Ti trovi in Home page>Dizionario biografico: Liani-Lovisini

Dizionario biografico: Liani-Lovisini

Stampa la notiziaCondividi su facebook

LIANI - LOVISINI

LIANI FRANCESCO
B
orgo San Donnino 1713 c.-Napoli 1780
Si trasferì a Napoli, al seguito di Carlo di Borbone, non oltre la metà del XVIII secolo. È noto soprattutto per alcuni ritratti dei sovrani napoletani: Carlo di Borbone a cavallo e Maria Amalia di Sassonia a cavallo (Napoli, Museo di Capodimonte, 1755 c.), FerdinandoIV di Borbone (firmato, 1766, Copenhagen, Museo Reale) e uno smarrito Ritratto dello stesso sovrano in abiti militari da cui fu ricavato nel 1772 un arazzo (Napoli, Museo di Capodimonte).Ma le qualità maggiori del Liani si riscontrano in una lunga serie di dipinti di soggetto sacro, per lo più sconosciuti o ignorati dagli studiosi, in cui su un fondo di cultura emiliana sono innestati elementi di chiara derivazione napoletana (alla Domenico Mondo, alla Pietro Bardellino o alla analoga produzione di Bonito), filtrati, tuttavia, attraverso la conoscenza delle opere dipinte dal Mengs a Napoli.Si tratta dell’intera serie della Via Crucis (Capua, Cattedrale), di una Natività e di una Presentazione al tempio (Napoli, Museo di Capodimonte), di tre tele con episodi della Nascita di Cristo e un’Adorazione dei Magi (Napoli, Palazzo Reale), di una serie di otto dipinti con Storie della Passione (Caserta, Palazzo Reale) e di un’Ultima cena (Capua, Museo Campano).Il bozzetto del Ritratto di Maria Amalia di Sassonia a cavallo si conserva in collezione Borghese a Nettuno.
FONTI E BIBL.: U.Thieme-F.Becker, Künstler-Lexicon vol.XXIII, 1929; F.Bologna e G.Doria, Il ritratto storico napoletano, catalogo della mostra, Napoli, 1956; Dizionario Bolaffi Pittori, VI, 1974, 418-419; Dizionario pittura e pittori, III, 1992, 208-209.

LIANO FRANCESCO, vedi LIANI FRANCESCO

LIBASCHI FRANCESCO
Tizzano 1532-Parma 3 aprile 1584
Sacerdote caratterizzato da una singolare virtù d’animo e un profondo sapere. Studiò lettere, filosofia, leggi e teologia e in tutte riuscì con gloria sua grande. In particolare fu giurista (diritto ecclesiastico) stimatissimo e insigne.Dalla sua penna uscirono molti consulti e quattro grossi volumi in materia di Enfiteusi, perduti.Verso la fine del 1567 dal Libaschi furono riveduti e corretti gli Statuti dei merciai di Parma, composti dal da Erba. Pubblicò anche due volumetti di rime volgari.   Nelle aggiunte all’Appendice di Rannuccio Pico (Soggetti parmigiani, 194-195) è detto che si trasferì a Parma, dove visse la maggior parte della vita, ottenendo verso il 1570 un canonicato dal vescovo cardinale Alessandro Sforza.Il successore, monsignor Ferrante Farnese, mosso dal buon nome e fama che acquistato havea, mentre come canonico diede sempre gran saggio di suo valore, lo nominò Vicario Generale. Alla famiglia Sforza fu legato da sincera e profonda amicizia e quando Francesco Michele Sforza, nipote di Alessandro, nel 1583 fu creato cardinale, lo nominò Auditore Generale dei suoi Stati in Lombardia e, trasferitosi a Roma dopo la nomina a cardinale, pregò il Libaschi di seguirlo per averlo suo prezioso consigliere. Ma mentre il Libaschi stava traslocando a Roma la sua biblioteca copiosa e ricca, la morte lo colse all’età di 52 anni.Fu sepolto nella Cattedrale di Parma.
FONTI E BIBL.: R.Pico, Appendice, 1642, 218-220; A. Pezzana, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, II, 1827, 458; Aurea Parma 1 1958, 32-33; F.Barili, Tizzano, 1970, 78-79.

LIBASCHI LUCA PIETRO
Tizzano 1504/1539
Compose versi latini riscontrabili in fronte al Pindari Ausonii Epitoma in Iliadem Homeri (Parmae, 1504, Francesco Ugoleto) e altri all’inizio dell’Introductio in Chaldaicam linguam di Teseo Ambrogio (1539).Nel titolo a questi versi, il Libaschi si dichiara sacerdote parmigiano.
FONTI E BIBL.: A. Pezzana, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani,II, 1827, 457-458; F.Barili, Tizzano, 1970, 78.

LIBASCHI PIETRO LUCA, vedi LIBASCHI LUCA PIETRO

LIBASCO, vedi LIBASCHI

LIBASSI FERNANDO
Noceto 1912-1996
Assunto nel 1924 nella stamperia di Noceto di Castelli e Milli, venne chiamato alle armi nel 1936 e partecipò alla guerra d’Etiopia.Nel periodo militare esercitò come tipografo e stampò il Corriere Eritreo.Nel 1940 venne fatto prigioniero: rientrò in patria solo nel 1946. Riprese il proprio lavoro con Ausonio Castelli che nel 1950 lo associò all’impresa, che assunse il nome di La grafica nocetana.Nel 1963 restò proprietario unico e continuò a stampare, con la collaborazione della moglie, fino alla morte.
FONTI E BIBL.: Enciclopedia di Parma, 1998, 416.

LIBERATI ANTONIO MARIA 
Parma 21 agosto 1783-post 1831
Figlio di Cosimo e Teresa Becchetti.Fu ufficiale della Guardia d’Onore di Maria Luigia d’Austria duchessa di Parma, poi tenente di Fanteria del granduca di Toscana e infine capitano della guardia urbana di Parma nel 1831.Sposò Giuseppina Musi.
FONTI E BIBL.: V.Spreti, Enciclopedia storiconobiliare, 4, 1931, 113.

LIBERATI CARLO
-Parma 1663
Figlio di Liberato.Conte, fu prevosto e canonico della Cattedrale di Parma, dove fu sepolto nel 1663.
FONTI E BIBL.: V.Spreti, Enciclopedia storiconobiliare, 4, 1931, 112.

LIBERATI FRANCESCO-Roma 1690
Figlio di Liberato.Fu arcivescovo titolare di Efeso, canonico di SantaMaria Maggiore a Roma e Datario sotto papa Innocenzo XI.Fu sepolto nella Basilica di SantaMaria Maggiore in Roma.
FONTI E BIBL.: Pighini, Storia di Parma, 1965, 579.

LIBERATI FRANCESCO ANTONIO
Parma 15luglio 1706-1782
Figlio di Liberato, conte, e di Isabella Clementini. Studiò Teologia, nella quale si addottorò nel 1729, come appare dalle Rime per la laureazione in Teologia del Signor Co.Francesco Liberati (Parma, 1729, eredi Monti). Non essendosi legato per voti allo stato clericale, sposò nel 1734 Francesca Liberata Bellincini di Modena, come risulta dalla Raccolta di Rime per le sue nozze (Parma, dagli Eredi di Paolo Monti, 1734).Si trovano molte sue poesie sparse in raccolte o trascritte da Giann’Antonio Liberati, tra le quali alcune Anacreontiche.Poco prima di morire ordinò che fossero bruciati tutti i suoi componimenti inediti.Tra gli arcadi della Colonia parmense si chiamò Eurimo Asclepideo.
FONTI E BIBL.: A. Pezzana, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, 1833, IV, 222; V.Spreti, Enciclopedia storiconobiliare, 4, 1931, 112.

LIBERATI GERMANO MATTEO
Parma 11 agosto 1795-Reggio Emilia 5 maggio 1870
Figlio di Cosimo, capitano, e di Giuseppa Becchetti.Di nobile famiglia (era conte), studiò privatamente violino e, giovanissimo, si diede ai concerti, eseguendo anche sue composizioni, dirigendo orchestre in accademie pubbliche e in teatri filodrammatici. Nel 1818, caduto in miseria, chiese di essere utilizzato come violinista nel Concerto di Sua Maestà. Nella primavera 1821 mise in scena con la Società Filo.Musico-Drammatica nel Teatro Sanvitale la sua prima opera in tre atti su libretto di Giuseppe Dall’Argine, Amelia e Leandro ossia il trionfo della rassegnazione, dirigendo anche l’orchestra. Nella primavera 1825 nello stesso teatro privato presentò Il castello di Valbruna ossia L’incontro inaspettato, un’Operetta Buffa in Musica anche accompagnata da un piccolo Ballo comico, su libretto di Giuseppe Dall’Argine. Dal 16 giugno 1827 dette per alcuni mesi lezioni di violino alla Ducale Scuola di musica di Parma e nel 1829 risulta direttore dell’orchestra dei Collegi Ducali de’ Nobili e Lalatta, incarico dal quale viene dispensato con decreto 31 dicembre 1831. Per il Collegio Lalatta compose: Settimino per ballo per orchestra (1826), La festa di Cerere, azione pastorale-allegorica con cori in musica e danze (1829), come pure le musiche per il saggio del 1829. Nello stesso 1829 entrò al servizio della Corte come sottotenente della guardia urbana. Fu direttore della musica strumentale dell’Accademia Filarmonica Parmense, posto che tenne fino al 1836. Il 15 luglio 1840 diresse ancora questo complesso nella chiesa di San Vitale, quando eseguì una sua Messa per S.Luigi Gonzaga. Avendo ereditato un cospicuo patrimonio dal cugino Antonio Tagliaferri, per gratitudine aggiunse al suo cognome quello del cugino e si trasferì a Reggio Emilia, dove fu nominato ciambellano della Corte estense e delegato universale del Teatro: qui, nella stagione di Fiera del 1838, gli fu dedicato un sonetto. Il 19 maggio 1870 l’Accademia di Santa Cecilia di Roma lo nominò socio onorario. Anche a Reggio Emilia compose varie messe, sinfonie e quartetti e si dedicò all’insegnamento: tra gli allievi ebbe Eugenio Marchiò, autore di due opere e di musica varia. Datato 1844, nell’archivio del Duomo di Casalmaggiore si trova il manoscritto di un suo Sanctus ed Agnus Dei a tre voci e orchestra
FONTI E BIBL.: V.Spreti, Enciclopedia storiconobiliare, 4, 1931, 113; C.Schmidl, Dizionario universale dei musicisti, 1, 1926, 842, e 3, 1938, 474; Palazzi e casate di Parma, 1971, 580-582; C.Gallico, Le capitali della musica, Parma, 1985, 145; G.N.Vetro, Dizionario, 1998.

LIBERATI GIANNANTONIO, vedi LIBERATI GIOVANNI ANTONIO

LIBERATI GIOVANNI ANTONIO 
Parma 25 luglio 1712-Parma 25 novembre 1782
Figlio del conte Liberato e di Isabella Clementini di Roma, donna di talento, che compose e pubblicò alcune opere poetiche ed ebbe corrispondenza letteraria con Girolamo Baruffaldi, che la celebrò nelle note al suo Canapajo.Il Liberati attese alle buone lettere e alle arti cavalleresche, educato prima nel Collegio dei Nobili di Parma (1722-1723) e poi nel Collegio di SanFrancesco Saverio in Bologna per otto anni (1724-1732), nel corso dei quali ebbe luogo tra gli Accademici Argonauti col nome di Timido. Assunto l’abito clericale per soddisfare il desiderio dei genitori, dopo poco fuggì di casa con una ragazza, ma, raggiunto dai familiari a Modena, fu condotto nel castello di Montechiarugolo.Intraprese allora la carriera militare, aggregandosi volontariamente nelle truppe austriache, colle quali rimase ben dieci anni.Scrisse sonetti e canzoni che gli procurarono molto credito, onde fu accolto tra gli arcadi col nome di Nirisbo Scamandrico. Sposatosi con la tedesca Elisabeth Parnn e tornato a Parma, il Liberati si propose di illustrare i poeti parmigiani raccogliendone le memorie storiche.Il lavoro (tre volumi) rimase incompiuto e inedito, così come I nomi dei borghi, chiese ed oratori di Parma (con indicazione delle più rinomate opere di pittura e di tutte le lapidi), per la morte del Liberati, sopravvenuta in seguito a un attacco apoplettico.Fu sepolto nella cappella di famiglia nella chiesa della Santissima Annunziata di Parma. Del Liberati, oltre alle opere inedite (anche alcune tragedie, numerose poesie pastorali e un’autobiografia in versi), rimangono parecchie pubblicazioni che appartengono al primo periodo della sua attività letteraria: Le Rime Amorose di Elpino Aticisso, che lo Zaccaria giudicò piene di quei pregi che i padri nostri e i Fratelli in poesia ammirarono negli scrittori del secolo XVI: purità e scaltrezza di parole, dolcezza, gravità, armonia del verso, stile e sano e moderato,Taneto, quattro canti in ottava rima illustranti le antichità di Taneto, Il trionfo d’Amore e d’Imeneo, due canti in sesta rima scritti in occasione delle nozze del conte Giacomo Sarvognan con Faustina Zeno, e diverse poesie sparse in molte raccolte.
FONTI E BIBL.: A.Pezzana, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, 1833, IV, 220-222;  Aurea Parma 5 1930, 172-173; V.Spreti, Enciclopediastorico nobiliare, 4, 1931, 112.

LIBERATI GIUSEPPE Parma 1831 Marchese, Aiutante di Palazzo, durante i moti del 1831in Parma fu sospettato di aver favorito una riunione di sovversivi: Si dice che in Borgo Montasù in una camera a pian terreno sotto la sua abitazione vi fosse un’unione di più persone fra le quali trovavasi forensi ed esteri.Fu sottoposto ai precetti di visita e sorveglianza.

FONTI E BIBL.: O.Masnovo, Patrioti del 1831, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1937, 179.

LIBERATI LIBERATO
Caprarola o Vallerano ante 1610-Roma 1654
Figlio di Giambattista.Si laureò in Medicina a Roma. Venne chiamato in Parma dal duca Ranuccio Farnese intorno al 1610, quale valente medico.Fu Lettore di prima Cathedra di Medicina dal 1641 al 1653 e medico di Corte con lauto trattamento.In fama di letterato, scrisse un’opera singolare: Podagra politica seu Tractatus Podagricus civilis (1637, Facciotti, Roma), dedicata al duca Odoardo Farnese.
FONTI E BIBL.: V.Spreti, Enciclopediastorico nobiliare, 4, 1931, 112; Palazzi e casate di Parma, 1971, 579.

LIBERATI PAOLO
1648 c.-Parma 1696
Figlio di Liberato.Fu insigne medico, professore nell’Università di Parma e medico di fiducia del duca Ranuccio Farnese.Sposò Angela Bocchi di Parma ed ereditò il patrimonio di quella cospicua famiglia, colla cappella e sepoltura nella chiesa dell’Annunziata in Parma, dove anche il Liberati fu sepolto.
FONTI E BIBL.: Spreti, Enciclopediastorico nobiliare, 4, 1931, 112.

LIBERATI PAOLO FRANCESCO
Parma 16 dicembre 1699-Reggio Emilia 6 maggio 1752
Figlio di Liberato e di Isabella Clementini.Fu laureato in leggi da Paolo Politi e ammesso nel Collegio dei Giudici l’anno 1725.In quell’occasione fu pubblicata la raccolta poetica intitolata Tempio della Giurisprudenza aperto dagli Accademici della Vigna al Conte Paolo Liberati (in Parma, 1725, per gli Eredi di Paolo Monti), dedicata a sua madre.Vi sono descritti in versi i ritratti di parecchi celebri giureconsulti antichi parmigiani e di altri che insegnarono nello Studio di Parma. Nel 1732 il Liberati si trasferì in Reggio, ove esercitò la professione di avvocato, e dove si fece una grande reputazione.Scrisse molti versi latini e italiani, che in parte si trovano sparsi in raccolte e in parte furono uniti ad altri di scrittori della sua famiglia da Giann’Antonio Liberati.
FONTI E BIBL.: A. Pezzana, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, 1833, IV, 222; Enciclopediastorico nobiliare, 4, 1931, 112.

LIBERATI SIGISMONDO FRANCESCO ANTONIO
Parma 14 giugno 1756-Noceto 1831
Figlio di Giovanni Antonio ed Elisabeth Parnn.Fu Canonico della Cattedrale di Parma (1775) e parroco a Noceto.
FONTI E BIBL.: P.Martini, Archivio Capitolare della Cattedrale, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1911, 133; R.Barilla, Noceto e la sua chiesa, Noceto, 1947, 57-58; F. da Mareto, Bibliografia, II, 1974, 610.

LIBERATI TAGLIAFERRI GERMANO MATTEO, vedi LIBERATI GERMANO MATTEO

LIBERATO DA PARMA, vedi CORNAZZANI PAOLO

LIBERO, vedi BRINDANI PRIMO

LIBERTI GERARDO 
Parma 6 marzo 1898-Roma 31 marzo 1970
Figlio di Pasquale e Annunziata Comuni. Dopo aver compiuto gli studi magistrali, si arruolò volontario a soli diciassette anni.Frequentata la scuola militare all’Accademia di Modena, prese parte con il grado di tenente alla prima guerra mondiale, guadagnandosi una croce al merito.Fece parte del corpo interalleato di spedizione a Salonicco e fu anche per due anni in Libia.Al ritorno in Italia, venne assegnato come ufficiale al 62° Reggimento di fanteria Brigata Sicilia. A Parma insegnò alla scuola di applicazione fino al 1934. Condannato a morte dai Tedeschi, il Liberti dopo l’8 settembre 1943 visse per nove mesi alla macchia in Abruzzo.Successivamente fu assegnato al gruppo di combattimento Friuli, con il quale prese parte ad alcune operazioni militari in Romagna, dove si meritò una decorazione sul campo. Concluse la sua carriera nel 1953 con il grado di colonnello, comandante del distretto di Pisa.Nel periodo della quiescenza fu chiamato come esperto militare nelle organizzazioni delle colonne mobili istituite dal ministero dell’Interno.Fu infine promosso Generale di Brigata della Riserva.Amante della pittura, tenne a Parma tre mostre.La salma del Liberti fu tumulata al cimitero della Villetta di Parma.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 2 aprile 1970, 4.

LIBRARO
Parma 1700
Fu contrabbasso della Cattedrale di Parma nell’anno 1700.
FONTI E BIBL.: N.Pelicelli, Musica in Parma, 1936.

LICINIUS 
Parma II/III secolo d.C.
Fu il probabile dedicatario, insieme a T.L.[i]cinius M., di un’epigrafe posta da [M]arc[i]a M.(oppure [L]arc[i]a).
FONTI E BIBL.: M.G.Arrigoni, Parmenses, 1986, 110.

LICINIUS TITUS MARCUS 
Parma II/III secolo d.C.
Forse libero e probabile dedicatario, insieme ad altro personaggio del cui nome si legge Licin[ius], di un’epigrafe posta da [M]arc[i]a oppure [L]arc[i]a M. Licinius è nomen molto diffuso dappertutto, ben documentato in tutta la Cisalpina. Anche nella regio VIII si riscontra con noevole frequenza, specialmente nella Tabula Veleiate.Il De Lama suppone che la dedicante potesse essere la madre dei due Licinii, di cui il primo portava il praenomen Titus, probabilmente uguale a quello del padre.La lettera M, rimasta alla l.2 dopo T.Licinio, potrebbe quindi essere interpretata come l’indicazione del patronimico oppure l’inizio del cognomen di questo personaggio.
FONTI E BIBL.: M.G.Arrigoni, Parmenses, 1986, 110.

LICOFRONE, vedi MAZZA GIUSEPPE ANTONIO MARIA

LICURGO DI PARMA, vedi FARNESE OTTAVIO

LINATI CAMILLO CATONE, vedi LINATI CAMILLO FABIO CATONE

LINATI CAMILLO FABIO CATONE Parma 1 luglio 1820-Torino 1909
Figlio di Claudio Marcello e Isabel Bacardi de Pinos. Percorse la carriera militare raggiungendo il grado di tenente generale (1893).Partecipò a tutte le campagne del Risorgimento e conseguì una medaglia d’argento al valore civile in occasione dell’epidemia di colera del 1855.Fu insignito della Gran Croce della Corona d’Italia e della Commenda Mauriziana.Sposò una gentildonna spagnola, Teresa Delgado, da cui ebbe un figlio, Filippo, nato a Madrid nell’anno 1843.Scrisse l’opera Nozioni d’arte e di storia militare, pubblicata a Milano.
FONTI E BIBL.: A.Ribera, Combattenti, 1943, 246; Palazzi e casate di Parma, 1971, 388.

LINATI CLAUDIA, vedi ANGUISSOLA CASONI CLAUDIA

LINATI CLAUDIO MARCELLO 
-Parma 1 febbraio 1790-Tampico 11 dicembre 1832
Nacque dal conte Filippo, uomo di non comune cultura, che in veste di deputato del Corpo Legislativo per il Dipartimento del Taro difese di fronte a Napoleone gli interessi di Parma, anche a scapito della sua privata fortuna, e più tardi, durante i moti rivoluzionari avvenuti in Parma nel 1831, fu presidente del Governo provvisorio, quindi incarcerato e sottoposto a giudizio per delitto di stato, ma successivamente prosciolto e rimesso in libertà. Morta la madre (Emanuella dei conti Cogorani) nel darlo alla luce, a nove anni il Linati fu affidato dal padre alle cure di Giuseppe Caderini, giovane di modesta estrazione ma colto e di ingegno brillante, che, insieme con la cultura letteraria, andò instillando nell’animo del Linati ardenti sentimenti liberali e fierissimo odio per ogni tirannide. Non è dato sapere dove il Linati abbia imparato i primi rudimenti dell’arte, sebbene la famiglia abbia lasciato numerosi aneddoti sulla sua precoce e straordinaria attitudine per il disegno (In età di soli sette anni Claudio disegnava figure che con certa compiacenza erano dalla famiglia mostrate agli amici di casa, ricorda il figlio Filippo), tanto da suscitare meraviglia negli abituali frequentatori di casa Linati e nel padre stesso, che pure non doveva essere incline ai facili entusiasmi. Coltivò dapprima l’acquaforte (Ritratto del sacerdote Pietro Amoretti), poi l’acquatinta nella Società Parmigiana dei pittori ed incisori all’acquerello, entrandovi un anno dopo la sua costituzione, nel 1808. Dopo un iter scolastico intenso sebbene irregolare (appena dodicenne fu a Bolzano e poco più tardi a Berlino, per apprendere il tedesco), a diciotto anni il Linati andò a Parigi, città che il trionfo dell’epopea imperiale aveva reso centro vitale di ogni attività artistica, dove il padre, che vi si trovava in qualità di deputato del Corpo Legislativo di Francia, lo condusse per completare la propria formazione artistica e culturale. Iniziò il suo apprentissage presso Gioachino Giuseppe Serangeli, cui lo aveva indirizzato il pittore Michele Rigo e presso il quale soggiornò anche Paolo Toschi, approdato a Parigi nel 1809 per specializzarsi nello studio dell’incisione all’acquaforte e soprattutto in quello del bulino.Una lettera del padre al Caderini del 17 gennaio 1809 rende edotti sul ritmo di lavoro, assai serrato, tenuto dal Linati: passa costantemente tutta la giornata dalle 9 fino alle 4 a dipingere e la sera a disegnare il nudo.I suoi primi saggi li ha fatti nella Galleria di Rubens al Lussemburgo; ma essendo stato di là cacciato per essere stata la suddetta Galleria destinata alle sedute dell’alta Corte Imperiale pel processo che deve farsi al Generale Dupont e Marescott, egli si è rifugiato agli Invalidi per copiare il quadro del David rappresentante l’Imperatore a cavallo passando il San Bernardo.In quella occasione è anche probabile che il Linati conoscesse Jacques-Louis David, all’apice del successo come primo pittore dell’Imperatore, e passasse nel suo prestigioso atelier, dato che nella Necrologia dedicatagli sulle pagine del numero del 18 marzo 1826 di El Iris si dichiara discipulo de este famoso pintor.Ma l’incertezza dei tempi (si discorre di guerra con l’Austria, il cielo voglia che sia falsa la voce, scrive a Caderini il 12 febbraio 1809) e soprattutto l’innata irrequietezza, gli fecero accantonare la tavolozza per la musa poetica, che dovette apparirgli più congeniale a esprimere il suo tumultuoso mondo sentimentale.Il 3 giugno pregò infatti l’amico precettore di cercargli nella biblioteca paterna un manoscritto della congiura di Pier Luigi Farnese e di mandarglielo, perché gli pareva materia da scribacchiare, forse pensando a una tragedia che tuttavia non realizzò mai, anche perché pochi giorni più tardi giunse inaspettata, gettandolo in una penosa incertezza e in una ancora più uggiosa inazione (non osando nulla intraprendere per tema di non terminare, non essendo né armato né togato), la notizia della forzata coscrizione militare nell’esercito francese, fissata per il successivo 1810. Entrato nella Guardia d’Onore del principe Borghese, governatore del Piemonte, costretto a una vita di guarnigione insieme con i Francesi, spesso arroganti e oltraggiosi, contraria alla sua prepotentissima passione, l’indipendenza, dopo due anni oziosi spesi nei riti sciocchissimi di Marte, chiese di poter diventare ufficiale nella milizia attiva perché meglio ruvida catena che una inghirlandata, perché quella non fa vile chi la trascina. Entrato infatti nelle armate napoleoniche in un corpo di cavalleria olandese, fu inviato in Germania, Slesia e Polonia.Si mise in luce nella battaglia di Lutzen, dove fu decorato al valor militare dal re di Sassonia, e si distinse con non minore valore anche in quella decisiva di Lipsia.Caduto nelle mani degli Austriaci, fu confinato in Ungheria, dove ebbe modo di mettere a frutto la propria esperienza di artista per provvedere a sé e a molti dei suoi compagni di prigionia.Siglata la pace nel 1814 e conclusa la prima travagliata parentesi di battaglie, prigionie e peregrinazioni da un capo all’altro d’Europa, il Linati raggiunge il padre in Spagna e qui, nel 1815, sposò Isabel Bacardi de Pinos, giovane colta e avvenente, di nobile e ricco casato.Rientrato definitivamente a Parma nel 1818, riprese i contatti con i vecchi amici (il Toschi, ilMistrali, il Paër), ne strinse di nuovi con altri personaggi di spicco della società locale, tutti in odore di carbonarismo (Ferdinando Maestri, Jacopo Sanvitale, Ambrogio Berchet, Antonio Panizzi, ben noti all’alta polizia di Vienna, che ne apriva puntualmente la corrispondenza), e partecipò animosamente alla vita delle società segrete, prima in qualità di Adelfo, poi di Sublime Maestro Perfetto, come dimostrarono i processi istituiti pochi anni dopo.Mise a disposizione dei compagni di fede, oltre alle proprie relazioni personali e alle informazioni relative al sotterraneo lavorío delle società segrete europee, acquisite durante gli anni burrascosi della giovinezza, la propria villa di Fraore per le riunioni dei fratelli, si occupò con Martini e Micali della costituzione di una Chiesa in Mantova, fondò le logge di Reggio Emilia e di Guastalla e rafforzò quella di Parma, collegandole poi con quelle di Torino e di Bologna, tenne contatti con la Romagna e con i più noti federati lombardi (Porro, Pecchio, Confalonieri) e nel 1820 stampò personalmente, con caratteri acquistati a Bologna, un Proclama latino diretto alle truppe ungheresi destinate a transitare per l’Italia Centrale, nell’intento di dissuaderle dal reprimere i moti di Napoli.Sul finire di quello stesso anno il Linati fu costretto a tornare in Spagna, forse per interessi familiari, forse per qualche misterioso incarico di natura politica, ma non appena gli giunse notizia dei moti di Piemonte e dell’abdicazione di Vittorio Emanuele di Savoja, rientrò precipitosamente in Italia via Lione, ma vi giunse quando le truppe piemontesi, sedata la rivolta, rientravano in Torino.Ormai noto alle polizie dei diversi stati, nell’aprile fu arrestato da quella piemontese e tradotto a Milano, dove venne rinchiuso nelle carceri di Santa Margherita e interrogato.Solo il tempestivo intervento del padre e il diretto interessamento del Neipperg resero possibile la liberazione e il rimpatrio del Linati e del suo compagno di viaggio, l’avvocato Pellegrini di Mantova.Ma a Parma la permanenza del Linati, ormai chiaramente bollato come sospetto, divenne sempre più difficile.In più, la delusione per l’infelice esito delle rivoluzioni napoletana e piemontese e il desiderio di cercare fortuna in nuove arene, lo resero particolarmente disponibile, come molti altri patrioti italiani che negli stessi anni sciamarono in terre lontane, al richiamo di libertà che giungeva prepotente dalla Spagna e dalla Grecia.Corse quindi in Spagna, dove peraltro lo legavano vincoli di famiglia, forse consigliato anche dal padre, preoccupato della delicata situazione creatasi di fronte al governo e alla polizia di Milano.Appena giunto in terra spagnola si arruolò nella milizia nazionale di Barcellona per difendere il governo liberale dai realisti. Arresosi il forte di Seo d’Urgel, dove si era rifugiato con gli amici, i domestici e la figlia più piccola, ogni suo avere venne saccheggiato dai ribelli e la figlia Manuellina fu tenuta in ostaggio fino al pagamento di un ingente riscatto.Dopo un mortificante esilio in Francia, rientrò in Catalogna e prese parte alla campagna contro i realisti nello stato maggiore del generale Mina, con il quale riprese Seo d’Urgel, che tuttavia perse nuovamente dopo un’estenuante guerriglia di montagna contro gli invasori francesi comandati dal duca di Angoulême.Non compreso, in quanto straniero, nella capitolazione, il Linati fu costretto a darsi prigioniero di guerra ai Francesi, che lo internarono nel forte di Montlouis. A seguito della condanna a morte pronunciata contro di lui in Spagna e alla confisca dei beni, anche la famiglia fu costretta a lasciare Barcellona e a rientrare in Italia. Quando la moglie del Linati giunse a Parma il 23novembre 1823, già segnalata per l’exaltation de ses opinions revolutionnaires e attentissimamente e segretamente sorvegliata dal governo locale, i carbonari parmensi avevano già visto addensarsi sul capo la tempesta del giudizio penale per gli incitamenti che, fin dall’aprile del 1822, Vienna, Modena e il governo di Lombardia avevano pressantemente inviato alla duchessa di Parma Maria Luigia d’Austria perché rompesse gli indugi, ricercasse i colpevoli e li punisse.Il Linati, che con il capitano Antonio Bacchi e Guglielmo Borelli risultò assente al processo del 10 febbraio 1824, fu giudicato e condannato in contumacia da una commissione speciale a dieci anni di reclusione e successivamente, con sentenza del Supremo Tribunale di Revisione che accolse l’appello del pubblico ministero contro la studiata mitezza della prima condanna, alla pena di morte, alla perdita dei diritti civili e alla confisca dei beni.Con la condanna e con la pena morale che per la sua continuità pareggia e supera la morte, il Linati prese la via dell’esilio, resogli nel tempo ancora più difficile dal suo stesso sdegnoso individualismo, dall’insaziabile sete di libertà, dalla smania esasperata dell’azione per l’azione, dal disprezzo per un secolo che va piucché mai vile, da quel doloroso e nel tempo crescente pessimismo verso i suoi contemporanei che gli impedirono di partecipare pienamente alla realtà storica del suo tempo e ne fecero, sostanzialmente, un grande incompreso, un isolato nel senso più profondo del termine.Da questo momento la vita del Linati, già travagliata e tempestosa durante gli anni della giovinezza, si fece via via più errabonda e dolente.Trasferito dal forte di Montlouis a Montpellier, dove rimase sei mesi, ottenne di stabilirsi ad Avignone e là finalmente, nell’ottobre del 1824, gli fu concesso il passaporto per recarsi in Belgio: Perfino calco una terra ospitale, e malgrado la nebbia e pioggia, non duolmi dell’abbandonato sol del meriggio, scrive ad Antonio Panizzi il 1° novembre. Qui, un po’ per assicurarsi i mezzi per vivere e un po’ per la mai sopita passione per le arti, rinnovò il suo sodalizio con la pittura e con la litografia, e riprese l’attività letteraria: tragedie, traduzioni e scritti vari, per lo più scomparsi durante poliziesche perquisizioni o dispersi nei frequenti e avventurosi trasferimenti.Ben presto, tuttavia, abbandonò anche Bruxelles per trasferirsi in Messico, dove impiantò la prima officina litografia del paese, fondò una scuola di disegno e insieme al connazionale Fiorenzo Galli e al poeta cubano Josè Maria Heredia diede vita al periodico critico y literario El Iris, ottenendo grandi meriti presso il governo messicano, che gli conferì la cittadinanza. Ai primi del 1827 ritornò in Europa e nel marzo fu nuovamente a Bruxelles, dove rimase fin quasi alla fine del 1829.In questa città pubblicò a fascicoli un lavoro sul Messico, accompagnato da disegni acquerellati di notevole interesse storico-artistico e iconografico, che fu accolto con grande favore anche dalla Corte.L’opera è costituita da 48 vivacissime tavole a colori, oltre a quella posta a frontespizio rappresentante Montezuma.Realizzate con una destrezza di mano e con un’attenzione ai particolari sorprendenti, le litografie acquerellate sono accompagnate da spiegazioni che rivelano la profonda conoscenza dell’ambiente, dei costumi, delle abitudini e delle superstizioni di quel paese, allora quasi ignorato, tanto da costituire un documento di grandissimo interesse.Negli anni trascorsi a Bruxelles il Linati venne certamente in contatto con il Buonarroti e con altri esuli italiani appartenenti all’elemento rivoluzionario più avanzato, Gioachino Prati e il parmigiano Giovanni Martini (anch’egli colpito da condanna a morte nel 1825), già suo compagno di setta, ma il suo atteggiamento era ormai quello, disincantato e disilluso, del distacco dalle società segrete e dal loro affannoso armeggiare nell’ombra, forse nell’acuta consapevolezza dell’inevitabile fallimento dell’oscuro lavorío settario.Ma nel luglio del 1830, la rivoluzione di Parigi sembrò riaccendere le speranze di tutti i rifugiati e anche il Linati sognò una rivoluzione interna che trionfasse sugli odiatissimi governi stranieri. Impaziente di agire, entrò in diretto rapporto con Enrico Misley e con Ciro Menotti, ispiratore del progetto unitario inteso a riunire tutta l’Italia sotto un unico governo.Nel febbraio del 1831 il Linati fu a Marsiglia, in attesa di imbarcarsi con altri patrioti per correre in Italia a dare man forte ai rivoltosi.Con il Misley noleggiò una nave con un carico d’armi, per tentare lo sbarco sul litorale di Massa.Ma il 6 marzo la Francia pose sotto sequestro la nave e disperse i rivoluzionari, mentre i moti dei Ducati e della Romagna fallirono miseramente per il tradimento del duca di Modena, che lasciò mano libera all’Austria.Col fallimento della progettata impresa e delle rivoluzioni, tutto sembrò crollare intorno al Linati e anche la mortificante ospitalità di un paese tanto infido non gli fu più tollerabile.Dopo una temporanea permanenza a Bordeaux, dove assunse la direzione del giornale La Francia e l’Europa nel 1832, si imbarcò nuovamente per il Messico, con l’ultima illusione di poter riunire la famiglia e riprendere l’attività artistica e letteraria, ma appena sbarcato a Tampico morì, probabilmente di febbre gialla, a soli 42 anni.
FONTI E BIBL.: F.Linati, Vita del Conte Claudio Linati, seguita da un saggio poetico del medesimo, da documenti e note,Parma, Luigi Battei, 1883; E.Casa, I Carbonari Parmigiani e Guastallesi cospiratori nel 1821 e la Duchessa Maria Luigia Imperiale, Parma, Tip.Rossi-Ubaldi, 1904, 333-338; P.Martini, L’arte dell’Incisione in Parma, 1873; G.B.Janelli, Dizionario biografico dei Parmigiani illustri, 1877, 220 e 523, seconda appendice, Parma, 1884, 33-34; L.Servolini, Dizionario illustrato incisori italiani moderni e contemporanei, Milano, 1955; V.Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, 4, 1931, 120; Dizionario Risorgimento, 3, 1933, 380; Claudio Linati (1790-1832), Parma, 1935; F.Ercole, Uomini politici, 1941, 224; Dizionario UTET, VII, 1958, 960-961; Arte Incisione a Parma, 1969, 53; Palazzi e Casate di Parma, 1971, 387-388; A.M.Comanducci, Dizionario dei pittori, 1972, 1722; T.Marcheselli, in Gazzetta di Parma 15ottobre 1983; A.V.Marchi, Figure del Ducato, 1991, 364; Almanacco Parmigiano 1996-1997, III-X.

LINATI ERCOLE 
Parma 15 febbraio 1595-1664
Figlio secondogenito di Giovanni Battista e Lucrezia.Si addottorò in legge nell’anno 1617 assieme al fratello Francesco.In seguito si diede alla religione e si trasferì a Roma, dove in breve tempo, per il suo valore, acquistò molta fama.Il cardinale Ludovisi lo prese al suo servizio e lo ebbe sempre in grande stima. Alla morte del Ludovisi, il Linati ritornò a Parma e fu eletto Arcidiacono della Cattedrale.Ebbe inoltre molte cariche onorifiche.
FONTI E BIBL.: R.Pico, Appendice, 1642, 87; V.Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, 4, 1931, 119.

LINATI FILIPPO
Barcellona 9 gennaio 1816-Parma o Fontanellato 17 settembre 1895
Nacque dal conte Claudio, noto patriota, e dalla contessa spagnola Isabel Bacardi De Pinos.A causa delle vicende politiche del padre, si trasferì a Parma nel 1818, per ritornare poco dopo in Spagna.Si stabilì definitivamente a Parma nel 1823 presso l’omonimo nonno paterno, capo nel 1831 del Governo Provvisorio insurrezionale, uomo assai colto, che gli fu guida preziosa negli studi. Quasi cieco dalla nascita a causa di una cateratta congenita, il Linati ebbe tuttavia intelletto pronto e acuto.Incline agli studi letterari, si rivelò poeta spontaneo e delicato.Fu anche autore di apprezzate opere scientifiche, tra cui il Planisfero, che gli valse l’iscrizione a varie accademie. Nel 1842 fu prima Commissario, quindi Cavaliere di devozione del Sacro militare Ordine Gerosolimitano, ma poi, nel 1863, ottenne dal Pontefice lo scioglimento da quel voto. Nel 1843 fu nominato membro del Municipio di Parma e della Congregazione di Carità e Ispettore degli Asili infantili.Se non che, sdegnato per le ingiustizie che vi si commettevano, rassegnò le dimissioni.  Per le tradizioni patriottiche familiari e il temperamento generoso, fu fervido assertore della causa italiana. Nel 1846 il Linati fu tra i più caldi ammiratori di papa Pio IX e cominciò ad avvicinarsi al partito liberale. Alla morte della duchessa Maria Luigia d’Austria, confidando nelle attestazioni di benevolenza del successore Carlo di Borbone, che l’aveva insignito dell’Ordine di SanLodovico e della Chiave d’Oro, si recò a Lucca per convincerlo a mettersi sulla via delle riforme.Ferito dall’insuccesso, al ritorno in Parma dei Borbone, il Linati non aderì all’invito di presentarsi a Corte come ciambellano e attese unicamente e proficuamente agli studi occupandosi di problemi educativi. Informato, per i numerosi viaggi compiuti, delle istituzioni scolastiche delle nazioni più progredite, scrisse sulle scuole secondarie e primarie del Ducato, rivelandone coraggiosamente l’insufficienza e i difetti.Per suo interessamento vennero istituite le prime scuole femminili.I fatti storici del 1859 segnarono l’inizio di un’intensa attività politica del Linati, apprezzato per il suo contegno fiero e leale. Fu il Linati che presentò per primo al conte di Cavour l’atto di adesione al Piemonte dei liberali moderati di Parma. In quell’anno inoltre fondò Il Patriota, giornale di opposizione. Nominato Podestà di Parma il 2 agosto 1859, presentò, insieme ad Alessandro Cugini, a Napoleone III la protesta contro il ristabilimento dei Borbone, partecipando alle agitate e complesse vicende che precedettero la costituzione del Regno d’Italia, muovendosi tra le diverse correnti annessionistiche, autonomistiche e unitarie. Il 16 agosto, in un colloquio con Napoleone III discusse lungamente circa la questione del Ducato di Parma e poté poi riferire a Vittorio Emanuele   di Savoja e al suo ministro Rattazzi, che Napoleone III gli aveva promesso il suo non intervento e che avrebbe impedito quello austriaco.L’opera del Linati non fu allora coronata da successo: egli fu male interpretato, offeso e calunniato.Scrisse anche un’autodifesa: Spiegazioni e commenti. Seguì la sua nomina a Deputato all’Assemblea Costituente Parmense, in seno alla quale propose di rivendicare alle province parmensi i beni demaniali del Ducato, ma l’atto venne giudicato inopportuno e antipatriottico.Nominato nel 1860 da Luigi Carlo Farini Provveditore agli Studi della provincia di Parma, istituì le scuole magistrali, serali e festive, la Regia Scuola Normale e la Scuola Professionale di Sant’Antonio, facendo venire dal Piemonte delle maestre a insegnare coi nuovi metodi. Ciò nonostante, le continue insinuazioni sul suo operato lo costrinsero a dimettersi dopo un anno.Dal 1873 al 1878 ebbe la Presidenza dell’Amministrazione del Regio Collegio Maria Luigia.Rivendicò al Collegio i beni di Talignano e gli conservò quelli di Fontevivo, che il Demanio voleva usurpargli. Contrariato nei suoi disegni, si dimise anche da quell’ufficio.Religiosissimo, procurò ai Francescani l’acquisto del perduto Convento dell’Annunziata, fece aprire alle suore della Croce il Collegio nei Guasti di Santa Cecilia e procurò alle suore stesse i mezzi per mantenere due asili d’infanzia. Andò due volte a Roma per impedire che le Carmelitane e le Cappuccine soprannumerarie fossero espulse dai loro conventi e lavorò due anni per il recupero dei beni sequestrati dal Governo ai seminari di Parma e di Berceto.  Nominato Senatore (18 marzo 1860), di rilievo fu pure l’attività svolta dal Linati in Parlamento. Al Senato partecipò a varie discussioni, soprattutto su argomenti economici, giuridici e finanziari.Nel 1860 fu uno dei pochi senatori che votò contro la cessione di Nizza alla Francia. Fu Consigliere di Stato e membro dell’Accademia delle scienze di Torino. Noto per integrità di carattere e principi filantropici, coprì diverse cariche di carattere amministrativo.Iscritto alla Deputazione di Storia Patria per le Province Parmensi dal 1860 e assiduo ai  suoi lavori, ne tenne la presidenza dal 10 maggio 1877 al 24 giugno 1895, contribuendo efficacemente a mantenere vive le tradizioni di quel sodalizio. Il suo ingegno versatile si occupò di ogni sorta di studi, ma predilesse gli storici e i letterari. La sua prima affermazione letteraria risale al 1834 con la pubblicazione di un lodato sonetto per la Schultz, che aveva cantato la Norma al teatro Ducale.Scrisse successivamente Il sogno del Pellegrino, Maria e Il Valsugana.In quest’ultimo è compendiata tutta la storia del Risorgimento: tale poema, forse il migliore del Linati, può gareggiare con quelli dei più valenti scrittori del Risorgimento italiano. Altri suoi lavori poetici sono la novella Adelina di Rubiano (due canti in ottava rima), il carme Gli Spedalieri, il racconto Elena di Belforte, la raccolta di poesie Foglie di Rosa e diverse raccolte di sonetti: Affetti e Dispetti, Gocce d’Assenzio, Ad una Colomba, Delusione e Confronto, A Giselda Flaiani, Povera Italia (1893). Quest’ultima, composta di sonetti politico-sociali, è una satira pungente e fu sequestrata dalla Procura. Oratore facondo e competente in questioni giuridiche e finanziarie, scrisse anche molte opere in prosa dimostrando un portentoso eclettismo nella trattazione dei più svariati argomenti, perfino araldici e filosofici, onde fu ascritto in molteplici istituti accademici. Dei suoi diversi scritti in prosa, vanno ricordati: Delle condizioni morali, materiali, politiche ed amministrative degli Stati di Parma innanzi al 10 marzo 1848 (Parma, Carmignani, 1848), Mons. Andrea Charvaz, Arcivescovo di Genova (Parma, G.Ferrari e figli, 1871), Vita del conte Claudio Linati (Parma, Luigi Battei, 1883). Con decreto ministeriale del 10 giugno 1894, trascritto lo stesso giorno nei registri della Consulta Araldica, venne riconosciuto al Linati il titolo di conte di Gaiano, trasmissibile ai discendenti legittimi e naturali, maschi da maschi.
FONTI E BIBL.: A. Calani, Il Parlamento del Regno d’Italia, Milano, 1860; A. De Gubernatis, Dizionarî biografici, due volumi, Firenze, 1879, e Roma, 1895; S.Sapuppo Zanghi, La XV legislatura italiana, Roma, 1884; T.Sarti, Il Parlamento Subalpino e Italiano, due volumi, Roma, 1896 e 1898; A.Malatesta, Ministri, Deputati, Senatori, 1941, II, 106; A. Pariset, Dizionario biografico, 1905, 57-61; Aurea Parma 6 1922, 321; I.Bellini, in Dizionario del Risorgimento Nazionale, Milano, 1933, 381; U.Benassi, La protesta parmigiana contro il governo borbonico (luglio-agosto 1859), in Gazzetta di Parma 21 luglio 1909, n. 201; E.Casa, Parma da Maria Luigia a Vittorio Emanuele II, Parma, 1906; F.Ercole, Uomini politici, 1941, 224-225; V.Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, 4, 1931, 120; Dizionario UTET, VII, 1958, 961; Società Parmense di Lettura, 1958, 25-29; Allegri, Presidenti della Deputazione di Storia Patria, 1960, 39-40; Palazzi e casate di Parma, 1971, 388; Parma.Vicende e protagonisti, 1978, III, 313-314; Senatori Parmigiani, in Gazzetta di Parma 16ottobre 1924, 3; Banzola, L’Ospedale Vecchio di Parma, 1980, 220; T.Marcheselli, in Gazzetta di Parma 15ottobre 1983; Grandi di Parma, 1991, 64-65.

LINATI FILIPPO LUIGI
Parma 5 aprile 1757-Parma 19 agosto 1837
Figlio del conte Ottavio e della marchesa bolognese Teodora Ghisiglieri.I duchi di Parma Filippo di Borbone e Luisa Elisabetta di Francia gli furono padrini al fonte battesimale.Per volere del padre, fu allevato a severi studi nel Collegio dei Nobili di Parma, segnalandosi in ogni disciplina.Nel 1778 si unì in matrimonio con la contessa Emanuela Cogorani.Fece una brillante carriera divenendo dapprima tenente colonnello d’Infanteria (Reali Alabardieri) dell’esercito ducale, poi (1784) cavaliere dell’Ordine di Malta, commendatore dell’Ordine Costantiniano e, nel 1779, gentiluomo di Camera del duca Ferdinando di Borbone. Uomo d’azione, oltreché di pensiero, nel 1796, infierendo una dannosissima afta epizootica sul bestiame del Parmense, riuscì a scoprire il mezzo più idoneo per curarla.A Parma fu a lungo la persona più rappresentativa e di maggiore autorità. Nel 1799, avendo il governo francese dato ordine di sequestrare le commende dell’Ordine Costantiniano di San Giorgio, riuscì con la sua influenza a farle restituire.Nel 1805 fu eletto Presidente dell’Anzianato di Parma e presentò le chiavi della città a Napoleone Bonaparte, alla sua incoronazione.Nel 1806 si dimise dalla carica, probabilmente perché in contrasto col prefetto francese.Nello stesso anno fu nominato Conservatore degli Ospizi civili.Nel 1808 lo si trova nel corpo legislativo a Parigi in rappresentanza del Dipartimento del Taro. Napoleone Bonaparte seppe apprezzare le qualità politiche del Linati e pensò anzi di porlo a fianco di Giuseppe Bonaparte in Spagna, come ministro del Tesoro, ma il rovescio delle armi francesi vanificò il progetto. Uomo coltissimo, conobbe il greco, il latino, il francese, lo spagnolo, l’inglese e il tedesco e fu particolarmente versato nelle scienze fisiche e naturali. I suoi severi studi lo portarono ad apprezzare i buoni libri e si formò così una ricchissima biblioteca di vario genere, con preferenza alle opere di scienze naturali e matematiche, nelle quali fu considerato un dotto. Questa sua passione lo portò anche a formarsi una imponente raccolta di minerali e di fossili.Il Molossi, suo contemporaneo, così si esprime circa la sua raccolta: Il conte Filippo Linati, cavaliere d’alti e nobili spiriti, e di molta dottrina, ha un prezioso ed esteso gabinetto di minerali da lui stesso formato con gran cura e dispendio.Capo del governo provvisorio il 12 febbraio 1831, al ritorno della duchessa Maria Luigia d’Austria fu incarcerato a Piacenza, processato ma assolto in un memorabile processo durante il quale emerse che la sua partecipazione al moto era stata dettata allo scopo di mantenere l’ordine e la legalità e non già per voler sovvertire il regime ducale. A Parma possedette il palazzo di borgo Felino n.31.Feudatario di Gaiano e Oppiano, risiedette saltuariamente nel palazzo alla Bettola di Gaiano.Nella raccolta Micheli-Mariotti, presso la Biblioteca Palatina di Parma, esiste un consistente carteggio del Linati.Nel 1841 il Pezzana acquistò gli antichi e rari volumi già appartenuti al Linati, tra i quali un importante manoscritto di carattere medico di G.Volpini (sec.XVII/XVIII).
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma, 1837, 313; L.Molossi, Vocabolario topografico, 1834, 282; G.B.Janelli, Dizionario biografico dei Parmigiani, 1877, 218-220; Villarosa, Notizie di Cavalieri Gerosolimitani, 1841, 190-192; Assemblee del Risorgimento, Roma, 1911; I.Bellini, in Dizionario del Risorgimento Nazionale, Milano, 3, 1933, 380; V.Spreti, Enciclopediastorico nobiliare, 4, 1931, 120; F.Linati, Vita del Conte Claudio Linati, seguita da un saggio poetico del medesimo, da documenti e note,Parma, Luigi Battei, 1883; O.Masnovo, I moti del 1831 a Parma, Società Editrice Internazionale, Torino, 1925; Dizionario UTET, VII, 1958, 960; Parma nell’arte 1 1971, 124-125; Palazzi e casate di Parma, 1971, 387; T.Marcheselli, in Gazzetta di Parma 15 ottobre 1983; Corriere di Parma 1986, 103; Malacoda 9 1986, 46-47; A.V.Marchi, Figure del Ducato, 1991, 96.

LINATI FRANCESCO
Parma 1592-Parma 1630
Figlio primogenito di Giovanni Battista.Si addottorò in legge nell’anno 1617 e fu poi accolto nel Collegio di Parma.Nipote del vescovo di Borgo San Donnino e poi di Piacenza, si diede ben presto anch’egli alla vita ecclesiastica.Fu eletto Abate di Sant’Antonio di Parma, che amministrò con molta rettitudine impiegando gran parte delle notevoli entrate a servizio della chiesa e per mantenere l’ospedale che vi era aggregato.Durante il contagio di peste dell’anno 1630 prestò intrepidamente la sua opera a beneficio degli ammalati, ma rimase anch’egli contagiato e morì.
FONTI E BIBL.: R.Pico, Appendice, 1642, 86; V.Spreti, Enciclopediastorico nobiliare, 4, 1931, 119.

LINATI GIAMBATTISTA, vedi LINATI GIOVANNI BATTISTA

LINATI GIOVANNI Parma 1505c.-
Figlio di Stefano. Appartenne ai priori della congregazione di Carità di Parma.
FONTI E BIBL.: V.Spreti, Enciclopediastorico nobiliare, 4, 1931, 119.

LINATI GIOVANNI Parma XVII secolo
Fu ciambellano alla Corte di Baviera.
FONTI E BIBL.: V.Spreti, Enciclopediastorico nobiliare, 4, 1931, 119.

LINATI GIOVANNI BATTISTA
Parma 1568 c.-post 1624
Figlio di Pietro.Nelle Ordinazioni comunali del 1608 e 1624 figura tra i piazzesi di prima classe di Parma.Sposò la nobile Lucrezia della Torre.
FONTI E BIBL.: V.Spreti, Enciclopediastorico nobiliare, 4, 1931, 119.

LINATI GIOVANNI BATTISTA Parma-Parma 1681
Fu canonico del Duomo di Parma nell’anno 1667.
FONTI E BIBL.: F.da Mareto, Indice analitico, 1967, 524.

LINATI GIOVANNI GIORGIO 
Parma 24 aprile 1563-Piacenza 3 aprile 1627*
Figlio di Pietro, dottore in medicina e filosofia al servizio di casa Farnese, e della contessa Emilia Galimberti.Il Linati coltivò da giovane gli studi classici, intraprese poi quelli legali e, dopo essersi addottorato ventiquattrenne in legge, entrò anch’egli al servizio della casa ducale di Parma come gentiluomo di corte.Ottenuta la fiducia di Ranuccio Farnese, questi lo nominò suo consigliere intimo, affidandogli mansioni di importanza e responsabilità.Ricoprì infatti le cariche di podestà in Monticelli, di fiscale a Novara, di governatore di Castellammare e infine di podestà in Borgo taro. A quest’ufficio rinunciò per vestire l’abito talare, essendo sorta in lui la vocazione allo stato ecclesiastico. Resosi esperto nelle sacre discipline e ordinato sacerdote, ottenne il conferimento del priorato di San Lazzaro in Parma, dedicandosi per alcuni anni alla cura di quella parrocchia.Nel 1600, per la morte di monsignor Rivarola, arcivescovo di Genova, il quale era pure titolare dell’abbazia di Sant’Antonio in Parma, il Linati, su proposta del duca Ranuccio Farnese, fu dal pontefice Clemente VIII nominato abate di quell’abbazia e poco dopo creato pro-vicario apostolico e vicario generale della diocesi di Parma. Allorché con bolla in data 12 febbraio 1601 lo stesso pontefice eresse Borgo San Donnino in sede vescovile, il Linati, che nel frattempo ricopriva a Parma anche la carica di vicario capitolare essendo venuto a morte il vescovo Ferdinando Farnese, dovette rinunciare al diritto di giurisdizione sulla Chiesa fidentina, della quale era ordinario o gerarca esterno. A Parma attese per cinque anni ai suoi alti uffici, finché, rimasta vacante il 30 agosto 1606 la cattedra episcopale di Borgo San Donnino per promozione del primo vescovo, Papirio Picedi, a quella parmense, il Linati fu da papa Paolo V destinato a succedergli nel governo della diocesi.Consacrato a Roma il 4 dicembre del medesimo anno dal cardinale Conti, prese possesso della sede il 24 successivo.Entrò in città privatamente, rinunciando alla pompa delle cerimonie di rito e distribuendo in elemosina ai poveri i settanta ducatoni ricevuti in dono dalla Comunità perché servissero a coprire in parte le spese per il solenne ingresso.L’azione pastorale del Linati fu diretta principalmente alla riforma dei costumi e alla disciplina del clero.Iniziò subito la sacra visita, che condusse con diligenza emanando sagge disposizioni.Nei giorni 14 e 15 ottobre 1608 celebrò il primo sinodo diocesano, le cui costituzioni furono date alle stampe a Parma con i tipi Viotti.Celebrò il secondo il 13 e 14 ottobre 1615, allo scopo di ampliare le costituzioni precedenti.Di carattere fermo e risoluto, definì la causa pendente tra il vescovo protempore e il prevosto di Busseto per una questione di diritto inerente a una pretesa giurisdizione della collegiata di San Bartolomeo sulle chiese dei vicariati di Busseto e Monticelli d’Ongina, senza alcuna dipendenza dal vescovo diocesano, e ottenne a questo proposito dalla SantaCongregazione del Concilio sentenza pienamente favorevole a sé e successori. Al Linati fu comunicata la promozione alla sede episcopale di Piacenza dal cardinale Borghesi in una lettera confidenziale del 9 ottobre 1619. L’8 febbraio 1620 si congedò dalla diocesi di Borgo San Donnino per raggiungere la sua nuova residenza.Entrò a Piacenza di notte, senza alcun seguito.Le ragioni dei mancati festeggiamenti di rito sono poco chiare.Secondo il Bertuzzi esse furono determinate da una lite in corso tra le nobili e potenti famiglie piacentine dei Figliodonni e dei Confalonieri, per la quale vi era grande animazione in città.Il Fogaroli sostiene invece che le cerimonie, coincidendo con l’arrivo a Piacenza da Casale Monferrato della duchessa di Mantova, dovettero essere rinviate, anche perché il duca di Parma incaricò il Linati di ricevere quella nobildonna.Il pontificato del Linati a Piacenza, benché protrattosi per soli sette anni, fu più fruttuoso che non a Borgo San Donnino, dove egli si era trattenuto per quasi quindici anni.Si inserì tra i vescovi particolarmente benemeriti di quella diocesi per un seguito di provvedimenti e di iniziative che abbracciarono ogni campo della vita religiosa e sociale.Favorì il sorgere di opere assistenziali, promosse predicazioni e sacre missioni, benedì chiese e oratorî, dette impulso all’istruzione catechistica ai bambini e agli adulti.Nel 1620 autorizzò i padri del Terz’Ordine di San Francesco, detti della Penitenza, che dal 1410 dimoravano a Bettola e dal 1595 reggevano la chiesa suburbana di Sant’Antonio, di costruire un convento e annessa chiesa, dedicata alla Beata Vergine di Loreto, nelle vicinanze di San Savino, perché quella parrocchia ne fosse spiritualmente avvantaggiata.Nell’ottobre 1622 celebrò il sinodo, che fu stampato nel 1623 con i tipi Ardizzoni in Piacenza.Scrive il Bertuzzi che nella prima giornata di convocazione si ebbe un certo disturbo per la pretesa dei canonici di Sant’Antonino di sedere a lato dei canonici della Cattedrale che assistevano il vescovo in piviale.Siccome i primi non erano considerati né uti fratres né Consiliarii Episcopi, essendo stato per tale atto presentato ricorso alla Sacra Congregazione del Concilio, i principali pretendenti furono obbligati a umiliarsi e per penitenza costretti a pagare parecchi ducati alle Convertite.Secondo il Fogaroli, il Linati avrebbe acquistato impopolarità a Piacenza per aver creato gravi dissidi tra il Capitolo della Cattedrale e i prebendari che da quello dipendevano.Si rese tuttavia benemerito per aver contribuito con quindicimila lire al dispendioso lavoro di pitture e stucchi alla cupola della Cattedrale, opera insigne del pittore bolognese Gianfranco Barbieri detto il Guercino.Morì all’età di 62 anni per un attacco di sincope.Il padre teatino Pietro Parma, durante le solenni esequie, lesse l’orazione funebre, quindi la salma del Linati fu inumata in Cattedrale, di fronte all’altare dedicato alla Beata Vergine del Popolo.
FONTI E BIBL.: L.Mensi, Dizionario biografico dei Parmigiani, 1899, 459; Dizionario UTET, VII, 1958, 960; D.Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 223-227.

LINATI GIOVANNI PIETRO ALESSANDRO 
Parma 2 maggio 1531-Parma 11marzo 1601
Figlio di Giovanni e Caterina.Fu dottore in medicina e filosofia nel Collegium Medicorum di Parma (1555). Sposò la contessa Emilia Garimberti.Entrato al servizio di Casa Farnese (1565), seguì il duca Alessandro in Fiandra nel 1571, ove ritornò ancora nel 1589, allorquando il Duca si ammalò gravemente.Continuò il suo servizio coi duchi Ranuccio e Odoardo Farnese.Fu Priore del Collegio dei Medici, gratificato di onori e di doni. Abitò nei pressi di SanPaolo in Parma. Nella chiesa degli Eremitani in Parma esisteva la seguente iscrizione al Linati, effigiato nella farmacia di SanGiovanni assieme a Flavio Sacco, Pompilio Tagliaferri, Girolamo Giunti, Gian Alberto Sanseverino e altri: Petro Linato medico suae aetati clarissimo patriis principibusq.suis ac praecipue alex.duci serenissimo in memorabili pugna navali in belgiisq. acceptissimo dum fere LXX annu. attingeret hic vita functo uxor et filii M.C. obiit die 11martii 1601.
FONTI E BIBL.: V.Spreti, Enciclopediastorico nobiliare, 4, 1931, 119; Parma nell’Arte 3 1965, 206; Palazzi e casate di Parma, 1971, 384; T.Marcheselli, in Gazzetta di Parma 12 agosto 1986.

LINATI ORAZIO 
Parma 6 ottobre 1566-Parma 1646
Figlio di Pietro ed Emilia Galimberti.Fu dottore in Legge valente e accorto.Dal 1611 fino al suo decesso fu primo Segretario e Cancelliere camerale di Ranuccio Farnese.Era in carica anche al tempo della congiura del 1612 ma non ne riportò alcuna conseguenza.Coniugato con Doralice Sanseverino, non ebbe prole e lasciò eredi i fratelli Ercole, Pietro, Ranuccio e il nipote Ottavio, istituendo un fidecommesso in favore dei successori.
FONTI E BIBL.: V.Spreti, Enciclopediastorico nobiliare, 4, 1931, 119; Dizionario UTET, VII, 1958, 960; Palazzi e casate di Parma, 1971, 385.

LINATI ORAZIO 
Parma 1726/1733
Fu gentiluomo di Camera di Carlo di Borbone duca di Parma.Il Linati eresse sul suo palazzo di Parma una commenda di giuspatronato dell’Ordine Costantiniano con rogito Galli del 26 dicembre 1726.
FONTI E BIBL.: V.Spreti, Enciclopediastorico nobiliare, 4, 1931, 119.

LINATI OTTAVIO
Parma 1731 c.-
Fu gentiluomo di camera di Ferdinando di Borbone, duca di Parma, e generale delle sue truppe.Ebbe in moglie Teodora dei marchesi Ghisilieri di Bologna.
FONTI E BIBL.: V.Spreti, Enciclopediastorico nobiliare, 4, 1931, 120.

LINATI PIETRO  
Parma 18 novembre 1597-Parma 1649
Figlio di Giovanni Battista e Lucrezia.Fu uomo di vita splendida e cavalleresca.Fu segretario privato della duchessa Margherita de’ Medici.Dal suo matrimonio con Violante Cusani ebbe un solo figlio.
FONTI E BIBL.: V.Spreti, Enciclopediastorico nobiliare, 4, 1931, 119.

LINATI PIETRO ALESSANDRO, vedi LINATI GIOVANNI PIETRO ALESSANDRO

LINATI DI GAIANO FILIPPO, vedi LINATI FILIPPO

LINCE, vedi MASOLA FERNANDO

LINO DA PARMA, vedi MAUPAS ALPINOLO ILDEBRANDO UMBERTO

LIONARDO DA MODENA 
Modena-Parma post 1316
Fu Podestà dall’Arte dei Ferrai in Parma nell’anno 1316.
FONTI E BIBL.: F.da Mareto, Indice, 1967, 524.

LIONELLO DA NOCETO 
Noceto seconda metà del XVsecolo
Orefice attivo nella seconda metà del XV secolo.
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, II, 250.

LIRINDO OEJO, vedi ZURLINI CESARE

LISA DA CALESTANO
Calestano 1299
Figlia di Guidolino.Nel gennaio del 1299 si presentò al monastero di San Pier Maggiore in Firenze e chiese di essere ricevuta monaca.Le fu risposto che, essendo completo il numero delle suore, la sua domanda non poteva venire accolta. Esibì allora una lettera di papa Bonifacio VIII, colla quale si ingiungeva alla badessa di non rifiutarla.Ma la badessa, esempio di inconsueta fierezza, le rispose con queste parole: Che di’ tu Papa?Che santissimo Padre?Bonifazio non è papa altrimenti, sibbene tribolator dei Cristiani; ma il Signore Iddio darà tanto potere ai Colonnesi di Roma ch’e’ faranno di lui e dei parenti suoi quel ch’egli fece di loro contro diritto e giustizia.
FONTI E BIBL.: I.Del Lungo,La donna fiorentina del buon tempo antico, Firenze, 1906, 26; F.Orestano, Eroine, 1940, 227-228.

LISONI ALBERTO Fornovo di Taro 1869-Firenze 9 maggio 1915  Poeta, critico e oratore, ebbe un’intensa vita intellettuale e artistica.Insegnò lettere al Liceo Romagnosi, all’Istituto Tecnico, al Maria Luigia e al Conservatorio di Parma e a quello di Firenze.Militò nelle file liberali e ricoprì varie cariche pubbliche.Fu scrittore brioso e piacevole di storia e di cose d’arte, critico dotto e acuto e autore di drammi (Germana, La vendetta di Gaspare), di saggi d’indole varia e di manuali scolastici.Fu anche poeta e lasciò due pregevoli volumi di versi: Canti del cuore e Staglieno e Caprera (1886).

FONTI E BIBL.: Aurea Parma 6 1924, 339; B.Molossi, Dizionario biografico, 1957, 86.

LISONI ARTURO 
Fornovo di Taro 1885-Parma 14 marzo 1970
Dopo avere compiuto brillanti studi al convitto Maria Luigia di Parma, si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, laureandosi nel 1907 con lode.Iniziata l’attività professionale nel 1909, lo scoppio della prima guerra mondiale lo vide in linea come ufficiale di fanteria e successivamente come ufficiale di commissariato al ministero della Marina.Ripresa l’attività professionale al termine del conflitto, nel 1920 fu nominato segretario dell’Albo degli avvocati, presieduto dall’onorevoleBerenini, carica che mantenne fino al 1927.Richiamato nella seconda guerra mondiale, prestò servizio all’ufficio censura del ministero della Marina.Dal 1945 fino al 1950 fu segretario dell’Ordine degli avvocati, per essere eletto presidente dieci anni dopo, succedendo all’avvocatoGustavo Ghidini.Rieletto nel 1962, mantenne la carica fino al 1964, anno in cui per motivi di salute dovette abbandonare la professione.Nel 1958 gli venne conferita a Bologna la Toga d’oro e nel 1964 una medaglia d’oro per il cinquantenario di toga.Il Lisoni partecipò alle lotte politiche come iscritto al Partito Radicale, ai tempi di Sacchi, Cortese e Cavallotti.Fu consigliere provinciale nel 1914 e deputato provinciale l’anno sucecssivo.Fu attivissimo anche in campo universitario e rappresentò la corda fratres, adoperandosi sempre affinché nelle cariche dell’associazione riuscissero eletti i democratici.Con l’avvento del fascismo si ritirò in disparte, per riprendere l’attività pubblica dopo il 1945, allorché fu membro della Giunta provinciale amministrativa e dal 1945 al 1946 membro della commissione amministratrice della Gazzetta di Parma.Iscritto al Partito d’Azione, si ritirò definitivamente dalla vita politica allorché questo partito si sciolse.Si occupò di cause civili e penali, fu vivace e appassionato oratore e nutrì profondo amore per le lettere.
FONTI E BIBL.: L.Fietta, Parma perde un cittadino eminente, in Gazzetta di Parma 15marzo 1970, 5; F. da Mareto, Bibliografia, II, 1974, 614.

LISONI LUIGI 1840-Parma 16 febbraio 1894
Fece le campagne risorgimentali del 1860, 1861 e 1866.Fu eroico soldato a Custoza, dove fu decorato al valore militare.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 21 febbraio 1894, 18; G.Sitti, Il Risorgimento italiano, 1915, 161.

LITOLFO 
Compiano 1219
Fu Arciprete di Compiano nell’anno 1219.
FONTI E BIBL.: F. da Mareto, Indice, 1967, 525.

LITTA MODIGNANI FRACESCA  ROMANA Milano-Parma 26 febbraio 1853
Marchesa, già vedova del marchese Giuseppe Serafini, sposò nel 1814 in seconde nozze il marchese Cesare Ventura.Fu dama dell’Ordine della Croce stellata, decorata della Croce dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme e grande Maîtresse onoraria alla Corte di Parma.Fu sepolta nell’arco della Compagnia del Sant’Angelo Custode in Parma.
FONTI E BIBL.: Cenni biografici della marchesa Francesca Litta-Modignani, Parma, Stamperia Rossi-Ubaldi, 1853; G.Negri, Compagnia S. Angelo Custode, 1853, 71.

LITTARDI 
Parma 1812/1813
Fu Auditore del Consiglio di stato e sottoprefetto del circondario di Parma nel 1812 e nel 1813.
FONTI E BIBL.: Giambattista Bodoni, 1990, 304.

LIVIA, vedi ZACCARINI MARIA

LIVIA ATTICA 
Parma II secolo d.C.
Liberta, documentata da Flegonte di Tralles tra i longevi della città di Parma vissuti centouno anni.Livia è nomen diffuso in Italia, ben presente in Cisalpina oltre il Po, raro nella regio VIII: a Parma è documentato in questo solo caso. Attica è cognomen diffuso in Italia e nelle province celtiche, presente a Parma in questo solo caso.
FONTI E BIBL.: M.G.Arrigoni, Parmenses, 1986, 111.

LIVIA BENIGNA 
Parma I secolo a.C./I secolo d.C.
Fu uxsor di C.Praeconius Ventilius Magnus, eques Rom<a>nus, e con lui menzionata in una epigrafe.La condizione di Livia Benigna, forse libera, non è certa, per la presenza del termine nutrix, funzione svolta in genere, nell’antica Roma, dai servi peculiares.Da alcune iscrizioni si rileva tuttavia che l’allevamento dei figli spettava alla madre, in tal caso detta, a esempio, mater et nutrix.In questo caso si può supporre una tale accezione, avvalorata anche dal fatto che si tratta di un’epigrafe metrica.Non si può escludere, tuttavia, che il termine sia usato in riferimento alla condizione della donna prima del matrimonio con C.Praeconius Ventilius Magnus. Benigna è cognomen raro in Cisalpina, presente a Parma in questo solo caso.
FONTI E BIBL.: M.G.Arrigoni, Parmenses, 1986, 112.

LOBRINO PITONIO, vedi BERTINELLI PIETRO

LOCATELLI ANDREA 
Parma seconda metà del XVIIsecolo
Pittore attivo nella seconda metà del XVIIsecolo.
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, VI, 140.

LOCATELLI GIUSEPPE 
Parma 24 giugno 1914-Alam Abu Hileivat 19 novembre 1940
Nacque da Silvio, torinese, e da madre di Montecchio Emilia.La carriera militare intrapresa dal padre lo vide costantemente girovagare, al seguito dei genitori, nei tanti trasferimenti imposti dai comandi superiori.Nel 1924 fu a Pola, dove proseguì gli studi tecnici: nella cittadina istriana maturò la volontà di dedicarsi, come il padre, alla carriera militare.Così, mentre il padre lasciava le armi perché collocato in congedo e la famiglia si trasferiva definitivamente a Reggio Emilia (1929), il Locatelli ottenne il diploma di ragioneria (1932) ed entrò nel corso dell’Accademia di fanteria e cavalleria di Modena.Promosso sottotenente, nell’ottobre del 1934passò alla Scuola di applicazione di fanteria a Parma per il perfezionamento, che conseguì con magnifico profitto, chiedendo di essere assegnato al 6°Reggimento bersaglieri di Bologna.Frequentò successivamente il corso di guerra chimica a Roma e a Civitavecchia, venendo poi trasferito a Bolzano, sempre nei bersaglieri.Nel marzo 1936, a richiesta, ottenne il passaggio al Reggimento carri armati di stanza a Bologna e nell’ottobre successivo fu promosso Tenente. Andata a vuoto la domanda di partecipare alle operazioni in Etiopia (1935-1936), arrivò poi per il Locatelli il momento di partire per Mogadiscio e, a operazioni concluse (novembre 1936), fu ufficiale del Battaglione carristi d’assalto dell’Harrar.Rientrò in patria nel 1939, passando in forza al 32°Carristi di Verona e rimanendovi fino allo scoppio della guerra.Il suo impiego fu immediato: già nel luglio del 1940 il Locatelli sbarcò a Bengasi al comando della sua Compagnia inquadrata nel 4°Reggimento.Trovò la morte combattendo eroicamente contro gli inglesi.Fu decorato con la medaglia d’oro al valor militare alla memoria, con la seguente motivazione: Assunto fin dal primo giorno di guerra il comando di una compagnia di carri armati, dedicava ogni sua migliore energia alla preparazione tecnica e spirituale del reparto che poi guidava abilmente, in un seguito di vittoriose azioni.Uscito dalle linee col battaglione di cui faceva parte per appoggiare una nostra colonna celere in una ricognizione offensiva, non esitava a fronteggiare col suo reparto schiaccianti forze corazzate nemiche che avevano attaccato la colonna.Più volte ferito, conscio che un cedimento della sua unità avrebbe determinato il crollo del nostro dispositivo, sosteneva per oltre tre ore, con tredici carri soltanto, e senza dare alcuna impressione di vacillamento, l’urto di almeno 50 mezzi corazzati britanni, appoggiati da artiglierie.Correndo a piedi da un carro all’altro per impartire con maggiore rapidità e precisione gli ordini e per tenere vivi, con l’esempio del suo eroismo, lo spirito aggressivo e lo sprezzo del pericolo nei suoi dipendenti, riusciva a paralizzare la baldanza nemica permettendo alla nostra colonna celere di disimpegnarsi.Disposto l’ordinato ripiegamento del reparto, restava col suo carro a fronteggiare gli avversari per dar modo agli altri mezzi, più volte colpiti, di disimpegnarsi dalla lotta.Una cannonata lo colpiva in pieno, mentre col braccio teso fuori dallo sportello del carro, in atteggiamento di comando additava ai suoi carristi la direzione da seguire.
FONTI E BIBL.: Decorati al valore, 1964, 91; Carolei, Medaglie d’oro, 1965, I, 463-464; Gazzetta di Parma 16 marzo 1987, 10; T.Marcheselli, Strade di Parma, I, 1988, 358.

LODESANI BARTOLOMEO, vedi LODI GIOVANNI BARTOLOMEO

LODESANO, vedi ZILERI DANIELE

LODESINI DANIELE Parma prima metà del XVII secolo
Piombatore attivo nella prima metà del XVII secolo.
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, V, 205.

LODI AGOSTINO
1929-Parma 7 aprile 1999
Amministratore alla Centrale del latte di Parma, alternò al lavoro una passione profonda per il teatro dialettale.Entrò negli anni Sessanta nella compagnia dialettale parmense di Bruno Lanfranchi e quell’apprendistato fu per lui come una folgorazione, al punto che da quel mondo non uscì più. Negli anni Settanta entrò a far parte della compagnia della Famija Pramzana, cui rimase legato fino alla fine, anche quando un’improvvisa malattia nel 1996 lo indusse a rinunciare alla recitazione.Bravo attore caratterista, quando smetteva i panni di attore andava nelle scuole, su invito degli insegnanti, a parlare ai bambini del dialetto parmigiano e in ambito scolastico per qualche tempo organizzò una minicompagnia.Diede alle stampe una raccolta di liriche: Granlen ’d sabbia.
FONTI E BIBL.: C.D., in Gazzetta di Parma 11 aprile 1999, 11.

LODI FRANCESCO o FRANCO, vedi BANZOLA FRANCESCO

LODI GIACOMO
Parma seconda metà del XVIIIsecolo
Orefice e incisore attivo nella seconda metà del XVIIIsecolo.
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, VIII, 187.

LODI GIOVANNI BARTOLOMEO
Guardasone 1475 c.-Terracina 1525
Nacque presumibilmente tra il 1470 e il 1480: infatti aveva già raggiunto la notorietà come uomo d’armi nel 1503, al momento della disfida di Barletta.Tre località rivendicano il merito di avergli dato i natali, Ferrara, Guardasone e Lodi (per la precisione un piccolo centro a sud-est di Lodi, Biasasco), e ciò ha dato origine a discussioni di carattere puramente campanilistico.Incline al mestiere di soldato, il Lodi ben presto entrò nelle compagnie di ventura.Secondo il Molossi (p.23), era noto per essere nelle zuffe le più sanguinose assai animoso e d’ogni pericolo di vita sprezzatore.Secondo il Giovio (p.94), chiamato con superbo nome, perché sprezzava ogni pericolo della vita in battaglia, il Fanfulla.Tranne la partecipazione alla disfida di Barletta, le sue vicende biografiche sono ricostruibili solo con approssimazione, data la discordanza delle fonti.Il primo fatto d’arme al quale pare partecipasse fu nel 1494 la guerra contro Pisa, che, approfittando della discesa di Carlo VIII, si era ribellata a Firenze.Ludovico il Moro inviò in aiuto dei Fiorentini un contingente di truppe al comando di Fracasso Sanseverino.Vi militò anche il Lodi, che, pare, in quella occasione ebbe a scontrarsi vivacemente con Paolo Vitelli, comandante delle truppe fiorentine, per questioni riguardanti la conduzione delle operazioni. Passò poi al servizio diProspero Colonna, comandante delle truppe italiane che combattevano sotto le insegne della Spagna contro la Francia per il possesso del Regno di Napoli.Nel corso della campagna in Puglia contro i Francesi fu tra i tredici campioni italiani che il 13 febbraio 1503, agli ordini di Ettore Fieramosca, affrontarono nella disfida di Barletta altrettanti francesi.Secondo alcuni storici, il Lodi ebbe un ruolo decisivo nello scontro.I francesi cominciarono a vacillare, scrive il Loffredo (p.29), dinanzi allo strazio che de’ loro cavalli vedean fatto dal Capoccio, dal Bracalone, dal Fanfulla.E il Giovio (p.97): Pareva nondimeno pareggiata la battaglia, ma con animo grande il Bracalone e dopo di lui il Fanfulla, cadendo loro i cavalli, rimasi a piedi, subito dato di mano agli spiedi, e valorosamente forando gli uomini e i cavalli, fecero inclinare la vittoria.Il Lodi continuò a combattere negli anni successivi nella compagnia del duca di Termoli, prendendo parte alle battaglie di Cerignola e di Gaeta. Nel 1518 fu a Napoli, dove partecipò a una sfilata di genti d’arme del Regno.Fatto prigioniero a Ravenna, fu poi fino al 1525 nella compagnia del conte di Provenza con la rispettabile paga di 200 scudi all’anno.Varie sono le versioni sulla sua morte.La più improbabile, per motivi di cronologia, lo vuole caduto nella battaglia di Marciano il 2 agosto 1554.Un’altra lo dice morto in Lombardia dopo il 1524. Secondo la cronaca, perduta, di Fabio Vecchioni, sarebbe scomparso nel 1525 nella pianura di Terracina (Torriani), per una banale caduta da cavallo.La figura del Lodi, più leggendaria che storica, assurta a simbolo del valore nazionale, ispirò varie opere d’arte.La più nota è l’Ettore Fieramosca di M.d’Azeglio, che presenta un Lodi secondo solo al Fieramosca per eroismo e coraggio.Un altorilievo di G.Bianchi, Fanfulla che scavalca un francese, è conservato in San Giovanni alle Vigne a Lodi. Nel 1913 E.Nulli scrisse un Fanfulla da Lodi, rappresentato a Bologna da E.Zacconi. A. Colantuoni scrisse un Fanfulla, musicato da A. Parelli e rappresentato nel 1921 a Trieste.Dal gennaio 1846 al luglio 1847 venne pubblicato a Firenze un quotidiano intitolato Il Fanfulla, risorto poi nel 1870, e nel 1879 Il Fanfulla della Domenica, supplemento letterario del primo.Coll’avvento della Sinistra al potere si caratterizzò come giornale di opposizione. Dalla seconda annata, sotto il titolo recava un’incisione, Fanfulla, uno dei tredici diBarletta, disegnata da M.d’Azeglio.
FONTI E BIBL.: Oltre alla vastissima bibliografia sulla disfida di Barletta, si veda A. De Ferraris detto il Galateo, Del combattimento de’ tredici cavalieri, a cura di S.Grande, Lecce, 1867; F.Guicciardini, La storia d’Italia, a cura di A. Gherardi, II, Firenze, 1919, 60; P.Giovio, Le vite del gran capitano e del marchese di Pescara, a cura di C.Panigada, Bari, 1931, 94-97; Historia del combattimento de’ tredici italiani con altrettanti francesi scritta da autore di veduta, che v’intervenne, Napoli, 1844; G.B.Molossi, Memorie d’alcuni uomini illustri della città di Lodi, II, Lodi, 1776, 22 ss.; S.Loffredo, Storia della città di Barletta, II, Trani, 1893, 21; P.Pieri, La guerra franco-spagnola nel Mezzogiorno, in Archivio Storico per le Province Napoletane XXXIII 1952, 31 s.; E.Biagini, Fanfulla parmigiano o lodigiano?, in Archivio Storico per la Città e i Comuni del Circondario e della Diocesi di Lodi, 1897; P.Bettoli, I Parmigiani a Barletta, in Per l’Arte 2 1903, 17-18; T.Bazzi-U. Benassi, La disfida di Barletta: Riccio da Parma e Fanfulla da Guardasone, in Storia di Parma, Parma, Battei, 1908, 133-135; U.Benassi, Fanfulla lodigiano o parmigiano?, in Vita Emiliana 1 1909, 105-107; Fanfulla a Lecce, in Archivio Storico per la Città e i Comuni del Circondario e della Diocesi di Lodi, aprile 1922; E.Mari, Fanfulla da Parma, non da Lodi, in Gazzetta di Parma 18 marzo 1927, 2; R.Fantini, Fanfulla da Lodi o da Parma?, in Aemilia 5 1929, 28-35; R.Fantini, Fanfulla da Lodi o da Parma?, Parma, La Bodoniana, 1929; C.Argegni, Fanfulla Giovanni, in Condottieri, capitani, tribuni, Milano, Tosi, I, 1936, 356-357; P.F.Palumbo, Fanfulla da Lodi, in Enciclopedia Italiana di Scienze Lettere e Arti, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, Appendice I, 1937, 569; T.Torriani, Fanfulla nella storia, nella leggenda, nell’arte, Roma, 1938; R.Fantini, Fanfulla da Guardasone?, in Aurea Parma 6 1939, 197-200, e 2 1940, 61-66; R.Fantini, Fanfulla da Guardasone?, Parma, La Bodoniana, 1939; Fanfulla da Lodi, in Grande Dizionario Enciclopedico, Torino, Unione Tipografica Editrice Torinese, V, 1956, 484; A. Zamboni, Anche Fanfulla da Lodi era parmigiano come Riccio, in Gazzetta di Parma 2 febbraio 1958, 3; F.Mazzieri, Una riedizione moderna della disfida di Barletta, in Gazzetta di Parma 2giugno 1958, 2; R.Fantini, Il vero Fanfulla di Lodi è nato invece a Guardasone, in Gazzetta di Parma 1luglio 1958, 3; Fanfulla da Lodi, in Enciclopedia Universale, Milano, Rizzoli-Larousse, VI, 1964, 198; Fanfulla da Lodi, in Grande Enciclopedia Vallardi, Milano, Vallardi, VI, 1964, 285; L.L.Ghirardini, Fanfulla è nato a Guardasone, in Gazzetta di Parma 10 giugno 1968, 3; Fanfulla da Lodi, in Dizionario Storico Politico, 1971, 507; Fanfulla da Lodi, in Nuova Enciclopedia Internazionale, Bergamo, Grolier International, IX, 1972, 429; F.Carpesano, Fanfula Guardasoni, in Commentaria suorum temporum (1476-1527), Parma, Deputazione di Storia Patria per le Province Parmensi, 1975, 87; R.Fantini, Il famoso Fanfulla da Lodi era in realtà di Guardasone, in Gazzetta di Parma 15 settembre 1975, 3; L.L.Ghirardini, Riccio e Fanfulla parmigiani alla disfida di Barletta, in Gazzetta di Parma 13 febbraio 1982, 3; P.Novati, Fanfulla da Lodi, nato a Basiasco, Lodi,Lodigraf, 1982; L.L.Ghirardini, Fanfulla da Guardasone alla disfida di Barletta, Traversetolo, Amministrazione Comunale, 1983; L.L.Ghirardini, Fanfulla: da Lodi a... Guardasone, in Gazzetta di Parma 13 novembre 1983, 10; L.L.Ghirardini, Riccio e Fanfulla parmigiani alla disfida di Barletta, in Appuntamento con la Storia, Parma, Tipografia Benedettina, 1990, 185-187; L.Bertoni, Fanfulla, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, XLIV, 1994, 583-584; F. e T.Marcheselli, Fanfulla dei Lodi (?-1525), in Dizionario dei Parmigiani, 1997, 127; L.Sartorio, Fanfulla è nostro, in Gazzetta di Parma 12 ottobre 1998, 25; Fanfulla da Guardasone, in Enciclopedia di Parma, 1998, 319;  G.Regaldi, Canti e prose, Torino, 1862; N.F.Faraglia, Ettore e la Casa Fieramosca, con appendice e documenti sui Cavalieri della disfida di Barletta, 2a ed., Napoli, 1883; B. Angeli, Storia della città di Parma, Parma, 1591; G.A. Summonte, Storia di Napoli, Napoli, 1748; F. Abignente, La disfida di Barletta, Trani, 1903; Enciclopedia Italiana, Appendice I, 1938, 569; G.B.Janelli, Dizionario biografico dei Parmigiani, 1877, 524; Dizionario storico politico, 1971, 507.

LODIGIANI LUIGI
-Parma 16 giugno 1867
Fece la campagna risorgimentale del 1848.Fu poi in Crimea e nelle campagne del 1859, 1860 e 1866. Nelle aspre lotte nel Napoletano e in Sicilia ebbe delicati e pericolosi incarichi, meritandosi il grado di tenente colonnello, onori e alta estimazione.
FONTI E BIBL.: G. Adorni, Gazzetta di Parma 22 giugno 1867, n. 147; G.Sitti, Il Risorgimento italiano, 1915, 411.

LODIGIANI MARGHERITA
Busseto XIXsecolo
Attrice comica.Fu seconda donna nella compagnia nazionale romana.Sposò l’avvocato Sandro Rossi, di Fano, figlio del caratterista Cesare
FONTI E BIBL.: M.Ferrarini, in Aurea Parma 1 1939, 29.

LODOVICO DA BORGOTARO, vedi BECCARELLI GIUSEPPE

LODOVICO DA PARMA 
Parma 1471/1472
Fu valente calligrafo.Negli anni 1471 e 1472 scrisse un Salmista e un Innario per la sagrestia del Vescovado di Ferrara, per commissione di quel Capitolo (Memorie originali italiane risguardanti le Belle Arti, Bologna, f.153 della serie sesta).
FONTI E BIBL.: A. Pezzana, Storia di Parma, IV, 1852, XXXI.

LODOVICO DA PARMA, vedi anche MARMITTA LODOVICO MARIA e SILVAGNI CRISTOFORO

LODOVICO DA SAN SECONDO, vedi ROSSI IPPOLITO

LODOVICO DI BORBONE, vedi BORBONE PARMA LODOVICO FILIPPO

LOGARINI GIOVANNI 
Parma 1655/1656
Fu organista della Cattedrale di Parma. Cominciò il suo servizio il 1° ottobre 1655 in sostituzione dell’Orcelli, ma vi rimase per poco tempo (fino all’aprile 1656).
FONTI E BIBL.: N.Pelicelli, Musica in Parma, 1936, 114.

 LOLLI STEFANO Bologna ante 1682-post 1714 Fu al servizio dei Farnese almeno dal 1682 fino al 1714.Risiedette a Parma nel 1685, all’estero nel 1701-1704 e dal 1714 fu al servizio della Corte spagnola.Esperto di architettura teatrale e scenotecnica, le sue opere principali furono compiute a Parma: progetto per il teatrino di Corte (1687-1690, distrutto nel 1822), cupola e ampliamento dell’oratorio della Santissima Trinità dei Rossi e progetto del catafalco per le esequie di Ranuccio Farnese (1695) nella chiesa della Madonna della Steccata. A lui si deve anche il Teatro Ducale nell’isolato del palazzo di Riserva (1687-1690), poi demolito e sostituito dal Teatro Regio. 

FONTI E BIBL.: P.Donati, Nuova descrizione di Parma, Parma, 1824; Dizionario Architettura e Urbanistica, III, 1969, 413; Enciclopedia di Parma, 1998, 420.

LOMAZZI CLEMENTINA, vedi MORGARI CLEMENTINA

LOMAZZI STEFANO 
Parma ante 1806-post 1824
Cieco fin dalla nascita, la Gazzetta di Parma del 2 gennaio 1819 scrisse che, dopo tredici anni di studio della musica, pagata da un nobile, uomo non ignobile, amico dell’umanità, e benemerito concittadino nostro, iniziò con altri tre ciechi, che avevano studiato con lui per merito dello stesso mecenate, a esibirsi in quartetto nelle principali città italiane. Nel complesso suonava la viola, mentre da solista il violoncello. Nel 1818, fino a tutto ottobre, i quattro fecero una lunga tournée in Alemagna, tra cui Monaco (16 giugno), Ratisbona (3 luglio) e Vienna. A Monaco si esibirono nella sala del Museo davanti a un folto pubblico e la locale gazzetta del 17 giugno scrisse che la natura ha dato al loro orecchio quello che negò al loro occhio. Il Viandante di Vienna riporta che avevano suonato davanti all’imperatore e alla duchessa di Parma. Qualche giorno dopo la Gazzetta di Parma scrisse di altri successi in una corte tedesca. Il 3 giugno 1824 si esibì con il complesso in un’accademia a Milano, dove eseguì come a solo le Variazioni per violoncello di Alfonso Savj (Gazzetta di Parma 12 giugno 1824).
FONTI E BIBL.: G.N. Vetro, Dizionario. Addenda, 1999.

LOMBARDI ALESSANDRO
Parma 1636
Sul principio del XVII secolo fu colonnello cesareo e scrisse Della fortificazione regolare (Parma, 1636).
FONTI E BIBL.: L.A.Maggiorotti, Dizionario Architetti e Ingegneri, 1933, 633.

LOMBARDI ANTONIO
Parma 1600-Parma 11marzo 1673
Pittore noto per aver partecipato alla decorazione ad affresco, assieme e sotto la direzione di Giovanni Maria Conti e con Francesco Reti, delle chiese di Sant’Isaia e Santa Croce (Parma, 1666) e delle volte dell’oratorio di Sant’Ilario in Parma.
FONTI E BIBL.: U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexicon, XXIII, 1929; Dizionario Bolaffi pittori, VII, 1975, 4.

LOMBARDI BONA
Sacco di Cosio Valtellino 1415 c.-Modone 1468
Figlia di Gabrio e di Pellegrina, di famiglia mercantile della Westfalia.Nell’anno 1432 il duca di Milano Filippo Maria Visconti, essendo in guerra con la Repubblica di Venezia, inviò a recuperare la Valtellina Niccolò Piccinino e Pier Brunoro Sanvitale, che riportarono gloriosissima vittoria sui veneti.Ivi soggiornando ed essendo amantissimo della caccia, il Sanvitale incontrò, in una prateria cinta da boscaglia, alcuni pastori.Tra questi era anche la Lombardi, fanciulla poco più che diciassettenne, orfana di genitori e mantenuta da una zia.Il padre, Gabrio, uomo d’armi, aveva guerreggiato in Sassonia, in Boemia e in Westfalia quale alfiere di cavalleria e aveva trasferito nella figlia l’amore delle armi e il suo valore.Sebbene non fosse bella (il Messia la descrive d’aspetto rozzo e difforme, bruna e piccola) era tuttavia snella e aggraziata, molto agile e gagliarda.Pier Brunoro Sanvitale avvicinò la Lombardi più volte, scoprendo in lei nobili e insolite qualità, sì che dapprima ne fu stupito e ammirato, poi innamorato.Ricambiato da lei ardentemente, la indusse a seguirlo vestita con panni virili.La conduceva con sé nella caccia, l’addestrava nell’equitazione e agli esercizi militari, che apprese con tanta facilità e perizia da meravigliare anche i più esperti.La guerra si era frattanto riaccesa e la Lombardi seguì il suo amante anche in abito da soldato.Una cronaca riferisce che un parroco li unì in segreto matrimonio e da quel momento la Lombardi divise per tutta la vita l’esistenza del marito guerriero, tanto che essa fu chiamata la fante di Pier Brunoro.Insieme al marito si coprì di gloria all’assedio del Castello di Leonico Vicentino, nel quale ebbe a curare e ad assistere il consorte gravemente ferito.Lo seguì poi sul Benaco, combattendo eroicamente sotto le insegne dello sposo, e portò di persona ai senatori veneti lo stendardo strappato dalla nave di Taliano Furlan, ammiraglio nemico.Firmata la pace tra lo Sforza e Venezia nel 1443, il Sanvitale passò ai servigi di re Alfonso di Napoli insieme a Troilo da Rossano.Sospettati però ambedue di tradimento e di congiurare contro la vita di quel sovrano, i due capitani furono imprigionati in un castello di Valencia, in Spagna, per dieci anni. Per la liberazione del marito, la Lombardi andò in persona presso tutti i principi italiani, si presentò al Senato veneziano, mosse il Re di Francia, il Duca di Borgogna e altri potenti ancora e alfine re Alfonso lo rilasciò alle istanze dei Veneziani. Venuta in grazia dei senatori veneti, per intercessione della Lombardi il Sanvitale fu eletto, dopo la liberazione, condottiero di un esercito della Serenissima, con uno stipendio di ventimila ducati.Tanta fedeltà commosse profondamente il Sanvitale, che rese manifesto il matrimonio segreto, dichiarandola pubblicamente sua eletta consorte. Il Sanvitale in seguito condusse sempre con sé la Lombardi nelle diverse imprese militari da lui affrontate. Molti furono i fatti d’arme nei quali ella si segnalò.Si narra che in combattimento a Castel Pavone Bresciano il Sanvitale rimanesse prigioniero e le sue schiere travolte.La Lombardi le riunì, le rincuorò e, postasi alla loro testa, sbaragliò il nemico che si riteneva già vincitore, prese il castello e liberò il marito.Durante le feste che si tennero nel 1457 in Venezia per l’elezione del doge Pasquale Malipieri, la Lombardi fu l’unica dei tanti capitani presenti a riuscire a espugnare un grande castello di legno, predisposto per l’occasione e difeso da una folta guarnigione.In tale periodo la Lombardi sostò pure a Parma, ma non trascorse molto tempo che il Senato veneto inviò lei e il Sanvitale alla difesa dell’isola di Negroponte contro i Saraceni. Ambedue presero diversi saggi provvedimenti e fortificarono l’isola a loro affidata in modo tale che i Turchi non osarono mai accostarvisi.Il Sanvitale morì nel 1468 a Negroponte tra le braccia della Lombardi, la quale a sua volta morì nello stesso anno, all’età di circa 53 anni, nel viaggio intrapreso per ritornare a Venezia dai suoi due figli.Un testimone che nel 1453 vide e conobbe la strenua coppia, scrisse che il Sanvitale sin da quel tempo appariva vecchio, guercio e rattrappito da un lato e che la Lombardi, sebbene non oltrepassasse i 38 anni, era anch’essa precocemente invecchiata, di pelle molto bruna e magrissima. Aveva in capo l’elmo e il turcasso sulle spalle, teneva alcune frecce in una mano, il corno nell’altra e portava brevi calzari che le vestivano le gambe molto magre.
FONTI E BIBL.: Biografia Universale, Vi, 1822, 413-414; Abrantes, Vite delle donne celebri, V, 1839, 191-199; Parma Economica 11 1963, 8-10.

LOMBARDI DILLO
Parma 10 gennaio 1858-Civita Castellana 15luglio 1935
Giovanissimo, iniziò l’attività drammatica entrando con il ruolo di primo attor giovane nella compagnia di Ernesto Rossi.Passò in seguito a quella del Bon, con il quale compì una tournée in America, dove ottenne personali successi.Tornato in Italia, fu primattore nella formazione di Giacinta Pezzana e poco dopo con Cesare Rossi. Negli ultimissimi anni dell’Ottocento fu scritturato come primattore della compagnia del Teatro Manzoni di Roma, dove ottenne notevoli successi con Amleto e Otello. Assunta in proprio la gestione del teatro, preferì imprimere al repertorio un carattere decisamente popolare (I due sergenti, Le due orfanelle, Il conte di Montecristo e una riduzione dal Quo vadis, nella quale il Lombardi figurava come Petronio, che tenne il cartellone per un anno).Fu attore esuberante, incline a colorire eccessivamente le parti. L’esordio cinematografico del Lombardi avvenne nel 1912, all’età di cinquantaquattro anni, presso la Savoia Film.Nel 1914 fu tra i protagonisti di Sperduti nel buio di Nino Martoglio (prodotto dalla Morgana Film di Catania) e nel 1915 fu scritturato dalla Gladiator Film e dalla Latina Ars.Lavorò in seguito alla Celio, alla Meridional Film e alla Cinegrafica.Fu attivo anche negli studi berlinesi.La sua attività cinematografica, cospicua e spesso impegnativa, rivelò un attore vivace, esuberante, facile all’eccesso e alla caratterizzazione insistita.Si svolse tutta nel periodo del muto, concentrandosi in particolare nel periodo precedente la prima guerra mondiale.Il Lombardi interpretò i seguenti film: 1912, Il giglio della palude con Azucena Della Porta e Maria Jacobini, L’onta nascosta con Maria Jacobini, Vampe di gelosia di Roberto Danesi, con Maria Jacobini; 1913, Il cadavere vivente di Nino Oxilia e Oreste Mentasti, con Livia Martino e Maria Jacobini, I due derelitti con Adriana Costamagna, La falsa strada con Azucena Della Porta, In hoc signo vinces di Nino Oxilia, con Maria Jacobini, La morte civile di Ubaldo Maria Del Colle, con Adriana Costamagna, Il velo d’Iside di Nino Oxilia, con Maria Jacobini, Poveri bimbi! con Adriana Costamagna, Per il padre con Azucena Della Porta, Ursula Mirouet con Adriana Costamagna, Il focolare domestico con Maria Jacobini; 1914, L’accordo in mi minore di Ubaldo Del Colle, con Maria Carmi, Sperduti nel buio di Nino Martoglio, con Giovanni Grasso e Virginia Balistrieri; 1915, Fior d’arancio di Ugo De Simone, con Clarette De L’Isle, Diamanti e lacrime di Ugo De Simone, con Anna De Marco, Teresa Raquin di Nino Martoglio, con Giacinta Pezzana e Maria Carmi, Il mio diario di guerra di Riccardo Tolentino, con Giulio Del Torre e Evangelina Vitaliani; 1916, Memorie di una istitutrice di Riccardo Tolentino, con Valentina Frascaroli, Sul limite della follia di Riccardo Tolentino, con Italia Almirante Manzini, Il predone dell’aria di Alberto Traversa, con Amerigo Manzini; 1919, L’altra di G.Guerzoni, con Lia e Alberto Collo, Germana di Mario Bonnard, con Ninì Dinelli e Mina D’Orvella; 1920, Alba torbida di Mario Vitali, con Ester D’Addamio; 1928, Der geheime Kurier di Gennaro Righelli, con Ivan Mosjoukine e Lil Dagover.
FONTI E BIBL.: N.Leonelli, Attori, 1944, 26; Filmlexicon, III, 1959, 1084-1085; Enciclopedia dello spettacolo, VI, 1959, 1607.

LOMBARDI FILIPPO
Parma 13 settembre 1854-1912
Figlio di Francesco, che fondò col Del Prato la Scuola veterinaria di Parma, e Maria Luigia Ballabene.Laureatosi in ingegneria nel Politecnico di Torino (1875), entrò nell’Amministrazione delle Strade ferrate, raggiungendo il posto di capo-divisione di manutenzione.Dopo il 1900, dirigendo gli uffici di Verona e di Udine, costruì le linee di raccordo ferroviario del confine orientale con plauso dell’autorità militare e meritate onorificenze.Nel 1893 ebbe l’incarico di studiare in America i magazzini di granaglie esistenti negli Stati Uniti, sui quali lasciò un’ampia relazione.
FONTI E BIBL.: B.Molossi, Dizionario biografico, 1957, 86.

LOMBARDI FRANCESCO 
Parma 1795
Fu Colonnello delle truppe ducali di Parma nel 1795.
FONTI E BIBL.: V.Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, 4, 1931, 137.

LOMBARDI FRANCESCO
Parma 3 febbraio 1815-Parma 10 gennaio 1887
Figlio di Ferdinando e Bianca Costa. Divenuto medico chirurgo nel 1838, quattro anni dopo fu Assistente alla clinica di Giacomo Tommasini.Nel 1843, volendo Maria Luigia d’Austria che Parma avesse una Scuola veterinaria, il Lombardi e l’amico Pietro delprato furono scelti per essere inviati agli studi di zooiatria in Milano.Lì il Lombardi si affiliò alla Giovane Italia e un anno dopo, ottenuta con lode la laurea in veterinaria, fece ritorno in Parma.Il Lombardi nella clinica chirurgica e Delprato in quella di medicina, diedero inizio così all’Istituto Veterinario diParma.Sapiente anatomico e chirurgo, operatore valente ma anche eccellente professore e oratore, il Lombardi, fu quindi eletto membro della Commissione Municipale parmense di Sanità e del Consiglio Sanitario Provinciale. Avendo congiurato per una Italia indipendente e libera, Carlo di Borbone lo rimosse dall’ufficio di professore.Quando più tardi lo vollero nominare Direttore dell’Istituto Veterinario, designò in sua vece Pietro Delprato, il quale a sua volta insistè lungamente perché fosse nominato il Lombardi. Alla fine il Delprato dovette accettare.Solamente dopo la morte dell’amico, nel 1880, quasi per onorarne la memoria, il Lombardi accettò l’incarico.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 13 gennaio 1887, n. 12; Annuario della RegiaUniversità di Parma 1887-1888, 95; G.Sitti, Il Risorgimento italiano, 1915, 411.

LOMBARDI GIACOMO 
Parma 22 luglio 1808-Napoli marzo o aprile 1877
Studiò al Conservatorio di Napoli con Francesco Lanza (pianoforte), Nozzari (canto), Zingarelli e Raimondi (composizione).Terminati gli studi, si dedicò alla carriera di cantante e debuttò come tenore nel 1825, esibendosi sulle scene del teatrino La Fenice di Napoli.Fu nello stesso anno a Como, Venezia e Bergamo, nel 1827 a Bologna e a Malta e tornò quindi a Napoli, apparendo nei teatri diretti dall’impresario Barbaja (1830).In seguito, abbandonato il canto, si dedicò all’insegnamento e, dopo aver diretto per parecchi anni il Teatro di Lecce (1837-1855), si stabilì definitivamente a Napoli, ove fondò una Società corale (1865).Fu autore delle seguenti opere teatrali: Il capitano e il tutore (La Valetta, 1838), Il primo navigatore (La Valetta, 1839), Elfrida (Lecce, 1853). Inoltre compose varia musica sacra, tra cui 23 messe, anche con orchestra, e diverse romanze per canto e pianoforte.Scrisse le opere didattiche (pubblicate a Napoli): Elementi di linguaggio musicale, Metodo per apprendere la giusta durata delle figure, Il canto moderno (quattro libri di melodie), L’amico dei principianti (raccolta di melodie in quattro libri).
FONTI E BIBL.: Dizionario Musicisti UTET, 1986, IV, 485-486; G.N.Vetro, Dizionario, 1998.

 LOMBARDI GIAMBATTISTA
Parma 1788
Fu Capitano di cavalleria delle truppe ducali di Parma nel 1788.
FONTI E BIBL.: V.Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, 4, 1931, 137.

LOMBARDI GIROLAMO 
Parma 1787
Fu Capitano nella fanteria ducale di Parma nell’anno 1787.
FONTI E BIBL.: V.Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, 4, 1931, 137.

LOMBARDI GIUSEPPE MARIA 
Parma 1757/1777
Attuario fin dal 1757, dal duca Ferdinando di Borbone fu creato nobile con patente del 24 maggio 1777.
FONTI E BIBL.: V.Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, 4, 1931, 137.

LOMBARDI GLAUCO
Colorno 28 ottobre 1881-Colorno 28 luglio 1970
Nacque dal medico Guglielmo e da Tersilla Bernardi.Fatti gli studi classici, conseguì nel 1907 l’abilitazione all’insegnamento della Storia dell’Arte ma non esercitò mai la professione.La passione per gli studi storici e artistici, accompagnata da una singolare sensibilità e intuizione, le agiate condizioni familiari e una naturale suggestione per il paese natio, ricco d’insigni monumenti, determinarono i suoi interessi e la sua attività.Così, dal 1900, ancora studente, iniziò le ricerche per conoscere la storia e le vicende di quegli edifici monumentali: dal Palazzo comunale, alla Rocca feudale,e al Palazzo ducale, intorno ai quali nessun erudito seppe dargli notizie soddisfacenti.Lo stesso compendio dell’Affò sulla storia di Colorno, iniziato nel 1780 e uscito postumo con aggiunte del Bramieri nel 1800, risentiva della frammentaria divisione dei documenti feudali e farnesiani tra Parma e Napoli, operata da Carlo di Borbone dal 1734 al 1736.Usci così nel 1904 la monografia del Lombardi su la Versailles dei Farnesi, opera che, per l’assunto e la rigorosa documentazione critica, venne segnalata l’anno successivo nel concorso Nazionale della Regia Accademia della Crusca. Nel corso delle ricerche, estese a varie città d’Italia, rinvenne preziosi documenti che gli permisero di scrivere nel 1909 l’importante monografia Il Teatro Farnesiano di Parma.L’opera, che come la precedente su Colorno era destinata a rimanere fondamentale, è corredata da un centinaio di documenti inediti, da piante, sezioni e disegni originali di macchine teatrali e di scene, preziosissimi per la loro rarità.Reperì inoltre il dramma manoscritto La difesa della Bellezza dell’universo, che doveva essere rappresentato nel 1618 per l’inaugurazione del Teatro, ma che non venne fatto per la malattia del granduca di Toscana Cosimo II.Il Lombardi poté così confutare gli errori in cui erano caduti gli storici parmensi, da Paolo Donati a Pietro De Lama, che si erano rifiutati di credere nella realizzazione della Naumachia fatta nel 1628 per l’avvenuta inaugurazione del Teatro.La ricchezza e l’importanza di tali documenti suggerirono al Lombardi di proporre la formazione di un Museo del Teatro Farnese.Erede degli ideali patriottici del Risorgimento, ebbe parole di viva protesta quando seppe che nel Monumento a Vittorio Emanuele di Savoja, inaugurato a Roma nel 1911, tra le statue simboleggianti le città italiane, già capitali di Stato, non erano state incluse quelle dei Ducati di Parma e di Modena. Nell’opera Il Ducato di Parma nella Storia del Risorgimento Italiano, il Lombardi richiamò con chiarezza i titoli di benemerenza patriottica della città di Parma.La suddetta opera, poco nota, costituì il testo di chiusura di un corso tenuto all’Università popolare di Parma nel 1911.Nel 1912, insieme a Giuseppe Melli, il Lombardi fondò la rivista Aurea Parma, il cui titolo è indicativo circa l’ambizioso ed elevato programma. Nel novembre del 1919 il Lombardi ebbe occasione di rintracciare nei Palazzi reali retroceduti dalla Corona al Demanio, gli arredi asportati da Parma e Piacenza, avendo avuto l’incarico ufficiale di fare parte della Commissione a ciò preposta.Nelle opere Come furono spogliati i nostri Palazzi e Ciò che Parma rivendica dei nostri Palazzi reali, quest’ultima in collaborazione con il senatore Giovanni Mariotti, dà una descrizione dettagliata di quanto di prezioso era stato accumulato dai Borbone e da Maria Luigia d’Austria e asportato dal 1862 al 1868 come prestito temporaneo, dopo l’Unità d’Italia, per adornare le reggie sabaude.Il Lombardi si affrettò a chiedere la restituzione integrale degli arredi illegalmente asportati ma incontrò la tenace resistenza dei direttori dei musei, favorevoli al loro accentramento nelle maggiori città, criterio, si disse allora, suggerito da uno spirito d’italianità. La coraggiosa lotta ingaggiata dal Lombardi richiamò l’attenzione della stampa italiana e straniera, specie francese, e naturalmente anche dei quotidiani locali.Il Giornale d’Italia (4 gennaio 1922) pubblicò una calorosa e fiera lettera del Lombardi in risposta all’illustre critico del Corriere della Sera, Ugo Ojetti, che tacciò di inesistenti pretese le rivendicazioni artistiche parmigiane e piacentine. I risultati non furono quali si potevano attendere da una causa così energicamente difesa.Non si ottenne che la restituzione della quadreria Farnesiana, ritrovata dal Lombardi nei magazzini del Reale Museo di Napoli e l’Archivio delle Reggie Parmensi, reperito a Palazzo Pitti, restituito nel 1923 all’Archivio di Stato di Parma.L’opera di valore inestimabile che il Lombardi riuscì invece a portare a compimento è il prezioso Museo che porta il suo nome e che con atto generoso egli donò alla città di Parma.Salvare dalla dispersione cimeli e documenti, elementi essenziali per la ricostruzione del passato, costituì per il Lombardi l’altro scopo della sua interessante vita di studioso.Per raggiungere questa finalità lo soccorsero le vaste conoscenze nella società parmense. Acquistò quanto era rimasto presso le famiglie dei ministri ducali e degli impiegati di Corte, non lasciandosi sfuggire nulla di rilevante che venisse posto in vendita dagli antiquari locali.Passarono quindi nella raccolta Lombardi l’importante collezione napoleonica e quella di Maria Luigia d’Austria, cedute dal conte Giovanni Sanvitale, ultimo della famiglia e pronipote della Sovrana, per salvarle dalla dispersione.Nelle opere Centenario della morte di Maria Luigia, Le Collezioni Napoleoniche e Le Mie Collezioni (la più importante raccolta d’arte francese in Italia) ne precisò e puntualizzò il valore.Il Museo Lombardi, oltre che una miniera di capolavori artistici, possiede documenti storici preziosissimi, in particolare i diarî di Maria Luigia e l’archivio Cerati-Magawly.La raccolta Lombardi, alla cui formazione dal 1900 in poi dedicò la sua fervida passione e competenza di raccoglitore, ebbe la sua sede negli ambienti di rappresentanza del Palazzo ducale di Colorno.Per ventotto anni, con i suoi soli mezzi, il Lombardi fece risorgere la fama della Versaglia Parmense, fama diffusa dalla stampa italiana e straniera e dai numerosi visitatori provenienti da ogni paese.Nel 1944, passando la residenza all’Amministrazione provinciale, il Lombardi trasportò le collezioni nella propria abitazione in Colorno, ove rimasero sino al trasporto definitivo nella sede di Parma, inaugurata nel 1961 con la presenza del capo dello Stato Giovanni Gronchi. Per quanto riguarda la fotografia, le sue esperienze cominciarono a sedici anni.Il Lombardi fotografò tutto ciò che accadeva a Colorno, oltre ai familiari e agli amici.Diventò corrispondente del quotidiano Il Resto del Carlino nel 1909. Come fotografo toccò livelli professionali nello stesso periodo in cui diede inizio alla lunga e paziente raccolta di oggetti e documenti destinati al museo.Degni di nota sono i servizi realizzati nel 1915 sugli ospedali militari di Parma e Noceto, sul manicomio di Colorno e sull’ospedale della Croce Rossa di Parma, dalle cui fotografie ricavò anche una serie di cartoline postali.Il suo fu un vero e proprio laboratorio, con migliaia di lastre alla gelatina bromuro d’argento e un fornitissimo archivio.Il Lombardi si servì dei migliori prodotti fotografici esistenti sul mercato nazionale e internazionale.Collaborarono con lui, in diversi momenti, fotografi del valore di Ettore Pesci, Marcello Pisseri e Alfredo Zambini.Naturlamente molte delle sue foto finirono, a supporto degli articoli, sulle pagine di Aurea Parma.
FONTI E BIBL.: G.Allegri Tassoni, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1970, 37-42; Gandolfi, Il Teatro Farnese, 1980, 157; M.Federico, Le medaglie di Maria Luigia, 1981, 30; R.Rosati, Fotografi, 1990, 252; Grandi di Parma, 1991, 65; C.Canicetti,Memoria di Colorno, 1997, XI.

LOMBARDI GUGLIELMO 
Parma 25 aprile 1852-Colorno 15 febbraio 1933
Figlio di Francesco e di Maria Luigia Ballabene. Seguendo l’esempio del padre, si laureò in medicina.Fu l’allievo prediletto dell’Inzani.Trasferitosi a Colorno, vi esercitò per cinquantacinque anni la sua attività sanitaria dirigendo l’Ospedale Civile, aprendovi una sezione chirurgica autonoma e iniziando la costruzione del Ricovero dei vecchi.Fu per lungo tempo presidente dell’Asilo infantile e durante la prima guerra mondiale diresse l’Ospedale Militare colornese.Chirurgo ardito quanto valente, fu il primo a eseguire la lavatura della cavità pericardica, da lui effettuata nel 1879, primato poi riconosciutogli dalla stampa.Nella plastica chirurgica eseguì, con esito felice, operazioni che anche nei centri ospedalieri maggiori non erano ritenute possibili.
FONTI E BIBL.: Aurea Parma 2 1933, 79; B.Molossi, Dizionario biografico, 1957, 86-87.

LOMBARDI LUIGI
Parma 1776
Fu Tenente delle truppe ducali di Parma nell’anno 1776.
FONTI E BIBL.: V.Sreti, Enciclopedia storico nobiliare, 4, 1931, 137.

LOMBARDINI ANTONIO 
Parma 3 gennaio 1794-Parma 4 agosto 1869
Nacque da Giacomo, notaio, e Luisa Calestani.Compì i primi studi presso il seminario vescovile di Parma. Studiò scienze matematiche e fisiche sotto la guida dell’abate Giuseppe Conti e si impiegò dapprima presso il banchiere e uomo d’affari Giuseppe Serventi, di cui sposò la figlia Isabella.A vent’anni gli fu assegnata la cattedra di matematica elementare nell’Università ducale di Parma e dal 1815 al 1820 fu professore al Collegio Lalatta.Nel 1819 fu segretario della Biblioteca ducale di Parma e nel 1821 vicebibliotecario.Nel 1825 fu nominato cancelliere dell’Università.Fu professore di Macedonio Melloni e autore di molte apprezzate pubblicazioni (nel 1828 pubblicò gli Elementi di Matematica).Fu Anziano del Comune, due volte Priore della facoltà filosofica e due volte incaricato della cattedra di matematica sublime. Molto stimato anche dal ministro Vincenzo Mistrali, fu membro di molte commissioni per trattare questioni di governo: dal 1830 al 1836 fu revisore della stampa, nel 1831 fece parte di una commissione per la riforma della scuola e quindi membro e cancelliere nel Magistrato di Parma.Durante i moti del 1831 fece parte del consesso civico e fu definito dalle autorità di polizia testa calda e liberale.Nel 1836 Maria Luigia d’Austria gli diede la carica di consigliere di Stato e direttore di una commissione amministrativa.Rinunciò poi all’insegnamento universitario, ebbe il titolo di professore emerito di matematica e fu membro onorario del Magistrato degli Studi.Nel 1837 fu direttore e nel 1847 presidente della Camera dei conti. Anche dopo la morte di Maria Luigia (1847), il Lombardini prestò la sua opera preziosa e sotto il governo degli ultimi Borbone fu ministro delle Finanze (dal 1854). Nel 1848, occupato il Ducato parmense dagli Imperiali, il governatore militare delegò la direzione amministrativa dello Stato al Lombardini, al consigliere Giambattista Niccolosi e al marchese Gian Francesco Pallavicino. Fu tra i promotori della fondazione della Cassa di Risparmio di Parma. Fu inoltre Senatore Gran Croce dell’Ordine Costantiniano, Gran Croce del Regio Ordine di SanLodovico, Grande di Corte e Cavaliere e Commendatore della Corona di Ferro.
FONTI E BIBL.: G.B.Janelli, Dizionario biografico dei Parmigiani, 1877, 220-222; O.Masnovo, Patrioti del 1831, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1937, 178; M.Turchi, Il trattato segreto di Firenze, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1983, 336; A.V.Marchi, Figure del Ducato, 1991, 98; Al Pont ad Mez 1 1994.

LOMBARDINI CAMILLO 
Parma 10 marzo 1821-Brescia 25 agosto 1883
Figlio di Antonio e di Corinna Drugman. Appartenente come volontario alle truppe del Ducato di Parma (1841), fece parte della delegazione inviata a re Carlo Alberto di Savoja per offrirgli il concorso di esse nell’opera del riscatto nazionale.Nel 1848 passò nell’esercito sardo come Tenente e a Santa Lucia ricevette la medaglia d’argento al valor militare, che aprì la serie delle molte e insigni onorificenze che gli furono conferite.D’allora in poi prese parte, come Ufficiale di Stato Maggiore, a tutte le campagne militari (dal 1848 al 1870), compresa quella di Crimea (1855), adempiendo a difficili incarichi. Nel 1859 ottenne a Confienza la croce di cavaliere dell’Ordine Militare di Savoja e a San Martino la promozione a maggiore per merito di guerra.Colonnello di Stato Maggiore nel 1862, a Custoza (1866) fu decorato della croce di ufficiale dell’Ordine Militare di Savoja. Nel 1866 fu Colonnello Capo di Stato Maggiore del corpo d’esercito comandato dal generale Durando, carica che seppe disimpegnare con onore e gli valse in breve la promozione a Generale.In tale qualità fu a Parma parecchi anni a capo della Brigata Aosta e quindi della 1a brigata di fanteria della divisione militare di Bologna, fino a quando (1871) Vittorio Emanuele di Savoja lo prese presso di sé.Promosso più tardi Generale di divisione, non potendo per legge restare più a lungo a Corte, gli venne affidata la divisione militare di Brescia (1877), dove soggiornò parecchi anni.Conseguì una ventina di onorificenze, sia nazionali che estere.Tra le altre, quelle di Cavaliere della Legion d’onore di Francia (ricevette anche la medaglia francese commemorativa delle campagne d’Italia), Croce di Cavaliere di San Maurizio e Lazzaro nel 1860 e Ufficiale dell’Ordine stesso nel 1864, medaglia commemorativa per le campagne 1848, 1849, 1859 e 1866, Croce di Commendatore dell’Ordine della Corona d’Italia 1868, Grande Ufficiale dei Santi Maurizio e Lazzaro e della Corona d’Italia, Ordine delMedjidiè (Turchia, 1872), Commendatore dell’Ordine di Carlo III di Spagna (1872), Ordine di Stanislao di Russia (1873), Gran Croce dell’Ordine di Francesco Giuseppe (1874), Commendatore dell’Ordine N.S.di Portogallo (1872), Ordine del Sole e del Leone di Persia (1875) e Ordine della Corona Reale di Prussia (1873).
FONTI E BIBL.: G.B.Janelli, Dizionario biografico dei Parmigiani, 1884, 34-37; Enciclopedia Militare, 1932, IV, 645-646; Aurea Parma 2/3 1971, 167.

LOMBARDINI CARLO 
Parma 1823-Parma 1899
Figlio di Antonio e di Corinna Drugman.Fu docente di lettere presso l’Università di Parma.Insegnò lingua francese e tedesca dal 1854 al 1858, anno in cui rinunciò alla cattedra.
FONTI E BIBL.: Annuari dell’Università dal 1854-1855 in poi (in quello per il 1898-1899 cenno biografico); Archivio di Stato di Parma, Filze Università n.589 e n.591; F.Rizzi, Professori, 1953, 124.

LOMBARDINI GIACOMO
Parma 24 giugno 1816-Parma 18 aprile 1856
Figlio di Antonio e di Corinna Drugman. Sacerdote di grande ingegno, ebbe nella sua breve vita gli onori più ambiti, riscuotendo la stima delle più alte autorità del Ducato Parmense. A Parma fu ordinato sacerdote nel 1839.Si laureò in Teologia nel 1841 (nello stesso anno fu ascritto al Collegio dei Teologi) e fu fatto canonico della Cattedrale e professore di Sacra Scrittura nel Seminario diParma nel 1842.Fu poi Arcidiacono del Capitolo della Cattedrale e nel 1849 professore nell’Università di Parma.Per gli alti meriti acquisiti e la grande stima riscossa, fu per due volte Vicario Generale del vescovo Neuschel (1846-1848 e 1851), poi Vicario Capitolare, quindi Vicario Generale di monsignor Cantimorri.Rinunciò a questa carica quando, nel 1855, fu assunto all’ufficio d’Istitutore del duca Roberto di Borbone.Fu Commendatore dell’Ordine Costantiniano.
FONTI E BIBL.: Alcuni fiori, Parma, TipografiaReale, 1836; G.B.Janelli, Dizionario biografico dei Parmigiani, 1877, 222-223;  Allodi, Serie cronologica dei Vescovi di Parma, II, 592; I.Dall’Aglio, Seminari di Parma, 1958, 157.

LOMBARDINI GIUSEPPE
Parma-28 marzo 1906
Fu celebre predicatore gesuita.
FONTI E BIBL.: La Realtà 29 marzo 1906.

LOMBARDO EGIDIO, vedi DELLA GENTE EGIDIO

LOMBARDO PIETRO 
Borgo San Donnino 1525 c.-Lisbona 30 ottobre 1587
Fu uno dei primi gesuiti parmigiani. Ricoprì la carica di coadiutore.
FONTI E BIBL.: M.Scaduto, Catalogo dei Gesuiti, 1969, 86.

LONGARI GIACOMO 
Borgo San Donnino 1544/1566
Fu Commissario e notaio di Pellegrino nell’anno 1544.Pubblicò un bando per la sistemazione delle strade per ordine del marchese GiulioSforza Fogliani, feudatario.Il 25luglio 1545pubblicò un altro bando per la macina del grano e il 18 agosto 1566 una grida perché non uscisse grano dal marchesato.
FONTI E BIBL.: Micheli, Giusdicenti, 1925, 8.

LONGHENA ARNALDO
-Parma 23 febbraio 1896
Combattè nelle file garibaldine e fu decorato di due medaglie al valore militare.
FONTI E BIBL.: La Campana 29 febbraio e 1marzo 1896; Gazzetta di Parma 27 febbraio 1896, n. 56; G.Sitti, Il Risorgimento italiano, 1915, 411.

LONGHENA MARIO 
Parma 24 maggio 1876-Bologna 25 febbraio 1967
Figlio di Paolo, rilegatore di libri e valoroso reduce delle campagne risorgimentali, che morì quando il Longhena aveva appena sette anni. Ancora adolescente, partecipò al Congresso socialista di Genova del 1892.Dopo la morte del padre, il Longhena si trasferì con la madre nell’Oltretorrente, prendendo dimora in via Bixio al n.149. Poi, appena laureato in lettere all’Università di Bologna e ottenuto l’insegnamento nel ginnasio comunale di Borgo taro, andò ad   abitare in via della Salute, in una delle nuove case popolari.Vi rimase dal 1900 al 1915, anno in cui morì la madre.Allora si trasferì definitivamente a Bologna, dove sposò una professoressa che gli diede tre figlie. insegnante nei licei di Girgenti, Cesena e Bologna, nel 1914 fu nominato assessore all’Istruzione nella Giunta comunale di Bologna, incarico che mantenne per sei anni. Il fascismo, al quale non volle mai aderire, isolò completamente il Longhena, che ritornò agli studi, da cui per otto anni era stato lontano.Dal 1924 al 1930 datano i lavori sull’oceanografo bolognese Marsili, libri e articoli su riviste, sì che nel 1933 dall’Istituto storico italiano e dal ministro Pietro Fedele, ignorando la sua non appartenenza al fascismo, lo invitarono ad andare al Congresso storico internazionale a Varsavia.Sono anche di quel tempo i suoi lavori sul IVlibro del De varietate fortunae di Poggio Bracciolini e sui viaggi di Niccolò de Conti (secoloXV) nonché del viaggiatore italo-americano Agostino Codazzi, ripubblicati nel 1960 dall’Istituto editoriale italiano di Milano. Nel 1939 la legge Bottai lo dimise d’autorità dall’insegnamento. Durante la guerra di liberazione fu redattore dell’Avanti! clandestino. Dopo la parentesi fascista e al termine della seconda guerra mondiale, il Longhena, alle soglie dei settant’anni, tenne centinaia di comizi, finché nel 1946 venne eletto alla Costituente e poi (1948) alla prima Legislatura repubblicana ove fu il deputato più anziano.Diresse il giornale La squilla,fu presidente degli Ospedali civici, presidente del gruppo della socialdemocrazia dopo la scissione di Palazzo Barberini (1947) e nel 1949 presidente della Croce rossa italiana (carica che tenne sino a tutto il 1957).Libero, in quell’anno, da ogni impegno politico, dedicò tutta la sua feconda attività agli studi e alla collaborazione di riviste e giornali quali il Messaggero, il Giornale d’Italia, Il Tempo, Il Secolo XIX, La Giustizia e la Gazzetta di Parma. Membro della Deputazione di storia patria di Parma e di quella di Bologna, dell’Accademia di agricoltura di Verona e dell’Accademia Colombiana de Historia, ricevette per tutte queste attività letterarie e per i suoi validi studi storici, molte onorificenze italiane ed estere, quali la Croce di grande ufficiale della Repubblica italiana, l’Ordine di Malta e le croci del Belgio, dell’Olanda, della Corea e del Giappone. Fu inoltre consigliere comunale di Bologna dal 1946 al 1956.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 26 febbraio 1967, 5; Aurea Parma 1 1967, 135; Enciclopedia della Resistenza e dell’antifascismo, III, 1976, 405.

LONGHENA PAOLO 
1843-Parma 13 novembre 1888
Rilegatore di libri, fu volontario tra i prodi combattenti di San Martino, Bezzecca e Mentana.
FONTI E BIBL.: G.Sitti, Il Risorgimento italiano, 1915, 146.

LONGHI ANDREA 
Parma 17 giugno 1538-Orte 15 agosto 1607
Figlio di Girolamo e Faustina. Si laureò in legge nel 1564.Di famiglia patrizia, il 2 aprile 1582 fu fatto vescovo di Orte da papa Gregorio XII.Fece ingresso nel suo Vescovado il 29 aprile 1582.Riuscì a mettere pace tra Orte e Civita Castellana, che erano allora in contesa (le due chiese erano state da poco unite in una unica diocesi a causa della loro povertà), e accrebbe le rendite episcopali.Il Longhi fu assai erudito e si dedicò anche alla poesia. Nella Cattedrale di Orte, ove fu sepolto, gli fu eretto un monumento con la seguente iscrizione: Andreae Longo nobili parmensi episcopo civitatis hortanae et castellanae multis regiminibus defuncto civitas hortana pastori optime merito maestissima aere publico posuit obiit anno MDCVII. XV. cal. sept. aet.LXVIII episcopatus vero XXV.
FONTI E BIBL.: R.Pico, Appendice, 1642, 41; G.M.Allodi, Serie cronologica dei vescovi, I, 1856, 604-605; A.Schiavi, Diocesi di Parma, 1940, 272; Aurea Parma 11958, 33.

LONGHI ANTONIO 
Borgo San Donnino 1494
Boccalaro, forse originario di Borgo San Donnino.Da un lodo pronunciato il 2 settembre 1494 da messer Filippo Grandi, arbitro in una questione insorta tra un non meglio specificato Amadeo e maestro Bernardo de Sacchis, si trae che quest’ultimo doveva essere messo nel libero e assoluto possesso di una casa nella quale allora abitavano i due contendenti, posta in civitate parme in vicinia sancte Ceciliae confinat a duabus partibus via communis, ab parte Gerardi de Sabatinis, ab parte Antonii Bochalari.Secondo il Campori,  il Longhi tenne fornace a Borgo San Donnino.
FONTI E BIBL.: Rogito di Iacopo Franconi nell’ArchivioNotarile di Parma; E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti Parmigiane, 1911, 8; A.Minghetti, Ceramisti, 1939, 318.

LONGHI ANTONIO
Parma 1609/1627
Insegnò all’Università di Parma Istituzioni dal 1609 al 1615 e poi Diritto Canonico fino al 1627.
FONTI E BIBL.: Archivio di Stato di Parma, Registro delli Lettori1610-1616 e Libro dei Mandati 1617-1630; F.Rizzi, Professori, 1953, 30.

LONGHI ANTONIO, vedi anche DAL FERRO ANTONIO

LONGHI BRUNO 
Parma 7 agosto 1909-Parma 15 febbraio 1945
Figlio di Ciro. Impiegato contabile presso la ditta Balestrieri di Parma, già nel 1930 aderì alla lotta cospirativa.Nel 1932 venne denunciato al Tribunale speciale per attività sovversiva.Fu prosciolto per amnistia, nel decennale della rivoluzione fascista.Coraggioso, riservato, molto intelligente, conobbe diverse lingue.Nel movimento clandestino comunista seppe guadagnarsi la stima generale, tanto da essere considerato uno dei protagonisti se non addirittura il principale dirigente di quegli anni.Svolse incarichi delicati e importanti.Già nel 1941 estese i contatti con le province vicine: promosse una rete di distribuzione della stampa clandestina e di organizzazione politica nelle officine Caproni Reggiane di Reggio Emilia, affidata al meccanico parmense Alceste Bucci, che vi lavorava come pendolare.Dopo il 1940 contribuì a sviluppare rapporti riservati con uomini rappresentativi di varie tendenze democratiche.Nel 1943 diventò responsabile parmense per la stampa e propaganda.Nello stesso anno fondò La riscossa, unica voce locale di opposizione e di lotta clandestina. Anche in campo giovanile, l’influenza del Longhi fu determinante: contribuì alla formazione politica e organizzativa del Fronte della gioventù a Parma, avvenuta verso la fine del 1943.Nella primavera del 1944 riuscì a organizzare una stamperia clandestina in strada dei Farnese, pubblicando L’Unità e altro materiale propragandistico.Per la sua partecipazione al gruppo di villa Braga, nel febbraio 1945 venne catturato, torturato e ucciso. Per nascondere l’assassinio, i fascisti ne fecero poi scomparire il corpo. Fu decorato di medaglia d’oro al valor militare alla memoria, con la seguente motivazione: Dava vita ai primi nuclei di combattimento e, durante un lungo periodo di dura lotta partigiana, svolgeva una intensa attività clandestina.Pur a conoscenza di essere ricercato, proseguiva inperterrito nel suo arduo compito. Arrestato durante una rischiosa missione, resisteva stoicamente alle più inumane torture senza svelare alcuna notizia che potesse compromettere il movimento di Liberazione.Piuttosto che tradire i suoi commilitoni, accelerava la sua morte insultando i carnefici, finché, ridotto agli stremi, si abbatteva esanime al suolo.Esempio magnifico di eroismo e di completa dedizione alla causa di libertà.
FONTI E BIBL.: Enciclopedia della Resistenza e dell’antifascismo, III, 1976, 405-406; T.Marcheselli, Strade di Parma, I, 1988, 362.

LONGHI CRISTOFORO
Parma seconda metà del XVsecolo
Boccalaro attivo nella seconda metà del XV secolo.
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, II, 222.

LONGHI CRISTOFORO
Parma 1537/1559
Si addottorò in legge il 6 giugno 1537.
FONTI E BIBL.: R.Pico, Appendice, 1642, 38.

LONGHI ERCOLE 
ante 1891-Busseto 29 aprile 1927
Maestro elementare, resse la Biblioteca di Busseto, sia pure sotto la direzione e vigilanza, più teorica che effettiva, del Corbellini.Pur prestando servizio per più di venti anni e pur avendo praticamente nelle mani la direzione della Biblioteca, alla quale consacrò maggiore attività e diligenza che non i suoi predecessori, il Longhi ebbe aumentato lo stipendio, con deliberazione del 1° gennaio 1915, ma non godé il titolo né di direttore né di bibliotecario.Solo nel 1921il Longhi, che da oltre trent’anni teneva la direzione della Biblioteca, venne promosso Bibliotecario.
FONTI E BIBL.: A.Napolitano, Biblioteca di Busseto, 1965, 54, 67 e 69.

LONGHI GABRIELE
Parma ante 1592-Bologna ante 1642
Figlio del capitano Fulvio, del quale parla ampiamente il Pico (a f.77 della Matricola): non si addottorò un pezzo fa alcuno nel Collegio de’ Leggisti di Parma, con maggiore credito di lui per la grande vivacità e prontezza d’ingegno che non aveva alcuno pari, o se leggeva, o se disputava. Aggiunge il Pico che il Longhi prese l’abito de’ Cavalieri di S.Stefano, di che egli si pregiava più che della toga, mostrandosi (come che era di generoso spirito) più inclinato alle armi che alle lettere.Il Longhi, giovine di bellissimo aspetto, ma d’indole irrequieta, abbandonata Parma, andò a dimorare inBologna, ove aveva compiuto gli studi, e ivi perdette miseramente la vita ucciso nottetempo con un colpo d’archibugio.Narra il Pico che si fosse colà fatto fomentatore di discordia e disobbedienza di un figlio verso un padre nobile e possente.Mentre era a studio in Bologna sostenne nell’anno 1610 centosessanta tesi in ambo le leggi, ciò che è riportato dall’opuscolo che sta nella Biblioteca Parmense Ill. atque Excell.D.D.Octavio Farnesio Propositiones centum, et sexaginta ex utroque jure depromptae, ad causarum matrimonialium materiam spectantes, a Gabriele Longo Nobili Parmensi in inclito Bononiensi Studio Parmae, atque Placentiae Consiliario, (Bononiae Apud Barth.Cocchium, 1610). Il Longhi fece e recitò l’orazione funebre di Ranuccio Farnese, duca di Parma, nel Tempio della Steccata, impressa da Anteo Viotto l’anno 1622: In funere Seren.mi Raynutii Farnesii Parmae, Placentiae, et C Ducis IV.Gabrielis Longhi Patr.cii Parm I.U.D.Coll.ti et Eq.is S.St.ni Oratio Civitatis nomine habita in templo B.M.V. della Steccata Parmae. L’orazione è preceduta da versi latini e italiani in lode del Longhi, tra i quali è un epigramma di Francesco Giandemaria e un sonetto di Alessandro Francucci.Il Longhi fu fatto Cavaliere di Santo Stefano nell’anno 1612, secondo quanto nota l’Araldi nell’Italia Nobile.
FONTI E BIBL.: R.Pico, Appendice, 1642, 33 e 77; A. Pezzana, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, III, 764-766.

LONGHI GABRIELLO, vedi LONGHI GABRIELE

LONGHI LORENZO Parma 1novembre 1603-Piacenza 22marzo 1669 Figlio di Stefano e di Barbara.Ebbe inizialmente un’istruzione di tipo letterario.Si dedicò poi allo studio della filosofia e quindi alla matematica (dove ebbe a maestro Giuseppe Biancano).Il Longhi diede pubblica dimostrazione di filosofia nel Duomo di Parma e poi, datosi allo studio del diritto civile e canonico, l’8 dicembre 1625 gli fu conferito il dottorato in legge da Alessandro Sperelli, vicario del vescovo Pompeo Cornazzano.Il Longhi fu autore di molte poesie in latino e in volgare, discorsi politici, orazioni e lezioni accademiche e fece parte degli Accademici Innominati di Parma e degli Intrepidi di Ferrara, coi rispettivi nomi arcadici di Ardente e Operoso.Decise poi di entrare a far parte dei chierici regolari della Congregazione Somasca.Dopo essere stato a Modena, Ferrara, Roma e Amelia studiandovi teologia, greco ed ebraico, compì la professione solenne il 16 febbraio 1632.Fu inviato come insegnante e filologo a Genova, Tortona, Piacenza, Venezia (dove insegnò Sacra Scrittura nella Chiesa di Santa Maria della Salute), Padova, Fossano, Torino, Vercelli e Novara.Stabilitosi a Piacenza nel 1646, trascorse il resto della vita studiando e scrivendo opere di vario genere (Anfiteatro, Supplementum Chronologicum, Annotazioni alla Soteria, Ruta Parnassi, Tabula Sacramentorum). Pubblicò a Venezia nel 1626 una favola pastorale di carattere profano, intitolata Gli effetti d’amore. Sono conosciute alcune sue composizioni poetiche in lingua latina di buona fattura e non prive di buon gusto.Si ricordano la Freneides, la Rupelleides (la conquista de La Rochelle), la Vesuviades (l’eruzione del Vesuvio) e la Aestiades (storia degli Estensi).  Tradusse egregiamente in versi italiani i Salmi.

FONTI E BIBL.: I. Affò, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, 1797, V, 163-165; E.Bocchia, La drammatica a Parma, 1931, 127; P.Ferrari, in Lessico ecclesiasticoVallardi, III, 181; Enciclopedia ecclesiastica, VI, 1955, 22.

LONGHI LUIGI 
Sala-Tre Ponti post 1859
Fece la campagna risorgimentale del 1859.Morì combattendo contro gli Austriaci.
FONTI E BIBL.: G.Micheli, Rocca Sanvitale, 1922.

LONGHI LUIGI 
Parma 8 marzo 1925-Uberlingen 8 marzo 1945
Figlio di Ciro.Appartenne al Comando provinciale SAP di Parma.Fucilato dai nazisti, fu insignito della medaglia d’argento al valor militare alla memoria, con la seguente motivazione: Attivo e valido organizzatore di squadre partigiane, le incitava continuamente a persistere nella lotta con grave pregiudizio per la propria incolumità.Catturato dall’avversario, sopportava inumane torture senza rivelare alcuna notizia che potesse compromettere le operazioni in corso.Deportato nel campo di Dakau, sacrificava la sua esistenza alla causa della libertà.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 10 settembre 1966, 4; Caduti Resistenza, 1970, 80.

LONGHI SILVIO 
1865-Parma
Fu magistrato e scrittore dotto e acuto.Non parmense di nascita, lo fu per la formazione della sua poesia, che però presto abbandonò.
FONTI E BIBL.: J.Bocchialini, Poeti secondo Ottocento, 1925, 150.

LONGINOTTI FERDINANDO 
Tornolo 30 aprile 1862-Sabarguma 28 ottobre 1892
Figlio di Rocco e di Carolina Lusardi.Frequentò dall’età di dodici anni il Seminario di Berceto e fu ammesso il 2novembre 1880 nel Collegio Alberoni di Piacenza.Fu ordinato sacerdote nel 1886, quando già dal 16 novembre 1883 era entrato nella Congregazione dei Lazzaristi.Nell’ottobre del 1888 si recò a Roma per l’esame di Teologia (amico del noto Alberto Barberis, volle probabilmente in un primo tempo darsi a quegli studi) per poi iniziare il ministero religioso. A Roma incontrò il Crouzet, vescovo di Zefira e vicario apostolico nell’Abissinia.L’incontro fu decisivo per il Longinotti: egli chiese di accompagnare il Crouzet, non essendogli stato concesso di andare alle missioni della Cina, alle quali aspirava.Ottenuto il permesso, partì il 24 novembre 1888 per la missione dell’Eritrea.In un primo tempo insegnò teologia a Keren, poi fu maestro ai fanciulli indigeni a Akrour, infine fu cappellano delle truppe italiane allora accampate all’Asmara.Ritornato a Massaua, doveva ancora recarsi a Keren in servizio per le truppe, quando si ammalò. Da Massaua partì ugualmente per Saati e poi per Sabarguma, dove morì.
FONTI E BIBL.: E. Nasalli Rocca di Corneliano, Missionari Piacentini in Africa, Piacenza, Porta 1935, 19; Parmensi nella conquista dell’Impero, 1937, 48-49;  Gazzetta di Parma 2 febbraio 1987, 3.

LONGINOTTI FERDINANDO 
Santa Maria del Taro 5 dicembre 1886-Gravedona 9 novembre 1977
Legò il periodo della sua fanciullezza alla frazione di Carzeto, ove trascorse lunghi periodi presso i nonni paterni.Fu proprio il priore di Carzeto, Gabrielli, a incoraggiare e beneficare la sua vocazione sacerdotale fino alla sacra ordinazione, avvenuta nel 1911. A Carzeto, in segno di riconoscenza, il Longinotti volle celebrare la sua prima messa.Prestato il servizio militare nel Corpo di Sanità durante il periodo della prima guerra mondiale e svolta poi la carica di direttore spirituale nel Seminario di Bedonia, conseguì a Piacenza la laurea in teologia nel 1923.Nominato arciprete di Castelnuovo Fogliani nel 1926, si distinse subito per la sua intraprendenza.Tra le varie opere condotte a termine occupa un posto preminente la monumentale chiesa parrocchiale realizzata su progetto dell’architetto Uccelli.Dopo essere stato, il 30 novembre 1934, consacrato Vescovo, assunse la guida della diocesi di San Severino Marche e Treja, che tenne per trentadue anni con notevole impegno pastorale e ripetute prove di un’instancabile azione costruttrice diretta in particolar modo verso il patrimonio storico e artistico del territorio a lui affidato.Ritiratosi a Barna di Plesio, realizzò un’opera di spiritualità e assistenza per sacerdoti, che affidò poi alla Congregazione del Folci.Il Longinotti volle essere sepolto nel cimitero di Carzeto.
FONTI E BIBL.: B.Colombi, Soragna.Feudo e Comune, 1986, II, 294-295.

LONGO LORENZO, vedi LONGHI LORENZO

LONTANI CRISTOFORO
Parma seconda metà del XVsecolo
Fusore di campane attivo nella seconda metà del XV secolo.
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, II, 223.

LOPEZ FRANCESCO MARIA o MARTIN, vedi MARTIN LOPEZ FRANCESCO MARIA

LOPEZ MICHELE 
Parma 21 dicembre 1795-Parma 7 settembre 1879
Nacque da padre spagnolo, impiegato dapprima alla Corte Borbonica e poi presso quella della Duchessa Maria Luigia d’Austria. Iniziò gli studi legali ma nel 1816, ottenuto un incarico al Museo di antichità di Parma, si dedicò e si specializzò negli studi d’arte e specialmente di archeologia.Nel 1823 fu riconosciuto appartenere alla società dei carbonari. Nel 1824 viaggiò molto in Italia (Firenze, Roma, Napoli e Sicilia) e all’estero e dovunque fu apprezzata la sua straordinaria competenza. Alla morte di Pietro De Lama (1825) il Lopez gli succedette quale direttore del Museo e tenne tale carica fino al 1867. Fu anche direttore degli spettacoli teatrali.Dal 1842 al 1847 diresse gli scavi di Velleia.Il Museo, sotto la direzione del Lopez, non solo si ampliò con l’annessione dell’alloggio riservato al direttore,  a cui volle rinunciare, ma anche si arricchì di preziose collezioni, come quella di vasi greco-italici (1828 e 1833), di antichità egiziane (1830 e 1832) e di preziose medaglie provenienti da diverse collezioni: Bissi (1833), Castiglioni e Rossini (1835), Caccia (1836), Beffa e Bonucci (1838-1839) e quelle famose del marchese Carlo Strozzi (1840). Il Lopez fu amato dai concittadini e stimato dai vari governanti che lo insignirono di importanti onorificenze.Nel 1836 fu consigliere privato della Regia Casa, nel 1838 cavaliere dell’Ordine costantiniano di San Giorgio, nel 1853 ebbe il titolo di commendatore dello stesso ordine, nel 1851 la croce di prima classe dell’Ordine di San Lodovico, nel 1855 fu consigliere onorario di Stato e nel 1865 il governo italiano gli diede le insegne di cavaliere mauriziano.Fu socio di molte accademie, membro effettivo dell’Istituto di corrispondenza archeologica di Roma e della Deputazione di storia patria di Parma e professore consigliere con voto dell’Accademia di Belle Arti di Parma. Fu socio Corrispondente dell’Accademia de’ Georgofili di Firenze, dell’Istituto delle Provincie di Francia, della Società Francese Archeologica di Caen, della Pontificia Accademia Romana di Archeologia, dell’Accademia Archeologica di Madrid e della Società Ligure di Storia Patria. Appartenne quale membro titolare all’Istituto d’Africa, socio onorario dell’Accademia Pontificia di Belle Arti di Bologna, dell’Ateneo Italiano di Firenze, dell’Accademia di Belle Arti di Milano e di quella Albertina di Torino.Fu inoltre membro della Commissione d’ornato per gli edifici costantiniani, Vice Presidente della Società d’incoraggiamento degli artisti di Belle Arti di Parma e Vice Presidente della Commissione Consultiva della Reale Orchestra di Corte. Nel 1867 si dimise dalla carica di direttore del Museo di antichità e il Governo, per riconoscenza, gli diede il titolo di direttore emerito.Tra gli scritti di maggiore importanza del Lopez, vanno ricordati: Necrologia di Pietro De Lama, Pitture dello Scaramuzza (Il Facchino, 1844), Scoperta di antichi mosaici a Pontenure, Antichità patrie (Gazzetta di Parma, 1833e 1847), Lettere intorno alle ruine di un antico teatro scoperto in Parma (Parma, 1844), Brevi cenni intorno alla vita di Giovanni Francesco Enzola, Notizie intorno alla vita e le opere di Cristoforo Temperelli (Strenna parmense, 1842-1843), Cenni sull’Antelami (Il Saggiatore, 1846), Il Battistero di Parma (Parma, 1864), Aggiunta alle zecche e monete parmigiane (Firenze, 1869), Catalogo della serie Bekeriana (Parma, 1831), Descrizione d’un ripostiglio (Supplemento alla Gazzetta di Parma 11 febbraio 1832), Cenni storici sulla lira di Parma (Il Facchino 15 ottobre 1842).
FONTI E BIBL.: G.B.Janelli, Dizionario biografico dei Parmigiani, 1880, 90-95; O.Masnovo, Patrioti del 1831, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1937, 179;A.V. Marchi, Figure del Ducato, 1991, 196.

LORENA ALICE MARIA CAROLINA, vedi BORBONE PARMA ALICE MARIA CAROLINA

LORENZANI GUIDO
Collecchio 1905/1939
Fu Commissario prefettizio del Comune di Collecchio a partire dal maggio 1925.Divenne in seguito Podestà e tale carica ricoperse fino al maggio 1933 e poi dall’aprile al maggio 1939.
FONTI E BIBL.: U.Delsante, DizionarioCollecchiesi, in Gazzetta di Parma 15 febbraio 1960, 3.

LORENZELLI CARLO ANTONIO CIPRIANO
Parma 14 novembre 1741-Parma 5 gennaio 1833
Figlio di Rinaldo e Maria Bertuzzi. Fu scelto tra gli illustri cento uomini addetti al tempio della Cattedrale di Parma (Venerando Consorzio) e tra i sacerdoti di corte.Dotto in tutta la materia liturgica, raccolse una rara collezione di libri di tale genere, che fu poi lasciata in eredità ad Antonio Peracchi.
FONTI E BIBL.: Epigrafi della Cattedrale, 1988, 196.

LORENZIN IOLANDA, vedi PERACCA JOLANDA

LORENZINO 
Parma prima metà del XVII secolo
Archibusiere attivo nella prima metà del XVII secolo.
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, V, 208.

LORENZO 
Collecchio 1092
Abitante di Collecchio del quale si sa soltanto che, in data 2 aprile 1092, insieme alla moglie Roza, fece una donazione al Capitolo di Parma di alcune terre poste in località Campolongo, che forse, a giudizio del Botti, sta per Campirolo.L’atto fu stipulato dinanzi al notaio Uberto.
FONTI E BIBL.: U.Delsante, DizionarioCollecchiesi, in Gazzetta di Parma 15 febbraio 1960, 3.

LORENZO DA CORNIGLIO Corniglio 1509 Fu strumentaio, fabbricatore di strumenti armonici, attivo in Parma nell’anno 1509.

FONTI E BIBL.: H.Vercheval, Dizionariodel violinista, 1924.

LORENZO DA CORNIGLIO, vedi anche CORNIGLI LORENZO

LORENZO DA PARMA
Parma 1452/1487
Frate minore, fu più volte Definitore. Nel 1452, unitamente ad altri, fu deputato a ricevere il convento di SantaMaria del Monte Oliveto in Piacenza, prendendone possesso in nome della Provincia il giorno 17 luglio dello stesso anno (Flaminio, t.3, 54).Nel convento di Sant’Angelo in Cremona, il 3 maggio 1463, venne eletto, per la prima volta, Vicario della Provincia (Atti Capitolari, t.1, 13). Durante il suo governo, accettò il convento di Imola e da Roma ebbe facoltà di erigere il monastero delle suore, detto della Ripa, in Forlì, il convento dell’Osservanza presso le mura di Ravenna e quello della Santissima Nunziata presso Bologna, fuori della porta SanMamolo (Atti Capitolari,t.1, 14; Flaminio, t.1, 55; Fernando, 105, 106).Fu eletto Vicario provinciale per la seconda volta, nel convento di Sant’Angelo in Cremona, il 10 maggio 1475: Ista sunt quedam ordinata in Capitulo Cremone celebrato per R. p.fr. Angelum de Clavasio Vicarium generalem, ac per patres eiusdem Capituli Diffinitores, videlicet p. fr.Laurentium de Parma in Vicarium provintie tunc electum (Atti Capitolari, t.1, 49). Fu infine eletto Vicario per la terza volta in Capitulo provinciali in loco Veruculi celebrato 1487, 26 madii (Atti Capitolari, t.1, 83; Fernando, 108).
FONTI E BIBL.: Beato Buralli 1889, 216; G.Picconi, Ministri e Vicari Provinciali, 1908, 369-370, 372 e 380.

LORENZO DA PARMA o PARMENSE, vedi anche FRAGNI LORENZO, FRAXOLA FERDINANDO e LENARA LORENZO

LORENZO DA ZIBELLO, vedi BARONI OTTAVIANO e GAMBARA GIOVANNI BATTISTA

LORENZO MARIA DA ZIBELLO, vedi GAMBARA CARLO MARIA

LORENZONI ANTONIO 
Parma prima metà del XIXsecolo
Pittore e scenografo attivo nella prima metà del XIXsecolo.
FONTI E BIBL.: E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, IX, 175.

LORETI CARLO
Parma 1916-Sidi Breghisc 23 dicembre 1941
Figlio di Annibale.Sottotenente di complemento del 66°Reggimento Fanteria Motorizzato, fu decorato di medaglia di bronzo al valor militare, con la seguente motivazione: Comandante di plotone in un lungo ciclo di aspra lotta era di esempio per ardire e sprezzo del pericolo.Si offriva volontario per il recupero di automezzi e munizioni, e mentre effettuava una di queste sue audaci azioni, veniva gravemente ferito.Trasportato in un ospedale da campo, ove poi spirava, esprimeva il suo vivo rimpianto per aver dovuto abbandonare il proprio reggimento.
FONTI E BIBL.: Bollettino Ufficiale 1951, Dispensa 31a, 4603; Decorati al valore, 1964, 91.

LORGNA GIOCONDO PIO
Tresana 27 settembre 1870-Venezia 8 luglio 1928
All’età di undici anni venne accolto dallo zio, già frate minoritico, Luigi Lorgna, arciprete di Torrile.Frequentò le scuole del luogo e poi, nel 1883, entrò nel Seminario di Parma, ove fu per sei anni alunno del rettore Andrea Ferrari.Nel 1889 entrò nell’Ordine di San Domenico.Consacrato sacerdote, fu poi destinato al Santuario della Madonna del Rosario di Fontanellato, ove rimase fino al 1905, ottenendo dalla Santa Sede il titolo di Basilica al detto Santuario.Fu poi nominato parroco della Basilica dei Santi Giovanni e Paolo in Venezia.Vi fondò la Congregazione domenicana della Beata Imelda, addetta perpetuamente all’adorazione della Santissima Eucarestia, la quale ebbe larga diffusione con case e istituti anche all’estero.Fu l’animatore indefesso del completo restauro della Cappella del Rosario, eretta in quella Basilica in memoria della vittoria di Lepanto, che il Lorgna aveva trovato in abbandono dopo il grave incendio del 1867.Morì in concetto di santità, dopo lunga e straziante malattia, a 58 anni di età.
FONTI E BIBL.: G.Leporati, Aurora Consurgens, 1933; B.Molossi, Dizionario biografico, 1957, 87; I.Dall’Aglio, Seminari di Parma, 1958, 171-172; Servo di Dio p. Giocondo Pio Lorgna nel 1° centenario della nascita, Milano, 1971.

LORI RODOLFO
Felino-aprile 1944
Fu partigiano del distaccamento Griffith col nome di battaglia di Domenico.Morì per le ustioni riportate in combattimento.
FONTI E BIBL.: Ufficio toponomastica del Comune di Felino.

LORIA EUGENIA
1854-Parma 1915
Appartenente a famiglia ebrea, sposò il padre dell’avvocato Giuseppe Melli.Gentildonna di distinzione aristocratica e di nobile sentire, spese la sua vita in un’infinità di opere di pietà, beneficando i poveri e i diseredati.
FONTI E BIBL.: B.Molossi, Dizionario biografico, 1957, 99.

LORINCELLO DA PARMA 
Parma XVIII secolo
Liutaio. Il Vannes scrive che questo nome risultava sull’etichetta trovata su di un violino settecentesco, riparato dal liutaio Bisiach di Milano.
FONTI E BIBL.: G.N. Vetro, Dizionario, 1998.

LOSCHI ANTONIO Parma 1286 Fu giudice in Parma nell’anno 1286. 

FONTI E BIBL.: F. da Mareto, Indice, 1967, 533.

LOSCHI ARMANNO
Parma-Roma post 1538
Dopo essere stato Segretario del cardinale di Santa Maria in Portico in Roma, al tempo di papa Clemente VII ebbe luogo tra gli scrittori apostolici nella Curia romana.Ottenne poi il Protonotariato e fu canonico della Chiesa Parmense senza obbligo di residenza.Suoi amici furono Giambattista Sanga, Latino Juvenale e Ricciardo Milanini.Rimangono del Loschi due lettere, una al Juvenale del 1529, dove, oltre ad affermare di non avere ancora gli Ordini sacri, si lamenta che il vicario della Chiesa di Parma volesse usargli violenza perché si tagliasse la barba, e l’altra del 1538 al Milanini, in cui si duole degli insulti che erano stati fatti in Parma alla Corte di papa Paolo III.Entrambe, scritte con moltissima eleganza, stanno nel libro primo delle Lettere facete raccolte dall’Atanagi.
FONTI E BIBL.: I. Affò, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, 1743, IV, 11-12; A.Pezzana, Memorie degli scrittori, VI/3, 1827, 669-671.

LOSCHI BERNARDINO 
Parma 1460-Carpi 1540
Figlio di Jacopo d’Ilario.È documentato al servizio di Alberto Pio, signore di Carpi, dal 1500 in poi ma vi lavorò probabilmente già negli ultimi due decenni del Quattrocento. Artista arcaizzante, mescolò nelle sue opere elementi tratti dalla cultura parmense e modenese della fine del Quattrocento, aggiungendovi suggestioni tratte dal Mantegna.Da Alberto Pio ebbe l’incarico di sovraintendere alle fabbriche della chiesa della Sagra, del Duomo, della chiesa di San Niccolò, ai lavori nel lato nord-est del castello e del relativo cortile.La tradizione indica in lui il pittore che, in collaborazione con G. del Sega, decorò e affrescò la cappella Pio.Di questo ciclo sussistono nell’androne che conduce alla cappella medesima le Storie di Cristo e della Vergine, condotte in maniera assai grossolana, così che il Loschi par che rumini il cibo artistico avuto dal padre (A. Venturi). Nell’interno della cappella, poi, egli si prova a far del suo meglio nel raffigurare Alberto Pio che in compagnia dei familiri dona un agnello all’altare.Notevole il tentativo di caratterizzare il Pio e coloro che lo circondano, benché il disegno nelle mal piantate figure sia stento (A.Venturi). Gli sono anche attribuite le decorazioni ad affresco della cupola della chiesa di San Niccolò, delle sale dei mori e del principe in castello.Si conservano del Loschi tre opere firmate: l’Incoronazione della Vergine fra i santi Geminiano e Felice (trittico datato 1500) nella chiesa di San Felice sul Panaro presso Modena, la Madonna col Bambino fra i santi Agostino e Nicola (1515, Modena, Galleria Estense) e il San Rocco (Carpi, San Niccolò). L’Incoronazione della Vergine è un intero altare, alto metri 3,08, largo metri 2,45, ricco d’intagli e dorature di buono stile e abbastanza ben conservato.Sopra elegante basamento poggiano tre arcate a tutto sesto, di ordine corinzio, coi pilastri intagliati, che dividono la parte principale dell’altare in tre uguali ripartimenti.Sopra le arcate corre una ricca cornice, che sostiene un’ampia lunetta.Nel ripartimento di mezzo è rappresentata l’Incoronazione di Maria Vergine con ai piedi due angioletti in atto di suonare e cantare a un tempo.Dei ripartimenti laterali, quello a destra ha la figura in piedi di un santo vescovo e martire che si ritiene San Felice, protettore del paese per il quale fu fatto l’altare, l’altro ha pure un vescovo santo che tiene sulla mano una città sulla porta della quale è scritto Modena, il che fa ritenere che il Loschi abbia voluto effigiarvi San Geminiano, protettore non solo di Modena ma di tutta la Diocesi, alla quale appartiene la terra di San Felice sul Panaro.Entrambe queste figure di vescovi sono ricche di dorature e accuratissime negli accessori.Nella lunetta è rappresentato Gesù Cristo sorgente dal sepolcro con Maria Vergine da una parte e San Giovanni dall’altra. Osserva il Venturi, a proposito della Madonna col Bambino, che nello studio dell’architettura, dove sono resi a imitare un bassorilievo, genietti, tripodi, ippogrifi, bucrani e aquile cornucopie, il Loschi mostra d’aver rinnovato i materiali ereditati dal padre mercè lo studio del classicismo mantegnesco.Una qualche riflessione delle forme di Andrea si vede anche nelle teste dei putti e degli angioletti musicanti ai piedi del trono.Ma il debole pittore sembra mutare in legno intonacato di stucco a colori i grandi esemplari. Altre opere a lui attribuite si trovano nel Museo di Carpi.Gli spetta con ogni probabilità anche il Ritratto di Alberto Pio III della National Gallery di Londra, già datato MDXII. Il Loschi ebbe in moglie Margherita Dolcibelli, sorella del celebre tipografo Benedetto, famiglia originaria di Spezzano ma trapiantata in Carpi verso il 1430.
FONTI E BIBL.: G.Tiraboschi, Notizie dei pittori di Modena, Modena, 1786; L.Lanzi, Storia, Bassano, 1789, I. Affò, Il Parmigiano servitore di Piazza, Parma, 1794; G. Campori, Artisti italiani e stranieri negli Stati Estensi, Modena, 1855; J.Burckhardt, Der Cicerone, 1855; Cavalcaselle e Crowe, A History, 1871, I; H.Semper, F.P.Schulze, W. Barth, Carpi, Dresda, 1882; A. Venturi, La RegiaGalleriaEstense in Modena, Modena, 1883; A. Venturi, Pittori parmigiani del ’400, in L’Arte, 1900; A. Venturi, Storia, Milano, 1914, VII, 3; N.Pelicelli, in U.Thieme-F.Becker, Künstler-Lexicon, Lipsia, XXIII, 1929; A. Venturi, La pittura del ’400 nell’Emilia, 1931; R.Longhi, Officina ferrarese, Roma, 1934; B.Berenson, Pitture italiane del Rinascimento, Milano, 1936; A.O. Quintavalle, La RegiaGalleria di Parma, Roma, 1939; R.Pallucchini, I dipinti della GalleriaEstense di Modena, Roma, 1945; Enciclopedia Pittura Italiana, II, 1950, 1412-1413; E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, 1911, 34-35; P.Foresti, La cappella Pio nel castello comunale di Carpi, in Bollettino d’Arte 1912; G.Copertini, Il Parmigianino, Parma, 1932; DizionarioBolaffi Pittori, VII, 1975, 46.

LOSCHI CESARE 
Salsomaggiore inizi del XVIIsecolo-Piacenza seconda metà del XVII secolo
Fu tra i consoli e sapienti del Collegio notarile di Piacenza nel periodo in cui si provvide a rinnovare lo statuto del collegio medesimo.Gli viene attribuito il manoscritto Plac: jud: praxis, conservato nella Biblioteca Landiana, che fu ripreso e munito di indice da Leonardo Cesare Loschi, anch’egli reputato giureconsulto.
FONTI E BIBL.: L.Mensi, Dizionario biografico dei Piacentini, 1899, 248; D.Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 230.

LOSCHI COSIMO
Parma 1452 c.-1535/1539
Figlio di Jacopo d’Ilario e fratello del più noto Bernardino, lavorò a Carpi come pittore per Bernardino Pio. Le notizie documentarie carpigiane che lo riguardano cadono tra il 1511 e il 1534, mentre risulta già morto in un documento ferrarese del 1540. Da un atto carpigiano del 14 aprile 1511 si apprende che il Magnifico Bernardino Pio sborsa lire 100 per dote di Francesca sua serva concessa in moglie a Cosimo Loschi da Parma del fu Iacopo, pittore e famigliare del suddetto Bernardino, il quale in appresso fece dono a Cosimo di beni stabili ed ancora del privilegio di far uso del cognome e dello stemma della famiglia Pio(Campori). Si trova ancora menzione del Loschi in parecchi rogiti carpigiani delgi anni 1520, 1521, 1522 e 1534. Ebbe un figlio di nome Giovanni Andrea, alla morte del quale (1562) la famiglia dei Loschi rimase estinta. Non si conoscono sue opere.
FONTI E BIBL.: G. Campori, Gli artisti, Modena, 1877, 298; E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, 1911, 36; U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexicon, XXIII, 1929; Dizionario Bolaffi Pittori, VII, 1975, 46.

LOSCHI FRANCESCA 
Parma 1472
Figlia di Giacomo (forse il pittore), fu vice priora del convento di San Domenico in Parma.
FONTI E BIBL.: Rogitodi Martino Ricci, 22 settembre 1472, in Archivio di Stato di Parma; E. Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, 1911, 42.

LOSCHI GABRIO
Parma 1355/1378
Giureconsulto di valore, lesse pubblicamente negli studi universitari di Parma, Padova e Bologna. Nell’anno 1378 alcuni cardinali francesi, malcontenti dell’elezione di papa Urbano VI, recatisi a Fondi, gli contrapposero il cardinale Roberto di Ginevra, che assunse il nome di Clemente VII.Insorse allora una feroce questione tra i giureconsulti su chi avesse dovuto essere riconosciuto vero papa, sostenendo chi la parte di uno, chi la parte dell’altro. I cardinali elettori di Urbano VI, volendo giungere a una decisione inappellabile, si rivolsero al Loschi, il quale stese una ragionata Allegazione a favore dello stesso Urbano VI (codice Vaticano 761). Il notaio Andrea Niviano da Parma, che la trascrisse, dopo avere descritto le circostanze delle due elezioni, prosegue affermando: Propter quod cum inter mundi Doctores pro utriusque electione varia in jure dissertatio nasceretur, traheretque nunc unus ad unum, nunc unus ad alium, Excellentissimus Legum Doctor Dominus Cabrius de Luschis natione Parmen. capto pro themate quaestionis praedictae illo colore, quem ipsi Cardinales Gallici contra dicti Domini Urbani adduxerunt, causam ipsam subtilissime peroravit, et definivit.È questa l’unica opera del Loschi che si è conservata.
FONTI E BIBL.: I.Affò, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, II, 1789, 90-91; A.Pezzana, Memorie degli scrittori, VI/3, 1827, 669-671.

LOSCHI GIACOMO, vedi LOSCHI JACOPO

LOSCHI GIACOMO ANTONIO 
Salsomaggiore 1741/1750
Fu Commissario e dottore notaio in Pellegrino nel 1741-1750. Il 14 ottobre 1741 pubblicò una grida per la risistemazione delle strade del marchesato e il 20 giugno 1745 il calmiere per il pane venale d’ordine del marchese Giovanni Fogliani, messo fuori a lire 15 e soldi 10 allo staro di frumento.
FONTI E BIBL.: A.Micheli, Giusdicenti, 1925, 14-15.

LOSCHI GIOVANNI 
Parma 1369 c.-Parma 1449/1454
Figlio di Antonio. Maestro di manara ricordato in diversi atti notarili: 8 luglio 1419, rogito riguardante il pagamento della dote di Giovannina Vincenzi da Beduzzo moglie del maestro Giovanni del Loschi f.q.m Antonio maestro di Manara della vic.a di San Vitale (rogito di Giovanni da San Leonardo, in Archivio di Stato di Parma); 21 giugno 1419, donna Gherardina f. del fu Simonetto de la Cassa e moglie di Giovanni di Baiardi da Calestano, riceve ll. 10 imp.i da Giovannina f. q. Giacomo de Vincenzi da Beduzzo moglie Iohannis de Luschis magistri manariae della vic.a di San Vitale in Parma a lei dovute per disposizione testamentaria di donna Caterina f. q. Gherardo de la Cassa già moglie di Giacomo de’ Vincenzi da Beduzzo (rogito di Giovanni da San Leonardo, in Archivio di Stato di Parma); 8 ottobre 1419, Giovannina f. del fu Giacomo de Vincenzii di Beduzzo e moglie di Giovanni de Luschis maestro di manara nella vicinanza di San Vitale (rogito di Giovanni da San Leonardo, in Archivio di Stato di Parma); 11 aprile 1443, In Christi nomine amen, anno a Nativitate eiusdem Mccccxliij, Indictione sexta die xj mensis Aprilis. Magister Iohannes de Luschis f. q. Antonii civis parme vic.a santi Apolonarii, omni modo, ordinavit suos veros et certos nuntios actores et legiptimos defensores diversi legisti di Parma nec non Illarium et Antonium de Luschis eius filios absentes, tamquam presentes et quemlibet ipsorum in solidum, ad ultimare diverse liti nelle quali trovavasi avvolto, concedendogli in pari tempo tutte quelle più ampie facoltà solite accordarsi a siffatti procuratori, coll’ingiunzione speciale ed espressa che dictos Ilarium et Antonium eiusdem costituentis filios ad dandum, vendendum et tradendum ac datum venditionis et traditionem faciendam per publicum et solempne instumentum et cum clauxulis necessariis et opportunis in similibus fieri requisitis, Venerabili viro Donno Iohanni de Merono presbitero parm., de una domo ac utile dominio et milioramentis unius domni murate et copate cum cura et puteo posite in civitate parme in vic.a Sancte Apolonarii, confinat ab Azonis de Guarambertis, ab Pauli de Penzamalis, ab Albertini de Honestis muratoris ab pauli de Bartolotis et ab duabus via communis, salvis aliis confinibus livellarie dicti Costituentis pro pretio librarum tercentum triginta imper. (rogito di Martino Rizzi, nell’Archivio Notarile, Parma); 30 giugno 1457, Maddalena de Luschis f. q. maestro Giovanni e moglie legittima dell’egregio Giovanni Gariboldi di Milano f. di Pietro, citt.° ed abit.e col marito in Parma nella vic.a di San Bart.° della ghiaia riceve da D. Luca de Bechignis lire 300 imp.i che gli erano state date in confessione sotto sigillo del segreto perchè fossero date alla stessa. In questa circostanza il marito presta il suo assenso a quest’atto collocando la detta somma in aumento della dote di Maddalena stessa (rogito di Galasso Leoni, Archivio Notarile, Parma); 16 giugno 1464, In Christi nomine Amen. Anno a Nativitate eiusdm M° cccclxiiij. Indicione duodecima, die sexto decimo mensis iunii. Antonius de Luschis filius condam Magistri Iohannis habitator civitatis parme in vicinia sancti Ambroxii porte nove, profitens se lege romana vivere per se suosque heredes, ac sponte et ex certie animi scientia et non per errorem iuris vel facti metus titulo donationis inter vivos quae vitio ingratitudinis in perpetuum dedit, tradidit atque donavit, ac dat tradit et donat discrete domine Magdalene de Luschis filie condam dicti Magistri Iohanni sororis sue habitatrici civitatis parme in vicinia sancti bartolamei de glarea porta de parma, ibi presenti, acquirenti, stipulanti et recipienti pro se suisque heredibus et successoribus, et cui vel quibus dederit vel dabit infrascriptas petias terrarum cum domibus et hedifitiis super eis positis et hedeficatis iuris dicti Antonii de Luschis donatoris, videlicet primo unam peciam terre laborat arbor et avidat in pluribus campis contiguis et cum duabus domibus contiguis, videlicet una coppata et terrazata, et una alia murata et coppata cum uno furno murato et terrazato et cum uno puteo murato super ea petia terre positis et hedeficatis et cum omnibus iuribus, iurisdicionibus, pertinentiis et accessibus ipsi pecie terre quorumlibet spettantibus et pertinentibus posita in terra de Ruvarollo districtus Parme et parte in villa de Ugozollo districtus eiusdem, cui pecie terre sunt fines ab via communis, ab in parte Baldisseris et fratris de Galanis, ab heredum quondam Magistri Bartolini de Grossis pictoris, ab Ruglerii de Rugleriis et ab dicti donatoris, que aequisivit a Monasterio seu Conventu Sancti Pauli parme, videlicet respectu infrascripte alterius pecie terre salvis aliis confinibus pluribus et verioribus si qui forent, que est per justam mensuram ut dixerunt predicti contrahente babulcae xxvj, pert. quatuor, tabule decem pedes novem, one quinque et ponti sex et actime decem terra, Item unam aliam peciam terre lavor. arbor. et avidat positam ut supra in dicta villa de Ugozzollo sive Ruvarollo confinatam a duabus via co.is ab dicti donatoris respectu suprascripte proxime pecie terre salvis ut supra, que dicitur esse bobul. quatuor terre vel circha. Item unam alia petiam terre lavor. arbor. et avidat. positam ut supra confinat a duabus dicti donatoris respectu dicte prime pecie terre, et ab iuris monasterii sancti Iohannis Evangeliste salvis ut supra que dicitur esse bobul. sex terre vel circha quas pecias terrarum cum dominibus et hedificiis suis dictus Antonius donator aquisivit a condam Iohanne de Guariboldis partim per viam donacionis et partim per viam codicili (rogito di Pietro Del Bono trascritto nell’atto d’insinuazione eseguita lo stesso giorno dal notaio Pavarani nell’unica filza degli atti di quest’ultimo depositata nell’Archivio Notarile, Parma).
FONTI E BIBL.: E. Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, 1911, 36-39.

LOSCHI GIOVANNI 
Parma 1426 c.-post 1507
Figlio di Ilario e fratello di Jacopo. Detto Giovanni da Parma, fu attivo a Parma nella seconda metà del XV secolo e all’inizio del XVI. È ricordato in relazione a una tavola che si trovava nella sagrestia delle monache benedettine di Santa Maria Maddalena in Pesaro, che reca la scritta: giovano de lario da parma adi 12 luio 1496. Afato a fare el fatore de le sore. Il nome del Loschi compare anche in un atto notarile:  19 ottobre 1441, Mccccxlj Inditione iiij die xviiij Octobris. Pateat universis et singulis presens instrumentum inspecturis qualiter Magister Iohannes de Luschis f. Ilarii civis parme vicinie sancti Apolonaris porte nove Constitutus coram Magistro Albertino de Honestis vic.e suprascripte sancti Apollonaris magistro a muro et faciente tunc unum murum intermediante curias domorum ipsorum Iohannis et Albertini iuxta puteum communis ipsorum posit. in dicta vic.a Sancti Apollinaris tunc fabricatum et constructum equalem terreno curie domus dicti Albertini et proicendo idem Magister Iohannes tres lapilos super dicto opere eidem Magistro Albertino audienti et intelligenti denunciavit novum opus (rogito di Antonio Boroni, Archivio Notarile, Parma)
FONTI E BIBL.: E. Scarabelli Zunti, Documenti e memorie di Belle Arti parmigiane, 1911, 36-38 e 40; Thieme-Becker, XXIII, 1929; Dizionario Bolaffi pittori, VII, 1975, 46-47.

LOSCHI GIOVANNI PIETRO 
Parma 1530/1537
Sacerdote, fu cantore nella chiesa della Steccata in Parma dal 1530 al 1537.
FONTI E BIBL.: N. Pelicelli, La Cappella corale della steccata in Parma nel sec. XVI, 6; N.Pelicelli, Musica in Parma, 1936,14.

LOSCHI IACOBO o IACOPO, vedi LOSCHI JACOPO

LOSCHI ILARIO
Parma 1395-Parma luglio 1460
Figlio di Giovanni. Fu architetto, magistro a lignamine e forse anche pittore. Fu padre di una distinta famiglia di pittori contemporanea a quella dei Bembi e Vivarini: suoi figli furono Giacomo e Giovanni, suoi nipoti Bernardino e Cosimo, tutti pittori. Nel giugno del 1460 gli nacque una figlia cui pose il nome di Maria Giovanna. Uno dei figli maschi, non qualificato pittore, di nome Pier Antonio, già prima del 1474 sposò Apollonia del maestro Albertino degli Ottolini da Parma. Il Loschi è ricordato in diversi atti notarili:  27 settembre 1427, presente Ilario de Luschis, figlio di Giovanni, magistro a lignamine de Vicinia sancti Vitalis (rogito di Andriolo Riva, Archivio Notarile,Parma); 23 settembre 1436, testimonio Ilario de Luschis figlio Ioannis vicinae Sancti Appolinaris (rogito di Lodovico da Neviano); 6 aprile 1437, testimonio Ilario Loschi figlio di Giovanni della vic.a di Sant’Apollinare (rogito di Gaspare Zampironi); 12 marzo 1441, testimonio Ilario de Luschis filio Iohannis vic. sancti Apolonaris (rogito di Gaspare Zampironi); 9 gennaio 1441, Ilario de Luschis filio Magistro Iohannis vic. Sancti Apolonaris (rogito di Gaspare Zampironi); 30 marzo 1445, Ilario de Luschis figlio Ioannis della vic.a di S. Tommaso testimonio all’atto di ultime volontà di Angela Malarusi de Scurcura (rogito di Gherardo Mastagi); 16 febbraio 1448, actum in civitate parme in et sub Iobia domus habitationis Domini Iacobi de Pongolinis Advogadri Communis parme sita in vicinia sancti Ambroxii, presentibus Magistro Ylario de Luschis f. quomdam Iohannis vic.ae sancti Ambroxii (rogito di Gaspare Zampironi); 17 aprile 1451, Maestro Bartolomeo figlio di Maestro Ilario de Luschis della vic.a di Sant’Ambrogio testimonio ad un atto di Gaspare Zampironi; 2 luglio 1458, Bartolomeo de Luschis figlio di Ilario della vic.a di Sant’Olderico, interviene quale testimonio all’atto di ultime volontà di Pietro Pagani ric.° dal notaio (Galasso Leoni, Archivio Notarile, Parma); 14 luglio 1451, testimonio Bartolomeo filio Magistri Ilarii de Luschis viciniae sancti Ambroxii, porte nove (rogito di Galasso Leoni); 3 novembre 1467, Iacopina de Luschis f. q. Magistri Illarii uxor  relicta quondam Baldessaris dicti Mambrini de Giavardi, civis et abit. civitatis parmae in vicinia Sancti Odorici profiteris vende a Giovanni f. di Franceschino de Aninonis abitante nella villa di Rocca Lanzona in contrada de la Guizaria sive Oxelaria una pezza di terra parte saldiva e parte a vigna posta nella contrada stessa di Guizzaria (rogito di Pier Benedetto Zandemaria, Archivio Notarile, Parma); 9 dicembre 1468, testimonio Bartolomeo de Luschis f. q. Magistri Ilarii della vic.a di Sant’Uldarico (rogito di Galasso Leoni, Archivio Notarile, Parma); 22 novembre 1485, Giovannina f. q. m. Ilario Loschi moglie in primo matrimonio del fu M.° degli Ugozoni e al presente maritata in Donnino de Rezij f. q. Pietro abitante nella terra di Sissa vende una casa in Parma nella vic.a di S.M. Borgo Taschieri ai fratelli Gian Pietro ed Antonio Benzi della villa di Fognano, in prezzo di lire 108 imp.i (rogito di Gio. Lodovico Sacca, Archivio Notarile, Parma).
FONTI E BIBL.: E. Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, 1911, 35-36 e 39-42.

LOSCHI JACOPO 
Parma 1425-Carpi 1503
Figlio di Ilario. Sposò prima del 1464 Lucrezia Grossi. Ricordato per la prima volta come pittore nel 1457 a Parma, dipinse in compagnia del genero, Bartolino de’ Grossi, gli affreschi non più esistenti della cappella grande di San Francesco a Parma tra il 1462 e il 1464 e proseguì il lavoro dopo la morte del Grossi nel 1468. Da pagamenti ricevuti nel 1460 si sa che il Loschi dipinse per il Duomo di Parma due pale (per gli altari di San Bernardo e di Sant’Agata) e una pace con il Sepolcro di Cristo (opere perdute). Da documenti risulta inoltre che nel 1487 dipinse una pala, sempre in San Francesco, anch’essa perduta. Tra il 1487 e il 1488 lavorò per i frati di San Giovanni Evangelista. Nel 1496 risulta stabilito a Carpi, dove rimase fino alla morte. Oltre la pala cuspidata (Madonna in trono col Bambino tra angeli musicanti e l’Eterno) nella Pinacoteca di Parma, firmata e datata 1471, gli si possono attribuire anche il trittico con la Visitazione tra i santi Ilario e Girolamo (Parma, Galleria Nazionale), che deve precedere di poco la tavola firmata del 1471, e due affreschi provenienti dall’oratorio di San Girolamo, staccati e conservati nella Pinacoteca di Parma (La Madonna col Bambino e angeli fra i santi Sebastiano e Rocco, nella lunetta Cristo in pietà, e la Madonna col Bambino fra i santi Girolamo e Giovanni Battista, nella lunetta l’Eterno). I due affreschi si possono datare, secondo il Quintavalle che li restituì al Loschi, intorno al 1470. L’arte del Loschi, provinciale ma di notevole interesse, riflette motivi di cultura lombarda (Benedetto Bembo soprattutto) e mantegnesca.Giudicato in genere molto severamente dalla tradizione storiografica, è invece un elemento significativo per il chiarimento della situazione artistica parmense nella seconda metà del XV secolo. Pittore ritardatario e paesano, si ispirò soprattutto ai cremonesi che tradusse in forme rozze e sommarie (Quintavalle), così nel suo linguaggio realisticamente grossolano e volgare (A.Venturi) viene meno quanto era di nobile l’arte del Grossi. Pertanto non può ritenersi valida l’attribuzione a lui proposta di certi affreschi nelle cappelle Ravacaldi, Valeri e del Comune nel Duomo di Parma (che sarebbero, invece, per il Quintavalle, di maestranze anteriori e più dotate), per la superiorità rispetto, per esempio, alla Madonna, che sicuramente è del Loschi, nella Galleria di Parma. Il Loschi è ricordato in numerosi atti notarili: 14 settembre 1458, testimonio Iacobi de Luschis filio Magistri Ilarii, vic.ae Sancti Pauli pro burgo Anteriori (rogito di Simone Testa); 19 agosto 1460, In Christi nomine Amen. Anno a Nativitate eiusdem domini Millesimo quadrigentesimo sexagesimo, indicione octava, die decimo nono mensis Augusto Bartolameus et Iacobus fratres f. q.Magistri Ilarii de Luschis et f.q.dominae Caterinae de Costula filiae q.m Magistri Rolandini et olim uxoris dicte d.nae Caterinae heredes et hereditariis nominibus ab intestato pro partitibus eos et habit civitatis Parmae vid dictus Bartolameus in vic.a sancti Odorici, et dictus Iacobus in vic.a sancti Pauli pro burgo anteriori suis propriis et nomine et vice etiam Prosperi eorum fratris et Malgaritae, Luciae et Iohanninae sororum suarum etiam civium et habit. civitatis Parmae in vicinia Sancti Odorici praedica, filiorum q.m dicti Illari de Luschis et dictae D. Caterinae de Costula et ipsius q.m D. Catarinae heredum pro quibus Prospero, Malgarita, Lucia et Iohannina memorati Bartolameus et Iacobus fratres de Luschis de rato et rato hitione promisserunt et Domina Iacobina f. q. dicti Magistri Illarii ed d.nae Catarinae et ipsius d.nae Catarinae heres et hereditario nomine pro parte eam contingente ab intestato civis et habitatrix civitatis Parmae et in vicinia Sancti Thomae et uxor Baldesaris de Buteris. Domina Utilia f.q. Michaelis de Mantellis et uxor suprascripti Berholamei de Luschis, etiam civis et habitatrix civitatis Parmae una cum eius marito infrascripto in vicinia Sancti Odorici predicta cum parabola, auctoritate, voluntate et consensu suprascripti Barholamei de Luschis eius mariti, ibidem presentis quibus supra in simul coniunctim, divisim, separatim et de per se fecerunt, costituerunt, creaverunt, et solemniter ordinaverunt veros certos et indubitatos nuntios, actores, factores procuratores et legitimos deffensores provvidos et circumspectos viros dominos Petrum et Antonium de Pivianis, Guidonem Antonium de Antinis omnes cives et notarios parmenses (rogito di Pietro Benedetto Zandemaria, nell’Archivio Notarile, filza 1.a, n. 42, Parma); 28 novembre 1460, Bartolinus et Iacobus fratres de Luschis f. q. Magistri Illarii cives et habitatores civitatis parme in vic.a videlicet ipse Bertolinus Sancti Oddorici et ipse Iacobus Sancti Pauli pro burgo anteriori, suis nominibus, ac etiam nomine et vice Prosperi fratris sui et Malgarite, Luciae, Iohannine et Iohanne sororum suarum et f. q.m dicti illari pro quibus de rato riconoscono in padrone diretto Don Pier Paolo de Vaplano rettore di un Benefizio eretto nella Cihiesa di Sant’Ambrogio sotto il vocabolo di Sant’Antonio da Padova costituito sopra una casa posta in Parma in detta vicinia la quale dal benefiziato fu altra volta data a livello al padre loro Ilario Loschi (rogito di Galasso Leoni, Archivio Notarile, Parma); 28 gennaio 1461, Giacomo Loschi f. q. Ilario citt.° di Parma della vic.a di San Paolo nel Borgo  Anteriore tanto in nome suo, quanto de suoi fratelli si presenta al Vicario vescovile (rogito di Galasso Leoni, Archivio Notarile, Parma); 28 febbraio 1461,  Bartolomeo, Iacopo e Prospero fratelli e figli del fu Maestro Ilario Loschi, Iacobina, Margherita, Lucia e Giovannina sorelle e figlie dell’accennato Maestro Ilario, in forza di una locazione livellaria fatta dal defunto genitore possedevano una casa in Parma nella vic.a di Sant’Ambrogio, e della quale era padrone diretto il Benefizio di Sant’Antonio da Padova eretto nella detta chiesa.La casa venne visitata e stimata di consenso delle parti dai Maestri da muro Gabriele Martini da Piacenza e Gherardo Fatuli di Parma (rogito di Gherardo Mastagi, Archivio Notarile, Parma); 10 giugno 1467, Iacobo et Prospero fratribus de Luschis filiis condam Magistri Ilarii ambobus viciniae sancti pauli pro burgo anteriori (rogito di Sigismondo de Peguliis nell’Archivio delle Suore delle Grazie di Parma, cassa 1, filza A, n. 8, in Archiviodi Stato di Parma); 25 novembre 1473, le nobili ed oneste donne Tommasina ed Orsolina sorelle Grossi figli e del fu maestro Bartolino Grossi, moglie la prima di Niccolò degli Andreocis seco lui abitante nella vic.a di Santo Stefano, e l’Orsolina moglie di Ser Valentino Magnani abitanti nella parocchia di San Quintino legatarie di due parti, sopra tre, dei beni lasciati dal padre loro Bartolino come da suo testamento del 25 novembre 1458 ricevuto dal notaio Martino Ricci, nonché Ser Giacomo q.m Gregorio Balestrieri nella sua qualità di padre ed amministratore de’ figli suoi avuti dalla Luchina Grossi già sua consorte ed ora defunta, vendono a M.° Antonio di q.m Paolo Belloni da milano ora dimorante in Parma nella vic.a di San Sepolcro, una casa comune a loro tre sorelle posta in Parma nella vic.a di San Paolo nel Borgo anteriore. Detta casa aveva per confini sul davanti la via comune, cioè il Borgo anteriore citato e nel lato posteriore il Canale, da un lato le ragioni di M.° Iacobo Loschi, e Vincenzo Bonardi e dall’altra mediante il detto Canale gli eredi di M.° Guglielmo Palmia. In questa vendita dovevano essere escluse le ragioni e la parte già toccata a M.° Iacopo Loschi, come marito dell’atra loro sorella Lucrezia valutata in lire 148, sol. 10 imp.i  che n’era stato prima d’ora soddisfatto (rogito di Gio.Lodovico Sacca, Archivio Notarile, Parma); 1474, Bartolame’ taraschun sontrascripto de havere per una raxon saldata cum li ministri novi et vechii per la spexa che fu facta per la chapela et Anchona de nostra dona. Item de hauere per li dinari ha spexo per piadezare contro M.° Iacomo Loscho per dinari domandava più indebitamente per la anchona como appare in lo quaderneto a fo: 27, ll. viij, d. vj.; 1476, item numerati a Ser Nicolò de’ gabrieli procuratore de la causa de magistro Iacopo depintore a dì de zenaro de commissione ll. j; 1478, item de hauere, a Filipo cernitore per una copia de una scriptura contra de M.° Iacomo depintore a di 3 de lujo 1478 s. vj; Item de hauere a Ser Biaxio de Sacha che opexe a la letera ducale aveva obtenuto M.° Iacopo contra la Compagnia a dì subscripto s. xv; Item a Iacomo Montexello per dare a Filipo de cernitori che debe la conventione autenticata de li pacti de M.° Iacomo depintore a dì 6 de lujo 1478, per volerse defendere cum raxone contra el dicto s. vj; Item a Ser Pedro Del bun per il deposto de madona Margarita de cixiis, contra M.° Iacomo Loscho a dì 14 de agosto s. xijd; Item denari numerati a Cristophalo bazan a nomo de M.° Iacomo Loscho depintore e li fè bon Michelo de ludrignan a dì ij de zugno 1479, como a fare per pub.° Istrumento rogato per ser Gasparo dal Prà pubblico notaro ll. iiij, s.xvj; Item per dinari numerati a Bernardo Schufori quali luy deseveva havere da M.° Iacomo Loscho depintore, de voluntade de li Sindici et Officiali a die primo Iulii 1480 ll. j. (spoglio del Libro Rosso dell’Entrata e Spesa della Confraternita dell’Immacolata Concezione eretta nella chiesa di San Francesco del Prato in Parma, cc. 3, 37, 52, 66 e 80); 15 dicembre 1479, actum parme in Vic.a Sancti Stefani in domibus Sancti Antonii viennensis sub Iobia parva versus Sancti Stefani presentibus Venerabile viro domino Ludovico de Pellatis Magistro Iacobo de Luschis f. q.m Magistri Lazari deve dire Ilario o Lario vicinie sancti Stefani (rogito di Pietro del Bono); 13 giugno 1481, frate Domenico da Imola, vescovo di Lidda e suffraganeo di quello di Parma  trovandosi nella Sagristia argenti ecclesiae S.cti Antonii viennensis de parma ordinavit ad primam come tonsuram infrascriptos pueros videlicet. Bartolinum de Luschis filium Magistri Iacobi de Luschis et in codem loco ordinavit suprascriptus D.Episcopus ad quatuor ordines minores Franciscum de Mazolis filium Bartolamei et Bertolinum de Luschis filium Magistri Iacobi (rogito di Antonio Maria Pavarani, Archivio Notarile, Parma); 26 giugno 1483, Magistro Giacomo de Luschis f. q.m Magistri Illarii civis et habitator civitatis parme in vicinia Sancti Stefani restituisce lire 22 soldi 10 imp.i  a Melchiorre de Caretis, sborsate da quest’ultimo in acconto e caparra di permuta di stabile che doveva fra loro seguire e non fu fatta (rogito di Gio.Lodovico Sacca, Archivio Notarile, Parma); 1483, M.ro Giacomo Loschi f. q.m Ilario citt.° abit.e nella vic.a di Santo Stefano nell’interesse de’ suoi figli Bernardino, Bertolino, Cosimo, Orsolina, Francesca e Fiorenza nati dalla defunta moglie sua Lucrezia Grossi permuta con Melchiorre Caretti la casa che aveva in Borgo de’ Minelli di ragione de’ suoi figli con una pezza di terra lavoria posta in clauxuris civitatis parma in loco dicto in Budel longo sive in Fraxanno (rogito di Gio.Lodovico Sacca, Archivio Notarile, Parma); 18 settembre 1482, Ippolito de Luschis figlio del sig. Giacomo della vic.a di San Martino di Galegana (rogito di Pier Antonio Zarotti, in Archivio di Stato di Parma); 31 agosto 1488, Maestro Giacomo de Luschis f. q. Magistri Illarii della vic.a di Santo Stefano. Testimonio all’atto di ultime volontà di Antonio de Rippe ricevuto dal not.° parmig.° Galasso de Leonibus, col quale lascia un legato alla Cappella che teneva col fratel suo Sebastiano nella chiesa di Santo Stefano nella quale erano entrambi parrocchiani; 20 giugno 1490, testimonio Maestro Giacomo De Luschis f. q. M.° Ilario vic. Santo Stefano (rogito di Franco Melgari, ArchivioNotarile, Parma); 1 gennaio 1494, Convocazione della Società o Confraternita della Disciplina vecchia sotto il Titolo di SS.Damiano e Cosimo nella quale era Rettore Ser Bonadeo de Portiolis, e tra Confratelli D.Damiano de Moyle, D. Francisco de Moyle e Maestro Iacopo de Luschis (rogito di Luigi Banzola); 9 novembre 1494, erano presenti ad una Convocazione della Società della Disciplina de Santi Cosimo e damiano, Bonadeo de’ Portiolis Rettore. Damiano de Moyle, Aggiunto. Francino de Moyle e Maestro Giacomo Luschis (rogito di Luigi Banzola, Archivio Notarile, Parma).
FONTI E BIBL.: C. Ricci, La Galleria di Parma, Parma, 1896; U.Thieme-F.Becker, Künstler-Lexicon, vol. XXIII, 1929; A.O. Quintavalle, La Regia Galleria di Parma, Roma, 1939; A.O.Quintavalle, Mostra permanente di dipinti noti ed ignoti dal XIV al XVIII secolo, Parma, 1948; C.Quintavalle, Appunti per Jacopo Loschi, in Aurea Parma 1959; A. Ghidiglia Quintavalle, Tesori nascosti della Galleria di Parma, Parma, 1968; Ticozzi, Dizionario degli Architetti, II, 1831, 351; E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, 1911, 35, 38-43 e 78; Enciclopedia Pittura Italiana, II, 1950, 1413; Dizionario Bolaffi pittori, VII, 1975, 47.

LOSCHI LEONARDO CESARE
Salsomaggiore 15 giugno 1751-post 1801
Fu valente giureconsulto.Esercitò la professione a Piacenza.Bandito dai Ducati, sostituì il Rasori nella direzione del Giornale degli amici della libertà e dell’uguaglianza, ricevendo articoli contro il Duca e il Vescovo di Piacenza, anonimi ma dovuti al Gioja (ms.Parmense 1579, fogli 105, 268; E.Benassi, Napoleone, 244). Più tardi però il Loschi non sarebbe stato alieno dall’accettare una carica in Parma dal Duca. Fu autore delle seguenti opere: Ad digesta domatiis additiones patriae ex Parmensium et Placentinorum legibus (Salvoni, Piacenza, 1792, 2 volumi), Principi pratici di diritto pubblico ecclesiastico ad uso della città e stato di Lombardia e Istituzioni di diritto privato, richiamato in compendio ai principii repubblicani ad uso della gioventù (Cisalpina, Crema, 1801).
FONTI E BIBL.: L.Mensi, Dizionario biografico dei Piacentini, 1899, 248-249; G.Berti, Atteggiamenti del pensiero nei ducati di Parma e Piacenza, 1962, II, 225.

LOSCHI LODOVICO 
Salsomaggiore 14 ottobre 1759-Piacenza 14 giugno 1836
Figlio dell’avvocato Francesco e di Geltrude Gramizzi. Allievo del Collegio Alberoni di Piacenza, studiò poi legge.Conseguita la laurea, esercitò onorevolmente la professione forense, che in seguito troncò per abbracciare la carriera ecclesiastica. Istruitosi anche nelle sacre discipline e conseguita una seconda laurea in teologia, fu preposto, dopo l’ordinazione al sacerdozio, all’insegnamento nel Seminario piacentino e in pari tempo annoverato tra i canonici della Cattedrale. Allontanato nel 1817 da Piacenza il vescovo francese Fallot de Beaumont, fu eletto dal Capitolo vicario capitolare e confermato in quell’uffico dal nuovo vescovoScribani Rossi. Alla morte di questi, quando già era stato nominato arciprete in Duomo, il Loschi venne creato vescovo dal pontefice Leone XII. Preconizzato nel concistoro del 3 maggio 1824 e consacrato il 9 successivo dal cardinale Della Somalia nella chiesa della Missione a Montecitorio, fece il solenne ingresso il 16 giugno. Per la circostanza furono pubblicati numerosi componimenti poetici, raccolti in volume da Pietro Giordani. Resse la diocesi per dodici anni con solerzia e prudenza. Compì due visite pastorali, celebrò il sinodo e, essendo buon letterato, scrisse con eleganza di forma dotte pastorali.Il Mensi ricorda in particolare di lui l’omelia letta nel primo pontificale, un’Allocuzione indirizzata ai vicari foranei il 24 Maggio 1832, un Editto sulla disciplina del Clero del 1824 e alcuni versi martelliani al sacerdote Mikewitz. Il Bertuzzi rimarca anche le notificazioni del Corpus Domini e delle sacre ordinazioni, le lettere ai parroci e la pastorale sul Cholera-morbus del 5 settembre 1835. Morì di apoplessia. Del Loschi, Lazzaro Uberto Cornazzani pubblicò cenni necrologici sulla Gazzetta di Parma del 29 luglio 1836 e il canonico Raffaele Marzolini compose un’orazione funebre, stampata a Piacenza nel 1837. Furono esecutori testamentari del Loschi Vincenzo Benedetto Nissi, suo vicario generale, che ne commemorò l’anniversario della morte dettando una classica epigrafe, e i canonici Giovanni Castellani e Girolamo Colla. Onorato delle commende dei Santi Salvatore e Gallo e dell’Ordine Costantiniano di San Giorgio, ebbe sepoltura nella Cattedrale di Piacenza.L’epigrafe obituaria venne dettata dal conte Giambattista Anguissola, consigliere di Stato e ciambellano del re.
FONTI E BIBL.: G.Valentini, Guida storica di Salso e Tabiano, 1861, 22-23; L.Mensi, Dizionario biografico dei Piacentini, 1899, 249; D. Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 231; A.V.Marchi, Figure del Ducato, 1991, 138.

LOSCHI VITALE 
Salsomaggiore 28 ottobre 1756-Parma 31 dicembre 1842
Figlio di Vincenzo e di Angela Brescelli. Ancora fanciullo, il padre lo affidò a un religioso dei servi di Maria, che avevano un convento in Salsomaggiore, onde  ricevesse i primi rudimenti dell’istruzione. A nove anni perdette il padre.Allora lo zio Giacomo Antonio Loschi, commissario per l’amministrazione della giustizia in Bardi, chiese alla madre di avere presso di sé il Loschi. Trasferitosi a Castell’Arquato, vi condusse infatti il Loschi e lo fece istruire nelle belle lettere da un sacerdote secolare e nella filosofia da un padre lettore della Riforma del convento di quella località. Compì gli studi a Piacenza nel Collegio Alberoni, dove entrò sedicenne.Nel 1775, terminato il corso di filosofia, sostenne nell’aula episcopale di Piacenza una pubblica disputazione che abbracciava 235 conclusioni. Dopo un triennio, nel 1778, disputò sopra 400 temi di teologia in altra pubblica esercitazione. Fu ordinato sacerdote nel 1781 dal vescovo Alessandro Pisani.Conseguita nel giugno dello stesso anno la laurea in teologia e due anni dopo a Parma quella in giurisprudenza e incardinato in quella diocesi dal vescovo Adeodato Turchi, questi lo volle suo vicario generale dopo averlo annoverato nel capitolo della Cattedrale, in seno al quale il Loschi raggiunse la dignità arcidiaconale. Fu aggregato al Collegio dei Giudici di Parma.Nel 1788 il Turchi lo nominò uditore e giudice delle cause civili e nel 1792 lo annoverò tra gli esaminatori e giudici prosinodali per le cause delegate della sede apostolica. Nello stesso anno fu canonico della Cattedrale ed ebbe il titolo di conte. Nel 1798 fu a Roma come delegato apostolico. Alla morte del vescovo Turchi (1803) fu creato vicario capitolare e, come tale, vicegerente del nuovo vescovo Caselli.Il Loschi dimostrò, nel governo della diocesi, tutta l’intelligenza e l’abilità richieste dalle difficoltà dei tempi. Fu pure vicario generale dei vescovi Carlo Francesco Caselli e Remigio Crescini e per tre volte vicario capitolare durante la vacanza.Nel 1798 fu inviato in Firenze a papa Pio VIin qualità di Legato del vescovo e del duca Ferdinando di Borbone.Nel 1805 il Loschi stese a nome del Capitolo di Parma una dichiarazione inviata poi a Napoleone Bonaparte di conferma all’obbedienza per il primato del pontefice romano e nel 1813 rinunciò alla nomina a Vescovo di Borgo San Donnino decretata dallo stesso Imperatore a condizione che il Loschi ne assumesse l’amministrazione senza dipendere dal Pontefice per l’istituzione canonica. Già proposto nel 1828 a succedere al Caselli nell’episcopato parmense, nominato il 23 maggio 1830 vescovo di Temiscine e poi eletto subito dopo vescovo titolare in partibus dal pontefice Pio VIII, divenne vescovo di Parma per volontà del nuovo papa, Gregorio XVI, il 28 febbraio 1831, in età ormai avanzata. Consacrato il 24 aprile successivo nella chiesa di San Lazzaro del Collegio Alberoni dal cugino monsignor Lodovico Loschi, prese possesso della sede per procura il 26 aprile e fece il solenne ingresso il 28 maggio di quello stesso anno. In quel periodo Maria Luigia d’Austria si era allontanata da Parma in seguito allo scoppio dei moti rivoluzionari: la nomina del Loschi venne annunciata il 4 marzo dal governo provvisorio e ciò bastò perchè il nuovo elettò non entrasse più nelle grazie della duchessa. Nel giugno 1831 il Loschi diede inizio alla visita pastorale. Per volontà di Gregorio XVI la giurisdizione vescovile del Loschi sulla diocesi parmense avrebbe dovuto cessare entro la fine dell’anno 1842: in seguito ad accuse di decadenza mentale, nonostante conservasse lucidità di mente e vivacità di spirito, il Loschi (che nell’ottobre 1837 aveva subito un attacco apoplettico, replicato poi nel maggio 1841 con paralisi degli arti inferiori, fu costretto a promettere di rinunciare al mandato episcopale, atto che in realtà il Loschi formalmente non fece mai. Come sua ultima pastorale diresse ai parroci una lettera raccomandando alcuni punti di disciplina ecclesiastica e un fattivo interessamento perché fosse mantenuto in vita il seminario di Berceto da lui fondato nel 1839. Morì pochi mesi dopo,  all’età di ottantasei anni, e fu sepolto in Cattedrale, dove gli venne eretto un monumento marmoreo a opera dello scultore parmense Tommaso Bandini. Teologo di valore, buon letterato, acuto giurista, il Loschi ebbe dal pontefice Leone XII il titolo di prelato domestico e da Maria Luigia quello di gran priore e senatore gran croce dell’Ordine Costantiniano di San Giorgio.Domenico Bolzoni, suo segretario, pubblicò nel 1848 un’accurata biografia del Loschi.
FONTI E BIBL.: G.M.Allodi, Serie cronologica dei Vescovi, II, 1856, 508-554; G.Valentini, Guida storica di Salso e Tabiano, 1861, 21-22; L.Mensi, Dizionario biografico dei Piacentini, 1899, 249; D.Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 232-233; Gazzetta di Parma 12 gennaio 1984, 9; A.V.Marchi, Figure del Ducato, 1991, 140.

LOSCHI YLARIO, vedi LOSCHI ILARIO

LOSI 
Langhirano 20 febbraio 1924-Ramiseto 24 novembre 1944
Partigiano, cadde nel  corso di uno scontro a fuoco.
FONTI E BIBL.: Ufficio Toponomastica del Comune di Langhirano.

LOSPARDI MARCELLO 
Parma 1793
Pittore attivo nell’anno 1793.
FONTI E BIBL.: P.Zani, Enciclopedia metodica di belle arti, XII, 1822, 104.

LOTICI ALESSANDRO
Parma 1733
Doratore del quale rimane traccia nell’Archivio della chiesa di San Giuseppe in Cortemaggiore: Adì 31 maggio 1733.Hanno ordinato di agiustare li due altari laterali dell’Oratorio di San Giuseppe e che sij chiamato il sig.Alessandro Lotici indoratore, persona molto esperta in Parma. Adì 16 luglio 1733. Al sig.Alessandro Lotici  lire quatrocento quaranta per sua mercede per aver Indorato e marmorizzato li stucchi delli  due Altari laterali dello S. Santo e della B.V. del Carmine eretti nell’Oratorio di detto Santo.
FONTI E BIBL.:Parma nell’Arte 1 1980, 106.

LOTTICI ALFREDO 
Sissa 1893-Monte Sabotino 18 maggio 1917
Figlio di Ernesto. Artigliere del Reggimento Artiglieria Fortezza, fu decorato di medaglia d’argento al valor militare, con la seguente motivazione: Incaricato del trasporto delle munizioni, sotto il fuoco nemico, disimpegnava per vari giorni con calma e fermezza il suo servizio, finché colpito da proiettile nemico, lasciava gloriosamente la vita sul campo.
FONTI E BIBL.: Bollettino Ufficiale 1918, Dispensa 10a, 685; Decorati al valore, 1964, 117.

LOTTICI ARISTO 
Parma 11 maggio 1862-Parma 11 ottobre 1939
Figlio di ignoti, dopo aver fatto il garzone nella bottega di Carlo Grolli, iniziò l’attività fotografica nel 1894, socio di Enrico Rastellini, in strada Garibaldi 81. I due ebbero anche una succursale in strada D’Azeglio 55. Appena un anno dopo si separarono e il Lottici mantenne per sé lo studio posto di fronte alla chiesa dell’Annunciata. Il Lottici, nel 1897, fu titolare della Fotografia Parmigiana. Nel 1898 risulta anche lavorare con la moglie Gemma Gardelli in strada del Quartiere, ma nel medesimo periodo il retro di una sua fotografia reca la scritta Fotografia Nazionale diretta da Aristo Lottici, piazzale Foro Boario, Borgo delle Scuderie 9. La matricola camerale registra la cessazione di attività nel 1905. Dal 1918 compare, nell’elenco dei fotografi, Aristi Aristodemo, conduttore di fotografia, via Cavallotti 20.Una nota a margine chiarisce che si tratta, in realtà, del Lottici e lo conferma una denuncia del 18 novembre 1920 (al n. 150 delRegistro movimento ditte) richiesta dalla Camera di commercio per chiarire il caso. Da quel momento la definizione è Lottici Aristo, detto Aristi e la sua attività prevalente fotografo ambulante. Aiutato dal figlio Giacinto, partiva all’alba in bicicletta con 50 kg di attrezzatura per la campagna reggiana (Campegine, Gattatico, Praticello e Caprara), per far ritorno a sera inoltrata. Nel 1927 il Lottici cessò definitivamente l’attività.
FONTI E BIBL.: R.Rosati, Fotografi, 1990, 193.

LOTTICI EMILIO 
Parma 1831
Dottore, prese parte ai moti del 1831.Definito propagatore di dottrine rivoluzionarie, fu membro del comitato militare rivoluzionario e del consesso civico. Figurò nell’elenco degli inquisiti di Stato con requisitoria.
FONTI E BIBL.:O. Masnovo, Patrioti del 1831, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1937, 177.

LOTTICI   GIAN MARIA, vedi LOTTICI GIOVANNI MARIA

LOTTICI GIOVANNI MARIA 
Parma 1509
Maestro di vetriata, nel 1509 lavorò nel Duomo di Parma.
FONTI E BIBL.: Registro di spesa della Cattedrale e del Comune, fol. 126, in Archivio comunale di Parma; U. Benassi, Storia di Parma, V, 1906, 344.

LOTTICI LUIGI 
Parma 1831
Partecipò ai moti del 1831. La Direzione Generale lo indicò come cooperatore allo scoppio e propagazione della rivolta.
FONTI E BIBL.: O. Masnovo, Patrioti del 1831, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1937, 178.

LOTTICI MAURIZIO GIOACHINO GIUSEPPE Parma 20 marzo 1684-Parma 1759 Figlio di Giovanni Francesco e Costanza. Il Lottici fu architetto di valore: nel 1746 progettò e diresse i lavori di ristrutturazione della chiesa di San Luca degli Eremitani (sono suoi i disegni dei capitelli e delle cornici all’interno) e della cappella della Beata Vergine  posta sul ponte Capra Zucha. Contemporaneamente il Lottici fu impegnato alla Steccata, dove lo incaricarono di rifare il presbiterio.Disegnò un nuovo altare, una nuova ancona e un nuovo pavimento.Il ricchissimo pavimento di marmi diversi, simile a un tappeto, venne eseguito da Giovanni Trivelloni, che iniziò anche l’altare, completato alla sua morte da Andrea Della Meschina. Per l’ancona (1752) il Lottici chiamò il Bossi a modellare gli stucchi, mentre le colonne in marmo furono affidate alTrivelloni e i capitelli in lastra d’argento a Domenico Barbieri. Più tardi (1758) una parte degli stucchi vennero sostiuiti dai marmi per opera di Andrea Della Meschina e poi di suo figlio Domenico. Nel contratto stipulato dalla Confraternita della chiesa della Steccata nel 1755 con lo stuccatore ravennate GiulianoGavarini si legge che costui avrebbe dovuto fare le ancone dei due altari delle terze cappelle a destra e a sinistra (e pochi mesi dopo gli affidarono anche le ancone delle seconde cappelle) seguendo il disegno del Lottici, appartenente alla Confraternita, da cui anni or sono furono ideati li stucchi dell’altare maggiore e santuario, acciò tali ornati da farsi d’ancona siano colla maggiore uniformità agli altri come sopra già fatti. Il Lottici realizzò inoltre l’ancona dell’Addolorata in Santa Maria dei Servi e macchine per fuochi d’artificio. 

FONTI E BIBL.: P.Zani, Enciclopedia metodica di belle arti, XII, 1822, 108; E.Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, VII, 119; Santa Maria della Steccata, 1982, 90.

LOTTICI OTELLO Parma 15 marzo 1897-1985
Figlio di Cappiano e Teresa Cavalli. Nel 1906 la madre aprì una trattoria in via San Michele, davanti alla Prefettura di Parma. Nel 1914, assieme alla madre, inaugurò il ristorante Roma in borgo Ronchini.Nel 1919 il Lottici aprì in strada Bixio  l’osteria Tre botti (detta l’ostaria di spassén).Dopo una breve apparizione in un locale di via La Spezia, il 1° ottobre 1920 aprì in piazza Garibaldi il caffè Orologio, che diventò un punto di riferimento per la borghesia del tempo. Nel 1933 si trasferì dal lato opposto di piazza Garibaldi e inaugurò il Tanara, dove nel 1933 creò il caffè-concerto. I rappresentanti della cultura cittadina si ritrovavano abitualmente dal Lottici: Bianchi, Bertolucci, Macrì, Pratolini, Spagnoletti, Colombi Guidotti, Mattioli, Marchi, Guanda e Squarcia.
FONTI E BIBL.:F. eT. Marcheselli, Dizionario Parmigiani, 1997, 182.

LOTTICI PELLEGRINO
Parma 1507
Sacerdote, fu in corrispondenza con Taddeo Ugoleto (1507).
FONTI E BIBL.:F.da Mareto, Indice, 1967, 534.

LOTTICI SILVESTRO 
Parma 1699/1700
Sacerdote, fu musico della Cattedrale di Parma dal 25 dicembre 1699 all’11 aprile 1700.
FONTI E BIBL.:N. Pelicelli, Musica in Parma, 1936.

LOTTICI STEFANO 
Parma 1521
Architetto. Nel 1521, con Bernardino Zaccagni, intraprese la costruzione di una palazzo nel Castello di Gualtieri (E.Scarabelli Zunti).
FONTI E BIBL.:U. Benassi, Storia di Parma, V, 1906, 328.

LOTTICI STEFANO 
Parma 21 novembre 1880-Pegli 29 agosto 1916
Nato da Marco, tesoriere del Comune di Parma, e dalla marchesa Camilla Maglione di Laigueglia, genovese. Compiuti gli studi liceali, si iscrisse alla facoltà di chimica presso l’Università diParma e per due anni (1899-1990 e 1900-1901) riuscì a frequentare regolarmente i corsi. Colpito dalla malattia che poi lentamente lo condusse alla morte, dovette in seguito abbandonare gli studi universitari. Il Lottici fu prezioso collaboratore di Giuseppe Sitti nella pubblicazione della Bibliografia generale per la storia parmense, che gli valse (1904) la nomina a socio della Regia Deputazione di Storia Patria per le Province Parmensi, di cui divenne membro effettivo nel 1915. Alle ricerche storiche si dedicò maggiormente dopo aver abbandonato gli studi universitari, frequentando con entusiasmo gli archivi Comunale e di Stato e le biblioteche pubbliche e private.In queste indagini il Lottici spese tutto quello che poté di energia e di passione, dando opere di indiscutibile valore. Tra queste, sono principalmente da ricordare, oltre la Bibliografia generale per la storia parmense, leMemorie e documenti di belle arti parmigiane di E.Scarabelli-Zunti e Il viaggio nuziale di Elisabetta Farnese regina di Spagna. Il Lottici non potè invece compiere quel vasto programma di studi a cui accenna nei suoi stessi lavori e per alcuni dei quali già aveva tracciato gli schemi, tra i quali una bibliografia-biografica parmense: la sua salute andò infatti sempre peggiorando e a nulla valsero i sussidi della scienza né la robusta tempra del suo organismo. Le sue spoglie vennero trasportate nel cimitero di Parma il 14 settembre 1916.
FONTI E BIBL.:G. Sitti, Stefano Lottici, 1916, 446-448.

LOTTICI STEFANO, vedi anche LOTTICI MAURIZIO

LOTTICI MAGLIONE STEFANO, vedi LOTTICI STEFANO

LOVIGIO ANTONIO
Parma seconda metà del XVIIsecolo
Pittore attivo nella seconda metà del XVII secolo.
FONTI E BIBL.:E. Scarabelli Zunti, Documenti e Memorie di Belle Arti parmigiane, VI, 151.

LOVISINI FRANCESCO
Udine 1524-Parma 1569
Dotto filologo, scrisse eleganti poesie in greco e in latino, oltre che in italiano. Fu in Inghilterra e in Spagna col suo allievo Alessandro Farnese e vi si fece ammirare per la sua vasta e profonda dottrina.
FONTI E BIBL.:U.Imperatori, italiani all’estero, 1956, 165.

Teca Digitale Biblioteche del Comune di Parma - V.lo Santa Maria 5, 43125 Parma (PR)

Usiamo i cookie
Questo sito utilizza i cookie tecnici di navigazione e di sessione per garantire un miglior servizio di navigazione del sito, e cookie analitici per raccogliere informazioni sull'uso del sito da parte degli utenti. Utilizza anche cookie di profilazione dell'utente per fini statistici. Per i cookie di profilazione puoi decidere se abilitarli o meno cliccando sul pulsante 'Impostazioni'. Per saperne di più, su come disabilitare i cookie oppure abilitarne solo alcuni, consulta la nostra Cookie Policy.
Il sito utilizza cookie tecnici per analizzare il traffico da e verso il sito. I cookie tecnici consento anche di fornire un migliore servizio di navigazione sul sito, e raccolgono informazioni di navigazione a questo scopo.
I cookie di Web Analytics Italia sono usati per analizzare la navigazione sul sito al fine di migliorarla e fornire all'utente un'esperienza di navigazione migliore possibile.
I cookie di Matomo sono usati per analizzare la navigazione sul sito al fine di migliorarla e fornire all'utente un'esperienza di navigazione migliore possibile.
I cookie di Google Re-Captcha sono usati per analizzare la navigazione sul sito al fine di migliorarla e fornire all'utente un'esperienza di navigazione migliore possibile.
Il sito utilizza cookie di profilazione per analizzare il comportamento e le scelte degli utenti al fine di proporre contenuti mirati corrispondenti al profilo dell'utente
I cookie di profilazione di Youtube permettono di mostrarti le pubblicità che potrebbero interessarti di più, fare analisi di accesso alla pagina e sul comportamento dell'utente, facilitare l'accesso ai servizi di Google.