelli. Il Pallavicino scrisse nel 1805 l’opera della necessità del governo monarchico in Italia. L’imperatore Napoleone Bonaparte lo nominò il 29 giugno 1805 consigliere di stato del consiglio degli uditori. Il 3 maggio 1806 fu eletto cavaliere dell’ordine della corona di Ferro e nel medesimo anno fu inviato in missione a Makarska, in Dalmazia, al fine di raccogliere cognizioni e notizie per dare adeguato ordinamento a quelle province. Il 1 novembre 1806 fu inviato a Forlì in qualità di prefetto del dipartimento del Rubicone e il 12 aprile 1809 a bergamo in qualità di prefetto del Dipartimento del serio. L’8 ottobre dello stesso anno fu nominato barone del Regno e Commendatore dell’ordine della corona di Ferro. Richiamato al consiglio degli uditori, nel 1812 ne fu eletto presidente. Caduto il Regno d’Italia, il 18 gennaio 1816 fu eletto consigliere di governo e delegato della provincia di Milano sotto la casa d’Austria. Il 9 aprile 1816 fu conferito al Pallavicino il titolo di ciambellano di casa d’Austria. Si ritirò a vita privata nel 1817.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XXV.

PALLAVICINO GIUSEPPE MARIA
Parma 3 maggio 1802-Parma 23 agosto 1884
Nacque dal marchese Filippo e da Dorotea Magnani. Ricevette sua prima educazione, tutta domestica, sotto la scorta di valenti precettori: prima l’abate Giuseppe Taverna, autore delle Prime letture pe’ fanciulli e di altre opere per l’educazione della gioventù, poi l’abate Domenico Santi, professore di Etica nell’Università di Parma. Dal 1816 al 1825 intraprese gli studi di belle lettere, di filosofia e di leggi nell’Università parmense. Nel 1825 sposò la marchesa Leopoldina Pallavicino, sua seconda cugina. Nello stesso anno cominciò a prendere parte ai pubblici affari, essendo stato nominato, con decreto sovrano del 18 dicembre, membro della Commissione amministrativa degli Ospizi Civili di Parma. In tale qualità, fu Conservatore dell’ospedale civile, poi dell’Ospizio degli Orfani, detto delle Arti, che ricevette sotto la direzione del Pallavicino nuovi ordinamenti. Per deliberazione del Corpo Municipale approvata con sovrano decreto del 14 dicembre 1825 fu eletto Anziano del Comune di Parma. L’11 dicembre 1830 fu nominato Podestà di Parma, impiego che il Pallavicino declinò. Ebbe nomina di ciambellano di Maria Luigia d’Austria, duchessa di Parma, con decreto del 9 dicembre 1832. Fu poi nuovamente Anziano del Comune (decreto 4 gennaio 1834). Il 18 febbraio 1836 fu nominato Vice Presidente del Magistrato degli Studi di Parma e pochi mesi dopo, all’età di 34 anni, ebbe la carica dì Presidente del Magistrato degli Studi. Dipesero dal Pallavicino tutti gli Studi, tanto elementari come superiori del Ducato di Parma, ed ebbe così a dirigere l’istruzione dei comuni come quella dell’Università. Sotto la sua presidenza, che durò oltre quindici anni, ebbero luogo rilevanti disposizioni. l’insegnamento teologico fu coordinato (decreto sovrano 29 febbraio 1841 n. 45). Il corso fisico matematico fu pure riordinato ed esteso. Con nuovo regolamento furono stabilite le norme per l’insegnamento e per l’esercizio delle professioni d’ingegnere, perito-geometra e architetto (sovrano decreto 22 maggio 1844 n. 124). L’istruzione veterinaria fu estesa, e aumentata di cattedre. Ebbe vita un istituto veterinario in Parma corredato di un gabinetto zoologico e di sale cliniche per accogliervi anche gli animali dei privati, a vantaggio dell’istruzione e dell’agricoltura.Furono stabiliti vari corsi di studi e di pratica per la laurea, per l’esercizio in zooiatria, e per la mascalcia (decreti 29 novembre 1841 n. 127, 13 novembre 1844 n. 230, 22 novembre 1845 n. 237 e 6 giugno 1847 n. 162). Quanto alle Scuole comunitative, fu provveduto coll’istituzione, sia in Parma che in Piacenza, di due Scuole normali di metodo per l’educazione di maestri (decreto 15 ottobre 1847). L’8 dicembre 1837 il Pallavicino fu nominato cavaliere di la classe dell’Ordine Costantiniano di San Giorgio. Con decreto 3 ottobre 1837 fu eletto membro della Commissione di Statistica del territorio di Parma. Venuta a morte nel 1847 la duchessa Maria Luigia, il Pallavicino venne confermato nelle dette cariche dal duca Carlo di Borbone. Con decreto del 17 marzo 1848 fu nominato cavaliere d’Onore della principessa ereditaria di Parma Luisa Maria di Borbone, ma, scoppiata tre giorni dopo la rivoluzione, poté adempiere a questo ufficio solo per tutelare la persona di Luisa Maria e della duchessa Maria Teresa di Savoja, moglie del duca Carlo, che erano rimaste sole a Parma durante il Governo Provvisorio. Il Pallavicino ottenne dal Governo provvisorio che rimanessero per alcune settimane in Parma,  nel palazzo reale. Le accompagnò quindi a Modena sotto la salvaguardia del Governo Provvisorio di quella città. Rimase con loro finché Maria Teresa di Savoja fu accolta a Torino e Luisa Maria fu, dallo stesso Pallavicino, accompagnata a Firenze e messa sotto la protezione del gran duca Leopoldo di Toscana. In quei frangenti, giovò al Pallavicino un atto di coraggio compiuto proprio nella giornata del 20 marzo. Quando nella mattina di quel giorno caddero le prime vittime della rivoluzione, il pallavicino si trovava nella stanza del duca, coi ministri e altre cariche dello Stato, riuniti in consiglio straordinario. Gli eventi avevano indotto il duca a dare al popolo le concessioni richieste. Lo stesso duca volle che queste fossero rese di pubblica ragione immediatamente, per evitare un inutile spargimento di sangue tra i cittadini e le truppe. Il Pallavicino fu l’unico che si rese disponibile ad assolvere il rischioso incarico. Si portò alla Piazza della Cattedrale, chiamò a raccolta gli insorti e annunziò loro le concessioni, ottenendo non senza difficoltà e pericolo, di riportare alla calma i rivoltosi e di far cessare la reazione delle truppe (il fatto risulta da un processo del giudice Cattani, istruito contro il tenente Bonzi e relativo a particolari che accompagnarono quell’insurrezione). Il 13 settembre l848, per decreto del Governo Provvisorio Militare, il pallavicino fu eletto membro di una commissione incaricata a dare parere circa i mezzi onde provvedere ai bisogni urgenti dello Stato. Con decreto del duca Carlo di Borbone del 23 agosto 1849, in occasione del suo ritorno a Parma dopo la restaurazione, fu elevato nella Milizia costantiniana a Senatore e Gran Croce e Vice Gran Cancelliere, in benemerenza dei servizi prestati. Con altro decreto del 1° dicembre 1850, ebbe la nomina di Grande della Corte. Nel 1852 il Pallavicino, resosi conto del poco favore che si concedeva al pubblico insegnamento e veduta l’inutilità dei propri sforzi in tal senso, domandò di essere dispensato dalla carica di Presidente del Magistrato degli Studi, ciò che ottenne con decreto del 21 marzo di detto anno, conservando il titolo di Presidente Emerito. Il 21 giugno 1852 ebbe per decreto sovrano la nomina di membro della Camera di Commercio e di Agricoltura. Si occupò con particolare predilezione dell’Agricoltura, interesse che il Pallavicino coltivò sempre personalmente anche nei suoi latifondi. Avvenuto il 26 marzo 1854 l’assassinio del duca Carlo di Borbone, la duchessa Luisa Maria di Berry   volle provvedere al Governo della Reggenza in nome del figlio Roberto in modo il più possibile conforme alle aspirazioni del paese, e così scelse il Pallavicino, con Lombardini, Salati e Cattani, a formare il nuovo Ministero. Il Pallavicino ebbe provvisoriamente i portafogli dell’Interno e degli Affari Esteri (decreto del  27 marzo). con decreto del 3 aprile 1854, fu chiamato definitivamente dalla duchessa in qualità dì Segretario Intimo di Gabinetto e Ministro degli Affari Esteri, e il 16 ottobre 1854 ebbe la nomina di Consigliere di Stato effettivo. Con decreto del 27 dicembre 1854 gli fu aggiunta la carica di Presidente del Dipartimento Militare col portafoglio delle Armi. Nel 1859, allo scoppio della guerra d’indipendenza italiana, il Pallavicino si ritirò colla duchessa e colla famiglia reale in svizzera. Quando l’imperatore Napoleone mostrò di coltivare il progetto di una Confederazione Italiana, il Pallavicino si portò a Parigi, vi ritornò più volte, e vi sarebbe rimasto fino al Congresso che doveva aver luogo al principio del 1860, se l’opuscolo Le Pape e le Congrès e la rinuncia del conte Walewschi al portafoglio degli Esteri non fossero stati i segnali inequivocabili di un avvenuto rivolgimento politico. Il Pallavicino, lasciato nel 1860 ogni incarico pubblico, visse ritirato in un suo castello presso Busseto, insieme alla moglie e a otto suoi figli maschi (le  tre figlie si erano già sposate). Si studiò di applicare nei latifondi della sua famiglia ogni moderna tecnica agricola, ottenendo dalla Società Agricola della Lombardia tre medaglie d’onore, una d’oro e due d’argento, in occasione dell’Esposizione Agricola tenutasi a Cremona nel 1863. Fu socio onorario della Regia Accademia Ercolanense di Archeologia di Napoli. Godette l’amicizia di illustri letterati, quali Sanvitale, Pezzana, Leone, Mazza e Martini. Morì nel Palazzo Pallavicino di Piazzale Santafiora. Gi furono fatte solenni esequie nella chiesa parrocchiale di Sant’Uldarico, alle quali assistettero, tra le altre, rappresentanze dell’Università degli Studi di Parma e dell’Ordine Costantiniano. La salma fu inumata nel sepolcro di famiglia della Villetta di Parma.
FONTI E BIBL.: A. Pariset, Dizionario biografico, 1905, 80-81; V. Spreti, Enciclopedia Storico Nobiliare, 5, 1932, 63; Aurea Parma, 1, 1950, 40-44; M.De Grazia, Lettera di Carlo III, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1969, 269; Palazzi e casate di Parma, 1971, 375; A.V. Marchi, Figure del ducato, 1991, 112.

PALLAVICINO GIUSTINIANO
Zibello XVI secolo
Figlio naturale di Bernardino e di Caterina Buffetti. Fu prevosto di San Siro nella diocesi di Cremona.
FONTI e BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXVI.

PALLAVICINO GOFFREDO
-Brescia 998
Figlio di Adalberto e di Ildegarda di Baviera. Fu vescovo di Brescia.
FONTI E BIBL.: D. Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 3.

PALLAVICINO GUGLIELMO
Busseto 1106 c.-1162 c.
Figlio di Oberto. Successe al padre nel 1148 e subito dovette combattere assieme ai marchesi Malaspina contro Parma, da cui fu sconfitto. Nel 1149 cinse d’assedio il castello di Tabiano, ove si era rinchiuso il fratello Delfino, uccisore di un terzo fratello, Tancredi. Impegnatasi la battaglia, alla fine il Pallavicino dovette ritirarsi. Fu fatta un tregua, ma ben presto questa venne rotta (1150): l’esercito del Pallavicino attaccò nuovamente il castello di Tabiano, che infine dovette arrendersi e venne messo a sacco.
FONTI E BIBL.: Chronicon familiae Pallavinae, ms. nella biblioteca Palatina di Parma; P. Litta, Famiglie celebri italiane, Milano, l834; Poggiali, Storia di Piacenza, Piacenza, 1757-1766; E. Seletti, La città di Busseto, Milano, 1883; P. Vitali, Memorie storiche di Busseto, ms. già presso Seletti; C.Argegni, Condottieri, 1937, 388.

PALLAVICINO GUGLIELMO
Scipione-1217
Figlio di Oberto. Nel 1198 aggredì e spogliò di tutto Pietro, cardinale di Capua, inviato da papa Innocenzo VIII a tentare la conciliazione tra Parma e Piacenza. Nel 1203-1204 il Pallavicino, marchese e signore di Scipione, concorse col vescovo di Piacenza Grimerio della Porta a costruire la casa con torre (il cosiddetto Palazzo del vescovo) e a eseguire i lavori di sistemazione dei pozzi di salsomaggiore, divisati dal vescovo e dal comune di Piacenza, lavori che ebbero termine nel 1207.
FONTI E BIBL.: F. Stroppa, Famiglie di Salsomaggiore, 1928, 19; V. Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, 5, 1932, 63.

PALLAVICINO GUIDO
Pellegrino 1231 c.-Fontevivo 1301
Figlio di Pelavicino. È assai probabile, seppure non certo, che, cadetto della famiglia marchionale, si sia ascritto all’Ordine dei Templari, che ancora in piena metà del duecento, quando il Pallavicino dovette essere armato cavaliere, accanto e in concorrenza militare e politica all’ordine Gerosolimitano degli ospedalieri di San Giovanni, seppe tenere testa in Palestina alle offensive arabe e egiziane che proprio un decennio prima della morte del Pallavicino riuscirono a prevalere e causarono, con la perdita di Acri e di tutta la Terra Santa, l’esodo dell’Ordine a Cipro (1291) e nell’Europa occidentale. Il Pallavicino rientrò probabilmente in patria in quella occasione. Fu sepolto nell’abbazia benedettina di Fontevivo, con la seguente iscrizione: marchio sepultus meritis est marmore sculptus det dator ipse bonis requiem pacemque Guidoni Pellavicino prenominne de Peregrino MCCCI qui dedit abbati partem de curte redati.
FONTI E BIBL.: L. Grazzi, Viaggiatori, crociati e missionari, 1945, 87; E. Nasalli Rocca, Lapide tombale di Guido Pallavicino, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1954, 79-86; Parma nell’arte 2 1976, 50.

PALLAVICINO GUIDONE, vedi PALLAVICINO GUIDO

PALLAVICINO IPPOLITA
Scipione 1537
Figlia di Giacomo Antonio e di Margherita Visconti. Nel 1537 Bernardo Tasso indirizzò alla Pallavicino i suoi Amori e le ottave in onore di Giulia Gonzaga. La pallavicino sposò Giulio Sanseverino.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXIX.

PALLAVICINO IPPOLITO
-Tabiano 1571 c.
Figlio di Carlo. Abitò in Tabiano. Nel 1556 giurò fedeltà al re di Spagna, Filippo II, che prese possesso del ducato di Milano. Il pallavicino fece testamento l’11 ottobre 1570.
FONTI E BIBL.: Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XX.

PALLAVICINO ISABELLA
Pellegrino 1257 c.-
Figlia di Guido Marchesopulo, di Pelavicino, fu una delle poche donne trovatrici italiane. Avendo seguito il padre in Grecia, qui tenzonò poeticamente con il trovatore Elias Cairel, che aveva conosciuto in Italia.
FONTI E BIBL.: G. Bertoni, I trovatori d’Italia, Modena, Orlandini, 1915, 67.

PALLAVICINO ISABELLA
Busseto 1528 c.-Soragna 30 novembre 1623
Figlia di Gerolamo e di Camilla Pallavicino. Sposò il 14 agosto 1568 Giampaolo Meli Lupi. Fu una delle dame più colte e raffinate del suo tempo: amò le lettere e predilesse la poesia, e il suo nome risulta legato a importanti momenti della cultura cinquecentesca. Nicolò Secchi dedicò alla Pallavicino la commedia Il Beffa e altrettanto fecero il veneziano Giovanni Donato Cucchetti con la sua pastorale la Pazzia e Antonio Droghi con la propria Leucadia. Stretti furono poi i suoi legami poetici con Antonio Ongaro che le dedicò anche un epithalamio nuziale, e quando il poeta mori, la Pallavicino volle far stampare una raccolta delle sue rime, a lei dedicate con la qualifica di institutrice dell’Accademia de gli illuminati, della quale anche l’Ongaro fece parte. Ma l’opera che più la distinse fu l’aver affidato nel 1581 ad Angelo Ingegneri una delle prime edizioni della Gerusalemme liberata di Torquato Tasso, e lo stesso editore, rivolgendosi a lei nella seconda dedica, non mancò di auspicare che il suo gesto col lume dell’infinita sua cortesia mostri all’altre principali dame la strada ond’esser da ogni cuore riverite e celebrate da tutte le lingue. Pure il Tasso le fu assai grato e, chiamandola in un sonetto con l’appellativo grecizzato di Calisa, ne accostò l’immagine a quella di una ninfa bellissima. La Pallavicino condusse una vita molto brillante e prodiga: un conciso profilo di lei traccia il Calandrini quando afferma che nacque grande e grandissima visse, e benchè la morte le forze tolga, morì generosa; le sue liberalità furono sì eccessive che, portata dal brio della sua nascita e ricchezze, lasciò il marchese Gio:Paolo suo figlio privo di un miglione di valsente che essa avrebbe potuto conservargli. Che la Pallavicino spendesse assai è dimostrato dai suoi frequenti contatti con gli ebrei di Soragna, di Reggio, di Cortemaggiore e di Cremona, dai prestiti da essi ottenuti, dalle continue cessioni in pegno dei propri gioielli e dai conti, in vita e in morte, con la famiglia. Fu però anche dama di pietà cristiana: volle e dotò un convento di Cappuccine a Piacenza, e un altro di monache Servite avrebbe voluto aprire a Soragna, ottenne la fratellanza religiosa dei Gesuati di San Girolamo, dei Serviti, dei Domenicani e dei Francescani, e per testamento beneficò senza parsimonia chiese, conventi, poveri e domestici.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, XI, 1870, tav. III; B.Colombi, Soragna, Feudo e Comune, 1986, I, 339.

PALLAVICINO JACOBA LAURA
Zibello 1491 c.-Parma 1575
Figlia di Federico, marchese di Zibello, e di Clarice Malaspina, andò sposa il 9 febbraio 1511, come si deduce dall’ instrumento dotale ricevuto da Galeazzo Nobili, notaio di piacenza, a Jo. Francesco Sanvitale, primogenito di Jacopo Antonio di Fontanellato. La Pallavicino rimase presto vedova (1519) con i tre figli Ercole, Alfonso e Silvia in età infantile. I documenti dell’Archivio familiare del fondo Sanvitale sono ricchi di riferimenti alla Pallavicino (chiamata comunemente Laura), soprattutto per il periodo 1525-1545. Da essi emerge la figura di una nobildonna di grande temperamento e coraggio, tanto da riuscire a ottenere prima la tutela dei figli in età minore e la gestione del loro ricco patrimonio ereditato dal padre e poi a difenderne strenuamente gli interessi, contrastando in particolar modo le ambizioni del cognato Gian Galeazzo Sanvitale, erede con il fratello defunto sia del titolo comitale sia dei beni feudali e familiari, come si deduce dal testamento di Jacopo Antonio Sanvitale, stilato da Angelo Melgari, notaio di Parma, il 20 dicembre 1510. Grazie alla gestione disinvolta del suo ruolo di vedova, vissuto non come limitazione ma anzi come esercizio di autonomia e libertà ben difficilmente praticabili da una donna sposata, la Pallavicino concretizzò una figura di dama dotata della necessaria intraprendenza per farsi largo in un’epoca segnata dalle profonde trasformazioni che a Parma qualificarono l’epoca immediatamente pre-farnesiana. Amante del lusso e del prestigio derivatole dal suo rango, difese con grande determinazione i privilegi dovuti alla nascita, al matrimonio e alla maternità, assumendo via via competenze ascrivibili con sempre maggior definizione al ruolo maschile, pur di non doversi sottomettere alla tutela di alcuno: né del casato d’origine né della famiglia acquisita per contratto matrimoniale né dei suoi influenti amici, fra i quali primeggiava il cardinale Alessandro Farnese, per lungo tempo vescovo di Parma. Una prima minaccia al suo ruolo autonomo di nobildonna, erede di Federico Pallavicino marchese di Zibello, si ebbe alla scomparsa del fratello minore Jo. Francesco, erede del titolo marchionale. Morendo senza eredi nel 1514, il giovane signore di Zibello rispettò la volontà già espressa dal padre Federico, confermando eredi universali le tre sorelle: Ippolita, moglie di Gian Lodovico Pallavicino di cortemaggiore, la Pallavicino e la più giovane Argentina, escludendo i pretendenti legittimi in linea maschile, e cioè gli zii paterni Bernardino e Rolando. Il primo aveva attentato alla vita del testatore e alla di lui madre Clarice Malaspina mediante un veneficio, come si dichiara esplicitamente nel codicillo al testamento del 4 agosto 1514, e il secondo lo aveva accusato ingiustamente, tanto da esporlo a una condanna comportante la pena di morte e la confisca dei beni. Il giovane signore di Zibello non aveva ancora raggiunto presumibilmente la maggiore età di 25 anni quando morì prematuramente, tra l’8 e l’11 agosto del 1514. Le controversie tra gli eredi iniziarono immediatamente dopo il suo decesso: seguirono liti, dispute e un rovinoso assedio di Zibello nell’anno successivo. La questione poté in parte dirsi conclusa il 12 dicembre 1524, quando il conte Gian Galeazzo Sanvitale pronunciò il suo lodo, in qualità di arbitro eletto dalle sorelle Pallavicino, per comporre le ormai annose controversie, e ogni questione sembrò trovare così tra loro amichevole soluzione. Giovane vedova, la Pallavicino si trovò ad affrontare una situazione familiare d’estrema delicatezza in quanto i due figli maschi, eredi legittimi di Jo. Francesco Sanvitale, erano nel 1519 ancora in età minore (Ercole era nato nel 1516 e Alfonso lo stesso anno della morte del padre) e la sua condizione di donna sola la esponeva a mille insidie che potevano minacciare, se non addirittura precludere, la conservazione del titolo e dei beni spettante ai due bambini. Le memorie d’archivio accennano al clima insostenibile che si venne a creare nella Rocca di Fontanellato dopo il 1519, aggravato ulteriormente dalla scomparsa del primogenito Ercole nel 1530, dopo una breve malattia, attribuita a un veneficio commissionato dal cognato Gian Galeazzo Sanvitale. La pallavicino decise perciò di proteggere in modo più sicuro la vita di Alfonso, unico figlio maschio rimastole, allontanandolo da Fontanellato per affidarlo alle cure della marchesa di Fosdinovo, sua parente da parte di madre. Nelle memorie storiche familiari trova manifestazione l’indubbia esistenza di un clima di forti tensioni e sospetti che segnarono la coesione familiare dei Sanvitale di Fontanellato e che conferiscono nuovo spessore all’immagine, tradizionalmente accettata, di una corte signorile serenamente compatta. Sempre negli stessi anni la Pallavicino partecipò in modo assai animato anche alla lotta per l’introduzione della clausura nei monasteri femminili di Parma: si schierò platealmente a fianco della cognata Susanna Sanvitale, spalleggiata anche dal cognato Jo. Ludovico, protonotario apostolico. Alla presenza discreta di Susanna Sanvitale, come appare dai documenti, si combina quella più chiassosa della Pallavicino che, manifestamente ostile all’introduzione della nuova riforma monastica, continuò a frequentare il monastero di San Quintino nonostante le minacce della Comunità cittadina e del clero di Parma. Ancora al temperamento esuberante della Pallavicino i cronisti assegnano la ragione ultima della decisione di abbandonare la vita in castello per trasferirsi in città, acquistando per il figlio Alfonso una casa presso San  Sepolcro, trasformata successivamente in una delle dimore signorili più eleganti di Parma. A tale decisione contribuirono tuttavia altri aspetti, che le note memorialistiche trascurano, come la soluzione delle annose liti con il cognato Gian Galeazzo Sanvitale. Completata infatti la suddivisione dei beni e conservato il titolo feudale per Alfonso, la Pallavicino si occupò del matrimonio del figlio, che volle tra i più prestigiosi del tempo. L’ambizione e il gusto per l’eleganza rappresentarono il filo conduttore che sottese l’immagine pubblica della Pallavicino, anche nei momenti più oscuri e travagliati della sua esistenza vedovile. Di particolare interesse appare un documento che riporta le spese affrontate per educare i figli e gestire l’eredità comitale nell’arco di circa un ventennio. La stesura di tale elenco si rese necessaria in quanto il figlio Alfonso, dopo il matrimonio con Gerolama Farnese, citò in giudizio la madre accusandola di aver dilapidato per leggerezza e tornaconto personale gran parte dei beni lasciati in eredità dal padre Jo. Francesco. La Pallavicino affidò la propria difesa alla presentazione di vari elenchi comprendenti spese, acquisti, permute e la citazione dettagliata delle spese affrontate per il matrimonio del figlio Alfonso e per dotare la nuora Gerolama secondo l’uso del tempo e l’indubbio buon gusto delle due dame. La lunga elencazione prende avvio dai gioielli di varie dimensioni, fattura e qualità, donati dalla Pallavicino alla nuora Gerolama Farnese: accanto a collane in oro, smalto e a pendenti in diamanti, perle e rubini, compaiono alcuni manici da ventaglio in oro e diamanti, cinture in oro lavorato o con decorazioni in granati, una decina di corone in oro, pietre preziose o dure, anelli e due zibellini montati con collane in oro, secondo la moda del tempo. I gioielli più preziosi e singolari sono tuttavia riferiti alla decorazione del capo e dei capelli in particolare. Sono ricordate infatti numerose zoie e perle per le orecchie, cioè orecchini entrati nell’uso della moda signorile solo agli inizi del secolo, accanto a ghirlande di pietre preziose legate in oro, soprattutto diamanti e perle sciolti, cioè senza montatura, da ornare capillj. La cura per la decorazione del capo è sottolineata anche, nel seguito dell’elenco, quando in ordine a vari capi d’abbigliamento si menzionano scuffiotti in seta, oro e argento, con abbinati colletti di vello con cordelle d’oro oppure in seta bianca, cremisina o nera. Svariati sono anche i riferimenti a capi d’abbigliamento, ma più che alla foggia degli indumenti s’insiste nella descrizione, quasi mercantile per precisa denominazione del tipo di stoffa, con il chiaro intento di specificarne l’alta qualità e giustificarne così il costo, sempre elevato. preponderanti sono le sete, lisce o lavorate secondo le tecniche più raffinate dell’epoca: dal semplice drappo di seta sottile, chiamato zendalo, al pregiatissimo ermesino, di origine persiana, lavorato con fili di più colori a effetto cangiante, oppure a marezzo, simile per qualità di tessitura al luminoso movimento ondoso del mare. Compaiono con insistenza stoffe d’elaborata lavorazione, con uso di colori contrastanti, per disegno o profilatura, tramati d’oro e d’argento oppure rifiniti con decorazioni pregiate quali cordicelle, lacci di oro filigranato, oppure a roselline in oro battuto. Sontuosi dovevano essere i broccati che s’aprivano sui sottabiti in colore contrastante, come la veste con gonna di broccato d’oro che lasciava intravvedere una fodera fittamente goffrata, oppure quella di raso rosso vivo completata da laccetti d’argento e da rose d’oro bianco. Ciò che colpisce nell’elenco è la combinazione raffinatissima delle tinte, della consistenza e luminosità delle stoffe e dei materiali di rifinitura, come l’abito di leggera seta cangiante, in turchino, adornata di fiocchi d’oro e seta, oppure quello in seta rosso cupo coperto da un velo lavorato in oro. Non manca l’accenno alla dotazione di maniche staccate, ancora in voga al tempo, da combinare con diversi bustini o abiti, richiamando nelle stesse tinte o lavorazioni anche accessori come scuffiotti, colletti e calze. cromaticamente predominano il turchino e il cremisino per gli abiti, il nero per le giacche, il bianco, l’oro e l’argento per le rifiniture o per gli accessori. Anche i gioielli elencati rimandano le stesse gamme di colore, con decisa predominanza del bianco (diamanti e perle), del rosso (rubini e granati), dell’oro (giallo e bianco). Da tali osservazioni si può dedurre come l’abbigliamento della giovane contessa Gerolama Farnese, discendente da uno dei più illustri principi della Chiesa, fosse stato curato dalla Pallavicino con grande attenzione, tanto da poterne motivare poi le varie voci come vantaggioso investimento. La cifra, elevatissima, che si ottiene sommando le varie voci di spesa dichiarate nel documento, non costituiva tuttavia elemento singolare per la Pallavicino, donna avvezza a non lasciarsi intimidire neppure dall’uso spregiudicato del denaro, tanto che alla sua morte, nell’inventario dei beni mobili lasciati in eredità alla cognata Paola Gonzaga, figurano diversi pegni al Monte, qualche gioiello e oggetti d’uso comune. La Pallavicino governò l’esistenza sua e dei figli, disponendo di autorevolezza e denaro, ma seppe affrontare con la dovuta determinazione situazioni scabrose anche per un uomo, come a esempio la disputa clamorosa che la oppose addirittura a papa Clemente VII nella scelta dello sposo per la nipote Veronica Pallavicino di Cortemaggiore, sua pupilla. Tale vicenda viene riportata con varietà di particolari e con indubbia pompa narrativa dai biografi della famiglia Sanvitale, che si dilungano nella descrizione dei fatti, in quanto verosimilmente la questione dovette provocare scalpore tra i contemporanei. L’episodio del matrimonio contrastato non rappresentò tuttavia l’ultima burrascosa vicenda pubblica della Pallavicino, che ancora il 20 marzo 1550 è ricordata come reduce da sei mesi di carcere nel castello di Milano per dispute avute con Giulio Rossi, conte di Gayazzo, a causa delle differenze seguite a questioni d’eredità, già emerse nel decennio 1520-1530. La Pallavicino è esaltata nelle memorie cinquecentesche della famiglia come donna di grande coraggio e risolutezza, avvezza a ricoprire ruoli tradizionalmente maschili, forse applicando l’educazione ricevuta dalla madre Clarice, anch’ella indotta dalla vedovanza a gestire autonomamente non solo i beni familiari ma anche il prestigio signorile, in nome del legittimo erede maschio che ancora non aveva raggiunto la maggiore età. Nonostante l’indubbia abilità a organizzare l’esistenza propria, dei familiari e del casato, della Pallavicino non rimane riferimento alcuno di iniziative culturalmente attive e neppure di generiche committenze che le possano essere attribuite: la già citata elencazione di acquisti e vendite, investimenti e spese varie non conserva alcun riferimento in proposito, e la sua educazione, come i verosimili interessi culturali che l’ambiente frequentato sembra presupporre, sono passati completamente sotto silenzio.
FONTI E BIBL.: V. Vecchi, in Aurea Parma 2 1996, 198-208.

PALLAVICINO LAURA, vedi PALLAVICINO JACOBA LAURA

PALLAVICINO LELIA
Parma XVII secolo
Sposò il conte Cesis. Fu vicepriore della Compagnia del Sant’Angelo Custode di Parma.
FONTI E BIBL.: G. Negri, Compagnia S. Angelo custode, 1853, 51.

PALLAVICINO LELIO
Busseto-1533
Figlio di Ettore. Accusò, forse per riacquistare i feudi perduti o per qualche particolare vendetta, Cristoforo Pallavicino presso i Francesi di aver tramato contro di loro. Ciò comportò l’esecuzione capitale di Cristoforo Pallavicino, avvenuta in Milano nell’anno 1521. Prima di morire, Cristoforo Pallavicino aggiunse un codicillo al suo testamento col quale, accusando il Pallavicino di essere stato causa di ogni sua disgrazia, gli tolse l’incarico di tutore dei suoi figli ancora minorenni che gli aveva affidato nel 1515.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XV.

PALLAVICINO LEOPOLDINA
Parma 4 giugno 1802-1883
Figlia di Alessandro e di Vittoria Doria pamfili. Fu dama di Palazzo alla corte di Parma.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XXVII; G.Pallavicino, Osservazioni nell’interesse della sua consorte, Parma, 1875; A.Chieppi, Marchesa Leopoldina Pallavicino, Parma, 1883.

PALLAVICINO LINA, vedi MANARA LINA

PALLAVICINO LODOVICO
Pellegrino-1562 c.
Figlio di Pietro. Viene ricordato una prima volta nel 1539. Nel 1549 fu ascritto al consiglio dei Decurioni di Pavia. Nel 1550 fu nominato tra i venticinque primari cittadini inviati quali oratori a Ferrante Gonzaga in occasione delle controversie che Pavia ebbe per titolo di precedenza con la città di Cremona. Il Pallavicino fece testamento il 13 ottobre 1561.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXIX.

PALLAVICINO LODOVICO
Parma 21 maggio 1841-Parma 5 agosto 1900
Figlio di Giuseppe Maria e di Leopolda Pallavicino. Fu consigliere del Consiglio Agrario Parmense, presidente della Società d’Incoraggiamento all’Agricoltura, Industria e Commercio della Provincia di Parma, direttore della razza equina della Casa Pallavicino in Zibello e Busseto, presidente della commissione Ippica Governativa per l’accettazione degli stalloni, cavaliere della Corona d’Italia dei Santi Maurizio e Lazzaro, patrizio e cittadino veneto. Ottenne segnalazioni e premi a varie esposizioni ippiche.
FONTI E BIBL.: Pallavicino dell’Emilia, 1991, tav. XXXIV.

PALLAVICINO LODOVICO ANDREA
Parma 10 marzo 1803-Torino 9 luglio 1879
Figlio del marchese Filippo e di Dorotea Magnani. Come i fratelli Gianfrancesco e Giuseppe, fu iniziato agli studi classici dall’abate Taverna. Si laureò con lode in Legge. Fu nominato da Maria Luigia d’Austria, duchessa di Parma, Auditore presso il Consiglio di Stato. Alla perizia nelle Leggi, aggiunse quella per la matematica sublime, la teologia e la lingua greca, per la quale ultima fu chiamato alla cattedra di letteratura greca nell’Ateneo parmense.Il Pallavicino non poté accettare l’incarico a causa della cospicua eredità trasmessagli dalla famiglia Mossi di Casale Monferrato, della quale era entrata a far parte per matrimonio Barbara Anguissola, sorella di Anna, antenata del Pallavicino, che lo costrinse a stabilirsi in Piemonte. Al suo cognome dovette aggiungere quello dei Mossi. Poiché donò all’accademia di Belle Arti in Torino una grande quantità di stupendi dipinti già dei Mossi, fu dal re Carlo Felice di Savoja nominato Gentiluomo di Camera e dall’Accademia Albertina socio onorario. Diede alle stampe varie pubblicazioni, tra le quali la traduzione di lettere, da lui rinvenute, del Petrarca, la volgarizzazione dell’ultimo canto della peregrinazione di Aroldo e versioni poetiche di cantici sacri che ottennero il plauso di Cesare Alfieri, Silvio Pellico, Orioli, Bertolotti, Pezzana, Federico Sclopis, Antonio Rosmini, Prati e Cesare Balbo. Fu poi sei anni Sindaco di Frassineto Po, stabilendo nel Comune e mantenendovi a sue spese una scuola gratuita per le fanciulle. Consigliere comunale nel Municipio di Casale monferrato, fu tra i principali promotori dell’erezione della statua equestre a re Carlo Alberto di Savoja. Quando i primi rivolgimenti patriottici cominciarono a manifestarsi in Piemonte, Carlo Alberto lo nominò (14 ottobre 1848) Senatore. Il Pallavicino fu inoltre Segretario del Senato dal 1853 al 1857. Prese assidua parte ai lavori e alle discussioni del Senato, pronunciando vari discorsi: sul progetto di legge per la nullità degli atti legislativi e governativi fatti negli Stati Parmensi da qualunque Governo straniero dopo il 9 agosto 1848, sopra leggi riguardanti l’ordine delle famiglie, le finanze dello Stato, l’agricoltura e il commercio, l’istruzione elementare e superiore, l’igiene pubblica e la fondazione della Banca d’Italia. Introdusse notevolissimi miglioramenti agrari nelle sue tenute. Fu Patrizio e cittadino veneto. Morì in seguito a una crisi cardiaca.
FONTI E BIBL.: Pallavicino dell’Emilia, 1911, tav. XXXIII; Gazzetta di Parma 18 febbraio 1921, 1; Senatori parmigiani, in Gazzetta di Parma 17 ottobre 1924, 3; V. Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, 5, 1932, 64; T. Sarti, Il Parlamento Subalpino e italiano, due volumi, Roma, 1896 e 1898; A.malatesta, Ministri, Deputati, Senatori, 1941, II, 274; gazzetta di Parma 31 gennaio 1962, 4; Palazzi e casate di Parma, 1971, 375.

PALLAVICINO LUCIO
Tabiano seconda metà del XVI secolo
Figlio di Ippolito e di Eufemia Pallavicino. Fu militare di professione.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XX.

PALLAVICINO LUCREZIO BRUNONE
Parma 11 marzo 1671-24 novembre 1746
Figlio di Francesco Maria e di Ottavia Malaspina. Marchese di Tabiano, fu cavaliere di camera del principe Odoardo Farnese.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XX.

PALLAVICINO LUIGI
Parma 14 gennaio 1827-Castelnuovo Fogliani 3 gennaio 1898
Figlio di Giuseppe Maria e di Leopolda Pallavicino. Magistrato e soprintendente alle scuole, fu inoltre Ciambellano nella reggenza di luisa Maria di Borbone per il figlio duca Roberto. Il Pallavicino fu patrizio e cittadino veneto. Morì per le complicazioni polmonari conseguenti a una bronchite.
FONTI E BIBL.: Pallavicino dell’Emilia, 1911, tav. XXXIV; L.Sanvitale, In memoria del marchese Luigi Pallavicino, Parma, 1898.

PALLAVICINO LUIGI
Parma 16 ottobre 1880-gennaio/aprile 1957
Figlio di Filippo e di Luisa Benassi. Patrizio e cittadino veneto, si laureò in Giurisprudenza e fu procuratore, magistrato e avvocato, giudice conciliare in Parma e consigliere degli Ospizi Civili di Parma.
FONTI E BIBL.: Pallavicino dell’Emilia, 1911, tav. XXXIV; R.Carletti, Ricordo del marchese Luigi Pallavicino, in Gazzetta di Parma 15 aprile 1957, 3.

PALLAVICINO LUIGIA MARIA DOROTEA vedi MAGNANI LUIGIA MARIA DOROTEA

PALLAVICINO MABILIA
1218 c.-Ferrara 1264 c.
Figlia di Guido e di Sibilla di Borgogna. Nel 1238 sposò Azzo d’Este. Ebbe quale confessore il frate Salimbene de Adam, che nella sua Cronaca la elogia quale donna molto pia e amorosa verso i poveri. Fece testamento nel 1264 in Ferrara.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XIV.

PALLAVICINO MANFREDINO
Busseto o Polesine 1254-Busseto 1328
Figlio di Uberto, a quindici anni rimase orfano del padre, sotto la tutela di Ubertino e Visconte Pallavicino. Sposò (lo strumento di matrimonio fu stilato il 19 maggio 1264) Sofia Signa, con una dote di quattromila lire veronesi. Sembra che nel 1270 fosse caduto nelle mani dei Fieschi, nemici terribili della sua casa perché guelfi. Nel 1298 divenne podestà di Pavia, col proposito di mettere pace tra le fazioni che desolavano la città. Nel 1312 i Parmigiani gli tolsero il feudo di Ravarano perché il castellano che vi era, unitosi a Manfredo di Guglielmo Pallavicino, si opponeva all’invasione dei guelfi di Toscana, partigiani di Giberto da Correggio. Il Pallavicino entrò in lega coi Visconti contro i Parmigiani e si trovò all’occupazione di Borgo San Donnino (1306), che fu poi riconosciuto libero. Nel 1318 i Lupi gli tolsero Soragna. Il Pallavicino si rivolse ai Parmigiani affinché fosse fatta giustizia ma non l’ottenne. Nel 1322 perdette Parola e Corte Redalda, che furono date ai Lupi, ma un anno dopo (2 febbraio 1323, in Milano) ne ottenne l’investitura da Lodovico il Bavaro con tutti i privilegi già concessi al padre. Si fece infine terziario dei frati minori osservanti.
FONTI E BIBL.: B. Angeli, Historia, 1591, 211 e s.; B. Corio, Storia di Milano, Milano, 1857; P. Litta, Famiglie celebri italiane, Milano, 1834; L. Pavia, Salsomaggiore Tabiano, Milano, 1898; R. Ricotti, Storia delle Compagnie di ventura in Italia, Torino, 1893; E. Seletti, La città di Busseto capitale un tempo dello Stato Pallavicino, Milano, 1883; V. Spreti, enciclopedia storico nobiliare, Milano, 1932; C.argegni, Condottieri, 1937, 389.

PALLAVICINO MANFREDO
-Cremona 1 settembre 1267
Figlio di Rubino e di Ermengarda Palli. Fu priore e Commendatario del Monastero di sant’angelo di Cremona.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XIV.

PALLAVICINO MANFREDO
Scipione-post 1315
Figlio di Guglielmo, dei marchesi di Scipione. Nel 1279 fece guerra ai Cremonesi, che lo avevano scacciato dalla città insieme a Buoso da Dovara, capo dei ghibellini. Nel 1288 fu podestà di Vercelli. Nel 1312, assalito a castellone da Giberto da Correggio, della fazione guelfa, fu fatto prigioniero. Fu poi condottiero al servizio di Galeazzo Visconti e nel 1315 combatté a Castellarquato contro Alberto Scotto, capo dei guelfi.
FONTI E BIBL.: Chronicon familiae Pallavinae, ms. nella biblioteca Palatina di Parma; B. Corio, Storia di Milano, vol. II, Milano, 1856; C. De Rosmini,  dell’istoria di Milano, Milano, 1820; P. Litta, famiglie celebri italiane, Milano, 1834; E. Nasalli Rocca, Gli statuti dello stato Pallavicino, in Bollettino Storico Piacentino, 1926-1927; L. Pavia, salsomaggiore Tabiano, Milano, 1878; E. Seletti, La città di Busseto, milano, 1883; V. Spreti, enciclopedia storico nobi-liare, milano, 1932; C. Argegni, condottieri, 1937, 389.

PALLAVICINO MANFREDO
Pellegrino-Milano 1428
Figlio di Filippone. Il 1 luglio 1422 il duca di Milano Filippo Maria Visconti gli rinnovò l’investitura della terra di Specchio. Quando nel 1427 scoppiò la guerra tra i Visconti e i Veneziani, il Pallavicino prese le armi contro i Visconti, di cui divenne uno dei più animosi nemici. Il Duca di Milano mandò contro il pallavicino le sue milizie e, conquistato pellegrino, lo fece prigioniero. Il 20 agosto 1428 il Pallavicino confessò di aver organizzato una congiura contro il Duca. In seguito a ciò i pallavicino furono spogliati di Pellegrino e molto probabilmente il Pallavicino fu strozzato in prigione.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XV.

PALLAVICINO MARCANTONIO, vedi PALLAVICINO FERRANTE CARLO

PALLAVICINO MARCELLO
Borgo San Donnino 1457
Fu creato nel 1457 Cavaliere di San Giovanni.
FONTI E BIBL.: L.Araldi, L’Italia nobile, 1722.

PALLAVICINO MARCHISIO
Borgo San Donnino 1314
Nell’anno 1314 fu condottiero di milizie.
FONTI E BIBL.: F.da Mareto, Indice, 1967, 676.

PALLAVICINO MARIA AMALIA
Parma 14 aprile 1798-
Figlia di Alessandro e di Vittoria Doria pamfili. Fu Dama di Palazzo alla Corte di Parma.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XXVII.

PALLAVICINO MARIA VITTORIA, vedi DORIA PAMPHILI LANDI MARIA VITTORIA

PALLAVICINO MUCCHIETTO
Parma 1306 c.-
È il personaggio, forse non completamente fantastico, della seguente novella (1376) di Giovanni Sercambi: In nella città di Parma, al tempo che li Rossi reggevano, fu uno iovano de’ Palavigini, nomato Mucchietto, il quale avea circa vinti anni, che prese moglie una bella iovana nomata Stoltarella, che da lato di madre era de’ Rossi; e non avendo padre, che morto era, la madre la maritò con assai competente dota. E venuto il tempo che Mucchietto dovea menare la moglie, apparecchiato tutto ciò che bisogno fu a sì fatte cose, con molto onore Mucchietto a casa sua la condusse, facendo bellissima festa di giostre e bicordare, danze e suoni, con finissime vivande e in grande abbundanzia. Lo iorno si steo con molta festa, fine che l’ora fu d’andare a dormire. E messa la sposa in nel letto, e le brigate di casa partite, rimase Mucchietto solo in casa colla sposa, perocchè altri non v’avea; e chiuso l’uscio e le finestre, e attinto del vino, con molti confetti, in nella camera intrò, chiamando la sposa, e dicendo: O Stoltarella, levati un poco, chè mangerai del confetto, e berremo, e poi ci daremo piacere. La Stoltarella disse: Volentieri. E levatasi, del confetto e del vino prese, e confortati l’un l’altro, in nel letto Mucchietto entrò, e passò molto bene la sera con la sposa. La sposa, che di tal arte li è molto giovato, disse: O Mucchietto, io voglio fare teco un patto, che chi prima si levi o che parli, si lavi domattina le scodelle. Mucchietto disse: Io sono contento che qualunca di noi prima si levi o parli, che tutta questa settimana lavi le scodelle; e quel fatto si faccia senza parlare. La Stoltarella fu contenta. E per questo modo si stenno; e addormentati che furono, dormendo fino a buona pezza del dì, e svegliati, senza parlare si denno piacere, e del letto non si levarono; e stando per tal modo fine a terza, che finestre né usci non sono aperti. La madre della sposa con altre donne parenti del marito, vennero alla casa per visitare la sposa. E non vedendo usci né finestre aperte, chiamando e picchiando neuno risponde. La Stoltarella guardava il marito se si leva o se parla, per farli lavare le scodelle. Mucchietto, sentendo picchiare e chiamare, simile guardava la moglie se ella si levava o se parlava, acciocchè a lei toccasse a lavare le scodelle. E stando ciascun di loro fermi, passò nona. La vicinanza e le donne, in parte meravigliandosi che neuno non risponda, e non vedendo né usci, né finestre aperte, stenno quasi fin a vespro; et essendo raunata tanta cittadinanza, parenti e vicini, dubitando che non fusse fatta qualche cattività d’essere stati morti, subito colle scale appoggiate alle finestre, rompendone una, e dentro entrati, e aperto l’uscio da piè di scala, entronno dentro più e più persone. Lo sposo che tutto ode, sta fermo per veder se la moglie si levi o parli. E simile la sposa stava a vedere quello che lo marito facea. E non facendo motto, le donne e li omini parenti e vicini diceano: Per certo costoro saranno morti, perché veggiamo le finestre e usci delle camere chiusi. E subito, percosso l’uscio, entrati dentro, aperte le finestre della camera, e andati al letto, videno Mucchietto da l’uno de’ lati, e la sposa da l’altro lato, l’uno verso l’altro senza parlare. La madre dicea: O Stoltarella, figliuola mia, or che hai? E simile diceano i parenti a Mucchietto, chiamandolo. Niente rispondeano. E smuovendoli più volte, senza parlare teneano li occhi aperti. Temevano li parenti della sposa e dello sposo che costoro non parlassero per qualche malìa  fusse loro stata fatta; e per questo modo passò tutto quel dì sin presso a sera, senza che neuno volesse parlare. E vedendo Mucchietto un suo amico fece che a lui venisse. La madre, a lato della figliuola, dicea: O figliuola mia, che v’è stato fatto? Trista la vita mia, qualche malìa altri v’ha fatto. E per questo modo omini e donne, parenti e amici piangevano, vedendo la sposa e lo sposo a tal partito. E accostatosi alle orecchie di Mucchietto l’amico suo, Mucchietto piano disse: Io voglio fare testamento, e tu dì quello che ti piace, perocchè io non posso parlare, ma con ammicar dirò, o sì o no. L’amico disse: Serà fatto. E, levatosi dall’orecchie, disse: O Mucchietto, vuoi fare testamento? Mucchietto mena il capo quasi dicendo sì. Allora l’amico disse: Vuoi essere soppellito in nella nostra chiesa? Lui chinò il capo, quasi dicesse sì. Da poi li disse: Vuoi che la palandrana del drappo che hai fatto alla sposa sia di Nostra Donna? Con ammicco disse: sì. La palandrana del grambelotto vuoi che l’abbia la mia donna? Mucchietto fece cenno di no. La Stoltarella ode tutto, e vede quello che ‘l marito fa, che ha ditto di no della palandrana. Steo a udire. E l’amico dice: Or bene, la palandrana divisata vuoi che alla tua donna si dia? Mucchietto fa vista di no. Or bene, vuoi che sia tuo erede tuo frate? Lui accennò: sì. Ultimo dice: E quella palandrana dorata, che la sposa avea ieri in dosso, vuoi che io la dia alla Bicarina mia fante? Mucchietto fa cenno di sì. La Stoltarella, come sente nomare quella palandrana, la quale ella li avea arrecato, subito disse: E io non voglio che… E lo sposo disse: Tu laverai le scodelle, poiché hai parlato. Coloro dissero: Che vuol dire questo? La sposa contò la novella. La madre e le altre parenti presono: Voi avete avete fatto per lo primo dì una bella prova de lavare le scodelle. Lo sposo: Ella mi misse il partito innanti.La madre disse: Or levate su in buon’ora, chè a noi avete dato oggi il mal dì. E levàti, si dienno in sul godere, lasciando lavare le scodelle alla sposa.
FONTI E BIBL.: Novelle di Giovanni Sercambi, in Scelta di Curiosità Letterarie, Bologna, Romagnoli, 1871.

PALLAVICINO MUZIO
Busseto 1627-18 novembre 1675
Figlio di Antonio e di Faustina Vimercati. Nel 1647 a Soresina assalì a schioppettate due suoi cugini, figli di Sforza, per questioni d’interessi. Nel 1668 fu ascritto al Consiglio dei decurioni di Cremona.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXIII.

PALLAVICINO MUZIO
Busseto 1673-
Figlio di Antonio Maria e di Aurelia Clavello. Fu Dottore collegiato.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXIII.

PALLAVICINO MUZIO
Busseto 2 dicembre 1791-
Figlio di Antonio Maria e di Lucia Ala ponzone. Cavaliere dell’Ordine Costantiniano, nel 1825 fu ciambellano dell’Imperatore.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXIII.

PALLAVICINO MUZIO OMOBONO
Busseto 2 agosto 1731-18 agosto 1800
Figlio di Antonio e di Giulia Dati. Nel 1758 fece parte del Consiglio dei Decurioni di Cremona.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXIII.

PALLAVICINO NICCOLO'
Busseto 1328 c.-Tabiano 1401
Figlio di Uberto. Venne affidato dal padre ai Visconti perché apprendesse l’arte militare. Nel 1360 fu chiamato a Siena dal Supremo Magistrato dei XII in qualità di Conservatore. Seguì Bernabò Visconti alla battaglia di Solara, nel Modenese, ma cadde prigioniero il 6 aprile 1363 e non riacquistò la libertà che l’anno seguente. Nel 1374 invitò il cugino Francesco Pallavicino a uccidere Giacomo, suo fratello, e il figlio Giovanni, per avere il castello di Bargone, di cui però entrò in possesso soltanto nel 1376, alla morte di Francesco. Si impadronì di Tabiano, di cui si fece proclamare Signore, dopo averne ucciso il castellano. Bernabò Visconti allora mosse contro Bargone e le saline di Salso e se ne impadronì, togliendo anche al Pallavicino  il suo palazzo di milano. Morto Bernabò, il nipote Gian Galeazzo visconti ricercò l’amicizia del Pallavicino ridandogli tutti i suoi dominî e facendogli molte concessioni, tra le quali l’esenzione per gli uomini di Zibello da colte e ogni altro carico per dieci anni (1391). L’anno seguente il Pallavicino fu nominato Senatore di Milano. Fu prezioso consigliere del Duca, da cui fu inviato a Pisa, presso i Gambacorta, come delegato del Visconti. Scoprì a Pisa una congiura contro il Duca e fece in modo che nel dicembre dello stesso anno l’esercito visconteo punisse i rei. Nel 1392, come consigliere ducale, trattò la definitiva pace. Il 25 marzo 1394 venne nominato cittadino di Pavia. nell’ottobre 1396 ebbe confermato il titolo di marchese e tutti i suoi privilegi. Nel 1398 venne imprigionato dall’Appiano, a Pisa. Ottenuta la libertà, morì due anni dopo, forse avvelenato, assieme alla seconda moglie. Sposò in prime nozze Antonia di Bartolomeo Casali di cortona (uccisa da un fulmine nel 1394 a Busseto) e in seconde nozze Maria di Giovanni attendoli, sorella di Muzio Sforza. Il Pallavicino fece trasportare la salma di Orlando dei medici (che fu poi fatto beato) da Bargone a Busseto nel 1386.
FONTI E BIBL.: B. Angeli, Historia, 1591, 211 e s.; battilana, Genealogia delle famiglie nobili, Genova, 1823; Festasio, Origine e vita di nove uomini illustri della nobilissima casa Pallavicino, ms. nella biblioteca Palatina di Parma; G. Giulini, Storia di Milano, Milano, 1760; P. Litta, Famiglie celebri italiane, Milano, 1834; A. Pezzana, Continuazione alla storia di Parma dell’Affò, Parma, 1792-1795; E. Seletti, La città di Busseto, Milano, 1883; P. Vitali, Memorie di Busseto, ms. nella biblioteca Palatina di Parma; F.Stroppa, Famiglie di Salsomaggiore, 1928, 21; C.Argegni, Condottieri, 1937, 390.

PALLAVICINO NICCOLO'
Bargone XVIII secolo
Figlio di Pierantonio. Fu prevosto della chiesa parrocchiale di Bargone.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XV.

PALLAVICINO NICCOLO'
Scipione-Genovese 7 agosto 1478
Figlio di Pietro, dei marchesi di Scipione. Seguì la causa di Francesco Sforza contro la Repubblica milanese. Nel 1462, con autorizzazione dello Sforza, potè comperare il feudo di Grotta nel Piacentino. Nel 1476 ricevette le investiture della casa Sforza nei feudi di scipione, Costapiano, Isola Monticello, salsomaggiore, Montebello e Torro, feudi in parte nel territorio parmigiano e in parte in quello piacentino. Nel 1476, dopo la morte del duca, la duchessa Bona lo mandò governatore a Pavia. Quando i Genovesi si ribellarono a milano, in un fatto d’armi accaduto sulle montagne presso Genova, il Pallavicino rimase tagliato a pezzi.
FONTI E BIBL.: Archivio Storico Lombardo a. XVI, t. II, Milano, 1888; Chronicon familiae Pallavinae, ms. nella biblioteca Palatina di Parma; P. Litta, Famiglie celebri italiane, Milano, 1834; E. Ricotti, Storia delle Compagnie di ventura in Italia, Torino, 1893; C.Argegni, Condottieri, 1937, 390.

PALLAVICINO NICOLA
Busseto o Polesine 1410 c.-Busseto 8 luglio 1494
Figlio primogenito di Orlando il Magnifico. Nel 1452 Filippo Maria Visconti, duca di Milano, gli diede il comando di 25 lance. Il padre, che in vita pare non lo avesse trattato troppo benevolmente per la mediocrità dei suoi talenti, alla morte gli assegnò Varano de’ Marchesi, Miano, Castelguelfo e la Galinella. Nel 1470 il Pallavicino fu a Milano quale testimone all’atto di giuramento prestato dalla città di Milano al primogenito del duca Galeazzo Maria Sforza. Il Pallavicino nel testamento ordinò che fosse selciata la strada che dalla porta di Busseto conduce al Convento di San Francesco degli Osservanti, alla cui fondazione il Pallavicino aveva contribuito, e fosse lasciata una ragguardevole somma ai frati per la formazione di una biblioteca, ove essi potessero studiare per provvedere alla salute di quelle popolazioni.
FONTI E BIBL.: Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XIX.

PALLAVICINO NICOLA
Busseto XVII secolo
Figlio di Antonio e di Faustina Vimercati. Cavaliere gerosolimitano, fu Colonnello di un reggimento di corazzieri al servizio imperiale.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXIII.

PALLAVICINO NICOLA
Busseto 1653 c.-post 1702
Figlio di Muzio e di Lucrezia Vernazzi. Fu Colonnello del Reggimento Visconti al servizio imperiale. Nel 1701 fu condannato a morte e alla confisca dei beni poiché, volendolo obbligare Filippo V re di Spagna a militare nelle proprie milizie, il Pallavicino si rifiutò non volendo abbandonare le bandiere imperiali. Nel 1702 fu ferito combattendo contro i Francesi alla battaglia di Luzzara.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXIII.

PALLAVICINO NICOLO', vedi PALLAVICINO NICCOLO'

PALLAVICINO OBERTO
ante 956-Castione dei Marchesi 1007
Appare in Italia intorno al 956 al seguito dell’imperatore Ottone I quale comandante di cavalleria. Comportatosi valorosamente nella guerra contro re Berengario, fu compensato con l’investitura di alcuni castelli nel parmigiano e nominato Conte di Palazzo (962) nonché Vicario dell’Imperatore in Italia (963). Seguendo ancora Ottone I in ulteriori vicende belliche, fu poi Luogotenente imperiale in Lombardia (971), con altissima autorità, e nominato Marchese (973) quale Palavicino benemerito et fidele dello Imperio. In età avanzata dedicò la sua esistenza a opere di pace edificando e migliorando Busseto. Assegnò terreni a chi voleva lavorarli, con la corrispondenza di proporzionati quantitativi di grano. risiedette, da vecchio, quasi costantemente nei suoi feudi e costruì, prossimo alla fine, il bellissimo Monastero di Chiaravalle della colomba a Fiorenzuola (1001) dotandolo di beni e di ricche possessioni. Morì nel 1007 (secondo il Litta nel 1002) e fu sepolto a Castione, detto per antonomasia dei Marchesi. Da lui i pallavicino furono chiamati coll’appellativo di obertenghi.
FONTI E BIBL.: Parma Economica 9 1962, 13.

PALLAVICINO OBERTO
Busseto 1048-1138
Figlio di Alberto. Fu padrone dell’Aucia, conte di Piacenza e governatore della Marca di Genova (1061). Nella lotta tra l’imperatore Enrico IV e il papa Gregorio VII, il Pallavicino parteggiò per il primo. Accompagnò Enrico IV con onorata scorta durante il famoso episodio dell’umiliazione di Canossa (1077). Nel 1080 fu capitano degli eresiarchi parmigiani in appoggio all’antipapa Giberto. All’assedio successivo di Canossa (1082) portò il vessillo reale. Nel 1087 ebbe in Viterbo l’investitura di tutto quanto possedeva dall’imperatore enrico IV in compenso della sua opera. Combatté a lungo contro i vescovi di Parma e Reggio e la contessa Matilde, e a Sorbara, durante una sanguinosa battaglia, fu ferito. L’investitura gli fu confermata dall’imperatore Enrico V a Milano allorché nel 1107 scese in Italia per farsi incoronare. Nel 1116 e 1117 accompagnò Enrico V a Roma e poi nella Marca Trevigiana. Sotto il suo dominio, il feudo Pallavicino si ingrandì di numerose località, dando origine alla Marca Pallavicino.
FONTI E BIBL.: B. Angeli, Historia, 1591, 211 e s.; I. Affò, Storia di Parma, Parma, 1792; Chronicon familae Pallavinae, ms. nella Biblioteca Palatina di Parma; Festasio, Origine e vita di nove uomini illustri della nobilissima famiglia Pallavicino, ms. alla Biblioteca Palatina di Parma; P. Litta, Famiglie celebri italiane, Milano, 1834; L. A. Muratori, Annales, ad annum; Poggiali, Storia di Piacenza, 1757-1766; E. Seletti, La città di Busseto, Milano, 1883; C. Argegni, Condottieri, 1937, 390; Parma Economica 9 1962, 13.

PALLAVICINO OBERTO
Busseto 1080-Busseto 1148
Figlio di Alberto. Come il padre, fedelissimo all’impero, ottenne da Enrico V, nel 1110, la conferma delle investiture e contribuì al prestigio della famiglia e al consolidamento del suo marchesato, cui aggregò, non è noto in base a quali convenzioni, le corti di Borgo San Donnino, di Soragna, Parola e altre del circondario già spettanti a Folco e Ugo d’Este. Il pallavicino fu al seguito dell’Imperatore in Italia nel 1107 e nel 1116. La sua ambizione e le sue mire a più vasto dominio gli procurarono l’appellativo di Pela vicino (dagli umanisti benevolmente modificato in Pallavicino come derivante da palazzo vicino) che si riscontra per la prima volta in un placito dallo stesso imperatore Enrico rilasciato dalla corte di Marzaglia e, successivamente, in un’investitura dei delegati della città di Cremona in data 1° agosto 1120, nella quale il nome di Oberto è seguito dal titolo Marchio Pelavicino. Così, del resto, egli si firmò il 18 aprile 1124 alla pace di Lucca, conclusa tra lui e i marchesi Malaspina, Guglielmo, Francesco e Andrea, vescovo di Luni, documento importante perché su di esso si fondarono gli storici (Muratori, Ant. Est., I, 159) che fanno derivare da un solo ceppo le nobili famiglie Pallavicino, Malaspina e Este. Da notare anche che in un atto del 1122 il pallavicino si sottosegnò Comes Palatinus, ciò che dimostra come egli, oltre a essere capitano imperiale, fu Conte di palazzo. Si può dunque fissare con il Pallavicino il tempo in cui i discendenti dai marchesi di Toscana si affermarono nella storia con il cognome Pelavicino (in seguito Pallavicino) che si accompagnò da allora al feudo sopra il quale essi esercitarono per secoli la loro signoria. Nel 1136, con atto del 27 marzo, il Pallavicno contribuì, coi figli Tancredo e Alberto, detto Greco, alla fondazione del Monastero e della chiesa di Santa Maria della Colomba presso Fiorenzuola. Nel 1145 sottopose a Piacenza i suoi dominî del Parmigiano, per cui nacque una grave lotta tra Parma e Piacenza. Nel 1143 il Pallavicino divise per testamento il marchesato tra i due figli superstiti, assegnando a Guglielmo il feudo di Busseto e a Delfino i possessi d’oltre Taro. Allorché morì, volle essere sepolto sotto il pronao della chiesa di Santa Maria della colomba, da lui e dalla moglie riccamente dotata con l’attiguo monastero. La tomba, di arenaria, segnata da una croce e sormontata da un arco sostenuto da colonnine binate di marmo rosso di Verona, con listelli, foglie e capitelli finemente lavorati, è opera di notevole interesse.
FONTI E BIBL.: V. Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, 5, 1932, 62; D. Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 325-326; Parma Economica 9 1962, 13.

PALLAVICINO OBERTO
Busseto 1132 c.-1196
Figlio di Guglielmo. Seguì fedelmente federico Barbarossa in varie vicende belliche e anche in nefande stragi, fino a che l’imperatore fu sconfitto a Pontida (1176). Da Federico barbarossa ottenne nel 1182 la rinnovazione delle investiture dei suoi possedimenti. Fu podestà di Parma.
FONTI E BIBL.: Parma Economica 9 1962, 13.

PALLAVICINO OBERTO
Busseto o Polesine 1197-Gusaliggio 8 maggio 1269
Figlio di Pelavicino, la sua figura emerge nella storia della nobile e potente famiglia. Celebre capo ghibellino, si ritiene avesse combattuto in precedenza per la Chiesa (nel 1224 fu infatti Rettore di Alessandria, città guelfa). Le sue gesta di condottiero, che ebbero vastissima eco, iniziarono nel 1233 con la lotta da lui ingaggiata contro i nobili fuoriusciti al fianco dei cavalieri di Cremona e del popolo piacentino. Conseguita il 6 gennaio del seguente anno una facile vittoria a Gravago (Bardi), fu onorato della carica di podestà di Piacenza insieme con Guglielmo Landi. Nel frattempo, ritiratosi a Cremona, si proclamò partigiano dell’impero e, profittando della venuta in Italia di Federico II, si recò, seguito da una lunga schiera di cavalieri della sua Marca, a incontrare a Padova il sovrano, che gli rese grandi onori. Nel 1235 fondò la fortezza di Castel Ghibellino. Nel 1239 Federico II lo nominò suo vicario imperiale nella Garfagnana e Lunigiana quando già il Pallavicino era stato chiamato podestà a Pavia. Nel 1240-1241 prese parte all’assedio di Genova, ma, fallito il tentativo di ridurre alla resa la città, si rivolse contro Pontremoli, alleata di Piacenza, che l’aveva estromesso dal governo per le pressioni esercitate dal legato pontificio. Si impossessò quindi di Villafranca e di Faenza abbattendone le fortificazioni. Ripetutamente scomunicato da papa Innocenzo IV per le atrocità commesse e come sostenitore dell’Imperatore, fu da Federico II, nel 1246, nominato podestà di Reggio. Due anni dopo partecipò a fianco del sovrano a un’azione militare contro Parma, che si era data nelle mani dei guelfi, sostenuta da Milano e Piacenza: la battaglia si risolse con la sconfitta dei Cremonesi e della guardia imperiale, che con il monarca e il Pallavicino dovettero ripiegare oltre il Po. La guerra avrebbe dovuto essere ripresa l’anno seguente ma ragioni di prudenza consigliarono gli eserciti d’ambo le parti a soprassedervi, onde Federico II raggiunse il Piemonte e qui, avuta notizia delle sconfitte subite dal figlio Enzo, si recò a Pisa. Da quella città, il 9 maggio 1250, l’Imperatore investì il Pallavicino della Marca Pallavicino: il diploma venne a riconoscere e sanzionare lo Stato, di fatto preesistente, sulle basi del diritto pubblico. Eletto in quello stesso anno podestà di Cremona, il Pallavicino provvide a fortificare Busseto cingendo la capitale di nuove mura e fossati e riedificando la rocca. Poco dopo, deciso a prendersi una rivincita sui parmigiani, marciò contro di essi, li attaccò (18 agosto 1250), li costrinse a ripiegare infliggendo loro gravissime perdite e s’impadronì di Borgo San Donnino, che gli spettava in forza dell’investitura di Federico II. Successo a questo imperatore il figlio Corrado, il Pallavicino giurò fedeltà al nuovo sovrano e da lui, con diploma del 22 febbraio 1251 dato in Canusio, fu nominato Vicario imperiale in Lombardia. Da Corrado ottenne poi l’investitura dell’antico dominio, che, ancor più esteso, comprendeva territori dal Taro alla Chiavenna e dalla Valmozzola al Po. In precedenza aveva occupato altre rocche, tra cui quelle di Rivergaro e di Brescello, e acquistato Pontremoli. ebbe anche modo d’imporsi come politico, oltre che come condottiero, in un’attiva opera di pacificazione tra le città di Parma e Piacenza e della Lombardia, rivelando inoltre la propria sagacia nella stipulazione, nel 1253, di un trattato di commercio con Genova, Marsiglia e Montpellier che aprì alle vie commerciali la valle padana e i porti del Mediterraneo. Ottenuta nel 1254 la signoria di Piacenza ed eletto podestà di Pavia, si fece promotore di una iniziativa tendente a unificare la moneta, ma a sventare il progetto intervennero nuove lotte tra le città provocate dalla sempre accesa rivalità tra guelfi e ghibellini. Unitosi a Buoso da Dovara e a Ezzelino da Romano, celebri capi ghibellini, riprese le scorrerie contro le città fedeli al Pontefice, collezionando vittorie militari e scomuniche. La prima di questa gli giunse da Anagni il 30 luglio 1254 da Innocenzo IV, il quale, nel frattempo, aveva proclamato la guerra santa in Lombardia e in Liguria. La seconda fu lanciata nel 1257 da papa Alessandro IV, che lo dichiarò nemico di Dio e della Chiesa e mise l’interdetto a Piacenza, suscitandogli contro il partito guelfo. Vi furono congiure e rivolte, e alla fine il Pallavicino fu cacciato dalla città da Alberto Fontana. Il Pallavicino, chiusosi nel castello di Caorso, cominciò a fare vendetta di quanti guelfi gli capitavano tra le mani e così a loro volta fecero i guelfi coi ghibellini. Le ostilità culminarono il 28 agosto 1258 nella battaglia di Corticella sulle rive dell’Oglio, che si concluse con la sconfitta dell’esercito dei Crociati al comando del legato pontificio Filippo da Fontana, arcivescovo di Ravenna, fruttando al triunvirato la Signoria di Brescia dopo che il Pallavicino aveva poco prima ottenuto quella di Crema. La Signoria, governata in comune dai vincitori, fu fonte di discordia. Astuto raggiratore, il Pallavicino si staccò da Ezzelino, che minacciava di divenire un temibile rivale, e passò con Buoso da Dovara in campo avverso, stringendo lega con Azzo d’Este e Lodovico conte di Verona. Il 16 settembre 1259 l’esercito guelfo impegnò battaglia a Cassano contro le milizie di Ezzelino, che furono sbaragliate. Lo stesso Ezzelino, gravemente ferito, venne fatto prigioniero e trascinato a Soncino, dove morì. Insoddisfatto dei successi sino allora conseguiti e mirando a sempre più vasto dominio, il Pallavicino determinò d’impossessarsi di Milano. Pertanto, lasciato a Brescia quale suo vicario Visconte Pallavicino, raggiunse nel 1260 la metropoli lombarda e con intrighi, nei quali fu espertissimo, riuscì a ottenere il rettorato della Repubblica e, per cinque anni, il capitanato generale. La sua fortuna politica raggiunse a quel punto la vetta, dominando il Pallavicino su numerose città dell’Alta Italia: Cremona, Milano, Brescia, Pavia, Piacenza, Alessandria e Tortona. Preoccupato della potenza del Pallavicino, papa Urbano IV invitò a scendere in Italia dalla Francia Carlo d’Angiò, e questi nel 1264 valicò le Alpi per accorrere in aiuto dei guelfi. Per il Pallavicino, che inutilmente ostacolò la marcia dello straniero a Soncino, fu l’inizio del tracollo. sconfitto a Benevento il 25 febbraio 1265, ripiegò verso il nord per meglio organizzare una resistenza. Già in precedenza tradito da Buoso da Dovara, che aveva spianato a Carlo d’Angiò la via del Bresciano, vinto a tagliacozzo corradino di Svevia, accorso in aiuto dei fedeli dell’impero, insorte infine contro di lui le città ghibelline, fu costretto a ritirarsi nella sua marca a Borgo San Donnino. Assediato dalle soverchianti forze guelfe delle città di Parma, Modena e Reggio, cui si allearono gli stessi Cremonesi, che poco prima avevano occupato e saccheggiato Busseto, cedette il 24 ottobre 1268 le armi e si ritirò nella rocca d gusaliggio in Valmozzola. Pochi mesi dopo la disfatta, il 29 aprile 1269, fece testamento lasciando erede dello Stato l’unico figlio maschio, Manfredino. Volle essere sepolto in un’umile tomba nella chiesa di Gusaliggio. Il Festasio descrive il Pallavicino di aspetto maestoso, sebbene di media statura, con capelli neri e un volto bruno nel quale risaltavano i denti bianchissimi. Era ardito d’animo, possente et umano et di valore di corpo non vi fu che l’eguagliasse a quei tempi, vers’ognuno cortesissimo et di profonda benignità, ma ne’ l’imprese importanti severo. Costumava vestire sempre di ferro. Il Pallavicino fu la sintesi della sua epoca: guelfo e ghibellino, ora alleato del popolo, ora dei nobili, sempre nella vista della Signoria contro il Comune. Gli si attribuisce in parte un nuovo metodo nell’arma di cavalleria e l’introduzione delle compagnie di ventura.
FONTI E BIBL.: L. Mensi, Dizionario biografico dei Piacentini, 1899, 314; Biografia universale, XLII, 1828, 277-278; F.Stroppa, Famiglie di Salsomaggiore, 1928; Enciclopedia militare, 1933, V, 770; Annales Mediolanenses, in Rerum Italicarum Scriptores, XVI; G.V. Boselli, Storie piacentine, Piacenza, 1793-1805; P. Campi, Dell’historia ecclesiastica di Piacenza, Piacenza, 1562; C. Cantù, Ezzelino da Romano, Torino, 1852; B. Corio, Historia patria, Venezia, 1565; A. Corna, Illustri piacentini, Piacenza, 1914; G. Gallavresi, La riscossa dei guelfi in Lombardia, dopo il 1200, in Archivio Storico Lombardo, s. 4°, XXXIII 1906; V. Mandelli, Il comune di Vercelli nel Medio Evo, Vercelli, 1857; Paris da Cereta, in Rerum Italicarum Scriptores, VIII; C. Poggiali, Memorie per la storia letteraria di Piacenza, Piacenza, 1759; C. Sigonio, De regno italico, Venezia, 1591; C. Argegni, Condottieri, 1937, 391e 395; Archivio Storico Lombardo, an. IV, t. 1, 1877; B. Corio, Storia di Milano, Milano, 1837; P. Litta, Famiglie celebri italiane, Milano, 1834; R. Ricotti, Storia delle Compagnie di ventura in Italia, Torino, 1893; E. Seletti, La città di Busseto, capitale un tempo dello stato Pallavicino, Milano, 1883; V. Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, Milano, 1932; Parma Economica 9 1962, 13; D. Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 333-336; Parma nell’arte 2 1976, 50.

PALLAVICINO OBERTO
Busseto 1302-1378
Figlio di Manfredino. Ebbe dal padre (morto nel 1348) la signoria di Busseto. Sposò caterina Rossi. Nel 1329 concluse un trattato di pace col comune di Parma e nel 1331 seguì Carlo, figlio del re Giovanni di Baviera, combattendo vittoriosamente nel 1332 nella battaglia di San Felice contro i principi della lega di Castelbaldo. Per il suo valore venne cinto a Modena della spada di Cavaliere. Nel 1333 intervenne alla tregua firmata con parecchi principi come rappresentante del re giovanni.Nel 1334 fece parte della lega costituita per portare guerra ai Rossi di Parma, che erano vicarî del re di Boemia: in quella occasione perse il castello di Varano. Nel 1339 parteggiò per gli Scaligeri nella pace conclusa con Venezia e Firenze. Nel 1347 fece parte del consiglio dei cento savî di credenza e del consiglio generale. Nel 1349 passò a Milano e nel 1351 fu nominato Capitano generale delle armi di Giovanni Visconti in Bologna. Combatté contro i Fiorentini e tentò poi di togliere Borgo San Sepolcro ai Perugini. Nel 1355 andò incontro, a Peschiera, a Carlo IV, sceso in Italia, e lo accompagnò nel suo viaggio a Milano e a Pisa. Nel 1360 fu inviato a Siena col posto di conservatore nel supremo magistrato dei dodici. Il 2 giugno dello stesso anno, da Praga, ebbe la conferma da parte dell’Imperatore di tutti i suoi privilegi. Nel 1378 fu in Germania per la morte dell’Imperatore Carlo e l’elezione del figlio Venceslao. Durante il viaggio di ritorno, fu sorpreso da morte violenta.
FONTI E BIBL.: B.Angeli,  Historia, 1591, 211 e s.; I. Affò, Storia di Parma, Parma, 1792-1795; F. Arisio, Praetorum Cremonae series chronologica, Cremona, 1731; N. Battilana, Genealogia delle famiglie nobili di Genova, Genova, 1833; C. Cantù, Storia degl’italiani, Torino, 1885; Cavitelli, Annali cremonesi, Cremona, 1583; Chronica di Milano, in Miscellanea di Storia Italiana, t. VIII, Torino, 1869; Chronicon familiae Pallavinae, ms. nella biblioteca Palatina di Parma; Chronica Parmensis a sec. XI ad exitum sec. XIV, in Monumenta historica, vol. VII; R. Di Soragna, La rivolta e l’assedio di Roma nel 1247, in Atti della Deputazione di Storia Patria dell’Emilia, nuova serie, vol. VI, II, Modena, 1881; L. Ferrario, Il castello di Trezzo, Milano, 1867; Festasio, Origine e vita di nove uomini illustri della nobilissima casa Pallavicino, ms. nella biblioteca Palatina di Parma; G. Fiamma, Manip. Flor. ad annum.1260, in Rerum Italicarum Scriptores, XI; F. Galantino, Storia di Soncino, Milano, 1869-1870; A. Germain, Histoire de la Commune de Montpellier, Montpellier, 1851; A. Ghirardelli, Oberto, tragedia, Piacenza, 1824; G. Giulini, Storia di Milano, Milano, 1760; U. gualazzini, I mercanti di Cremona, Cremona, 1923; P. Litta, Famiglie celebri italiane, Milano, 1834; G. C. Lunig, Codex Italiae diplomaticus, Lipsia, 1725; L. A. Muratori, Annali d’Italia, Milano, 1744-1749; F. Odorici, Storie bresciane, Brescia, 1853-1865; A. Pezzana, Continuazione della storia di Parma dell’Affò, Parma, 1837-1859; C. Poggiali, Storia di Piacenza, Piacenza, 1737-1766; E. Ricotti, Storia delle Compagnie di ventura, Torino, 1815; F. robolotti, Industria e commercio in Cremona nel sec. XV, in Archivio Storico Lombardo, 1880; salimbene de Adam, Cronica, in Monumenta hist. parmen.; L.scarabelli, Istoria civile dei ducati di Parma Piacenza e Guastalla; E. Seletti, La città di Busseto, Milano, 1833; P. Verri, Storia di Milano, Milano, 1783-1788; P. Vitali, Memorie storiche di Busseto, ms. nella biblioteca Palatina di Parma; A. Zuccagni orlandini, Corografia dell’Italia, vol. VIII, Firenze, 1895; C.Argegni, Condottieri, 1937, 396.

PALLAVICINO ORAZIO
Scipione-Como 30 agosto 1613
Figlio di Camillo, dei marchesi di Scipione. È ricordato una prima volta nell’anno 1556. Fu contro i Farnese nella guerra con Filippo II di Spagna. Passò poi dalla Spagna alla guerra in Fiandra contro i Francesi. Dal re di Spagna fu nominato consigliere del consiglio segreto di Stato. Nel 1578, morto lo zio Giovanni anguissola, fu inviato quale governatore a Como. Nel 1583 fu eletto Senatore.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri italiane, Milano, 1834; Chronicon familiae Pallavinae, ms. nella biblioteca Palatina di Parma; G. Rovelli, Storia di Como, Como, 1803; C. Argegni, Condottieri, 1937, 393.

PALLAVICINO ORAZIO
Varano Marchesi-post 1617
Figlio di Giannantonio e di Lavinia carminati. Il 3 settembre 1617 si trovava ancora rinchiuso della prigione della Rocchetta di Parma in conseguenza della congiura messa in atto  contro i Farnese nel 1612.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XIX.

PALLAVICINO ORLANDO
Scipione-Cremona 1349
Figlio di Manfredo, dei marchesi di Scipione. Fu condottiero al servizio dei Visconti e castellano di Casalmaggiore. Fu sepolto nel Duomo di Cremona.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri italiane, Milano, 1834; E. Seletti, La città di Busseto, Milano, 1883; C. Argegni, Condottieri, 1937, 393.

PALLAVICINO ORLANDO
Polesine 13 giugno 1384-Busseto 5 febbraio 1457
Figlio di Niccolò e di un’ignota donna di Polesine, alla morte del padre, che lo legittimò, non aveva che diciassette anni. Preso da Giovanni Maria Visconti sotto la propria protezione e allevato alla Corte di Milano, ebbe da questi conferma, con due distinti diplomi del 31 maggio 1405 e del 29 gennaio 1410, dei beni e privilegi concessi dagli imperatori Carlo IV e Venceslao, e fu pure investito delle ville di Salsomaggiore e di Montemanolo. Combatté i guelfi a Costamezzana, devastò Pieve d’Altavilla ed ebbe contese coi Rossi, i Cavalcabò e i Sommi. Nel 1403 batté ottobono Terzi e, pur avendo concluso con lui una tregua, rinnovata nel 1406, cercò di privarlo del governo di Parma e Borgo San Donnino. Ne seguì una guerra, durante la quale il pallavicino si alleò col duca di Milano, Giovanni Maria Visconti. Nel 1407 venne dal Terzi privato di molte delle sue terre e fu costretto a cedere Borgo San Donnino. Nel 1408 firmò una lega in Mantova coi duchi di Milano e coi signori di Mantova, Bergamo, Brescia e Cremona contro il Terzi. Morto costui, assediò Borgo San Donnino ma venne costretto da Gabrino Fondulo a ritirarsi. Riebbe però la città nel 1409. Per avere incarcerato il nunzio pontificio Branda Castiglioni, nel 1410 fu scomunicato dal papa Giovanni XXII. Dovette in seguito combattere Uguccione dei Contrari, che pretendeva Borgo San Donnino, ed ebbe la peggio. Nel 1413 riebbe il castello colla relativa investitura dall’imperatore Sigismondo. Nel 1415 aderì alla lega contro il duca Filippo Maria Visconti, ma poi, fatti prigionieri a tradimento parecchi soldati dei signori d’Este, si riappacificò col Duca. Fece incendiare Noceto e, scorazzando fin sotto le mura di Parma, radunò un ricco bottino. Nel 1418 mosse contro gli Estensi ma, assalito nel castello di Zibello dall’esercito guelfo, fu costretto ad arrendersi. Condotto coi figli a Parma, riuscì a fuggire e, ritornato a Zibello, sollevò il popolo in suo favore. Dovette poi fronteggiare l’esercito di Niccolò d’Este, invasore dei suoi dominî. Costretto a cedere Borgo San Donnino, che poi riacquistò, si impadronì poco dopo con la forza di Monticelli d’Ongina, che incorporò alla propria signoria, e ottenne pure in cessione Monte Pallero dal cugino Antonio pallavicno. Filippo Maria Visconti, nell’intento di vincolare maggiormente a sé il Pallavicino, lo onorò del titolo di cittadino di Piacenza, trasmissibile ai discendenti, e abolì alcuni aggravi fiscali da tempo imposti allo Stato. Ma il Duca di Milano, mentre da un lato confermò al Pallavicino diritti, privilegi e donazioni, dall’altro, con pretesti vari, gli sottrasse castelguelfo e Borgo San Donnino (1425). Fu questa la ragione che spinse il Pallavicino a troncare i legami con il Visconti e ad allearsi con la Repubblica di Venezia, contro la quale il Duca era in guerra. Il 18 settembre 1426 l’armata navale veneta, al comando di Niccolò da tolentino, sbarcò a Polesine e pose il proprio quartier generale a Busseto. Perso così l’appoggio del Pallavicino ed esposto sul Po, il visconti fu costretto alla resa dall’ammiraglio Francesco Bembo e dovette trattare a Ferrara la pace alle condizioni imposte dai vincitori. Questi, per la circostanza, oltre ad ascrivere il Pallavicino nel libro d’oro della nobilità veneziana, gli confermarono lo Stato. Durante la tregua, il Pallavicino, che mirava a più vasto dominio, tolse ai cugini Antonio e Donnino pallavicino il castello di Zibello, distruggendone la rocca (1429). Nel successivo anno 1430, alla rottura del trattato di Ferrara, riprese le ostilità a fianco dei Veneziani, saccheggiando Miano, Fontanellato, San Secondo e Soragna. Riaccostatosi al Visconti, stipulò con il Duca un patto di alleanza, impegnandosi a staccarsi dalla Lega di Venezia e ricevendo quale contropartita la conferma degli antichi privilegi sovrani e la restituzione di Castelguelfo (1432). Successivamente, nel costante proposito d’ingrandire e consolidare la sua Signoria, acquistò nel 1439 il feudo di Stupinigi e due anni dopo Fiorenzuola, Cortemaggiore, San Protaso, Chioza e Ricetto. Ma, perduto nuovamente il favore del Visconti per i raggiri di Niccolò Piccinino (che godeva grande prestigio presso il Duca dopo la vittoria conseguita contro i Veneziani, in continua lotta con i Milanesi), dovette nel settembre 1442 arrendersi al forte esercito del condottiero dopo l’assedio da questi posto a Busseto, ultima roccaforte dell’invasa Marca. In tal modo le terre e i castelli del Pallavicino, giudicato reo di lesa maestà, passarono in feudo al Piccinino, e non poté rientrarne in possesso che tre anni dopo, allorché il Visconti, convintosi della sua lealtà, gli restituì l’intera Marca. È degno di nota il fatto che il Pallavicino dovette accettare in investitura lo Stato come appartenente per diritto legittimo alla Camera ducale, e fu questa, probabilmente, la ragione che lo spinse a parteggiare per Francesco Sforza nella lotta da questi sostenuta contro il Visconti. Morto il Duca, il Pallavicino rafforzò i legami che lo univano allo Sforza stipulando con lui, nel febbraio 1448, un trattato di alleanza in forza del quale si obbligò a sostenere il nuovo signore di Milano in ogni sua impresa, mentre, dal canto suo, lo Sforza assicurò al pallavicino l’integrità dello Stato. L’amicizia e l’alleanza con lo Sforza procurò una pace che si protrasse sino alla morte del Pallavicino, il quale nel frattempo ebbe modo d’ingrandire ancor più la sua signoria accettando in donazione da Cristoforo Pallavicino il castello di Varano Melegari. La promulgazione nel 1429 delle leggi patrie, apparse sotto il titolo di Statuta Pallavicinia, rappresenta uno degli atti più importanti del governo del Pallavicino (che fu detto, anche per questo, il Magnifico). La raccolta dell’ampia legislazione, fondata sulle consuetudini locali pur attingendo alla fonte perenne del Diritto romano e forse ancor più alle leggi longobarde, fu affidata dal Pallavicino al giureconsulto pisano e suo vicario Agapito Lanfranchi. Gli statuti furono distinti in due libri: l’uno provvede ai bisogni civili, l’altro punisce i reati. Commentati e illustrati in seguito dai giureconsulti bussetani Pietro Pettorelli e Girolamo Vitali, ebbero vigore sino a tutto il XVIII secolo come legge costante per Busseto e suo territorio. all’interessamento del Pallavicino si deve anche l’erezione della chiesa di San Bartolomeo (da lui per la circostanza riedificata e riccamente dotata) in collegiata, disposta dal pontefice Eugenio IV con bolla 9 luglio 1436: l’atto è notevole perché con esso venne definita la superiorità anche ecclesiastica di Busseto sulle ville del distretto. Al pari di Oberto il Grande, il Pallavicino può essere ritenuto il restauratore della potenza dei Pallavicino, il cui Stato, alla sua morte, si estendeva su 1600 chilometri quadrati e contava circa 3500 famiglie di vassalli. Dalla moglie Caterina Scotti di Agazzano ebbe sedici figli, otto maschi e altrettante femmine. Un altro figlio, Giovanni, era naturale. Divise per testamento (25 luglio 1453) lo Stato in varie signorie, assegnandole ai figli maschi, provvide il figlio naturale di beni e le figlie di ingenti somme a titolo di dote. Nella spartizione della Marca tra i figli maschi non usò tuttavia la stessa misura, ciò che fu fonte di lagnanze e contese tra gli eredi, i quali, alla morte del padre, scelsero ad arbitro lo Sforza. Questi incaricò il suo segretario Cicco simonetta di redigere il lodo: la sentenza, inappellabile, fu pronunciata il 22 novembre 1457. In forza di essa lo Stato Pallavicino venne diviso in parti uguali, così assegnate: a Gian lodovico e a Pallavicino, in comune, Busseto e Bargone, a Gianmanfredo, Polesine e costamezzana, a Niccolò il feudo di Varano melegari la villa di Miano, Castelguelfo e gallinella, a Uberto, Tabiano, Castellina e metà Solignano, a Carlo, vescovo di Lodi, il feudo di Monticelli d’Ongina. Il feudo di Stupinigi toccò a un Bartolomeo Pallavicino che vantava diritti sulle terre di Zibello. La scomparsa del Pallavicino segnò la decadenza dello Stato, che fu smembrato in piccoli feudi camerali soggetti per di più alla suprema potestà del Duca di Milano. Da allora, conseguentemente, cessò l’influenza politica dei Pallavicino sulle regioni dell’Italia settentrionale.
FONTI E BIBL.: F. Stroppa, Famiglie di Salsomaggiore, 1918, 21; B. Angeli, Historia di Parma, Parma, 1591; Archivio di stato di Milano, missive ducali, vol. XLIX, fol. 170; F. Arisi, Cremona liberata, Parma, 1741; P. Assali, Liber de omnibus rebus naturalibus quae continentur in mundo, Venezia, 1544; N. Battilana, Genealogie delle famiglie nobili di Genova, Genova, 1833; Carolo Bondeo, De collectandis forensium bonis sitis in territorio, Piacenza, 1698; P. Campi, Storia ecclesiastica di Piacenza, Piacenza, 1651; L. Cavitellius, Annales Cremon., cremona, 1583; L. Cibrario, Opuscoli storici, milano, 1835; Chronicon familiae Pallavinae, ms. nella biblioteca palatina di Parma; Cronaca di Cremona dal 1309 al 1422, in Biblioteca historica italiana, cura societas longobardiae, vol. I; Chronica parmensis a sc. XI ad exitum sec. XIV, in Monumenta histor. parmens.; M. Daverio, Memorie sulla storia dell’ex ducato di Milano, ms. nella Biblioteca braidense; festasio, Origine e vita di nove uomini illustri della nobilissima casa Pallavicino, ms. nella biblioteca palatina di Parma; Giulini, Storia di Milano, Milano, 1760; P. Litta, Famiglie celebri italiane, milano, 1834; L. A. Muratori, Annali d’Italia, milano, 1744-1749; L. Osio, Documenti diplomatici tratti dagli archivi milanesi, Vol. II, Milano, 1864-1877; A. Pezzana, Storia di Parma, Parma; G.poggiali, Storia di Piacenza, Piacenza, 1759; P. Seletti, Memorie, ms. già presso Seletti; Statuta Pallavicinia, Parma, 1582; P. Vitali, Memorie di Busseto, ms. nella biblioteca Palatina di Parma; C. Argegni, Condottieri, 1937, 393; Dizionario storico politico, 1971, 936; D.soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 328-331.

PALLAVICINO ORLANDO
Busseto 1451 c.-Cortemaggiore 9 novembre 1509
Figlio di Gianlodovico e di Anastasia Torelli, detto il Gobbo. Denotò sin dalla più giovane età spiccata inclinazione allo studio, che intraprese sotto la guida di precettori, formandosi una vasta ed eclettica cultura che si estendeva dalla filosofia alla matematica, dall’astrologia alla teologia. Come già il padre, visse a lungo alla Corte di Milano in qualità di Consigliere ducale prima di succedergli, a Cortemaggiore, nel governo del marchesato. Splendido mecenate, beneficò largamente quella terra, gettando le fondamenta del paese, formato allora di povere abitazioni di pastori. Condusse a termine la costruzione della chiesa di Santa Maria delle Grazie, iniziata dal padre, eresse palazzi circondati di portici, con belle piazze e strade ampie e regolari. Nel 1499 ultimò la solenne chiesa dell’Annunziata con l’attiguo convento, invitando a prenderne possesso i frati Minori. In essa curò l’erezione della cappella della Concezione, destinata ad accogliere le spoglie mortali dei suoi familiari e da lui fatta dipingere dal Pordenone. Questa cappella, ricca d’insigni opere d’arte, seguì la sorte del convento allorché gli ordini religiosi, nel 1812, furono soppressi per decreto napoleonico: i monumenti sepolcrali, che custodivano anche le ceneri del Pallavicino e dei genitori, furono trasferiti nel santuario della Madonna delle Grazie. Nel 1481 concorse col padre a fare ricostruire la chiesa di Bargone. Uomo saggio e avveduto, consolidò e accrebbe la sua signoria. Il 6 giugno 1495 fu reinvestito delle ville di Cortemaggiore e di Bargone da Lodovico il Moro, il quale, nel 1498, lo infeudò di rezinoldo e Fontanelle, nella diocesi di Parma, e di Stagno, Tolarolo, Mezzano e Polesine dei Manfredi in quella di Cremona. Nel 1502 acquistò pure, da Pietro di Rohan, fiorenzuola, terra di cui i Pallavicino furono poi spogliati dai Farnese. Della sua munificenza di uomo evoluto e colto dette anche prova dotando il convento dei Minori di una ricca biblioteca e impiantando a Cortemaggiore una tra le prime stamperie.
FONTI E BIBL.: F. Stroppa, Famiglie di Salsomaggiore, 1928, 21; D.Soresina, Encliclopedia diocesana fidentina, 1961, 326-327.

PALLAVICINO OTTAVIANO
Busseto 1452 c.-post 1514
Figlio di Pallavicino e di Caterina Fieschi. È ricordato una prima volta il 21 ottobre 1499. Dopo che i Francesi furono espulsi dall’Italia nel 1512, il papa Giulio II convocò a Roma il Pallavicino e il fratello Cristoforo per farsi rendere conto delle molte irregolarità della loro condotta, che li esponeva alle censure ecclesiastiche. I due fratelli si portarono a Roma facendosi accompagnare da 400 cavalli, e fecero meravigliare l’intera capitale per la loro ricchezza e generosità e per lo splendore dei loro conviti, ciò che alla fine indusse il Papa a moderare il suo rancore contro la famiglia. quando si presentarono in solenne udienza di fronte al Papa, il Pallavicino, che era il maggiore d’età, volle essere il solo a parlare. Dato che però era uomo semplice e rozzo, non seppe tenere testa a Giulio II, che finì per ridicolizzarlo. Cristoforo ne fu talmente irritato che colpì il fratello a colpi di guanciale. Nel 1514 il Pallavicino fece esiliare da Piacenza il nipote Buso Scotti, uomo sanguinario e capo di parte, che vi aveva scatenato la guerra civile.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XXI.

PALLAVICINO OTTAVIANO
Parma 2 maggio 1585-Parma 1649
Figlio di Ercole e di Barbara Sanvitale. Visse alla corte dei Farnese.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XVII.

PALLAVICINO OTTAVIO
Busseto o Cortemaggiore ante 1613-post 1632
Figlio di Girolamo Galeazzo e di Elisabetta Valvassori. Fu paggio dell’imperatore ferdinando II, nella cui milizia fu impiegato col grado di capitano di corazze. Nel 1632 partecipò alla battaglia di Lutzen.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XXV.

PALLAVICINO OTTORINO
Busseto 6 ottobre 1859-
Figlio di Adalberto e di Eleonora Rasini. Dottore in Giurisprudenza, fu ufficiale di complemento di cavalleria del Regio Esercito Italiano. Fu patrizio e cittadino veneto.
FONTI E BIBL.: Pallavicino dell’Emilia, 1911, tav. XXXIV.

PALLAVICINO PALLAVICINO, vedi PALLAVICINO GIOVANNI GINESIO e PALLAVICINO PELAVICINO

PALLAVICINO PAOLO
Pellegrino 1542/1568
Figlio di Pietro. Il 3 aprile 1542 fu abate commendatario del monastero di San Lanfranco dei Vallombrosani di Pavia. In quell’epoca viveva in Milano, ove era considerato uomo molto potente, fautore del partito spagnolo. Ebbe il titolo di referendario e di protonotario apostolico. È forse quel Paolo Francesco, senatore e monsignore, cui Marco Mantova Bonavides dedicò la sua novella sull’avarizia dei principi moderni.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXIX.

PALLAVICINO PAOLO
Parma 19 aprile 1857-
Figlio di Uberto e di Camilla Liberati. percorse la carriera militare, entrando nella Scuola Militare di Fanteria e Cavalleria in Modena all’età di sedici anni. Ne uscì sottotenente di Fanteria del Regio Esercito Italiano, ove percorse tutta la carriera raggiungendo il grado di maggiore. In seguito a malattia fu costretto a lasciare il servizio, all’età di quarantasette anni, venendo poi promosso tenente colonnello nella riserva. Decorato della Croce d’Oro per anzianità di servizio, fu anche nominato Cavaliere della Corona d’Italia e dei Santi Maurizio e Lazzaro. Fu patrizio e cittadino veneto. Sposò Maria Palanafesto Paolucci delle Roncole.
FONTI E BIBL.: Pallavicino dell’Emilia, 1911, tav. XXXIII; F. da Mareto, Bibliografia, II, 1974, 1201.

PALLAVICINO PELAVICINO
Pellegrino 1187/1188
Marchese di Pellegrino, fu Podestà di Parma negli anni 1187 e 1188.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XV.

PALLAVICINO PELAVICINO
Busseto 1205 c.-Pellegrino 1251/1268
Detto il Trovatore. Figlio di Pelavicino, signore di Busseto, e fratello di Oberto il Grande. Ebbe in eredità alla morte del padre il castello di Pellegrino, dove si stabilì dando origine al locale ramo marchionale, estintosi nel 1795. Fu, cinquant’anni prima di Dante, celebre tra i trovatori di canzoni (come erano chiamati i poeti provenzali e italiani) in quella lingua, detta romanza, che dalla Sicilia si era divulgata nelle altre regioni della Penisola. Come tale è ricordato dal Salimbene: Quia adhuc stilus noster in Parma versatur, de Pelavicinis qui cives sunt Parmae superest ut dicamus. Isti Marchiones sunt, et elegerunt sibi duarum civitatum ad habitandum confinia, scilicet Parmae et Placentiae. In Episcopatu Placentino juxta Episcopatum Parmensem habent duo Catra, scilicet Castrum Peregrini, in quo Dominus Pellavicinus habitavit, qui fuit pulcher homo, et solatiosus, et cantionum inventor, et reliquit filios plures; et Castrum Scipionis prope Burgum Sancti Donini ad milliaria quinque. In isto Castro habitavit Dominus Manfredus frater germanus supradicti Domini Pellavicini. L’Affò ne lamenta la completa perdita dei versi.
FONTI E BIBL.: I. Affò, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, 1789, 74-76; F. Stroppa, Famiglie di Salsomaggiore, 1928, 20; D.Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 331-332.

PALLAVICINO PELAVICINO
Pellegrino 1311/1333
Marchese di Pellegrino. Nel 1311 fu in Milano all’incoronazione di Arrigo VII, sceso in Italia per  pacificare le fazioni che la dilaniavano. In quell’occasione fu nominato cavaliere dall’imperatore. Nel 1312 passò dalla parte guelfa seguendo l’esempio di Giberto da Correggio. Tolse allora Ravarano a Manfredino Pallavicino affinché i soccorsi che i guelfi di Toscana inviarono a Giberto da Correggio avessero via libera. Conclusa la pace tra Giberto da Correggio e i ghibellini, nel 1314 fu tra gli esuli che poterono rientrare in Parma. Nel 1333 fece parte della lega dei principi italiani contro Giovanni re di Boemia.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XV.

PALLAVICINO PIETRO
Pellegrino 1480/1497
Figlio di Giovanni e di Lucia Bojardo. Fu Protonotario apostolico. Dopo il 1480 lo si trova abate commendatario del monastero di San Lanfranco dei Vallombrosani di Pavia. Nel 1497 fu notaio apostolico e consigliere ducale presso Lodovico il Moro duca di Milano. Soggiornò lungamente nella sua abbazia di Pavia.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXIX.

PALLAVICINO PIETRO
Parma 10 febbraio 1875-San Sisto di Poviglio 16 agosto 1967
Figlio di Filippo e di Luisa Benassi. Studiò il pianoforte coi maestri Caffi e Bertazzi nel collegio Vida di Cremona. A Parma continuò gli studi di pianoforte col Ficcarelli. Per l’armonia, contrappunto e composizione ebbe rispettivamente a maestri Azzoni, Marusi e Galliera. Il 18 febbraio 1913 fu nominato organista della Cattedrale di Parma con votazione unanime di quella Fabbriceria, carica che occupò almeno fino al 1931. Il Pallavicino, che fu anche poeta, compose liriche per pianoforte e canto e si dedicò specialmente alla musica religiosa. Fu patrizio e cittadino veneto. È autore delle seguenti composizioni: Messa a due voci, i salmi a tre voci Laudate Dominum e Lauda Jerusalem, Magnificat a tre voci, Baldi e forti per canto e pianofote (1917, inno dei missionari su testo di Gino Sottochiesa, edito a Parma, ISME, 1962), Regina coeli (antifona mariana eseguita nel 1925 per l’incoronazione della Madonna di Fontanellato), Il bucaneve, elegia su versi di Luigi De Giorgi per la morte della medaglia d’oro Michele Vitali, Inno agli orfani di guerra, La voce di Dante, inno blasfemo per coro e pianoforte, con parole dello stesso Pallavicino (Parma, Donati, 1928), La tua voce, lirica per canto e pianoforte su versi di Ildebrando Cocconi. Nella Biblioteca del Seminario Maggiore di Parma si trovano: Caro mea, per violino solista e orchestra, O salutaris hostia a due voci e Quae est ista, a tre voci pari.
FONTI E BIBL.: Pallavicino dell’Emilia, 1911, tav. XXXIV; C. Alcari, Parma nella musica, 1931, 149; G.N. Vetro, Dizionario, 1998.

PALLAVICINO PIETRO MARIA
Busseto 1653 c.-
Figlio di Muzio e di Lucrezia Vernazzi. Fu cavaliere gerosolimitano.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXIII.

PALLAVICINO PIO GIORGIO
Parma 16 aprile 1691-1765
Figlio di Giangiorgio Sforza e di Laura Lampugnani. A Milano, dal 1720 al 1742, fu per cinque volte eletto nel Magistrato dei XII di Provvisione. Nel 1723 fu ascritto al consiglio dei LX Decurioni, nel 1735 fu nominato Giudice delle strade e nel 1739 Capitano della milizia urbana. Fu coinvolto in diverse vicende poco chiare, e avendo usato toni intemperanti durante i consigli per la discussione degli affari della città, fu rinchiuso senza alcun processo nel Castello di Milano, da cui uscì però poco tempo dopo.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXIV.

PALLAVICINO POLIDORO
Scipione ante 1484-1527
Figlio terzogenito di Gianfrancesco e di Giacoma Brandolini. Nel 1484 ebbe la facoltà dal duca di Milano Lodovico il Moro di portare le insegne di colore bianco e morello. Dal padre ereditò la terza parte di Monticelli d’Ongina e di Roncarolo.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXVI.

PALLAVICINO POMPEO
Parma 21 ottobre 1605-Scipione 6 ottobre 1665
Figlio di Girolamo e di Chiara Cavalca. Fu uomo d’arme nella guardia istituita nel 1633 dal duca di Parma Odoardo Farnese quando si alleò con Luigi XIII colla speranza di scacciare gli Spagnoli dallo Stato di Milano.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXX.

PALLAVICINO RANUCCIO, vedi PALLAVICINO RANUZIO

PALLAVICINO RANUZIO
Tabiano 1609 c.-Rottofreno 15 agosto 1636
Figlio di Claudio, dei marchesi di Tabiano. Fu capitano di archibugieri italiani al servizio dei Francesi. Fu ucciso in uno scontro della guerra con la quale Luigi XIII, alleato del duca di Parma, tentò di scacciare gli Spagnoli dal Ducato di Milano.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri italiane, Milano, 1834; E. Seletti, La città di Busseto, Milano, 1883; C. Argegni, Condottieri, 1937, 393.

PALLAVICINO RANUZIO
Polesine 17 ottobre 1632-Roma 30 giugno 1712
figlio di Uberto e di Emilia Lupi. discendente del ramo dei Pallavicino di Polesine, passò giovanetto alla Corte di Baviera, dove si trattenne a lungo, protetto dall’elettore e duca Ferdinando Maria. Studiò dapprima filosofia e teologia. Intrapreso lo studio delle leggi e conseguita la laurea in diritto civile e canonico all’Università di Monaco, rientrò in patria e nel 1669 fu iscritto al collegio dei giudici di Parma. Appassionato cultore di lettere, compose, con la pseudonimo di Asterio Sireo, poesie, in parte date alle stampe con altri lavori. Della produzione del Pallavicino vanno segnalate un’antologia di poesie, L’intreccio di gigli e perle (1660), una vita di Santa Teresa, La scalza di Avila (1661), una descrizione del palazzo dell’elettore di Baviera, I Trionfi dell’architettura (1667), il dramma Atalanta (1667) e Ritratto di una gran Principessa (Monaco, Luca Straub, 1668), raccolta di odi dedicate ad Adelaide di Baviera. Abbracciato lo stato ecclesiastico ed eletto Canonico della Cattedrale di Parma colla prebenda di San Secondo inferiore, il 24 dicembre 1669 vi rinunciò a favore del conte Giambattista Linati per trasferirsi a Roma a intraprendervi la carriera prelatizia. Nominato dapprima referendario dell’una e dell’altra segnatura, divenne in seguito governatore di alcune città dello Stato Pontificio e nel 1672 fu inviato a Malta in qualità di inquisitore presso l’Ordine gerosolomitano. Rientrato alla Corte pontificia, ottenne la nomina a Segretario della Sacra congregazione Concistoriale, e in seguito (1698) quella di governatore di Roma (che tenne per diciassette anni). Creato cardinale di Santa Agnese il 17 maggio 1706 da papa Clemente XI, questi lo investì pure, in quello stesso anno, della prepositura già degli Umiliati di Santa Maria della Ghiara in Verona. Prelato di vasta dottrina, interamente dedito ai doveri inerenti ai suoi alti uffici, fu circondato nell’ambiente vaticano di larga stima e chiamato a far parte di numerose congregazioni (del santo Uffizio, degli Interpreti del Concilio, dei Vescovi e Regolari e della sacra Consulta). Alla sua morte, dispose per testamento che la parte del feudo di Polesine ereditata dagli antenati, della quale aveva conservato la proprietà, fosse per intero trasferita al cugino Vito Modesto. Fu sepolto nella chiesa di San Francesco a Ripa in Roma, davanti all’altare maggiore. Il pallavicino appartenne a molte accademie letterarie, tra le quali quella degli Innominati di Parma.
FONTI E BIBL.: G.M. Allodi, Serie cronologica dei vescovi, II, 1856, 335; L. Barbieri, Parmigiani cardinali, 1894, 14; L.Bocchia, La drammatica a Parma, 1913, 127; D. Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 332; G.Gonizzi, Ranuzzo Pallavicino, in Gazzetta di Parma 15 ottobre 1968.

PALLAVICINO ROLANDO
Zibello 1463 c.-Parma 1529
Figlio di Gian Francesco, dei marchesi di Zibello. Ebbe in feudo Roccabianca, Zibello, Fontanelle, Stagno, Tellarolo, Mezzano e Polesine dei Manfredi. Nel 1521 fu assediato dal Lautrec in Roccabianca; dopo valorosa difesa, disperando di esser soccorso dai collegati, venne a patti ed ebbe la facoltà di uscire libero, cedendo la terra. Per ragioni di successione fu incarcerato da papa Leone X, e nel 1527 da papa Clemente VII nel castello di Parma, ove morì.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri italiane, Milano, 1834; F. Campari, Un castello del parmigiano attraverso i secoli (Roccobianca), Parma, 1910; C. argegni, Condottieri, 1937, 394.

PALLAVICINO ROLANDO, vedi anche PALLAVICINO ORLANDO

PALLAVICINO RUBINO
Scipione-Castellina di Soragna post 1258
Figlio di Guglielmo. Sposò Ermengarda Palli dalla quale ebbe numerosi figli. Morì di contagio dopo il 1258, assistito dal frate Salimbene de Adam di Parma, il noto autore della cronica.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XIV.

PALLAVICINO SERAFINO
Parma 1611-Roma 1672
Appartenne al primo dei marchesi di Polesine. Professò nell’Ordine benedettino nel 1628, fu abate del monastero di San Giovanni Evangelista di Parma dal 1662 al 1667. Poi (1669) resse quello di San Paolo di Roma. A Parma fu anche priore e cancelliere, e abbellì con dipinti e suppellettili il Monastero. Fu abate anche nei monasteri di Pavia e di Reggio Emilia. Morì a 61 anni di febbri.
FONTI E BIBL.: A. Galletti, Monastero di S. Giovanni Evangelista, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1980, 68.

PALLAVICINO SFORZA
Scipione 1545
Figlio di Ippolito e di Barbara Fogliani Sforza. Quale feudatario del marchesato di Scipione, nel 1545 giurò fedeltà e obbedienza a Pier luigi Farnese, primo duca di Parma e Piacenza. Morì senza figli, e il feudo di Scipione fu devoluto alla Camera ducale di Parma.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XXX.

PALLAVICINO SFORZA
Parma 1520-Salò 5 febbraio 1585
Nacque da Manfredi dei marchesi di cortemaggiore, che nel 1521 fu squartato dai francesi sulla piazza del castello di Milano, e da Ginevra Bentivoglio. Dopo la barbara uccisione del padre, il Pallavicino fu portato dalla madre a Trento presso Francesco Sforza. All’età di soli sedici anni (1536) il Pallavicino fu capitano di cavalli per l’imperatore Carlo V nella guerra di Piemonte. Dopo la tregua conclusa nel 1538, servì Ferdinando re d’ungheria. Nel 1543 fu Capitano generale della cavalleria ungherese nella guerra contro i Turchi, e si batté sotto le mura di Pest. Nel 1544 ritornò in Italia e combatté a Serravalle con le truppe del Principe di Salerno, dando prova di grande valore. Nel 1545 il Pallavicino sposò Giulia di Santafiora. Nel 1546 combattè in Germania (Ingolstadt) contro la Lega Smalcaldica.Salvò Parma dall’occupazione spagnola dopo l’assassinio del duca Pier Luigi Farnese. Due anni dopo fu di nuovo contro i Turchi in Transilvania a capo di 3000 lanzi tedeschi (si distinse nell’assedio di Lippa) ed ebbe parte attiva nell’uccisione del cardinale Martinuzzi (17 dicembre 1551), che cospirava contro l’impero. Nel 1551 venne nominato commissario di guerra e incaricato di predisporre a difesa la frontiera. Nel 1552 fu fatto Generalissimo ungherese. In un’azione a Drigal, sul Danubio, restò ferito e prigioniero, ma fu riscattato con sedicimila ducati. Ritornato in Ungheria, fortificò Giavarino, ove una piattaforma fu a lui intitolata. Fatto maresciallo, nel 1556 vinse i Turchi e conquistò Nagy Kanisza. Nel 1557 ritornò in Italia e andò al servizio di Venezia provvedendo, come capitano generale delle milizie di terraferma, al restauro di molte fortezze di terraferma e poi di altre a Cipro e a Candia, dove accompagnò Giulio Savorgnano (1580). Partecipò alle guerre della repubblica veneta contro i Tedeschi. Rafforzò Bergamo (1560), per fronteggiare Milano, il Lido, Chioggia e Zara (1570) e propose un sistema difensivo per Udine. Raggiunse il grado di governatore generale degli Stati veneti e sovraintendente delle fortezze. Coinvolto nella controversia con Ottavio Farnese per la giurisdizione dei feudi Pallavicino, reclamati dai Farnese, fu rinchiuso nel castello di Piacenza per quasi un anno (1580-1581). Lasciò progetti di fortificazione per Retimo e per Suda, con ampie relazioni, il manoscritto Regole in materia di fortezza e molti disegni.
FONTI E BIBL.: C. Promis, Ingegneri militari, 1874, 447-459; Enciclopedia militare, 1933, V, 770; L.A. Maggiorotti, Dizionario Architetti e Ingegneri, 1934, 134-135; L.A.Maggiorotti, Architetti militari, II, 1935, 438; M.De Grazia, Guida degli stati farnesiani, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1972, 165.

PALLAVICINO SFORZA
Busseto 1553 c.-XVII secolo
Figlio di Girolamo. Fu cavaliere gerosolimitano.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXIII.

PALLAVICINO SFORZA
Polesine 16 novembre 1657-1677
Figlio di Girolamo. Fu ammesso al Maggior consiglio della Repubblica di Venezia. Il 16 maggio 1667 fu eletto gentiluomo di camera di Ferdinando Maria.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XVIII.

PALLAVICINO SFORZA
Parma 25 luglio 1765-25 febbraio 1834
Figlio di Giorgio Gaetano e di Maria Dati. Fu cavaliere gerosolimitano.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXIV.

PALLAVICINO SFORZA
Parma 19 agosto 1839-Parma 29 settembre 1909
Figlio di Giuseppe Maria e di Leopolda Pallavicino. Fu Consigliere in diversi comuni e deputato provinciale rappresentante il mandamento di Busseto dal 1878 al 1899. Fu membro del Consiglio di Amministrazione dell’Orfanatrofio Vittorio Emanuele II in Parma, del Real Collegio Maria Luigia, del Ricovero di Mendicità di Borgo San Donnino e presidente dell’Amministrazione del Convitto delle Orsoline di Parma. Fu inoltre consigliere di vigilanza dell’Istituto Tecnico di Parma e dell’annesso Convitto alle Scuole Normali Femminili, vice presidente del Consorzio Agrario, e sindaco del comune di San Pancrazio Parmense. Il Pallavicino, che fu cavaliere dei Santi Maurizio e Lazzaro e patrizio e cittadino veneto, nel 1908 ricomprò lo storico e artistico Palazzo Pallavicino di Busseto. Mori a causa di un carcinoma allo stomaco.
FONTI E BIBL.: Pallavicino dell’Emilia, 1911, tav. XXXIV; V. Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, 5, 1932, 64.

PALLAVICINO SIGISMONDO
Zibello 1510/1525-1587
Figlio terzogenito di Bernardino e di Caterina Buffetti. Nel 1556 fu in Roma, impiegato nella Curia pontificia.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXVI.

PALLAVICINO STEFANO
Parma 11 marzo 1874-
Figlio di Filippo e di Lucia Benassi. Si laureò in Giurisprudenza nell’Università di Parma. Fu notaio, membro del Consiglio di amministrazione della Congregazione di san Filippo Neri in Parma, nella quale coprì anche la carica di ordinario, e patrizio e cittadino veneto.
FONTI E BIBL.: Pallavicino dell’Emilia, 1911, tav. XXXIV.

PALLAVICINO TANCREDI
Parma 1229/1255
Fu abate di San Giovanni Evangelista in Parma dal 1229 al 1255. Permutò la chiesa di San Pietro in Baganzola con quella di San Giorgio dei Prati.
FONTI E BIBL.: M. Zappata, Corollarium abbatum,  in Archivio Storico per le Province Parmensi 1980, 91.

PALLAVICINO TEDALDO
-Arezzo 1037
Figlio di altro Tedaldo. Fu Vescovo di Arezzo.
FONTI E BIBL.: D. Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 3.

PALLAVICINO TERESA
Parma 29 ottobre 1888-Milano 1960
Figlia di Filippo e di Luisa Benassi, appartenne a una famiglia della migliore aristocrazia parmense, proveniente da Busseto. Undicesima di tredici figli, come le altre sorelle, dagli otto ai diciassette anni fu educata in collegio dalle suore Orsoline di Parma. Tornata in famiglia e rimasta orfana di madre, manifestò, ancora giovanissima, una profonda sensibilità religiosa e una singolare capacità di accostarsi situazioni di povertà e di emarginazione sociale. Uscendo dal mondo chiuso e ristretto in cui le famiglie dell’aristocrazia tendevano a confinare le figlie, in attesa del matrimonio o del convento, la Pallavicino si occupò delle ragazze povere della città e, durante i soggiorni estivi della famiglia a San Sisto, insegnò la dottrina e il canto alle figlie dei contadini. Nell’ottobre del 1919, a Roma, in occasione della presentazione ufficiale della Giventù Femminile al congresso dell’Unione femminile cattolica italiana, incontrò per la prima volta A. Barelli, che le propose di lavorare per la Gioventù Femminile. Eletta nel Consiglio nazionale e nominata rappresentante della Sezione signorine, venne maturando la sua dedizione senza riserve all’apostolato, finché nel 1923 si trasferì a Milano per lavorare a tempo pieno al Segretariato nazionale della Gioventù femminile, ospitato nei locali dell’Università cattolica in via Sant’Agnese. Ben presto diventò segretaria nazionale di propaganda e, dopo qualche anno, vicepresidente. Come segretaria nazionale di propaganda si occupò della scelta delle propagandiste: per la loro formazione istituì corsi di preparazione teologica, ascetica e morale e di organizzazione (seguiti da esami) della durata di una settimana, che dovevano essere frequentati dalle propagandiste per due anni consecutivi. Nel 1933 progetto le settimane della giovane: attuate per la prima volta nel 1934-1935, dal 1936 vennero realizzate in quasi tutte le città d’Italia. Ogni città veniva divisa in rioni e in ogni rione le giovani, riunite per categorie (signorine, casalinghe, studentesse, impiegate, operaie), si radunavano ogni giorno, per una settimana, ad ascoltare una propagandista e un sacerdote, venivano visitate le fabbriche e gli ospedali e si cercava di avvicinare anche le prostitute. La settimana si concludeva con una solenne messa domenicale celebrata dal vescovo nella cattedrale della città. Alla Pallavicino si deve, nel 1939-1940, la crociata della purezza, condotta dalle giovani della Gioventù Femminile. Nel 1946 ne lasciò la vicepresidenza e, insieme con la Barelli, passò all’Unione Donne con l’incarico di delegata di azione morale. contemporaneamente lavorò nella Presidenza generale dell’Azione Cattolica, occupandosi in particolare dell’organizzazione delle settimane sociali. Dal 1949 al 1952 assisté, nella sua lunga e penosa malattia, A. Barelli, che, prima di morire, la nominò, insieme con L. Vanzetti, sua esecutrice testamentaria. Gli ultimi anni li dedicò a ordinare l’immensa mole di carte lasciate dalla fondatrice della Gioventù Femminile.
FONTI E BIBL.: L’Archivio Barelli, conservato presso l’Università Cattolica di Milano, costituisce la fonte principale per la conoscenza del ruolo svolto dalla Pallavicino nella vicenda della Gioventù femminile. Dell’Archivio Barelli fanno parte anche i cinque volumi del carteggio Pallavicino-Barelli (1920-1952), ordinato dalla Pallavicino stessa negli ultimi anni della sua vita. Non esistono ancora veri e propri profili biografici della Pallavicino. riferimenti biografici su di lei si trovano in A. Barelli, La sorella maggiore racconta, Edizioni O.R., Milano, 1981; M.Sticco, in Vita e pensiero 4 1960, 274-277; O. Montevecchi ha fornito le informazioni sulla sua vita da lei raccolte attraverso la lettura del carteggio con la Barelli e le conversazioni con le sue nipoti, L. Noli Dattarino Mineo, G. Pallavicino Ferrari e M. Montanari Ravazzoni; M.G. Tanara, in Dizionario storico del movimento cattolico, III/2, 1984, 621-622.

PALLAVICINO TOMMASO
Borgo San Donnino 1326/1331
Figlio di Corrado. Nel 1326 fu scomunicato, assieme al cugino Manfredino Pallavicino, da papa Giovanni XXII perché ritenuto eretico. Nel 1331 fondò la cappellania di San Giorgio in Borgo San Donnino.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XIV.

PALLAVICINO UBERTINO
Busseto-Busseto 1037
Fu invitato a Milano dall’imperatore Corrado a presenziare alla sua incoronazione con la corona di ferro. L’anno seguente fu a Roma dove assistette all’incoronazione di Corrado da parte di papa Giovanni XX. Seguì ancora l’Imperatore nel 1037 quando questi soffocò la ribellione delle città lombarde, e fu all’assedio di Milano. Il Pallavicino ricostruì la Pieve di Sant’Andrea nella giurisdizione di Busseto, dotandola di cospicue entrate.
FONTI E BIBL.: B.Angeli, Historia, 1591, 211 e ss.

PALLAVICINO UBERTINO
Pellegrino 1251/1264
Fu podestà di Cremona nel 1251, poi nel 1259 podestà e vicario di Brescia in nome del marchese Oberto Pallavicino, che si era fatto eleggere Signore di quella città. Fu in seguito podestà di Milano (1264) in nome dello stesso Oberto Pallavicino, carica che abbandonò alla notizia della calata in Italia di Carlo d’Angiò conte di Provenza.
FONTI E BIBL.: L.Mensi, Dizionario biografico dei Piacentini, 1899, 315.

PALLAVICINO UBERTO
Scipione 1328 c.-.Fiorenzuola
Figlio di Manfredo, dei marchesi di Scipione. Godette dell’appoggio dello zio Uberto Pallavicino, campione dei ghibellini e capitano generale dei Milanesi. Combatté a Nizza della Paglia contro Guglielmo, marchese di monferrato: vi fu sconfitto e, secondo alcuni, fatto prigioniero e condotto nel Delfinato. Si ritiene che il Pallavicino sia stato ucciso presso Fiorenzuola dai Piacentini, per essersi messo a predare senza motivo alcuni campi del loro territorio.
FONTI E BIBL.: C. De Rosmini, Dell’istoria di Milano, t. l., Milano, 1820; P. Litta, Famiglie celebri italiane, Milano, 1834; E. Ricotti, Storia delle Compagnie di ventura in Italia, Torino, 1893; V. Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, Milano, 1932; C.Argegni, Condottieri, 1937, 395.

PALLAVICINO UBERTO
Busseto 1421 c.-post 1477
Figlio di Orlando il Magnifico. Con testamento del padre gli furono assegnati i feudi di Tabiano, Castellina e la metà di Solignano. Nel 1458 questa investitura gli fu confermata da Francesco Sforza. Il 20 marzo 1470 prestò giuramento di vassallaggio al primogenito del duca in Milano e nel 1477 gli furono rinnovate le investitutre.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XX.

PALLAVICINO UBERTO
Zibello 1501-1583
Figlio di Bernardino, dei marchesi di Zibello. Papa Clemente VII nel 1526 lo spogliò di tutti i beni. Nel 1528 fu pubblicata contro di lui una sentenza di morte per omicidio e nel 1529 fu scomunicato. Nel 1530 fu assediato in Zibello da Ludovico Rangoni e dalle milizie del Pontefice. Capitolò dopo valida difesa e si arrese al Duca di Milano, che lo chiuse nel castello di Cremona, cedendo i beni del Pallavicino a sua cugina Barbara Rangoni. Tra le due famiglie si accese allora una guerra mortale. Nel 1531, per intervento di molti principi, gli furono restituiti i feudi. Ebbe altre due gravi condanne: una nel 1534 e una nel 1536.
FONTI E BIBL.: Chronicon familiae Pallavinae, ms. nella biblioteca Palatina di Parma; P. Litta, Famiglie celebri italiane, Milano, 1834; C.Poggiali, Memorie di Piacenza, Piacenza, 1759; V. Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, Milano, 1932; C.Argegni, Condottieri, 1937, 396.

PALLAVICINO UBERTO
Busseto 1617 c.-
Figlio di Antonio e di Faustina Vimercati. Fu cavaliere gerosolimitano.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, 1834.

PALLAVICINO UBERTO
Busseto 1653 c.-
Figlio di Muzio e di Lucrezia Vernazzi. Fu cavaliere gerosolimitano.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXIII.

PALLAVICINO UBERTO
Busseto 1679 c.-post 1716
Figlio di Antonio Maria e di Aurelia Clavella. Nel 1716 fece parte del Consiglio dei decurioni di Cremona.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXIII.

PALLAVICINO UBERTO
1725 c.-Parma
Marchese, fu gran ciamberlano e generale di cavalleria forense del duca Ferdinando di Borbone.
FONTI E BIBL.: C. Gervasoni,  Nuova teoria di musica, 1812, 222.

PALLAVICINO UBERTO
Parma 15 giugno 1827-Parma 9 maggio 1864
Figlio di Gian Francesco e di Zelinda Liberati. Il 13 febbraio 1834 fu nominato Paggio di Maria Luigia d’Austria duchessa di Parma. Il 26 dicembre 1854 fu nominato Guardia del Corpo di Maria Luigia col rango di sottotenente delle Regie truppe dello Stato e il 26 aprile 1855 Ciambellano della Real Corte. Percorse la carriera amministrativa, a iniziare dal 1° settembre 1845 sotto il Governo del ducato di Parma, e la continuò sotto il Regno d’Italia come Segretario alle Prefetture di Parma e di Piacenza. Fu patrizio e cittadino veneto. Dopo lunga malattia, morì all’età di 37 anni. Il Pallavicino sposò Camilla Liberati dell’Aiuto.
FONTI E BIBL.: Pallavicino dell’Emilia, 1911, tav. XXXIII; Palazzi e casate di Parma, 1971, 375.

PALLAVICINO UBERTO, vedi anche PALLAVICINO OBERTO

PALLAVICINO UBERTO RANUZIO
Busseto 28 marzo 1705-Parma 6 marzo 1775
Figlio di Alessandro e di Adelaide Fugger. Venne educato secondo l’etichetta di Corte. Nel 1750 fu nominato gentiluomo di corte e quattordici anni dopo grande ciambellano dell’infante Ferdinando di Borbone e Tenente generale della cavalleria. Contrasse matrimonio con la nobildonna Anna Anguissola, dama del Duca e cameriera maggiore della Corte di Parma. In autunno la coppia era solita trascorrere un periodo di riposo nel palazzo di Busseto e rallegrare gli ospiti con rappresentazioni teatrali: nel 1760 vi si mise in luce Filippo Gamboni, che più tardi diventò un attore di notevole fama (Seletti). Il Pallavicino fu sepolto nella chiesa dei Gesuiti di Busseto.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XXVII; R. Giordani, Opere scelte di L. U. Giordani, 1988, 355-356.

PALLAVICINO UGOLINO
Pellegrino 1417
Marchese di Pellegrino, ne fu anche Podestà nel 1417. La carica risulta da un rogito ricevuto dal cancelliere della Pretura di Pellegrino, Antonio Greppo, in data 22 aprile 1417: Nos Ugolinus Marchio Pallavicinus Pelegrini Potestas sedens pro tribunali ad nostrum solitum bancum in causa et questione vertente in dominum Obertum de podio rectorem Ecclesiae Sanctorum Abdon et Senen de Pelegrino agente nomine dictam ecclesiam e certo Corpezza che venne condannato a rilasciare a detta chiesa una pezza di terra prativa detta in Casale. La sentenza è sottoscritta come segue: Ego Antonius Grepus de Villa Palearum scriba praefat Dni Ugolini et suprascriptis omnibus et singulis interfuerunt.
FONTI E BIBL.: A. Micheli, Guisdicenti, 1925, 6.

PALLAVICINO UGUCCIO, vedi PALLAVICINO UGUCCIONE

PALLAVICINO UGUCCIONE
Scipione-Castelleone 1403
Figlio di Giovanni, dei marchesi di Scipione. Fu agli ordini di Giangaleazzo Visconti. Nel 1390 si trovò alla difesa della cittadella di Padova. Morto Gian Galeazzo, si mantenne fedele alla reggenza del Ducato e si impegnò con energia a impedire le ribellioni nello stato di Parma contro i Visconti. Nel 1403, alla difesa di Castelleone, fatto prigioniero da Cabrino Fondulo, da Ugolino Cavalcabò e dai Benzoni, venne trascinato a coda di cavallo fino a Cremona. Poi la testa gli venne staccata dal busto, conficcata in una lancia ed esposta sugli spalti del castello della città.
FONTI E BIBL.: Chronicon familiae Pallavinae, ms. nella biblioteca Palatina di Parma; B. Corio, Storia di Milano, Milano, 1857; P. Litta, Famiglie celebri, Milano, 1834; P. Pallavicino, Notizie sulla famiglia dei Pallavicino, Firenze, 1911; L. Pavia, salsomaggiore Tabiano, Milano, 1898; E. Ricotti, Storia delle Compagnie di ventura in Italia, Torino, 1897; V. Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, Milano, 1932; C.Argegni, Condottieri, 1937, 396.

PALLAVICINO UGUCCIONEE
Polesine ante 1498-21 novembre 1546
Figlio di Gianmanfredo e di Pellegrina Spinola. È ricordato una prima volta nell’anno 1498. Servì per qualche tempo i duchi di Milano.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XVIII.

PALLAVICINO VERDIANA
Polesine 1703 c.-
Figlia di Francesco e di Isabella Rapari. Unitamente al canonico Rapari, fondò la Causa Pia Rapari-Pallavicino per la distribuzione di doti matrimoniali nella parrocchia di Croce Santo Spirito di Castelvetro.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XVI.

PALLAVICINO VISCONTE
Pellegrino 1237-1 gennaio 1317
Figlio di Pelavicino, dei marchesi di Pellegrino. Fu nominato Podestà di Piacenza nel 1261 da sua zio Uberto Pallavicino che voleva avere persona di sua fiducia in una città della quale gli era stato conferito il dominio. Nel 1271 gli furono tolte le rocche di Pellegrino e di Belvedere da Alberto Scotti. Nel 1304 contribuì alla cacciata dello Scotti da parte dei Piacentini. Ma il 25 luglio 1307 lo Scotti, con l’aiuto della parte guelfa, riconquistò Piacenza, scacciandone il Pallavicino che si rifugiò a Bobbo. In seguito a un patto di conciliazione, nel 1308 il Pallavicino fu riammesso in Piacenza. Morì a 80 anni.
FONTI E BIBL.: C. Argegni, Condottieri, 1937, 396-397.

PALLAVICINO VITO MODESTO
Polesine 30 marzo 1698-Parma 14 luglio 1731
Erede nel 1712 del cugino cardinale Ranuzio Pallavicino, accentrò nelle proprie mani l’intero marchesato di Polesine essendosi via via estinti i rami discendenti dal capostipite Gianmanfredo. Fu infatti l’ultimo rappresentante della diramazione dei Pallavicino di Polesine, che solo cinquant’anni prima era suddivisa in sei famiglie. Morto il Pallavicino, il feudo non passò, secondo la prassi delle antiche originarie investiture, ad altri esponenti dell’illustre casato, ma fu conferito nel 1748 alla principessa Enrichetta d’Hessen-darmstadt, vedova dell’ultimo dei Farnese. Il pallavicino fu sinceramente amante del suo popolo e di larga carità: si deve a lui, tra l’altro, la riedificazione della chiesa parrocchiale di polesine, che dotò anche di cospicue entrate. Sposò giovanissimo Claudia de’ Terzi, morta la quale, l’8 gennaio 1720 passò a seconde nozze con Ottavia Pallavicino. Da queste ebbe due figlie: Anna Maria e Dorotea.
FONTI E BIBL.: D. Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 337.

PALLAVICINO VITTORIA, vedi DORIA PAMPHILI LANDI MARIA VITTORIA

PALLAVICINO VITTORIO
1709-Borgo San Donnino 1795
Figlio di Pierantonio. Fu Prevosto parroco della chiesa di San Michele di Borgo San Donnino dal 1738. Nel 1754 fu eletto Primicerio della Cattedrale di Borgo San Donnino. Nel 1759 divenne Prevosto della chiesa di Santa Maria del Castello di Bargone e infine della Collegiata di Borgo San Donnino. Fu uomo di vasta erudizione. Per lungo tempo collaborò all’Enciclopedia delle Belle Arti dell’abate Zani. Lasciò parecchi lavori inediti, parte dei quali finirono all’Affò e allo Zani e parte andarono dispersi.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1840, tav. XV.

PALLAVICINO CARISSIMI ROSANNA, vedi BAJARDI ROSANNA

PALLAVICINO MOSSI LODOVICO ANDREA vedi PALLAVICINO LODOVICO ANDREA

PALLAVICINO TRIVULZIO GIORGIO GUIDO
Parma 1796-post 1841
Figlio di Giorgio Pio e di Anna Besozzi. Coinvolto in una manifestazione patriottica, fu incarcerato nel dicembre 1821 e quindi processato assieme ad altri nobili da una commissione speciale. Il 21 gennaio 1823 fu condannato a vent’anni di carcere duro nella fortezza di Spielberg, in Moravia. Nel 1837 Ferdinando I concesse ai condannati di terminare di scontare la pena in America. Il Pallavicino Trivulzio ottenne invece di completare la detenzione a Praga, dove in seguito si sposò con Anna Koppmann.
FONTI E BIBL.: P. Litta, Famiglie celebri, VI, 1841, tav. XXIV.

Teca Digitale Biblioteche del Comune di Parma - V.lo Santa Maria 5, 43125 Parma (PR)

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